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Sanremo 2024: le canzoni

Io non seguo il Festival di Sanremo inteso come show televisivo perchè non mi interessa vedere John Travolta che balla il ballo del qua qua, ma da qualche anno dopo la seconda serata mi ascolto tutte le canzoni in gara seguendo la playlist Spotify e le commento al primo ascolto. Di solito introduco la cosa con un mini preambolo, ma quest’anno le canzoni sono ben 30 e quindi direi di non stare troppo a cincischiare.
Mi prendo giusto un paio di righe per gioire del fatto che la presenza de LA SAD tra i partecipanti ha paradossalmente annullato l’esigenza (solo mia) di fare punk-checking, ovvero smattare per verificare l’uso improprio del termine associato a qualsiasi “stramberia” arrivasse sul palco dell’Ariston. Paradossalmente infatti, l’anno in cui si palesano individui con la cresta e i capelli colorati è il primo in cui diventa necessario ribadire ogni secondo che NON C’E’ IL PUNK A SANREMO. Per quel che vale, sono d’accordo.
Nota fondamentale, che riprendo pari pari dai post degli anni scorsi: per me Sanremo è La Canzone di Sanremo™ (da qui CdS™), archetipo che non ha senso di esistere mai, ma che in quel contesto trova la sua collocazione naturale. Potrei provare a spiegarvi in cosa consiste, ma sarebbe più noioso delle canzoni stesse e quindi mi limito a puntare il dito quando la riconosco in scaletta.
Cominciamo.

  1. Annalisa – Sinceramente
    Mi piace questa cosa fatta anche da Elodie l’anno scorso (a memoria) di arrivare con un pezzo in linea con la proposta consueta e non con una CdS™ posticcia. Non mi sembra abbia il tiro di Mon Amour quindi forse potrò evitarmi di risentirla alla nausea causa figli e poi gli manca l’elemento essenziale per il tormentone italico, ovvero il cowbell in entrata di ritornello, ma tutto sommato dignitosissima. “Mi sento scossa-ah” chiara omaggio ai Prozac+ e quindi forse il punk quest’anno lo troviamo dentro una cover di Kylie Minogue.
  2. Geolier – I P’ ME, TU P’ TE
    Il pezzo internazionale (gag). A parte il capslock e il fatto che ‘sta roba non sia evidentemente nello spettro dei miei gusti, mi sembra il secondo pezzo su due che ha un suo senso di esistere nel panorama musicale odierno, inteso come tutto ciò che sta fuori dalla bolla Sanremese. Non conosco lui, non saprei dire come sia rispetto al resto della sua produzione, ma piuttosto che approfondire mi strappo le unghie dei piedi, quindi mi fermo al giudizio isolato e approssimativo.
  3. Angelina Mango – La noia
    Ero pronto a fare la gag con il titolo del pezzo, ma invece sai che ci sta? Questo Sanremo versione Festivalbar non mi sta dispiacendo, al momento, anche se io resto pur sempre una vedova della CdS™ e ogni volta che non si presenta un po’ ci resto male. Comunque al momento se una di queste prime tre vincesse potrei quasi starci.
  4. Alessandra Amoroso – Fino a qui
    ECCOLA! Mi prostro e mi dolgo dell’aver dubitato, perchè la CdS™ si presenta subito in tutta la sua maestosità. E chi meglio di Sandrina Amoroso per farle fare il suo ingresso in pompa magna? L’artista giovane a detta dei vecchi spara una CdS™ perfetta in ogni parte, senza la minima sbavatura o licenza poetica, un pezzo immortale nel suo essere identico a mille altri suonati nelle edizioni passate. A cazzo durissimo. Grande Sandrina, non mollare mai!
  5. Mahmood – TUTA GOLD
    Madonna se fa cagare Mahmood. Con un pezzo grossomodo identico (Soldi) ha vinto, spero vivamente valga la regola del “fool me once etc. etc.”
  6. Irama – Tu No
    Io Irama l’ho capito, vuole essere il Massimo Ranieri della sua generazione. Non fosse che la carica screamo di Massimo Ranieri se la sogna e, soprattutto, che la sua generazione non credo abbia la minima voglia di avere un proprio Massimo Ranieri. Per statistica registriamo la seconda CdS™ in gara.
  7. Loredana Bertè – Pazza
    Ma è una cover? La canzone scorre ma io impazzisco se non mi viene in mente da dove cazzo arrivi quel riff ad inizio strofa. Niente, è finita e non mi è venuto in mente.
  8. Gazzelle – Tutto Qui
    Io posso capire se una CdS™ del genere la porta una come Alessandra Amoroso, ma perchè dovrei sciropparmi Gazzelle che fa una porcheria del genere? Perchè? E, soprattutto, perchè Gazzelle in qualche modo gode di uno stret cred superiore a quello dell’onestissima Alessandra Amoroso?
  9. The Kolors – UN RAGAZZO UNA RAGAZZA
    Questi ancora devono capire come cazzo hanno fatto a far funzionare ITALODISCO e quindi provano a replicare paro paro a partire dal capslock. Solo che da bravi babbi cambiano l’unico ingrediente davvero cruciale, ovvero i colpi di cowbell in ingresso al ritornello, mettendoci una roba che per loro “tanto è uguale” e invece li condannerà al fallimento. Oppure a farlo sarà che il pezzo è oltremodo inutile.
  10. Ghali – Casa Mia
    Non so per quale ragione mi ero (auto)convinto questo potesse essere il vincitore a sorpresa. Sentendo il pezzo direi che è poco probabile, anche se non mi sembra terribile. Ho ascoltato il testo proprio il giusto per intuire ci siano dentro anche un po’ di spunti di impegno sociale facilone, che insomma fanno comunque curriculum a Sanremo, ma non mi ci soffermerei. Non la peggiore sentita fino a qui.
  11. Emma – APNEA
    Tu quoque Emma con sto cazzo di capslock. Sono andato a controllare, la volta scorsa aveva puntato sulla CdS™ e non era andata benissimo, quindi a questo giro prova con un pezzo più radiofonico. Secondo me continua a non funzionare qualcosa, ma il risultato non è proprio da buttare. Anche qui il riffettino nel ritornello puzza tantissimo di cover, ma mi diranno essere un omaggio e chi sono io per?
  12. Mr.Rain – DUE ALTALENE
    Io posso capire se una CdS™ del genere la porta una come Alessandra Amoroso, ma perchè dovrei sciropparmi Mr.Rain che fa una porcheria del genere? A differenza di Gazzelle almeno non c’è lo street cred. Ogni anno Sanremo ci ricorda che siamo il Paese a cui non basta Fedez, ci servono addirittura i suoi cloni/emuli.
  13. Alfa – Vai!
    Ah, ma aspetta, abbiamo anche la quota Pinguini Tattici Nucleari. Evviva.
  14. Rose Villain – CLICK BOOM!
    Tocca incazzarsi. La CdS™ non è qualcosa che si può svecchiare o rivisitare. Non me ne fotte un cazzo, non si fa. Piuttosto metti la panna nella carbonara.
  15. Dargen – Onda Alta
    A me Dargen che finisce ad essere schiavo del personaggio fa un po’ tristezza, ma capisco anche che sputare sui soldi venga facile solo se sono i soldi di altri. Probabilmente il testo ha una sua importanza, ma se ne pensassi qualcosa di diverso/meglio rispetto a quanto detto per Ghali sarebbe solo sulla base di un affetto personale e non credo sia giusto.
  16. Diodato – Ti muovi
    Per me è una bella canzone, sinceramente, ma non riesco a levarmi dalla testa il meme che sosteneva fosse, dopo “Fai rumore”, il secondo atto di una trilogia dedicata alla compagna molesta con cui condivide il letto.
  17. LA SAD – AUTODISTRUTTIVO
    Che mega delusione. Non è che mi aspettassi un bel pezzo eh, ma un po’ più di caciara sì. Sanremo doveva essere la cartina di tornasole della poseraggine di ‘sti tre ragazzi e direi che ci siamo levati il dubbio. Son tre ragazzi che sanno benissimo come comportarsi.
  18. Il Tre – FRAGILI
    Una CdS™ brutta. Non in senso generale eh, perchè implicherebbe ne esistano di belle, ma proprio brutta anche per gli standard della CdS™. Siccome sfrangia parecchio i coglioni ho commesso l’errore di andare a guardare quanti pezzi mi mancano e adesso sto pure peggio di quando il mio problema principale era il pezzo de Il Tre.
  19. Negramaro – Ricominciamo tutto
    Fino a trenta secondi fa pensavo non ci potesse essere nulla peggio dei Negramaro, ma sottovalutavo i Negramaro che fanno una CdS™. Santissimo il signore, senti l’epica che ci stanno mettendo. Senti quanto ci credono. “Siamo una canzone di Battisti all’alba” certo, come no. Ma cosa cazzo è il conto alla rovescia in mezzo? MA RITIRO TUTTO, HA APPENA FATTO IL GIRO DIVENTANDO UNA ROBA MAGICA! Non è vero, però quella cosa lì mi ha fomentato.
  20. CLARA – DIAMANTI GREZZI
    Quota “tocca cercarla su google”, ma anche quota “Elodie”. Soprattutto quota “ragazza che biascica”, che in effetti ancora mancava. Boh, mi pare le manchi tutto quello che serve a farne la hit che credo volessero tirare fuori quando l’hanno messa insieme.
  21. bnk44 – GOVERNO PUNK
    Voi dovete andare affanculo. E non parlo dei bnk44 (che comunque, ci andassero, male non farebbero), ma di voi stronzi che continuate a tirare in ballo il punk a Sanremo creando mostri tipo questo. Non ha senso niente. Non ne faccio una questione musicale, magari il problema fosse quello. Il problema è che il ragionamento di sti scappati di casa è stato: “Oh, ogni anno il punk fa notizia a Sanremo. Mettiamolo nel titolo, a caso.”. VOI DOVETE ANDARE AFFANCULO.
  22. sangiovanni – finiscimi
    Ahhhhh, ma questo è quello che usa solo le minuscole! Considerati tutti i capslock del cazzo visti fino a qui è una scelta che continuerò a supportare e stimare. Poi va beh, sta CdS™ è davvero terribilissima, ma non è che possiamo pretendere troppo da sangiovanni, direi. Le minuscole sono già grasso che cola.
  23. Fred De Palma – IL CIELO NON CI VUOLE
    Eh, dagli torto.
  24. BigMama – La rabbia non ti basta
    Secondo me non è malaccio, mi piace il ritornello alla Paola&Chiara. Non sto gridando al miracolo, ma diciamo che tutta la vita un pezzo come questo rispetto a tanta della merda sentita fino a qui. A partire dalla monnezza immediatamente precedente targata Fred De Palma.
  25. SANTI FRANCESI – l’amore in bocca
    Qui vado in cortocircuito perchè il nome del gruppo è in capslock e poi nel titolo sono tutte minuscole. Cosa volete dirmi? Che gioco state giocando? Va beh, una CdS™ con velleità di raffinatezza che farebbe anche incazzare, perchè per quanto assurdo su questi due avevo qualche aspettativa. Va detto che il tipo si chiava Matilda De Angelis e non credo di essere titolato a muovere critiche a uno che chiava la Dua Lipa di Bologna.
  26. Il Volo – Capolavoro
    Chiamare una canzone “Capolavoro” supera in fosbury la sfiga degli artisti emergenti che titolano i loro pezzi con nomi di cantanti di grido votandosi al clickbait. Per il resto CdS™ standard, ma diventa complesso fare finta che il Volo potesse anche solo ipotizzare di presentarsi con qualcos’altro.
  27. Fiorella Mannoia – Mariposa
    Andiamo serenamente oltre perchè non credo abbia senso discutere Fiorella Mannoia che presenta la sua musica nell’unico calderone in cui può stare. Il pezzo non è neanche tremendo.
  28. Ricchi E Poveri – Ma non tutta la vita
    Presente quando qualche pezzo di merda delle poste o della banca fa firmare qualche investimento ventennale a tua nonna novantenne? Ecco, è il manager dei Ricchi E Poveri.
  29. Renga Nek, Francesco Renga, Nek – Pazzo di te
    Giuro che in Spotify è scritto così: Renga Nek, Francesco Renga, Nek. Non fa riderissimo? Vorrei parlarne perchè dopo quasi due minuti del pezzo non ho trovato davvero nient’altro da scrivere. Se l’ultima sera fanno cantare questa canzone a Il Volo e danno a Renga Nek, Francesco Renga, Nek (non riesco a smettere, sorry) “Capolavoro” non se ne accorge nessuno.
  30. Maninni – SPETTACOLARE
    E la chiudiamo giustamente così, con la dodicesima CdS™ di questa edizione, che registra per l’ennesima volta la sconfitta della CdS™ a Sanremo. Mentre andava ho risposto ad una mail di lavoro e adesso che è finita e sto scrivendo non ricordo come facesse. Meglio così.

