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Diario dall’isolamento: day 18

Ieri notte in pratica non ho dormito e quindi mi sono guardato un paio di film.
Spencer dovrebbe essere un buddy cop con Marky Mark, ma fa troppo poco ridere nei dialoghi ed è troppo poco credibile sul piano dell’azione. Scorre senza troppi problemi, ma non lo rivedrei neanche per sbaglio. L’incapacità di fare buddy cop decenti nel nuovo millennio è imbarazzante, se non consideriamo Shane Black l’ultimo buono che mi ricordo è Cani Sciolti ed è forse l’unico menzionabile post 2000.
Ultras è l’ultimo arrivato tra i crime in dialetto di casa nostra ed è grossomodo indistinguibile da tutto il resto di questo filone che, volendo usare un eufemismo, inizia a rompere il cazzo. Calcolando che la fenomenologia ultras sia, credo, la stessa in tutto lo stivale, volerlo girare in napoletano è solo il trucco per cavalcare un certo immaginario che al momento vende bene, ma a conti fatti inchioda ancora di più il prodotto all’anonimato.

Per quanto fossi stanchissimo, oggi è invece stata una buona giornata sia per il lavoro, che dal punto di vista prettamente domestico. Stare a casa tre settimane piene con Olivia mi sta permettendo di percepire la crescita costante del suo vocabolario e dell’annessa proprietà di linguaggio. È uno spettacolo bellissimo.

Alla fine avremo un botto di ricordi, belli e brutti, e credo per molti sarà l’esperienza più intensa di tutta una vita.

This is a time in my life
where everything is falling apart,
and at the same time it’s all coming together.

Diario dall’isolamento: day 17

Oggi il cerchio si è stretto ancora un po’ e all’ora di pranzo ho fatto una telefonata che, ad oggi, è il momento più brutto di questi diciassette giorni.
Speriamo lo rimanga.

Giornata pesantissima sotto grossomodo ogni aspetto, chiusasi con il peggior litigio avuto con Giorgio da che è entrato nella mia vita, quindi non ho troppi cazzi di scriverne.
Butto giù al massimo un paio di riflessioni sul tema epidemia, visto che tutto sommato ne scrivo poco qui sopra. Prendeteli per quel che sono, pensieri di uno che non è per niente detto ci veda giusto.
– La politica di testare solo i casi gravi e post ricovero ospedaliero è tremenda per chi la vive e ha evidenti limiti logici nell’ottica di limitare il propagarsi dell’infezione, ma potrebbe avere un razionale. Testando i sintomatici che non richiedono ospedalizzazione genereremmo una popolazione di positivi lasciati in casa, che per lo stato attuale di percezione del problema si sentirebbero abbandonati dallo Stato e lasciati morire, oppure forzerebbero la mano per richiedere un posto letto in ospedale che a loro non serve e di cui c’è conclamata penuria. Ripeto, è terribile, ma se il razionale è questo ed ha delle basi, purtroppo credo sia la scelta migliore.
– Leggo molti dire “meno contagi perchè fanno meno test”. Posto che i criteri per il test sono rimasti gli stessi, ovvero sintomatologia grave che richiede ricovero, meno test vuol dire meno richieste di ospedalizzazione per casi sospetti con sintomatologia grave, che è comunque un segno di miglioramento.
– Il dibattito tra chi vuole continuare a produrre per salvaguardare l’economia e chi vuole chiudere tutto per salvaguardare la vita dei lavoratori per me è tutto su un piano sbagliato. Per quanto ne so, stiamo combattendo un virus che è posibile non contrarre attenendosi a rigide, ma semplici indicazioni di prevenzione. Il dibattito quindi sarebbe dovuto essere dal principio sul far lavorare le persone in sicurezza, salvaguardando così vite ed economia. Visto che non ci facciamo problemi a schierare l’esercito per fermare i runner, forse avremmo potuto ipotizzare di irrigidire i controlli sull’osservanza delle norme di sicurezza sul posto di lavoro e far sentire la gente al sicuro mentre lavora. Cosa che ormai, per la percezione che abbiamo del problema, temo sia impossibile.
– ho paura che a bocce ferme, quando il coinvolgimento emotivo sarà finito e resteranno i freddi numeri da strumentalizzare, qualcuno proverà a dire che il problema è stato anche avere un Sistema Sanitario Nazionale. So che adesso non ha senso neanche pensarlo, ma credo succederà.
– O qualcuno mi spiega il razionale per cui i calciatori vengono testati con parametri diversi da quelli necessari alle persone comuni per accedere al tampone, oppure è davvero il caso di auspicarsi un fallimento del sistema Calcio e la sua conseguente scomparsa.

