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Mixtape (2000-2009)

Sono un modaiolo e questa è la principale motivazione che mi spinge a scrivere il post che segue. In attesa dell’immancabile classifica di fine anno ho infatti deciso di cimentarmi in un’operazione simile a quella vista in molti altri blog sotto le più svariate forme: l’analisi degli anni zero, ovviamente da un punto di vista musicale. Come dicevo, molti blog hanno già affrontato l’impresa.
Bastonate ha scelto di celebrare il decennio utilizzando le copertine degli album. Idea molto figa. Tra i commenti al post linkato qui sopra c’è anche la mia selezione, non ho saputo reistere.
Dietnam ha stilato la classifica dei migliori 20 album del decennio. Anche in questo caso avrei voluto fare la stessa cosa, ma mi sono reso conto che più che gli album più belli, in senso “assoluto”, avrei voluto premiare quelli che io ho ascoltato di più. Ok, so che dire che un disco è “bello” è sempre qualcosa di soggettivo, però secondo me ci sono dischi che sono “oggettivamente” belli ed altri che lo sono per me pur riconoscendo io stesso abbiano non poche carenze.
Non credo sia chiaro quanto intendo, ma chissenefrega. Alla fine tanto ho abbandonato l’idea di fare una classifica.
Trovo invece carina e più intima la scelta di autodedicarmi una bella mixtape.
Ah, per chi se lo chiedesse, ignoro volutamente l’argomento neve a Milano.
E poi la selection sottostante renderebbe le tre ore che ho impiegato ieri a percorrere 10 km pura poesia.

Manq mixtape ’00/’09
01 – Underøath – Breathin in a new mentality – Lost in the sound of separation (2008)
02 – Taking back sunday – Ghost man on third – Tell all your friend (2002)
03 – Rufio – Above me – Perhaps, I suppose… (2001)
04 – Bad astronaut – Linoleum – Unreleased (2008)
05 – Glassjaw – Siberian kiss – Everything you ever wanted to know about silence (2000)
06 – Brand new – Me vs. Maradona vs. Elvis – Deja entendu (2003)
07 – No use for a name – International you day – Hard rock bottom (2002)
08 – Biffy Clyro – Machines – Puzzle (2007)
09 – The used – Poetic tragedy – The used (2002)
10 – Funeral for a friend – Bend your arms to look like wings – Casually dressed and deep in conversation (2003)
11 – The ataris – Fast times at dropout hight – End is forever (2001)
12 – Boxcar racer – Watch the world – Boxcar racers (2002)
13 – All-american rejects – Paper heart – All-american rejects (2002)
14 – Britney Spears – If U seek Amy – Circus (2008)
15 – Finch – Letters to you – What it is to burn (2002)
16 – Mae – The Sun and the Moon – The Everglow (2005)