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Buoni propositi 2024: Gennaio

A fine anno scorso ho deciso che per la prima volta avrei stilato una lista di buoni propositi da provare a centrare in questo 2024. Siccome mi conosco e so di essere particolarmente incapace nel portare a termine qualsiasi piano sul lungo periodo, specie se richiede sacrifici, ho anche deciso che mensilmente avrei esposto i progressi conseguiti in maniera trasparente ed onesta su questo blog. Non perchè la cosa interessi davvero a qualcuno, ma perchè forzarmi ad una rendicontazione pubblica mi impedisce quantomeno di fingere di essermi dimenticato dell’impegno.

Dopo i primi 30 giorni, eccoci a fare i conti con la realtà.

Voglio ridurre la mia dipendenza dal telefono.
Ci sto provando, ma ammetto che la strada è parecchio in salita. La strategia con cui ho pensato di portare a casa il risultato mi richiedeva di implementare essenzialmente due azioni:
1) mettere il telefono fisicamente in un’altra stanza da quando rientro dal lavoro fino a quando vado a letto
2) forzarmi a non prendere MAI in mano il telefono in auto.
Al punto uno mi sono attenuto per qualche giorno nell’immediato post vacanze di Natale, ma la mancanza di una vera routine dovuta un po’ alle trasferte e un po’ all’alternanza tra ufficio e home working ha fatto saltare il banco abbastanza in fretta. Col punto due è andata grossomodo uguale perchè la app di streaming musicale che utilizzo si incarta ogni due per tre quando collegata al bluetooth e va riavviata, ma soprattutto perchè in macchina ci sto principalmente all’ora di punta e durante le code mi viene tuttora automatico (purtroppo) afferrare il telefono e iniziare a scrollare. C’è da dire però che questo proposito che mi sono dato mi fa rendere conto del problema ogni volta in cui lo faccio e quindi, a differenza di prima, riesco a rimettere quasi subito giù quello strumento maledetto dicendomi: “Smettila idiota”. E’ un primo passo per la disintossicazione, ma non è ancora sufficiente. Se riuscissi a cementare queste due abitudini poi potrei concentrarmi sull’eliminare l’utilizzo del telefono a letto prima di dormire. Qui c’è davvero tanto da lavorare, ancora.

Voglio prendere l’abitudine di fare attività fisica 3 volte alla settimana.
Oh, qui sono partito bene. Conscio di sapermi attaccare ad ogni possibile scusa per evitare di mantener fede al programma, mi sono preso un tapis roulant che ho montato in taverna nell’ufficio di mia moglie. Non è uno di quei modelli da migliaia di euro, ovviamente, ma fa il suo e ha anche una trentina di programmi precaricati che aiutano chi come me deve costruire un’attività sportiva da zero (non per dire eh, non faccio sport con regolarità dalle scuole medie.). Ci sono ad esempio 10 programmi dedicati a chi vuole bruciare calorie e sono partito da quelli. Non dal primo, per una mera questione di autostima, ma dal numero due. Dopo un paio di settimane l’ho “potenziato” aumentando leggermente i tempi nell’ottica di avvicinarmi al programma successivo, a cui dovrei passare da Febbraio. Le volte che ho corso col programma enhanced sono marcate con * nello schemino qui sotto.