Oggi la chiudo con un messaggio diretto a COVID-19.

Diario dall’isolamento: day 16

Avete presente l’effetto buffet?
È quella sensazione di disagio che si prova di fronte ad una vasta scelta di opzioni. Contemplo le possibilità e cerco di concentrarmi al fine di portare al tavolo un piatto con quello che davvero mi va di mangiare, ma in fondo al mio cervello, fortunatamente in una stanzina chiusa a chiave, c’è un Manq che vorrebbe solamente tirare il piatto, sedersi in terra e urlare.
Un’altra situazione in cui provo la stessa sensazione è quando vado a fare la spesa in un grande supermercato. A me la lista non serve ad evitare dimenticanze, serve a contenere le possibilità. Con una lista in mano ho una mia stabilità, il controllo, e posso permettermi di pescare i fuori lista sulla base dei capricci del momento. Se però la lista è lunga e spazia tra reparti diversi senza un minimo di ordine, è come non averla ed il disagio è anche peggio di quello dei buffet.
Probabilmente siete persone equilibrate e non sapete di cosa stia parlando.

Oggi sono andato a fare la spesa al Gigante. Vado preferibilmente lì perché l’Esselunga organizza i prodotti con una logica del tutto diversa a cui non sono abituato. Non sapere dove siano le cose che cerco mi fa vagare per i corridoi e questo amplifica il mio disagio, che diventa malessere. Io che smascello bestemmie tra i denti perché non concepisco come si possano tenere i pannolini sopra il banco dei freschi è un’immagine perfetta di questo malessere.
Oggi c’era anche un ulteriore motivo per andare al Gigante: sapere dove cercare velocizza il processo e riduce l’esposizione, quindi minimizza i rischi. Avevo con me una corposa lista per noi, più una seconda lista con gli acquisti per mia cognata che non può farsi la spesa da sola. Due liste, entrambe in ordine completamente randomico. Intorno a me solo persone con mascherine. Io cerco di star loro lontano, il Gigante ha degli spazi piuttosto ampi, ma qualcuno si avvicina sempre più del necessario e la cosa mi inizia a dare fastidio. In più continuo a fare avanti e indietro dai reparti, ancora e ancora, cercando i prodotti su una lista e sull’altra. Sento la confusione mentale salire, ma cerco di tenerla a bada. Vorrei avere in tasca una penna per cancellare i prodotti già presi, per ridurre il caos e visualizzare un progresso, un miglioramento, ma non ce l’ho quindi rileggo ogni volta tutto da capo e continuo a vagare per i corridoi. Ho in lista tre tipi di farina, ma non ci sono. Le uova, ma anche quelle mancano. Faccio magari tre corridoi in apnea per arrivare al prodotto che sto puntando, poi raggiungo lo scaffale e non c’è. Lo speaker dice che devo sbrigarmi, fare più in fretta che posso, ma sto di nuovo leggendo quella lista di merda dal principio e c’è una stronza che non può aspettare che mi sposti per venire a prendere la stessa fottuta passata Cirio che sto prendendo io.
Mi manca l’aria.
Sudo freddo e non riesco più a muovere un dito, ho solo l’impellente bisogno di urlare fortissimo.
Penso di impazzire, ho la certezza che se non esco immediatamente da quel maledetto supermercato, ci muoio.
Trenta secondi, forse un minuto.
Sembra l’eternità.
Poi ho ripreso controllo del respiro e del mio corpo, con calma ho concluso la spesa e sono tornato a casa.

Il pezzo di oggi parla di gente che non sta del tutto bene.

Diario dall’isolamento: day 15

Due settimane piene.
Ormai sento e leggo talmente tante versioni diverse della realtà che fatico persino a tenere saldi quei due o tre punti fermi che mi porto da una vita di studi.
Il cerchio inizia a stringersi, morti e contagiati non sono più solo estranei senza volto ed è lí che la lucidità se ne va un po’ a fare in culo, lasciando spazio all’apprensione.
Dopo l’apprensione c’è l’ansia, dopo l’ansia il panico.
Ci si vede lí.