Pilota

L’appartamento è quasi totalmente immerso nel buio.
Un’altra torrida estate milanese è ormai iniziata ed in questo periodo le lampadine accese hanno lo spiacevole difetto di innalzare ulteriormente la temperatura oltre a richiamare le zanzare.
Io odio le zanzare.
Spesso mi chiedo quale sia stata la spinta evolutiva che le ha portate ad essere ciò che sono oggi. Il fatto che il loro ciclo vitale si fondi sul prelevare dal mio corpo preziosa linfa non mi crea particolare disagio. E’ irritante, se vogliamo, pensare che questi esseri per vivere non debbano fare altro che succhiare energia dalle creature che li circondano, tuttavia credo che questa cosa faccia particolarmente incazzare perché a noi poveri esseri umani non è concesso di fare lo stesso. Conosco molta gente che vivrebbe volentieri la vita del parassita. Gente che già nel quotidiano cerca, giorno dopo giorno, di attingere il più possibile da parenti, amici, colleghi e perfino estranei pur di risparmiarsi il peso di dover fare da sola. Anche il più dotato degli appartenenti a questa categoria, tuttavia, non arriverà mai a sfruttare il prossimo quanto possono e sanno fare le zanzare.
Per quanto non credo mi abbasserei mai a fare la vita del parassita il solo pensare che questi piccoli insetti possano permetterselo solletica la mia invidia, tuttavia sebbene dall’invidia sovente scaturiscano rancore e di conseguenza odio, non è per questo motivo che provo così tanto risentimento nei confronti dei fottuti insetti succhia sangue. Ciò che mi fa letteralmente impazzire è altro.
Per sopravvivere l’unica cosa che le maledette devono fare è succhiarmi del sangue. Niente di più. Oltretutto essendo migliaia non ho una sola fottuta speranza di impedirglielo, in nessuna maniera. Non c’è rimedio di quelli i cui spot inondano la TV ogni estate che abbia mai dato anche solo l’impressione di essere efficace e per quanto io mi possa impegnare ad uccidere ogni singolo esemplare mi ronzi attorno, ce ne sarà sempre qualcun altro pronto a pungermi nei punti più impensabili. Preso atto di questa sconfitta in partenza e rassegnatomi al dover donare alle bastarde parte del mio sangue come nutrimento, non c’è un solo cazzo di motivo per cui sia giustificabile il fatto che lascino sul mio corpo quegli orribili ponfi urticanti.
Ecco, è questo che non tollero delle zanzare: la beffa che si fanno di me dopo avermi sfruttato.
Ed è per questo che non vedo alcuna ragione evolutiva perché gli insetti che tanto disprezzo debbano aver mantenuto questa peculiarità nel corso degli anni. Trovo addirittura sia loro controproducente ai fini della continuità della specie, essendo il prurito la ragione principale per cui l’uomo tenta da secoli di sterminarle.
Allora perché sono così?
Non avendo una risposta a questa domanda potrei comportarmi come fa la gran parte gli uomini al cospetto di interrogativi privi di ragionevole e logica spiegazione: potrei rifugiarmi nella volontà divina. Se così facessi tuttavia, le zanzare per me non potrebbero rappresentare altro che la prova dell’anima sadica di Dio.
Sbatto le palpebre e torno al qui ed ora.
Dalla cucina del trilocale arrivano delle voci oltre ai tenui raggi dell’unica lampada presente nella stanza. La TV è accesa, ma con tutta probabilità le due persone che gli stanno intorno non la stanno guardando. Nessuno più la guarda, la televisione, eppure ormai qualunque abitazione ha un apparecchio televisivo per locale. Non credo manchi molto a che la gente inizi a farsi installare super schermi al plasma persino al cesso, strappando alla lettura l’ultima delle sue roccaforti.
La finestra del salotto si affaccia sul cortile ed è aperta proprio di fronte a me. La tapparella è alzata e l’immagine incorniciata dagli stipiti potrebbe essere ammirata per ore senza mai stancare, intrisa di una poesia ed una malinconia tali da rapire chiunque sappia apprezzare le cose belle che quotidianamente ci circondano. All’orizzonte il cielo è sereno e risplende di flebili e rade stelle. Per quanto piccolo, questo dannato paesino alle porte di Milano genera fin troppo inquinamento luminoso per permettere agli astri di farsi ammirare al massimo del loro splendore. La luna però, quella è difficile da offuscare, specialmente questa notte. Dritta avanti a me è piena ed arrogante nel suo giallo intenso. Oggi è talmente bassa dall’essere parzialmente coperta da alcuni alberi all’orizzonte e le sagome nere risaltano nella luce riflessa dal satellite generando un paesaggio che mai ci si aspetterebbe di poter vedere in questo buco di culo di area suburbana.
E dire che tempo fa non avrei certamente apprezzato cose come questa e non perché io abbia recentemente sviluppato un maggior gusto estetico. Semplicemente è cambiata l’attenzione con cui osservo ciò che mi sta attorno.
Ho aperto gli occhi.
Tornare a casa dall’ufficio non è più solo la coda in tangenziale. E’ il gioco di luci che il sole crea dietro le nuvole, è il luccichio dei riflessi sulle immense vetrate dei modernissimi palazzi che mi circondano, è il cucciolo di lupo addormentato nel verdissimo prato del mio vicino ed è quanto sto ammirando dalla finestra della stanza in cui mi trovo ormai da diversi minuti.
La bellezza.
Nel salotto di un appartamento quasi totalmente immerso nel buio in cui non ero mai stato prima di oggi sono le 22.17.
Basta cazzate, devo tenere salda l’attenzione su quel che sto per fare.