Corro la mattina alle 6:30 e devo dire che questo cambio di ritmo di vita, sostanziale, al momento mi ha portato grande benessere. Dormo di più e meglio, inizio la giornata più carico e mi sento mentalmente meno appesantito. Di contro, durante ogni singola sessione di corsa rivaluto la morte.
Come si può vedere nello schemino, sto anche andando a skateare, ma ci torniamo dopo.

Voglio perdere qualche chilo. Diciamo 7-8.
La bilancia dice che in un mese ne ho persi 4, ma è una pia illusione. Un po’ perchè il mio peso iniziale post vacanze di Natale non è, grazie a dio, il mio peso “forma” e quindi almeno un paio di chili li avrei comunque persi tornando ad un’alimentazione normale e senza fare nient’altro, un po’ perchè quando si inizia un percorso di perdita peso i primi chili che si buttano giù sono essenzialmente di liquidi e sono abbastanza semplici da smaltire. Il grosso del casino è continuare la discesa.
Va anche detto che non mi sono messo propriamente a dieta, non come ai tempi della dieta di Sparta del 2018 in cui persi 15 chili in sei mesi (ripresi tutti in lockdown). Ho solo rimesso un po’ a posto il mio piano alimentare settimanale stando attento a quanto mangio e a cosa mangio. Unica vera rinuncia è la birretta serale, che per me e mia moglie sarebbe tranquillamente abitudine quotidiana, per il resto è davvero solo prestare attenzione e mangiare in maniera più ordinata perchè, so che sembra incredibile, ma non siamo due persone che mangiano tanto o che pasticciano regolarmente.
La speranza è che continuando con l’esercizio e la dieta attenta, una vera e propria dieta ferrea non serva.

Voglio chiudere un pop shove it e/o un ollie in skate.
Non ce la farò mai. Io però ci continuo a provare perchè il pop shove it per me è come l’utopia di Galeano. Intanto sono migliorato molto nella confidenza con cui sto sullo skate e questo già non è male. A skateare vado principalmente nel corsello dei box insieme a mio figlio, cosa che mi rende sostenibile la pressione sociale di farmi vedere sopra uno skate dai vicini di casa, oppure allo skate park di Agrate (indicato con P nello schemino sopra) che però è piuttosto scomodo logisticamente. Questi ritmi di allenamento, associati alle mie doti atletiche e al senso di paura che si prova a 42 anni, rendono le possibilità che io riesca nell’intento davvero prossime allo zero, ma non voglio mollare. Guardando un po’ di tutorial ho compreso il movimento e ormai riesco abbastanza bene a “scoopare” la tavola nel modo corretto perchè compia la rotazione voluta, solo che saltando non ci finisco sopra se non con un piede, credo perchè istintivamente l’altro cerchi l’asfalto per mettermi in sicurezza. Ho visto che aiuterebbe provare il movimento attaccati con le mani ad una ringhiera, ma non ne ho una che faccia al caso.

Voglio andare almeno 6 volte al cinema (+2 rispetto al 2023).
Sto ancora a zero. Avrei voluto vedere Adagio, ma ho scoperto fosse uscito solo dopo che l’avevano tolto dalle sale che mi stanno in zona. Adesso ho nel mirino Argylle, vediamo se riesco.

Voglio tornare a vedere almeno 12 concerti (+4 rispetto al 2023).
Dodici concerti sono un concerto al mese e a Gennaio sono riuscito a stare in media, beccando i The Singer is dead live a Busto Arsizio il 26/01. Concerto figo, loro bravi come sempre. Il disco nuovo è uscito a fine 2023 e non l’avevo ascoltato abbastanza da metterlo tra i top dell’anno, ma è davvero figo e in questo gennaio l’ho abbastanza tritato.
Questo proposito mi ha rimesso nel mood di stare vigile per le date che capitano in zona e oggi ho tipo 5 concerti segnati in agenda per i mesi futuri. Credo non mi capitasse dal 2019.

Voglio finalmente riuscire a (ri)fare il rifugio Quintino Sella.
Questa è on hold per ovvi limiti climatici: non si possono fare 3 ore di arrampicata fino a 3600 metri di altezza quando c’è la neve ed il rifugio è chiuso. Se ne riparla in primavera inoltrata.

Voglio chiudere/congelare qualche account social.
Prima di scrivere questi propositi avevo deciso di congelare Threads, poi ho fatto lo stesso con Blue Sky. Non credo di riuscire a staccarne altri, ma va detto che tantissimi tra i profili che seguivo e con cui interagivo hanno mollato X Twitter quindi potrei iniziare ad usare meno anche quello. Al momento però non riesco ad immaginarmi senza.

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NBA All-Star Game 2024

Quest’anno sto seguendo pochissimo l’NBA.
Credo dipenda tanto dall’aver mollato Dunkest, che vuoi o non vuoi mi costringeva a provare a stare al passo con i record delle squadre, gli stati di forma dei giocatori e, soprattutto, le statistiche individuali. Senza quella leva e senza più tanta voglia di guardare le partite di regular season, il mio è il voto dell’utente disinformato, che segue quelle due o tre pagine di basket sui social e si fa un’idea in merito ai post che legge, agli highlight delle giocate e ad una base di simpatia e preconcetto che da sempre pesa sulle mie scelte.
Fatta questa dovuta precisazione, ecco le mie selezioni per l’All-Star Game 2024.

Quest’anno, come intuibile, la spiega sarà più facile del previsto.
WEST:
Ho votato in blocco tutto il quintetto di OKC, compreso quello che va con le ragazzine, perchè tifo durissimo per loro. Sono giovanissimi, cazzutissimi e con dei margini di miglioramento e crescita spaventosi. E poi hanno Shai, che è un giocatore meraviglioso e quasi unico nel panorama dell’NBA attuale. Ultra curioso di vederli quando la palla inizia a farsi pesante, ma per il momento sono la cosa che mi piace di più dell’NBA e quindi ce li porto tutti. Tra i rimpianti per questa scelta su tutti forse Fox è il più grosso, anche più di Edwards.
EAST:
Qui la situazione è più complessa perchè mi tocca fare delle scelte e, soprattutto, giustificare delle esclusioni. I Celtics mi stanno sulle palle, tutti, tranne Porzingis e White. Visto che era lecito pensare che Porzingis fosse ormai un ex giocatore, porto volentieri lui. Inoltre, non esiste che io possa votare quello del “Non esiste fallimento nello sport”. Quindi come si va avanti? Non potendo andare con 4 guardie più Porzingis, che sarebbe stata la mia scelta ideale, ho dovuto pescare qualche ala che prendesse il posto della guardia che avrei scelto. Con Phila è stato facile, perchè Embiid merita un posto e quindi portare lui al posto di Maxey ci sta. Con NY è più complesso lasciare giù Brunson per Randle, ma neanche così scandaloso. A questo punto le tre pedine del froncourt le ho, quindi devo solo scegliere una guardia da affiancare ad Haliburton, che per la precisione secondo me quest’anno dovrebbe andarci senza neanche far votare le persone, con un posto assegnato di diritto. E allora via di doppio playmaker e butto dentro LaMelo, un po’ per la quota Hornets e un po’ per la solita questione di portare al circo il principe dei giocolieri.


