E’ Venerdì, sono le 18.30 e sta piovendo. Non è un diluvio, è quella tipica pioggia primaverile che inserita nel contesto di Milano in un giorno di sciopero dei mezzi pubblici riesce a cristallizzare le strade e le vetture che loro malgrado le stanno percorrendo.
Sono abbastanza stanco.
Me ne accorgo perchè guido senza pensare a ciò che sto facendo, con le palpebre pesanti e la testa leggera, assente. Nello stereo gira un best autoprodotto dei Lagwagon. La scelta del CD è probabilmente dovuta al rammarico ancora vivo per averli persi live, o magari al fatto che nel traffico, sotto la pioggia e con la stanchezza fisica e mentale che ho in corpo oggi, l’unica cosa che chiedo alle casse è di sputare un po’ di sane e canterecce melodie che allontanino il nervoso e tengano gli occhi aperti.
I dieci chilometri circa che mi separano da casa stanno via via consumandosi ed in men che non si dica mi ritrovo a Cologno sud. Fermo allo stop, mi appresto a fare la rotonda che conduce all’ingresso della Tangenziale Est.
Non arriva nessuno.
Parto.
Mi tengo sulla destra per non dover tagliare la strada a nessuno al momento della deviazione a destra, metto la freccia e mi incolonno dietro un BMW. C’è un gran traffico, la coda per la tangenziale parte già dalla rotatoria e così la mia Yaris è costretta a stazionare in mezzo alla carreggiata, lasciando uno spiraglio sulla sinistra per chi, non dovendo uscire, è intenzionato a percorrere il resto della rotonda.
Alle mie spalle arriva una Civic grigia.
Me ne accorgo non so bene perchè, vista la mia scarsa presenza mentale in quel momento, tuttavia focalizzo con una lucidità insospettabile il tipo di macchina e la faccia del ragazzo che la guida, osservandoli dallo specchietto retrovisore.
Sono in tre a bordo e l’auto arriva ad una velocità piuttosto elevata, agevolata dal percorrere la direzione meno trafficata dello svincolo. Punta la mia sinistra, intenzionata a superarmi e continuare lungo la rotonda.
Penso: “Ci passa appena, perchè cazzo non rallenta?”.
Un flash.
La Civic colpisce in pieno la mia macchina.
La botta è forte, tuttavia il contraccolpo che subisco io all’interno dell”abitacolo è minimo.
Decido di scendere. Non sono una persona particolarmente irascibile, non sono nemmeno troppo alterato per quello che hanno appena fatto alla mia piccina. Dispiaciuto forse, ma calmo. La cosa mi sembra persino strana, in fin dei conti il danno è decisamente consistente, ciò nonostante la mia attenzione è al tipo del Civic. Voglio parlargli. Anche lui dev’essere mosso dallo stesso desiderio, perchè apre la portiera. Mentre scende inizio a parlare: “Cazzo, ma come pensavi di passarci?”.
Lo guardo.
Sorride.
Ha una pistola.
Non dice nemmeno una parola prima di sparare.
Nessun avvertimento, nessuna richiesta, nessuna minaccia.
Solo tre colpi.
So che sono tre perchè sento il rimbombo degli spari, in rapida successione, ma non capisco bene quanti di questi mi abbiano colpito perchè non sento dolore. L’istinto mi porta a guardare a terra, la vista mi si annebbia, ma la mente è lucidissima. Senza accorgermi ho portato la mano sinistra sulla pancia e vedo il sangue colare tra le dita. Ancora niente dolore, ma la paura che inizia a salire è straziante. D’istinto, senza realmente capire cosa volessi fare, cerco di muovere il braccio destro. Solo in questo momento avverto la prima lancinante fitta di dolore. Uno dei proiettili deve avermi colpito alla spalla. Non ne sono sicuro e credo non importi nemmeno molto, visto che le ginocchia cedono e mi ritrovo accasciato al suolo.
Nonostante un dolore mai provato prima d’ora, riesco a sentire le gocce della pioggia sul viso.
Chiudo gli occhi.
Sento la paura lasciare la mia mente, esattamente come il sangue sta lasciando il mio corpo.
Sono calmo.
Sto morendo.
Non so bene fino a che punto riesco ad essere cosciente della cosa, mi sembra tutto così strano. La prima cosa che penso è che il destino è bizzarro. “Perchè una persona dovrebbe nascere con un disturbo cardiaco, essere salvata dai medici a sette anni e morire a ventisei ucciso da un perfetto sconosciuto?”. Per un secondo penso addirittura che forse sarebbe stata la stessa cosa morire direttamente a sette anni, ma è solo un attimo. Tirando due rapide somme infatti ogni minuto vissuto da allora è valso la pena di viverlo, quindi fanculo al destino, fanculo al tipo del Civic e fanculo ai ragionamenti del cazzo che si fanno in punto di morte. Avrei volentieri continuato a stare al mondo, altro che palle.
Buffo, perchè questa è esattamente l’ultima cosa che penso prima di morire.
Un’altro flash.
Sono sul passo carrabile di fronte al cancello che porta al mio box, seduto in macchina.
I Lagwagon non hanno mai smesso di suonare, ma io non me ne sono accorto, esattamente come non mi sono accorto di aver guidato fino a casa.
Quella appena descritta è una delle tante astrazioni che la mia mente crea, giorno dopo giorno.
Di continuo.
Forse è per questo che difficilmente sogno durante la notte, perchè lo faccio incessantemente durante la giornata.
Ad occhi aperti.