NdM: quello appena pubblicato è uno scritto che risale a diversi anni fa. Come altri suoi simili se ne stava sul mio PC in attesa di Dio solo sa quale destino, parte di chissà quale progetto nato e morto senza mai uscire un solo istante dalla mia testa. Oggi mi è ripassato per le mani e, a differenza di tutte le altre innumerevoli volte, ho deciso di pubblicarlo. Il nome del file era “pilota”, come si trattasse del primo episodio di chissà cosa.

Leonida

Ci sarebbero molte cose da scrivere su quanto accaduto ieri a Milano.
Alcune sono divertenti, altre sono serie. Tutte meriterebbero un posticino qui sopra.
A me però preme esporre la riflessione che mi sono trovato a fare meditando sull’accaduto.
E’ stato un passaggio logico irrazionale, quasi surreale, ma mi sono trovato ad accostare il tutto a questa scena.
Come nel caso del film, il messaggio da trarre è questo:

Se sanguina è umano. Se è umano può essere sconfitto.

Goodbye J.D.

E’ arrivata la fine anche per Scrubs.
Pochi minuti fa ho finito di guardarmi l’ultima serie, praticamente tutta d’un fiato, e mi è piaciuta tanto.
Ma proprio tanto.
Sono contento.
Il motivo è che una delle serie più belle di sempre meritava una conclusione di livello, soprattutto dopo le ultime deludenti stagioni. Così è stato. In questi diciannove episodi finali lo spirito che la serie aveva agli inizi è stato totalmente ricostruito. Parlo del mix di comicità surreale e spunti di riflessione perfettamente amalgamato. Qualche retaggio dell’ultima deriva “barocca” c’è ancora, rimuovere tutto avrebbe tolto continuità alla cosa, ma sono piccole sfumature che non intaccano il contenuto e che quindi si possono facilmente accettare.
Io le ho accettate facilmente.
E poi per il sottoscritto forse c’è dell’altro. Ci sono un monte di riferimenti alla sua vita passata, presente e futura e questo lo fa sentire parte della storia.
lo so, è stupido.
Io sono stupido.
Eppure mi sento sempre un po’ così quando le cose finiscono, anche se finiscono come avrei desiderato.
E così sono qui a godermi il finale delle avventure di John Dorian al Sacro Cuore e la bellissima scena con lui che vede il suo futuro proiettato sul telo affisso da Turk, pensando a cosa vedrò io sul mio telo quando, tra qualche settimana, partirò.
Via alla tristezza e alla malinconia, quelle sensazioni un po’ così che rendono la vita una roba che vale la pena di vivere.
Bella serie, bel finale.
Ho letto che nonostante non fosse previsto un seguito, la Abc sta producendo nuovi episodi. Al momento non mi interessano.
Per me Scrubs è finito oggi con tante risate, un po’ di commozione ed una voglia irrefrenabile di andare alle Bahamas.

Miglior concerto dell’anno?