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Buoni propositi: una lista per il 2024

Una roba che non ho mai fatto è darmi dei propositi per l’anno nuovo.
Mi capita, come a tutti, di auto-assegnarmi degli obbiettivi a corto, medio o anche lungo termine, ma questa cosa è sempre dipesa da raptus e/o prese di coscienza che nulla hanno a che fare con il cambio di anno. Sto giro invece provo a gestirla diversamente e ad entrare nel 2024 con una serie di obbiettivi scritti nero su bianco, con cui fare i conti tra dodici mesi. Essendo una di quelle persone che sentono il peso di non dover deludere il prossimo, ma non sè stessi, forse questo post mi aiuterà a rendere più concreto questo mio impegno o, quantomeno, meno semplice fingere di non averlo mai avuto.
Mettiamo qui la lista e vediamo come va a finire.
– Voglio ridurre la mia dipendenza dal telefono.
– Voglio prendere l’abitudine di fare attività fisica 3 volte alla settimana.
– Voglio perdere qualche chilo. Diciamo 7-8.
– Voglio chiudere un pop shove it e/o un ollie in skate.
– Voglio andare almeno 6 volte al cinema (+2 rispetto al 2023).
– Voglio tornare a vedere almeno 12 concerti (+4 rispetto al 2023).
– Voglio finalmente riuscire a (ri)fare il rifugio Quintino Sella.
– Voglio chiudere/congelare qualche account social.

Otto propositi listati dal più difficile al più semplice, ma calcolando che a metà lista c’è la possibilità che io chiuda dei trick in skate si tratta di un elenco decisamente ambizioso. E’ evidente i primi 4 punti siano i più complessi da finalizzare, ma proprio per questo dovrei potermi ritenere soddisfatto solo con un risultato finale di 6 su 8, perchè implicherebbe ragionevolmente aver portato a casa metà dei traguardi davvero ostici oltre alla totalità di quelli abbordabili. Che, in ogni caso, sono tutt’altro che scontati.
In questo momento non scommetterei su di me, la vedo davvero tanto in salita.
Sebbene questo 2023 sia stato per molti versi migliore del 2022, temo che il percorso di dis-imbruttimento che mi auguravo di compiere alla fine dello scorso anno sia ben lontano dall’aver ingranato e forse è anche perchè ho tenuto il progetto su un piano troppo teorico e svincolato da azioni effettive e concrete sulla mia vita quotidiana.
Adesso queste azioni le ho definite, almeno sulla carta. Ora non resta che verificare se e cosa riuscirò davvero a fare.

Questo post non finisce nella newsletter perchè non riguarda nessuno oltre a chi scrive.

I dischi del 2023

Giorni fa leggevo che il wrapped di Spotify, il riepiloghino scopo condivisione con cui la nota app di streaming notifica ai suoi utenti le rispettive statistiche di ascolto per gli 11 mesi precedenti, stia creando nelle persone un certo disagio. Sarebbe facile mettersi qui a fare il Crepet della situazione e lagnarsi di questi giovani d’oggi che non fanno che lagnarsi, ma purtroppo io il meccanismo alla base di questo stress lo capisco benissimo.
La musica è soprattutto posa.
Chi si considera appassionato vive una relazione tossica, in cui si sente per qualche ragione costretto a dimostrarsi all’altezza della propria passione. Con gli altri, ma anche un po’ con se stesso. E’ il meccanismo per cui abbiamo dovuto inventare la definizione di “guilty pleasure” per definire quei dischi/artisti che ci piacciono, ma che non possiamo semplicemente ammettere ci piacciano, oppure il motivo per cui quando su twitter inizia a girare la moda di fare una classifica dei migliori 10 pezzi dei Beatles nessuno ci mette Yesterday, Let it Be o Hey Jude. Ogni appassionato ha la propria barra da tenere dritta, i propri confini da non valicare relativi sì alla bolla di appartenenza a cui tende, ma soprattutto all’idea che ha di se stesso. Per questo motivo nessuno dovrebbe essere costretto a fare i conti con il dato reale, freddo e inappellabile. Per molti è davvero un brusco tuffo nella realtà dei fatti.
Pagherei per vedere il wrapped di Scanzi, per esempio. Probabilmente però è uno di quelli che per sentire quello che gli piace veramente usa l’account della compagna. Che non si sa mai.

Io non uso più Spotify e non ho un wrapped da condividere, quindi non so dire se i dischi che mi sono piaciuti di più in questo 2023 siano anche quelli che ho ascoltato di più. Non ho neanche sentito così tanta roba da poter fare una vera e propria classifica, a voler guardare, quindi forse la cosa migliore è mettervi qui qualche disco con annesse considerazioni. Magari a qualcuno viene voglia di recuperarseli e dirmi cosa ne pensa. Per mero folklore, mi invento delle categorie a caso.

Disco “Grazie al cazzo, è piaciuto a tutti” 2023: The Record – Boygenius
E’ uscito a fine Marzo ed è probabilmente uno degli eventi musicali di questo 2023. Lo hanno presentato con 3 pezzi in anteprima, che poi sono diventati 4, e siamo capitolati grossomodo tutti perchè sono 4 capolavori. True Blue su tutti, anche se al fotofinish. Il resto del disco secondo me non ha tenuto il passo delle aspettative, nonostante Cool About It sia anche lei clamorosa, e adesso che sono passati diversi mesi posso dire che probabilmente avrei apprezzato di più un EP di sei/sette canzoni. Resta comunque un gran bel disco, che merita l’hype che lo circonda. Forse dovrei solo ascoltarlo in shuffle, per evitare di rimetterlo dall’inizio dopo Not Strong Enough.

Disco “Ma questo non è uscito nel” 2023: You’ll be fine – Hot Mulligan
Ad una certa ho scoperto che i vincitori della categoria “Ma questo disco non è uscito nel” 2022 sarebbero venuti a suonare in Europa insieme a tali Hot Mulligan e così ho pensato di recuperare qualcosa. SBAM! Innamorato alla follia. Autocitandomi: arpeggini che rimandano diretti al midwest emo, intrecci vocali serrati e ruvidi e un generale senso di urgenza, simile a quello di chi vuole comprimere un concetto elaborato dentro ad un tweet. A volte non è chiaro da subito, va riletto più volte e non è immediato capire dove voglia andare a parare, ma facendo uno sforzo nella direzione della comprensione si arriva col dar loro ragione. Nel 2023 sono usciti con un disco nuovo, ma questo è meglio. Dal vivo sono i capi del mondo.

Disco “Non invidio la vita di quelli a cui non è piaciuto” 2023: Suicide and Sunshine – Trophy Eyes
Questo è probabilmente il mio disco dell’anno. L’ho comprato e le spese di spedizione dall’Australia mi sono costate circa tre volte il prezzo del CD, fortuna che poi nella confezione il disco non c’era neanche e così ho pagato 30 dollari di UPS per un booklet. Va beh. Volendo stare sul piano musicale, è un disco derivativissimo che pesca a piene mani da tantissime robe anni zero, quindi la cosa interessante sarebbe capire come mai sia riuscito ad entrarmi così tanto sotto pelle a differenza di molti altri, ugualmente derivativi, che invece cestino senza remore finendo al massimo per rimettermi in cuffia le cose cui si ispirano. La risposta che mi sono dato è che questo è un bel disco, gli altri no, e che la discriminante tra un disco bello ed uno brutto non è nel suo essere o meno derivativo.

Disco “Inutile, ma bellissimo” 2023: Suburban Legend – Durry
Gli Imagine Dragons con una spruzzatina di emo. Non saprei come altro definirlo, però mi è piaciuto un sacco.

Disco “Ma non eri morto?” 2023: Glorious Sunset – Hundred Reasons
Ogni anno esce qualche disco di gente che eravamo convinti si fosse data ad altro. In molti casi sarebbe stato largamente meglio se la nostra percezione fosse coincisa con la realtà dei fatti, ma ci sono anche qui alcune eccezioni. Il ritorno degli Hundred Reasons per me è stata una bellissima sorpresa, perchè se ne sono usciti con un disco onestissimo di alt-rock anni zero. Genuino e orgoglioso del suo essere fuori tempo massimo. L’ho ascoltato parecchio.

Disco “Perchè mi fai questo????” 2023: Dove si muore davvero – Quercia
Sono usciti diversi dischi che hanno frustrato parecchio le mie aspettative, quest’anno, ma la botta peggiore probabilmente me l’ha data il disco dei Quercia. Non saprei neanche dire se i pezzi siano brutti perchè il mio problema è proprio che l’hanno registrato tutto sbagliato, con dei suoni tanto orrendi da rendermelo indigeribile. A pensar male si fa peccato etc. etc., ma la brutta sensazione è che si siano ritrovati con una manciata di pezzi troppo simili a quelli del disco precedente e abbiano provato a fare la differenza in fase di mix. Cattiveria gratuita? Mi sa di sì e loro non se la meritano, quindi spero di essere io il problema e che piaccia a tantissime persone.