In questi giorni è uscito un dischetto bello bello dei Dogleg che si chiama Melee.

Diario dall’isolamento: day 14

Due settimane.
Come vola il tempo quando ci si diverte.

Gag idiote a parte, oggi ci siamo davvero divertiti. Siamo usciti in giardino verso le 10:30, giusto dopo aver fatto colazione ed esserci vestiti. Qui era una giornata completamente primaverile e stare all’aria aperta è stata davvero una goduria. Paola voleva mettere della musica, così ho infilato nello stereo il Greatest Hits dei Beach Boys e l’ho suonato tutto al volume necessario perché ne godesse l’intero super condominio.
Magari qualcuno ha bestemmiato per questa cosa, magari a qualcuno ha fatto piacere.
Mentre mangiavamo fuori abbiamo riflettuto su come godersi un sabato di sole in tempi antecedenti la quarantena fosse molto complesso. Troppe cose da fare, sempre: la piscina, la spesa, le persone da vedere. Quando leggo in giro che la quarantena ci sta forzando a rimettere le cose in prospettiva, penso soprattutto al tempo e al modo in cui lo usiamo. Sembra sempre di non averne abbastanza, ma se poi stringi stringi tutto sommato è pieno di cose di cui si può fare a meno. Il mio obbiettivo ora non è più solo uscirne con meno danni possibili, ma tenermi in tasca questa consapevolezza quando il gorgo generato dai ritmi della mia vita “standard” proverà di nuovo ad inghiottirmi.

Sta sera con gli amici abbiamo fatto un aperitivo online e ho bevuto come uno scemo, quindi la chiudo qui.
Vi piacciono i Beach Boys?

Diario dall’isolamento: day 13

Oggi Paola canticchiava una canzone in cucina, mi pare fosse “Nostalgia canaglia” (no questions, please). Giorgio l’ha ascoltata un po’ e poi le ha detto: “Mamma, ma questa è una canzone triste” ed è scoppiato a piangere facendo l’elenco delle persone che gli mancano. Ha avuto il suo crollo, poverino.
Gli è passato, abbiamo giocato a pallone e fatto una torta. Questa sera ha detto che è bello essere una famiglia e credo che abbia ragione.

Intorno a me vedo le persone perdere lucidità e radicalizzarsi. Ognuno ha il suo nemico, dai runners alle aziende che non chiudono, e un po’ sono felice qui non si vendano armi facilmente perché la tenuta mentale a metà percorso (restando allineati alla deadline super ottimista del 3 Aprile) spaventa ormai più dell’epidemia.
Servono notizie positive, ma serve anche rendersi conto che dobbiamo restare uniti e uscire dalla mentalità di merda di chi cerca un colpevole invece che una soluzione.

Stiamo al punto in cui rileggo al volo i capitoli prima per paura di scrivere le stesse cose.
È tipo il giorno della marmotta.

Diario dall’isolamento: day 12

La situazione in casa ha una sua quadra. Non è normalità la parola da usare, ma è qualcosa che ci va vicino.
Da un paio di giorni non guardo i numeri dell’epidemia. Sento le reazioni di chi mi sta intorno, ne parlo, ma è come se il pericolo fosse distante. È un meccanismo psicologico, ma per una volta non è illusorio. Finché sto in casa e non vedo nessuno, nulla può succedere. As simple as that.

Sta sera ci siamo fatti i panini del lurido home version. Paola ha fatto il pane, io ho stufato i peperoni e preparato le cipolle NY (quelle che a NY mettono sugli hot dog). Un modo per celebrare la festa del papà.
Queata mattina i bimbi mi hanno fatto trovare due disegni, come regalo. Quello di Olly era un tenerissimo pasticcio, me lo ha dato insieme ad un bacione gigante. Giorgio prima mi ha recitato una filastrocca arrivata probabilmente nel gruppo whatsapp delle maestre dell’asilo, poi mi ha dato un disegno che boh, dai, che cazzo vuoi dirgli? Ho faticato a tenere il cuore tra le costole e le lacrime nei dotti.
Si fa una fatica bestia, ma ci si vuole un gran bene.

Il pezzo di oggi è per tirarvi un po’ su il morale. Spero sia utile.