Mentre il Milan perde a Zurigo, provo a raccontare il concerto che ho visto ieri sera.
Che Biffy Clyro dal vivo fosse l’evento che aspettavo per questo 2009 credo non ci siano sorprese per nessuno. Ho rotto il cazzo a chiunque nell’idea di promuovere la cosa ed il motivo è uno solo: ero sicuro che fossero dei fighi.
Non mi sbagliavo.
Hanno suonato più di un’ora filata, senza pause, senza fronzoli, con una potenza inaudita. Veramente inaudita. Tipo che cambiavano una chitarra a pezzo, credo più che altro perchè alla fine sarebbe stata da riaccordare da capo. Parafrasando Checco: “Erano in tre e sembrava suonassero in trenta”.
Impressionanti.
Il concerto è stato spostato al Tunnel all’ultimo momento, causa chiusura improvvisa del Musicdrome, e la cosa ha portato innumerevoli vantaggi. Acustica meravigliosa, posto che sembra costruito per contenere esattamente la gente che ha deciso di presenziare e palco minuscolo che da l’impressione di avere i gruppi che ti suonino in braccio. Tutto esageratamente anni novanta, esattamente come l’audience.
Come sarebbe stato l’andazzo lo si capisce subito, da quando attaccano con “The golden rule” e siamo tutti investiti da un muro di chitarra di puro granito. Lui sale già a torso nudo, come dichiarazione di intenti, e suona tanto preciso nel pulito quanto sporco nel distorto, ricreando in una maniera totalmente nuova le stesse suggestioni che si trovano su disco.
“Justboy” dal vivo è qualcosa che va oltre il bello.
Alla fine, quando io non avrei avuto più nulla da chiedere alla scaletta se non una a dir poco improbabile “Christopher’s River”, dicono che devono smettere perchè il locale vuole chiudere. Aggiungono che avrebbero suonato volentieri anche più a lungo, ma che proprio non è possibile. Ed è per quello che fanno tutto il concerto di filato, senza quasi una parola, senza la classica pausa ed i conseguenti bis. Tutto ottimizzato per suonare più pezzi possibile. Anche solo per questo si dimostrano idoli assoluti, con un sonoro vaffanculo alla solita deprecabile gestione dei concerti da parte dei locali di Milano.
Suonano 21 pezzi, che riporto in rigoroso ordine sparso: Justboy, 57, Glitter and Trauma, There’s no such Thing as a Jaggy Snake, Living is a Problem Because Everything Dies, Who’s Got a Match, A Whole Child Ago, Now I’m Everyone, Semi-mental, Love has a Diameter, Get Fucked Stud, 9/15th, Machines, The Captein, The Golden Rule, Bubbles, God & Satan, Born on a Horse, Mountains, Many of Horror e Cloud of Stink.
Tanta roba, veramente tanta roba.
A fronte di tutto questo è doveroso riflettere su molti dei concerti a cui si assiste.
Tempo fa si parlava di attitudine, di ciò che rende grande un gruppo. Beh, suonare per la gente e non per i soldi secondo me è la cosa che sta in cima alla lista e quello che hanno fatto i Biffy Clyro ieri sera è proprio quello.
Si sono fatti il culo e nel farlo hanno spaccato i culi altrui.
Punto.
Tutti a casa.
Sull’onda del pareggio del Milan, ma sopratutto del terzo gol del Bayern a Torino spendo due parole per il gruppo spalla.
Si tratta dei People in Planes, dal Galles.
Suonano solo cinque pezzi perchè il tempo stringe, ma sono pezzi di ottima fattura.
Ero indeciso se comprare o meno il loro disco e alla fine ho lasciato perdere, ma oggi me lo sono procurato col mulo.
Vanno valutati e solitamente non mi sottraggo mai a questo tipo di dovere.
Vedremo.
Chiudo qui, ribadendo un concetto ormai tragicamente ricorrente: a Milano stanno uccidendo la musica.

I am hoping, through the dark clouds, light shall break and bring a bright sky…

Google Hit List [Novembre 2009]

Questo mese ho deciso di guardami intorno, prima di stilare la classifica.
Facendolo ho scoperto due blog che segnalano il mio e questo è sempre un bel gesto.
Avendo io un particolare senso della gratitudine e dell’educazione on-line ricambio il link e prometto di provvedere a leggere di cosa parlano.
Forse avrei potuto accorgermi prima della loro esistenza, ma non sono mai stato molto attento ai particolari.
Aggiungo quindi una nota si servizio: se qualcuno ha deciso di linkare il mio blog sulla sua pagina ed io non ho restituito il favore è semplicemente perchè non sono a conoscenza del fatto. Segnalatemelo e rimedierò quanto prima.
Ora lascio spazio alla classifica, godendo ancora una volta dello spaccato sociale che questa offre.
Internet è lo specchio dell’anima, altro che gli occhi.