Disco “Non esco in CD per farti un dispetto” 2023: Higher Lonely Power – Fireworks.
EDIT: Dopo aver passato tutto l’anno a citare questo disco tra i miei preferiti del 2023, al momento di scrivere questo pezzo mi sono autoconvinto non so in base a cosa che fosse un disco dell’anno scorso e quindi non l’ho messo in elenco nella prima stesura di questo pezzo. Va detto che un po’ se lo meritava perchè, appunto, non è uscito in CD.


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Una volta qui erano tutti pezzi d’opinione

A Ladispoli hanno deciso non sia più il caso di far esibire Emis Killa a Capodanno (ref.).
Onestamente dopo questa frase fatico anche ad andare avanti a scrivere perchè basta rileggerla due volte per rendersi conto di quanto si stia effettivamente discutendo del niente più assoluto. Siccome però è molto probabile io adesso parta con un pistolotto infinito tra il filosofico e lo psichedelico, mi sa che ogni tanto la riprenderò per riportare l’implausibile lettore al fatto che stiamo comunque discutendo di Ladispoli che non fa esibire Emis Killa.
Ad ogni modo.
E’ successo che dopo l’omicidio di Giulia Cecchettin il dibattito relativo al femminicidio e alla violenza sulle donne è tornato, come capita ogni volta, d’attualità. Come capita ogni volta, abbiamo assistito ad ogni genere di volteggio attorno all’argomento nel tentativo di “fare qualcosa in contesto” ed entrare nel dibattito nazionale. Su questa cosa non voglio scrivere altro perchè mi fa troppo disgusto e sono ancora troppo incazzato, perdonatemi.
Torniamo quindi a Ladispoli che “non vuole essere da meno, anche lei il suo vagone da attaccare in fondo al treno” (cit.) e così il sindaco decide che il concerto di Emis Killa previsto per capodanno non si farà. Il rapper, ci spiegano, rischia di veicolare un messaggio sbagliato. Qualcuno in sostanza potrebbe non capire che quella di EK sia una rappresentazione cruda della realtà e non un invito alla violenza di genere. Cliccate sul link che ho messo, vi prego. Anzi, ve lo rimetto qui. Il comunicato dice davvero così.
Un tentativo incredibile di equilibrismo tra il fare qualcosa (a caso) intorno al tema della violenza di genere, tenersi comunque buono l’artista (perchè non è colpa sua eh, è il pubblico che non capisce) e giustificare il fatto che i testi di Emis Killa fossero lì esattamente uguali anche quando l’avevano fatto suonare l’anno precedente. 
Io qui mi devo fermare a respirare, che se no attacco a bestemmiare.

Parliamo di Emis Killa.
Ho appena cancellato un paragrafo infinito in cui riprendevo “esternazioni discutibili” del tipo, perchè di fatto non ha senso stare qui a discutere il personaggio. La cosa su cui però dovremmo ragionare, tutti, è che questo episodio di Ladispoli gli permetterà di continuare la sua crociata verso il “politically correct che non ti fa più dire niente”. Un argomento particolarmente caro all’artista e a tanti suoi colleghi nel genere, stando ai quali esisterebbe una sorta di PC Army che non permette loro di esprimersi liberamente. Un esercito che, immagino, abbia il giorno di riposo ogni volta che Emis Killa dice: “Quelli del politicamente corretto devono succhiarmi il cazzo” su un palco e di fronte a centinaia o migliaia di persone. Perchè è quello il punto. Una fetta nutritissima di rapper sostiene che esista un limite a quello che si può dire nelle canzoni, ma simultaneamente bercia orgoglioso di battersene il cazzo.
E allora che limite è?
Soprattutto: come siamo arrivati a farci convincere che non aderire a quelli che dovrebbero essere diktat del politically correct sia qualcosa di speciale e/o anticonformista? La maggior parte dei rapper si vanta di farlo e stando alle classifiche i loro dischi sono l’unica musica ascoltata nel Paese. Potete dirmi che siano gli artisti ad influenzare le masse, ma io ho sempre pensato che siano le masse ad influenzare gli artisti, soprattutto quelli che hanno la spasmodica necessità di flexare i propri numeri. Non ho il minimo dubbio che Emis Killa creda davvero in quel che dice, ma sono anche sicuro che se le sue idee politiche e sociali togliessero incassi più di quanti ne portano, inizierebbe a tenersele per sè.

“Se il politically correct non esiste, perchè non lo fanno suonare a Ladispoli? EH?”
Il politically correct esiste, ma non ha niente a che fare con una scelta opportunistica ed evidentemente sporadica fatta dal sindaco di Ladispoli.
Il politically correct, se proprio vogliamo chiamarlo così, è un insieme di valori che si sta facendo strada nella nostra società e sta rivoluzionando alcuni aspetti del nostro vivere. Non mi interessa neanche star qui a dire se in modo positivo o negativo, quella è opinione soggettiva, ma di sicuro non è oggi un pensiero dominante o tantomeno una legge inderogabile.

Un’ultima cosa.
Qualche settimana fa Marky Ramone avrebbe dovuto suonare al CSA Baraonda, ma non è salito sul palco perchè era esposta la bandiera palestinese. I ragazzi del CSA si sono rifiutati di toglierla e gli hanno detto che poteva benissimo non suonare.
In questo articolo è inserito un video in cui spiegano al pubblico quello che è successo e, secondo me, hanno fatto molto bene a dirgli di tornarsene a casa.
Io, però, la schiena dritta di Marky Ramone la rispetto. Combatte per delle idee di merda, ma si fa carico delle conseguenze che questa linea gli porta.
La cosa che fa ridere, di tutta la questione Emis Killa, sono le stories in cui fa la vittima. Se davvero sei convinto di lottare contro un pensiero unico e di ribellarti ad un sistema, devi tenere la testa alta.
Altrimenti sei solo uno che grida slogan di comodo per fare il bulletto davanti ai fan.


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I Nofx a 100 euro

Qualche giorno fa i Nofx hanno annunciato quello che dovrebbe essere il loro ultimo tour europeo di sempre.
La prima volta che ho visto suonare i Nofx è stato al Teste Vuote Ossa Rotte del 1998, in quello che la mia memoria ricorda come il parcheggio del Forum di Assago (ai tempi Filaforum). Ancora oggi si parla di quel festival come di un evento “generazionale” per la scena punk-rock, c’erano i Rancid come co-headliner e poi Primus, Buzzcocks, H20 (mi folgorarono), Punkreas e vai te a ricordare chi altri. A me però interessava solo vedere finalmente i Nofx, perché da circa un paio d’anni erano diventati, senza esagerare, la mia religione. Sto provando a cercare online conferma di quanto costò il biglietto, ma non trovo info quindi mi affido alla memoria e dico 48.000 lire.
Per dare qualche riferimento, nei dodici mesi precedenti gli Offspring dentro al Filaforum erano costati 35.000 lire, i Green Day al Palalido 32.000 lire, mentre i Foo Fighters freschi di The Colour and the Shape volevano 20.000 lire per un live al Propaganda (locale decisamente più piccolo). Nel 1998 avevo 17 anni, vivevo coi miei e la somma delle mancette con cui campavo era 50.000 lire al mese.

Dopo quella prima volta credo sinceramente di non aver perso una loro data italiana in quindici anni. Che fosse un loro concerto o un festival, che fosse Milano, Bologna o Brescia, credo davvero di esserci sempre stato nonostante abbia smesso di ascoltare e comprare i loro dischi con Pump Up the Valuum, nel 2000. Non so dire quando sia stata la prima volta in cui ho passato la mano, ma posso dire che non fu una questione di prezzo. Semplicemente, se prima almeno dal vivo trovavo ancora la band di cui ero stato innamorato, con l’andare del tempo (e delle dipendenze di Mike, ma questa e un’opinione mia) vedergli azzeccare un concerto era diventato improbabile, al punto da provare disagio nello stare a guardarli. Senza esagerare, avevo l’impressione si stesse(ro) umiliando, fin quasi a farmi pena. Non nego che la decisione possa anche aver avuto a che fare con la faccenda del calcione al fan, ma forse la usai più che altro come pretesto.
Dico tutto questo perché, probabilmente, se fossero andati avanti avrei continuato anche io a dire: “Mah, magari la prossima volta…” e saltare i loro concerti fino al giorno in cui una prossima volta non ci sarebbe più stata. L’annuncio di un ultimo tour europeo, invece, mi permette di chiudere il cerchio, di fare un ultimo giro di giostra con un pezzo importante della mia vita. Non importa cosa suoneranno o come suoneranno. Per me era, è, importante esserci.
I biglietti sono stati messi in vendita alle 17:00 di oggi pomeriggio (NdM: 15/11/2023). Ero in riunione, ma continuavo a guardare l’orologio perché pur pensando che razionalmente due date dei Nofx al Carroponte non sarebbero mai andate sold out, ero terrorizzato all’idea di non riuscire a prendere i biglietti.
Così, alle 17:30 circa, quando sono finalmente riuscito a sganciarmi e tornare al PC, ho aperto il sito delle prevendite e comprato il biglietto.
Ho visto il prezzo, per un momento ho pensato: “No, così no. Così dovete andarvene affanculo!”, ma poi ho anche pensato che questo mondo in cui i concerti sono beni di lusso sarebbe rimasto tale e quale anche se avessi rinunciato, solo la mia vita sarebbe stata un pochino peggio. E allora, con un altro vaffanculo, ho cliccato acquista.

Il prezzo del biglietto per vedere i Nofx al Carroponte il 12 Maggio 2024 è 79 euro, a cui vanno aggiunti 11,85 euro di diritti di prevendita e 8,07 di spese di gestione, per un totale di 98,92 euro. È una cifra folle, irragionevole, su cui però può valere la pena fare qualche riflessione.
La prima, ideologica, è certamente la più ingombrante e quindi conviene tirarsela via fin da subito. I Nofx sono stati i paladini del DIY negli anni in cui il punk-rock ha avuto facile accesso alle classifiche e alle major. Ho sempre avuto la sensazione siano stati bravissimi a rivendere come scelta ideologica l’aver perso un treno su cui non avrebbero esitato a salire con Leave it Alone, così come siano stati molto scaltri (Mike in primis) nel monetizzare una moda pur restandone formalmente fuori, ma al netto di ogni congettura nessuno, in tempi non sospetti, si sarebbe sognato di rinfacciare loro It’s my job to keep punk-rock elite come sarebbe ultra lecito fare oggi. La questione è molto semplice: se l’obbiettivo é davvero chiudere in bellezza, i Nofx avrebbero potuto e dovuto farlo a prezzi che permettessero a tutti di partecipare alla festa. Perché è l’ideale che hanno sempre spinto e perché hanno le spalle abbastanza larghe da poterlo applicare.
Ci sta quindi non lasciar loro passare questa scelta, capisco in pieno chi non ci stia e chi si senta tradito. Non sentissi così forte il bisogno di esserci per me, più che per loro, sarei anche io di quel partito.
Sul piano prettamente economico peró, credo che: “100 euro per i Nofx è una follia” sia una reazione di pancia più che un’analisi, quindi adesso provo a fare qualche conto della serva.
Un po’ come ad inizio post, parto con un parallelismo con altre band dello stesso giro e con una “storicità” analoga. I Blink a Bologna un mese fa uscirono con i biglietti alla stessa cifra, facendo sold-out in pochi minuti, idem i Green Day per il loro show a sorpresa ai Magazzini Generali di qualche giorno fa. Due concerti “evento”, anche se per ragioni diverse, accomunabili quindi a questo final tour. Se invece prendiamo il concerto standard dei Green Day previsto per il prossimo Giugno agli I-Days, il prezzo scende a 70 euro, prevendita e commissioni varie comprese (da qui in poi solo prezzi finiti, per comodità).
Sempre facendo un giro su ticket-one (che continuo a sperare fallisca), ecco altri prezzi di concerti che trovo paragonabili in termini di portata/dimensione dell’artista e che non hanno, che io sappia, il carico dell’essere un evento particolare:
– Meshuggah: 50 e passa euro
– Bruce Dickinson: 50 e passa euro
– I Prevail: 50 e passa euro
– Judas Priest: 80 e passa euro
– Rammstein: 100 e passa euro
– Powerwolf: quasi 60 euro
– Fear Factory: quasi 50 euro
– Sum 41 + Avril Lavigne: 60 e passa euro
– Deep Purple: 60 e passa euro
– The 1975: 50 e passa euro
Non so, forse non tutti gli esempi sono calzanti, ma vedendo la lista mi sento di ipotizzare che il prezzo per un concerto dei Nofx al Carroponte nel 2024 non sarebbe mai potuto essere inferiore ai 50/60 euro, a meno di uscire con un biglietto “fuori mercato”, cosa che i Nofx non credo abbiano mai fatto in 25 anni.
So benissimo che 60 euro non sono 100, non sono scemo, però credo che la discriminante non sia in questo scarto. Posso certamente sbagliare, ma secondo me il nodo della questione sta nel fatto che oggi vedere un concerto di media portata è di fatto una spesa poco accessibile, sempre. L’industria ha deciso di abdicare all’idea di portare tutti ai concerti, forse perché non praticabile (scendere sotto quelle cifre potrebbe essere insostenibile, nei fatti. Non lo so. Certo, il 20% in più per i costi di gestione e la prevendita, su un biglietto da 80 euro, non riesce proprio a sembrarmi legittimo.), e passare a spremere come limoni quelli che possono permettersi di andarci. Chi è entrato nell’ottica del fatto che sia normale spendere 60 euro per un concerto può cacciarne 80/100 quella volta in cui si presenta l’evento straordinario. Con la giusta strategia poi, la straordinarietà potrà diventare sempre più frequente, fino a rimpiazzare la normalità, dando spazio ad una nuova straordinarietà ancora più cara. Trovo veramente molto naive pensare che band in giro da quarant’anni, che fanno tour intercontinentali e campano di questo, possano o debbano disallinearsi da questo meccanismo sulla base del fatto che suonano punk-rock. I Nofx non sono mai stati i Fugazi, ma forse dovremmo anche considerare che se il modello etico dei Fugazi fosse appartenuto a tante altre band, avremmo di loro una visione meno eroica. Sarà il mio arido cuore di anziano sulla via per la più classica delle morti da democristiano, ma l’obbiezione “il punk a 100 euro è una vergogna” parlando dei Nofx, dei Green Day o dei Blink 182 mi sembra vagamente populista.

Non lo so, sono le 2:17 di notte, sto da 5 ore su questa pagina e mi sembra tutto solo un gigantesco tentativo di autoassolvermi per essere in qualche modo venuto meno ad una serie principi. Una cosa che non mi capita per esempio al mattino quando mi alzo, mi vesto e butto parecchie energie nel tentativo di arricchire la multinazionale per cui lavoro. E sí, probabilmente è benaltrismo, ma forse se trovo più indigesto spendere 100 euro per vedere un concerto è perchè ho perso completamente il senso delle proporzioni. Solo io, ovviamente, non sentitevi tirati in mezzo. 

Ah, giusto per chiudere, qualcuno ipotizza possa non essere davvero l’ultimo concerto dei Nofx, che sia tutta una strategia di marketing più o meno premeditata per alzare più soldi col tour e ripresentarsi magari tra qualche anno dicendo: “Avevamo scherzato”.
Possibile.
Ciò che mi sento sinceramente di dare per impossibile, però, è che questo non sia destinato a rimanere in ogni caso il mio ultimo concerto dei Nofx.