1 – ergonomia costruzioni lego
2 – voglio scoparmi bar rafaeli
3 – frasi simpatiche per chiedere soldi come regalo
4 – abbiokko punk
5 – come dici una frase :” prenotare il ristorante”
6 – i giovani d’oggi ignoranti
7 – come se non potessi mangiare carne rossa, e vedi solo bistecche e filetti.
8 – massimizzare le ore di sonno con il bioritmo
9 – perchè nirvana nel 194 ha smesso di ballare?
10 – quanto costa farsi fare una testiera di letto da un fabbro

Nota: aggiornata la sezione link.

Nota: aggiornata la sezione musica.

Trova l’intruso

Per giocare basta clikkare qui.
Un indizio: non sono i Nirvana.

Grazie a Uazza per la segnalazione.
Aggiungo un’annotazione: inizia a darmi sui nervi vedere su tutti i blog che giro la copertina di Rolling Stone di Dicembre.

Il mio sacco da boxe

La giornata odierna, lavorativamente parlando, è iniziata una merda.
Nell’attesa che tutto quello che avevo fatto ieri e che ho dovuto rifare questa mattina venga pronto e mi consenta di fare tutto quello che avrei dovuto fare oggi e che mi terrà in lab fino a non so che ora, scrivo due righe sul blog e mi sfogo un po’.
Sarà un post di quelli che scrivo di getto, forse anche un filo incazzoso, sicuramente non troppo meditato.
Lo dico perchè dopo l’ultima discussione col BU ormai scrivere qui mi da ansia da prestazione.
Vado per punti, perchè alla fine è il modo migliore di scrivere pagine di questo tipo:

– Aprendo la Repubblica, oggi, la prima notizia che ho letto è stata questa. Niente di nuovo. Niente di inaspettato. Però se nessuno parlasse mai di ciò che non è nuovo o inaspettato in Italia non si parlerebbe più di mafia, corruzione in politica e sconfitte europee dell’Inter. Questo può anche essere l’obbiettivo di molti, ma non certo il mio e quindi qualcosa in merito la dico lo stesso, a costo di risultare noioso. La prima cosa che ho pensato leggendo la notizia è stata: “La solita manovra abbuonisci Vaticano e non pensanti annessi”. Ad essere onesto è la seconda cosa che ho pensato, la prima non si dice. Poi però qualcosa in me dev’essere scattato, anche in virtù di quanto accaduto ultimamente con la storia dei vaccini per l’H1N1, e ho spostato la mia riflessione su un altro piano. La notizia linkata riporta il blocco della messa in commercio della pillola RU 486, di conseguenza immagino che qualche ditta farmaceutica ci perderà un po’ di soldi. Leggendo qua e la in internet quello che sono riuscito a capire è che il farmaco è prodotto da una ditta francese, tal Exelgyn Laboratoires. Sono così, per pura curiosità, andato sul loro sito a guardare chi fosse a distribuirli in Italia e con somma sorpresa ho notato che siamo l’unico paese tra i citati col bollino arancione a non avere un distributore assegnato. Con tutta probabilità gli accordi per distribuire in Italia i prodotti della Exelgyn dipendono molto dalla decisione di poter commerciare o meno questo farmaco, è comprensibile. La domanda è: siamo realmente sicuri che il piano su cui si giochi la partita sia quello etico? Inizio a sentirmi un po’ ingenuo a pensare che la RU 486 sia rea solo di spostare voti. Forse dovrei iniziare a riflettere su quanti soldi potrebbe spostare. Chiunque abbia più di due neuroni e voglia utilizzarli per documentarsi infatti capisce al volo che non c’è nessuna reale questione etica di conflitto del farmaco con la vigente legge 194 e che, soprattutto, anche se ci fossero state delle contraddizioni in termini non è mai stato un problema per chi ci governa e legifera in materia ignorarle. La legge 40, per fare un esempio, con la 194 ci fa proprio a pugni, eppure è ancora lì.