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Ho giocato Baldur’s Gate 3

Nella mia vita non sono mai stato un grandissimo videogiocatore, neanche da ragazzino. Ho giocato pochissimi titoli, a cui però ho dedicato tantissimo tempo. Tra questi, la saga di Baldur’s Gate è probabilmente l’unica su cui sono tornato diverse volte. La giocai tutta all’uscita in modalità single player per poi rigiocarla quasi immediatamente dopo costruendo l’intero party sulla scia del nostro party di D&D. Ricordo che registrammo anche tutte le voci per doppiare i personaggi, un lavoro oltre il maniacale di cui probabilmente ho ancora i file da qualche parte.
Poi la giocai l’estate della tesi di laurea, costretto a casa ad Agosto mentre gli amici si sparavano una vacanza on the road in California(1) e forse un’altra volta prima del 2020, quando durante il lockdown mi è sembrata la cosa più normale del mondo reinstallare tutto e ripartire ancora una volta.
Se ho passato gli ultimi due anni a monitorare ogni possibile sito di e-commerce nel tentativo di trovare una Playstation 5 al suo prezzo reale, senza cedere alle truffe dei vari Game Stop, è solo perchè sapevo che nel 2023 sarebbe uscito il terzo capitolo di questa saga.

Questo per dire che sì, c’era dell’hype.
Il gioco è uscito il 6 settembre e io l’ho finito in 2 mesi esatti, il 6 novembre.
L’ultimo salvataggio, quello che si genera automaticamente prima dello scontro finale, registra 129 ore di gioco effettivo, ma è una stima al ribasso. Per la tipologia di gioco che è, infatti, il dato non tiene conto dei passaggi in cui ho dovuto ricaricare e ripartire da un punto più indietro a causa di scontri finiti male e/o decisioni di cui non ero soddisfatto (ma di questo parliamo dopo). Sono quindi portato a considerare attendibile una stima di 150 ore di gioco effettive spalmate su 60 giorni, numero che calcolatrice alla mano mi addebita 2.5 ore di gioco al giorno per ogni fottuto giorno che dio ha mandato in terra tra il 6/9 e il 6/11 2023.
Tutti i giorni.
Anche quelli in cui ero via per lavoro e non avevo accesso alla playstation.
“Ma questo è impossibile!” starai pensando. E hai ragione, perchè tu giustamente non consideri che un essere umano possa privarsi del sonno per giocare ad un videogame, specie alla non più verde età di 42 anni. Eppure eccoci qui.

Baldur’s Gate 3 è un gioco meraviglioso.
Non ho titoli per definirlo il miglior RPG della storia, ma è sicuramente il migliore tra quelli che ho giocato io. La cosa davvero magnifica però è che lo è al netto della storia che racconta. Non che la trama portante sia brutta, non lo è per niente, ma a me sono servite almeno metà delle ore di gioco per poterci entrare ed iniziare davvero ad interessarmene. Per lunga parte della mia esperienza il mega plot che dà origine agli eventi è rimasto sullo sfondo, costantemente offuscato da interessi più marginali ed immediati, che fossero relativi a side quest o allo sviluppo di rapporti interpersonali con altri NPC. 
Perchè la caratteristica senza dubbio migliore di questo gioco è che puoi davvero (DAVVERO!) giocarlo di ruolo, ad un livello di libertà e coerenza interne che non avevo mai visto prima in un videogioco(2). Non si parla quindi solo di operare alcune scelte o, ancora più classico, di giocare il proprio PG buono o malvagio, ma di percorrere una strada fatta di grigi, in cui definita l’idea che abbiamo del nostro personaggio la si possa adattare a scelte diverse in circostanze diverse, rendendo di fatto ogni storia “unica”. Per quello mi capitava di ricaricare dopo qualche decisione, perchè dentro di me sentivo che non fosse giusta per il PG, non perchè la ritenessi sbagliata in senso assoluto o controproducente. Senza voler fare spoiler, io ho scelto di giocare la storia usando il personaggio che avevo creato per la nostra campagna storica di D&D. Chiedendogli di riassumere la sua filosofia di vita, risponderebbe: “Va beh, se proprio devo salvare il mondo per risolvere ‘sto mio problema, oooook…”. Nulla di particolarmente elaborato, ma siamo comunque dalle parti di un personaggio che non è interessato particolarmente a fare del bene, ma non è neanche votato alla malvagità. Non è nemmeno il classico opportunista, però, perchè sceglierà sempre la via più “etica” per ottenere il proprio tornaconto, anche quando questa non dovesse essere la più semplice o immediata. Un personaggio di questo tipo non è facile da inserire in un RPG, perchè la maggior parte delle volte i giochi tendono a schiacciare questa propensione al bene per proprio tornaconto in una propensione al bene e basta, snaturando l’idea del PG in qualcosa di piuttosto diverso. In Baldur’s Gate 3 questa cosa non succede e sono rimasto impressionato da quanto la mia idea di personaggio potesse stare all’interno del gioco in maniera coerente e, anzi, fosse supportata dal gioco stesso nelle scelte che mi poneva di fronte. 
Altro aspetto superlativo riguarda i personaggi non giocanti, che non sono solo bellissimi e profondissimi, ma che hanno davvero una propria volontà ed indole, che il gioco ti permette di non offuscare e allineare forzatamente a quella che è la linea del personaggio giocante. Tantissime scelte compiute per gli NPC, per portare avanti le loro storie personali, lasciano al giocatore l’opzione di mettersi in disparte e lasciar loro la possibilità di agire per come sono stati pensati da chi li ha scritti. Anche qui, senza voler fare spoiler ci sono almeno un paio di finali “amari” per alcuni dei personaggi di contorno che fanno parte del gruppo, ma assumono tutta un’altra dimensione e carica emotiva se ci si arriva consci del fatto che quella sia la loro volontà e non qualcosa che dipenda dalle scelte che abbiamo compiuto noi per loro.
Insomma, Baldur’s Gate 3 è un gioco di ruolo VERO ed è quella la cosa per cui è valsa la pena buttare due mesi di sonno.

Altre note sparse.
– Tecnicamente e visivamente è molto ben fatto. Si bestemmia un po’ con la telecamera, specialmente durante alcuni combattimenti, ma è tutto gestibile.
– Giocarlo con il pad è di un’immediatezza incredibile, cosa che mai avrei pensato.
– La struttura dei combattimenti a turni mi è piaciuta tantissimo ed è gestibilissima anche da chi non conosce il sistema di gioco, per quanto probabilmente avere una padronanza della 5a edizione di D&D porti alla possibilità di strutturare i combattimenti in maniera ancora più strategica. Io non sono mai stato quel che si definisce un power player, ovvero uno di quelli che si studia ogni regola per creare il personaggio più forte possibile o la combo di attacco più letale. Io ho sempre giocato solo per l’aspetto interpretativo, spesso costruendo personaggi che nei combattimenti risultano utili quanto una pala da neve ai caraibi, quindi probabilmente ho commesso tanti errori nella scelta di abilità e incantesimi o nella meccanica di approccio agli scontri, ma ciò nonostante sono andato avanti senza troppi intoppi.
– L’ambientazione in cui ci si muove è davvero ben fatta e permette di calarsi in pieno dentro al mondo di gioco, anche quando l’azione si svolge in contesti e ambienti che non amo. Muoversi attraverso le vie di Baldur’s Gate, nell’ultimo capitolo del gioco, è qualcosa di incredibile. Non raggiungevo un livello così di immersività dai tempi di Red Dead Redemption 2.
– Gale è il miglior NPC di sempre.
– L’unica nota negativa, forse, è l’aver messo un cap ai livelli dei personaggi un po’ troppo basso. Non tanto perchè ambissi ad arrivare a chissà quale livello superiore, quanto perchè ho praticamente giocato tutta l’ultima parte di gioco già al massimo della “potenza” del mio party, cosa che ha reso le sfide meno difficili e stimolanti. Vero è che io ho giocato praticamente ogni side quest trovata, andando abbondantemente oltre la mole minima di gioco necessaria a chiudere la storia, ma forse sarebbe stato possibile bilanciare meglio questo aspetto.