– La seconda notizia che ho letto oggi sfogliando Repubblica è stata questa. Per educazione e rispetto nei confronti di chi legge tralascerò ancora una volta il mio primo pensiero in merito. Potrei anche non aggiungere nulla, avendo dedicato gran parte del mio precedente post a Paolo Brosio e al suo incontro con la Madonna. Evidentemente per ritrovare la fede oggi è necessario pippare o sottoporsi a rettoscopie. Se così è, temo resterò agnostico ancora a lungo.

– Dopo due notizie del genere ho preferito lasciare Repubblica e leggere l’ansa. Nessuno credo ritenesse il Giornale un reale organo di informazione e non serviva certo questa notizia per spostare l’opinione di nessuno. Come per il primo punto però, una riflessione è d’obbligo. Il tipo che si è auto-minacciato è accusato di diversi reati e va bene, ma di questo non mi interesso, mi preme piuttosto sapere se è o meno plausibile che venga radiato dall’ordine dei giornalisti. Perchè se così non fosse credo sarebbe molto, ma molto grave. Per un giornalista esiste colpa più grave dell’inventare le notizie?

– Ne ho anche per la pagina di gossip: il nuovo look di Rihanna è una merda.

A questo punto ho chiuso i giornali e quindi chiudo anche il post. Avrei voluto scrivere un pezzo sulla “nuova moda geek”, argomento che ultimamente è molto in voga nella blogosfera, ma non ero dell’umore adatto.
Forse lo farò nei prossimi giorni.

Influenza maiala!

L’aggettivo nel titolo ha pura accezione dispregiativa.
Non ho l’H1N1.
Non credo, quantomeno, perchè la febbre alta mi è durata si e no 24 ore ed è andata via da se.
O forse l’ho avuta e si è rivelata la cagata che è: una normale influenza.
In ogni caso è meglio che io rimanga a casa al calduccio anche questa sera, per preservare il mio non proprio roccioso organismo.
Ora c’è da capire come impegnare la serata.
Di giocare a PES ulteriormente non se ne parla, a meno di volersi far venire gli occhi pallati. Gran gioco il 2010, per inciso.
L’idea è quella di guardare qualche episodio della quinta serie di House.
Prima di farlo però ho pensato di testare il mio nuovo PC per quanto concerne il blog management e quindi eccomi qui a scrivere qualche riga dopo diversi giorni.
In realtà non ho molte cose di cui scrivere, la vita da malato non riserva particolari emozioni, ed avendo liquidato in una riga l’argomento PES che di questi giorni è stato il protagonista, restano vermanete poche opzioni.
Ieri ho visto “Uomini che odiano le donne”.
Avevo letto il libro tempo fa e devo dire che il film è decisamente meglio.
Un po’ perchè il cinema ha il pregio di eliminare i fronzoli descrittivi e snellire la narrazione, un po’ perchè il regista e lo sceneggiatore hanno avuto il pregio tagliare tutto l’inutile anche a livello di trama. Non solo, hanno anche dato all’assassino movenze più pulite, da vero serial killer cinematografico made in usa, eliminando tutta “l’imprecisione” che invece aveva nel libro. Questa frase credo non sia comprensibile a chi non ha letto il libro e visto il film e forse non è comprensibile nemmeno a loro, ma non credo di poter spiegare cosa intendo senza rivelare qualcosa della trama. Non amando farlo, prefersico essere incomprensibile.
In tele il Venerdì sera non c’è nulla.
Ma veramente nulla, tanto che sto guardando “Niente di Personale” su La7. Ora non è che sia poi malissimo come trasmissione, però oggi proprio non ci siamo.
Si è aperta con il monologo di Piroso e fin li tutto tranquillo.
Poi c’è stato ospite Paolo Brosio a presentare il suo libro.
In sintesi, dopo aver rotto l’ennesimo matrimonio Brosio si è dato ad un periodo di sesso, alchol e droga da cui è uscito grazie alla Madonna.
Devo riconoscere che vederlo lì, in lacrime, a raccontare le sue sofferenze mi ha un po’ rattristato. Sono così io, mi dispiaccio se vedo qualcuno che è veramente e sinceramente distrutto dal dolore e lui lo era.
Però le testimonianze di chi parla con Dio dopo una vita di eccessi un po’ mi stufano.
Dopo Brosio c’è stato Raf a presentare il suo nuovo singolo e lì ho deciso che avevo guardato la televisione abbastanza.
E ho spento.
Un po’ come ora mi sto rendendo conto di aver scritto abbastanza.
E quindi chiudo.

Avere trent’anni

La Polly ci teneva proprio a vedere i Green Day dal vivo. Io sono un moroso come si deve e quindi ce l’ho portata, sfruttando ancora una volta le mie conoscenze altolocate. Ci ho portato anche Ciccio, perchè so che a queste cose ci tiene e già che c’ero ho tirato in mezzo anche Marco e Carlo che quando c’è da essere anni novanta son sempre presenti.
Si parte per il forum dopo il lavoro, Ciccio arriva in giacca e cravatta (una Ferragamo coi cuoricini di cui si bullerà per tutta la sera), parcheggiamo nel parcheggio a pagamento e nessuno di noi tre (Marco, Carlo e i loro amici li abbiamo incontrati dentro) ha mai sentito il nuovo disco. Viene quindi facile il totale perpendicolarsimo (my own personal contrario di parallelismo) con il concerto anni novanta.
All’interno del forum ci sono proprio tutti, dai ragazzini con i genitori, ai meno giovani nostalgici fino agli anziani. Ci sono anche diversi VIPs come il cantante dei Lost e Ringo, il DJ di Virgin Radio, da cui vengo inviato affanculo dopo una gag molto divertente che tuttavia perde molto del suo fascino se raccontata per iscritto.
Aprono il set i Prima Donna, gruppo abominevole riguardo al quale non spenderò ulteriori parole.
Io e Ciccio decidiamo di approcciare l’evento con l’attitudine punk di un tempo e così, dopo una salamella ed un rustichella, io perdo in fretta il conto delle birre. Entrambi sappiamo che le nostre speranze di sentire “Haushinka” e “Church on Sunday” verranno frustrate ancora una volta, però Ciccio si sente particolarmente parte della scena e non mi consente di esprimere qualsivoglia dubbio sulla tenuta artistica della band.
Il concerto vero inizia alle 20.38.
La scenografia è eclatante, il palco è immenso e ci sono pure i fuochi artificiali. Attaccano con pezzi dal nuovo album e sul palco ci sono altre due chitarre, una in vista ed una nascosta, più una tastiera. Billy Joe ha la chitarra, ma probabilmente non la suona. Io e ciccio, sempre più punk, decidiamo di riutilizzare uno scontrino che non ci è stato ritirato e prendere altre birre.
A fare i primi tre pezzi ci impiegano 25 minuti. Non essendo i Dream Theater è chiaro che qualcosa non va, ma alla gente sembra piacere particolarmente il momento “Ehhhhhh-Ohhhhhh” e quindi intorno a noi è puro visibilio.
A quasi un’ora dall’inizio Billy Joe attacca con le prime cover, buttate lì a piccoli assaggi per infoiare la gente. Nell’arco della serata ci sarà spazio per tutti, dai Nirvana agli AC/DC, dai Guns a David Bowie, dai Beatles fino agli Oasis, anche se credo che quest’ultimo caso non fosse voluto visto che l’intro di chitarra su cui abbiamo cantato “Wanderwall” era l’intro di “Boulevard of Broken Dreams”. Nel dubbio Ciccio dichiara che il pezzo è orribile e va a pisciare, tornando con una nuova birra. Io lo seguo a ruota.
A più di un’ora dal calcio d’inizio la ciurma inizia a manifestare disagio per via di una scaletta un po’ troppo new wave. I ragazzi sul palco se ne accorgono ed inizia il momento revival. Entra la storica chitarra con gli adesivi, la scenografia si fa minimal ed io inizio a sentire l’adrenalina salire, spinta probabilmente dall’alchol. Da qui i ricordi e le sensazioni si fanno un po’ confusi, ma spero di riuscire a renderli per benino.
Attaccano con “2000 Light Years Away”, che non è “Going to Pasalacqua”, ma che comunque accende gli spiriti. Io tiro a basso in un sorso ciò che resta dell’ennesima birra, per evitare di rovesciarla di li a poco. Nel parterre la gente smette di ballare e agitare le mani. Ciccio mi indica una tipa e grida: “AHAHAH, la figa ha smesso di ballare!!!”. Risate.