Se vi capita, giocatevi Baldur’s Gate 3.
Io sto già pensando di ripartire, magari con l’opzione “oscura pulsione” che però giocata ora è certamente meno misteriosa di quanto fosse in origine.
Intanto, vi saluta Malcer.

1. maiali.
2. e che spesso mancano, purtroppo, anche se si gioca da tavolo.


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One more time

Se è giusto che la Meloni risponda di quel che combina Giambruno e che il Milan risponda di quel che combina Tonali, a me tocca rispondere di quel che combinano i Blink.
E’ un ruolo che mi sono in qualche modo auto-ritagliato in maniera semi involontaria, ma ormai tocca viverci dentro. Quindi prendiamo come sempre un pretesto e infiliamoci di testa in questo nuovo capitolo della rubrica: “Non ho più voglia di scrivere dei Blink”.

Ancora una volta, one more time. Vale per loro e vale per me.
Mi sono già sentito tutto il disco un paio di volte e la sensazione principale è che ci siano dentro più pezzi del necessario, quindi forse un modo interessante per scriverne è fare il track by track e vedere alla fine cosa resta. Poi magari tiro due somme.
Iniziamo.

ANTHEM PT. 3: togliamoci subito il primo sasso dalla scarpa dicendo che il Travis produttore fa largamente più danni del Travis batterista, cosa che non pensavo possibile. I suoni sono tutti sbagliati, il mix fa schifo. Il pezzo però è buono. Ci sono le strizzatine d’occhio, ma sono ben dosate e nel suo complesso funziona. Come opener per me fa ampiamente il suo mestiere.

DANCE WITH ME: non avrei mai pensato potesse succedere, ma nel 2023 i Blink hanno tirato fuori un singolo pazzesco, che per quanto mi riguarda non ha nulla da invidiare agli episodi di punta della loro carriera “mainstream”. Suonato dritto, con un bel tiro e un ritornello killer, ma soprattutto con quella capacità di farmi prendere bene ogni volta che lo sento e che di massima è il motivo per cui io voglio bene ai Blink. Non pretendo possa piacere a chi i Blink non li ha mai amati, ma non ho capito in che misura il loro parere possa o debba essere rilevante. Diciamo che fino a qui il disco vola tre ordini di grandezza oltre ogni ragionevole aspettativa.

FELL IN LOVE: purtroppo tocca andare avanti e ridimensionarci. Brutta? Per me sì, ma in senso assoluto non è questa la traccia filler con cui avere dei problemi.

TERRIFIED: “Ehi ChatGPT, scrivimi un pezzo dei Box Car Racers”. La storia vuole sia una traccia rimasta nel cassetto dai tempi e può anche essere, ma probabilmente l’avevano segata perchè è un patchwork di tre tracce che nel disco ci erano finite. Sentita oggi pare uno di quei canali YT che coverizza i pezzi “in the style of…” e, se me lo chiedete, non ha la minima dignità di esistere.

ONE MORE TIME: qui la questione si fa complicata, perchè mettersi a parlarne come di una canzone non ha il minimo senso. E’ una roba nostra, affari di famiglia, non vi riguarda. Mollateci, che ci è finita una bruschetta nell’occhio.

MORE THAN YOU KNOW: a me non fa impazzire, quel ritornello con la doppia cassa a nastro mi urta parecchio, ma è di nuovo un pezzo che riflette una volontà compositiva più che il tentativo di accontentare qualcuno con il fan service, quindi per me va bene.

TURN THIS OFF!: “Ehi ChatGPT, scrivimi un pezzo per Short Music For Short People”. Inutile ed irrilevante.

WHEN WE WERE YOUNG: Rispetto a TERRIFIED qui almeno il tentativo di riprendere certi aspetti dei BCR è ben dosato e si può anche far apprezzare. Non dico debba piacere, ma può avere un suo senso.

EDGING: semplicemente la cosa più orrenda mai incisa da quei tre lì, il che a suo modo è un traguardo ragguardevole. Per me però è giusto metterla tra quelle che si salvano perchè quantomeno ha una personalità. Orrenda ed indifendibile, ma propria.

YOU DON’T KNOW WHAT YOU HAVE GOT: “Ehi ChatGPT, scrivimi la Adam’s Song di questo disco”. Sarebbe stato bello l’AI avesse risposto: “Anche no.”

BLINK WAVE: vale un po’ il discorso di FELL IN LOVE. Mi disgusta profondamente, ma in un disco dei Blink può starci perchè, che mi piaccia o meno, parliamo di una band che ha 25 anni di carriera dopo Dude Ranch con cui tocca fare i conti e che per tanti è inspiegabilmente stata rilevante.

BAD NEWS: esercizio di stile, filler dimenticabilissimo, ma non sarà certo questa la traccia di cui mi lamento.

HURT (INTERLUDE): “Ehi ChatGPT, scrivimi un pezzo degli AVA, magari meno brutto della media dei pezzi degli AVA.” “Non riesco, scusa. Posso al massimo allinearmi allo standard”. “Eh, va beh, ok.”

TURPENTINE: vale un po’ il discorso fatto per MORE THAN YOU KNOW. Non mi piace, ma può stare nel disco e quantomeno posso credere sia una cosa uscita dalla loro voglia di esprimersi piuttosto che da un algoritmo.

FUCK FACE: “Ehi ChatGPT, scrivi un pezzo punk per come lo intende Tom.”

OTHER SIDE: c’era sto gruppo nel giro della Monza punk-rock che si chiamava Videoneve. I loro pezzi li scrivevano Dani e Roby Burro e bastavano i primi tre accordi per capire chi dei due lo avesse fatto perchè quelli di Roby erano tutti iper riconoscibili. Ecco, con Mark è la stessa cosa e dopo trent’anni non trovo davvero il modo di poter dire qualcosa di nuovo.

CHILDHOOD: brutta che più brutta non si può, ci porta in fondo alla discesa continua che è questo disco, che forse ha nell’aver settato le aspettative così in alto coi primi due pezzi il suo problema principale. Mi piace immaginare Tom e Mark in studio che sul finire delle incisioni del pezzo e del disco dicono a Travis: “Ok, fai un po’ quello che cazzo vuoi adesso” e se ne vanno mentre lui inizia a sbrodolare sulla chiusura della traccia, nel disinteresse collettivo.

Questo è quanto.
A conti fatti il nuovo disco dei Blink sarebbe potuto essere di 12 tracce, certamente non tutte memorabili, ma con almeno un senso d’essere. Le ho messe insieme in una playlist e, se davvero vi interessa il mio parere, è quel che dovreste ascoltare se davvero avete voglia di un nuovo disco dei Blink 182 nel 2023.
Io, di mio, non so se lo farò. Sarei un ipocrita però nel negare che da qualche settimana in macchina con mio figlio cantiamo OLE’ OLE’ OLE’ OLE’ ogni volta che ne abbiamo la possibilità e che questa cosa mi fa stare davvero bene.
Che poi, non vorrei ripetermi, ma se non è per stare bene allora per cosa andrebbero ascoltati i Blink?


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#表意文字

Siamo stati in Giappone due settimane con i bambini.
E’ stato un viaggio molto bello e molto impegnativo, tra tifoni e allarmi anti-missile alle 4 del mattino, probabilmente il più estremo mai fatto con i figli.
Abbiamo vissuto una cultura diversissima dalla nostra, nel bene e nel male, tornando certamente arricchiti da un’esperienza molto difficile da ripetere altrove e con ancora negli occhi lo splendore dei templi e l’atmosfera mistica che li avvolge.
Come sempre ho pensato di raccontare nel dettaglio quello che abbiamo fatto, quest’anno inserendo un bel po’ di informazioni relative anche alle difficoltà affrontate, così da essere utile a chi magari volesse fare la stessa cosa e si fidasse un po’ troppo delle indicazioni di Marco Togni. Trovate il report qui.
L’hashtag di quest’anno, che dà il titolo al post, è ideogrammi scritto in ideogrammi. O almeno così garantisce google translate.


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