Segue “Hitchin a Ride”, il gruppo si compatta e avanza di qualche metro. L’atmosfera viene però distrutta da dieci minuti di “Ehhhhh-Ohhhhhh” e “I need only one, two, one, two, three, four!”. Io dichiaro che se fanno una roba del genere su un pezzo di quelli seri gli tiro le vans e torno a casa in calze.
All’improvviso, senza neanche chiudere il pezzo, parte “When I come Around”. Io perdo il cappellino per la prima volta. Si parte verso il palco, cantando come ragazzini. Si salta, qualcuno cade, nonostante non ci sia neanche l’ombra di quel che una volta era definito “pogo”. A fine pezzo ho il fiatone e ritorno dagli altri.
Parte “Welcome to Paradise” e si ritorna in mezzo, con più cattivria. Un piccolo pogo si crea e io e Ciccio ci buttiamo dentro ridendo come idioti. Dopo pochi scondi Ciccio mi guarda e dice: “Che pogo da froci”. Altre risate.
Sono quasi spaesato, le cose capitano intorno a me e io le subisco in preda a quella sensazione di benessere suscitata solo dai concerti d’una volta.
Durante “Brain Stew” è ormai delirio. Ciccio chiede in giro se c’è qualcuno che gli passa la versione di latino, io sostengo che “Brain Stew la suonavamo anche noi”, conscio del fatto che ciò che noi suonavamo avava solo la pretesa di essere quella canzone.
Parte “Jaded” ed io perdo il controllo del mio corpo.
Si tira di nuovo il fiato per “Longview”, aiutati dal fatto che vengano chiamati a cantare personaggi improponibili dal pubblico. Si canta tutti insieme, desiderando di uccidere la malcapitata ragazza sarda che si sta umiliando di fronte ad un pubblico non proprio ridotto. E’ una festa, con tanto di immancabili e tristissime pistole d’acqua per innaffiare un pubblico che forse un tempo ai concerti sudava, ma che oggi risulta più che altro seccato.
Il tutto pare essere vicino alla conclusione e per un attimo torno semi lucido, ma è un istante.
“Basket Case” è il degenero.
“She” è il colpo di grazia. Io vivo esperienze extracorporee e grido frasi senza senso, tra cui “Se ci sposiamo in chiesa voglio questa canzone” rivolto ad una Polly attonita. Ciccio è altrettanto adeso alla realtà e mi dice fiero di aver toccato le tette prima ad una ragazzina e poi a sua madre. Il momento è di quelli che ne vivi pochi.
Poi tutto torna pian piano alla realtà. Il concerto torna nella sua fase mainstream, l’alchol inizia ad abbandonare le mie sinapsi e l’effetto è quello di una piacevole dissolvenza fatta di botti, coreografie e coriandoli.
In questo stato passano gli ultimi pezzi e i bis, fino alla chiusura che tutti temono. Billy Joe afferra una chitarra acustica e prende il centro del palco. Ciccio mi dice che a quel punto o fa “Time of your Life” o fa “Albachiara”. Invece partono due ballatone presumibilmente estratte dagli ultimi dischi, la gente accende gli accendini, Ciccio accende una sigaretta ed io guardo l’orologio.
Siamo sulla soglia delle due ore e mezza di concerto ed io rifletto sul fatto che, si può dire quel che si vuole, ma va riconosciuto che a tirare in piedi uno show del genere partendo da tre accordi non sono stati in molti, nella storia.
Arriva il momento di “Time of your life” che non è più “Good Riddance” da almeno dieci anni e tutti sono contenti.
Le ragazzine piangono, i genitori pure.
Io ricordo la conclusione del concerto del 1997, ricordo che sono passati 12 anni e che vado per i trenta e a Billy Joe che mi dice “I hope you had the time of your life” rispondo: “I had, Billy. It was 1997”.

Nota: aggiornata la sezione “musica”.