Diario dall’isolamento: day 11

22:32. Ho finito ora di lavorare.
Non è per forza una cosa negativa eh, impegna tempo che altrimenti passerei facendo cose che mi ricordano di essere in isolamento. Perchè intendiamoci, i film o le serie che vuoi davvero vedere, i giochi che vuoi davvero fare, prima o poi finiscono e lasciano il posto ai ripieghi. E i ripieghi, purtroppo, non sempre riescono a smarcarsi dal loro essere ripieghi.
Il lavoro invece è sempre lui: quando fai tardi per finirlo tiri seicento madonne, ma almeno stai con la testa in un posto pseudo normale. Boh, non so, per me ha senso.

Oggi ho chiacchierato online di cose interessanti, che riassumo qui per punti:
1) La situazione contingente ha portato alla ribalta una nutrita schiera di persone che auspicano l’espropriazione dei brevetti farmaceutici e medicali. I motivi per cui l’idea non mi convince li ho spiegati in una serie di tweet e non ho voglia di ripeterli qui. Nessuno è ancora venuto a dirmi che mi sbaglio, se capita vi aggiorno.
2) Arriverà un vaccino, prima di lui arriverà una terapia efficace per trattare la sintomatologia grave. In ogni caso, farmaci realizzati grazie alla sperimentazione animale. Una delle più comuni (e offensive) obbiezioni che ricevo quando mi capita di chiedere a qualche nazi-animalista: “Scusa, ma sai che tutti i farmaci sono testati su animali?” è: “Certo, infatti io non prendo farmaci!”. Perfetto. Visto che da sani è facile, mi auguro questa gente stia già firmando autocertificazioni per escludersi volontariamente da qual si voglia trattamento ci tolga dalla merda. Sarebbe un bel gesto, per liberare spazio a chi ne ha bisogno, ma anche per favorire la selezione naturale.
3) I dati diramati dalla protezione civile oggi sono brutti, ma non bisogna commettere l’errore di pensare siano frutto di quanto stiamo facendo. C’è un delta di tempo, diciamo 14 giorni, tra quel che facciamo e gli effetti misurabili dell’epidemia (ovvero nuovi infetti e decessi). I dati di oggi sono frutto di come ci siamo comportati 14 giorni fa. Come ci comportiamo oggi dovrebbe, speriamo, farci leggere dati molto migliori tra quattordici giorni.
Tenere duro, stare calmi e stare a casa, volendola riassumere.

Anche oggi il pezzo lo rubo dalla mia bolla social, che non ho avuto tempo di pensarci io. Su twitter questa mattina un mio contatto ha postato il video del concerto a porte chiuse che i Dropkick Murphys hanno registrato per San Patrizio. Qui sotto vi metto direttamente il link al minuto in cui vi viene la pelle d’oca di marmo.

Diario dall’isolamento: day 10

Ah, la doppia cifra, quante sodisfazioni.
E’ incredibile, ma sta diventando complicato scrivere un diario giornaliero del mio periodo di isolamento familiare senza tornare sempre sugli stessi concetti. Non ci crederete, ma la vita qui è piuttosto ripetitiva.

Altra cosa che forse vi risulterà difficile da credere è che sia io che Paola siamo ultra carichi di lavoro. Lei si occupa di sperimentazione clinica e apparati regolatori, potete immaginare cosa sia la situazione in questo momento nel suo ambito, io invece ho il mio solito lavoro ed in più devo dedicare molto tempo alla formazione/supporto del personale che in questo momento si trova con più tempo a disposizione, come ad esempio la forza vendite.
Questi picchi nella mole di lavoro vanno come sempre inseriti nel contesto dei due figli da gestire. Vi ho detto che Paola ha pensato fosse un buon momento per addestrare Olly alla vita senza pannolino?
Il rendimento al momento è quello del Milan di Gattuso: ottime prestazioni alternate a momenti in cui l’oggetto del tuo amore ti piscia addosso, in questo caso però in senso letterale. Come per il Milan, anche qui l’obbiettivo è la salvezza.

Oggi, come qualche giorno fa, arrivo a fine diario senza avere ancora idea di che pezzo mettere, quindi anche oggi rubo da Facebook (tra l’altro, sempre dalla stessa persona). In questo caso non è tanto la canzone, che è comunque stupenda, ma il suo essersi fusa nel mio immaginario con la sequenza cinematografica più bella mai realizzata.
Il messaggio è quello dei fogli con gli arcobaleni, ma Cristo santo, fa tutto un altro effetto.

Diario dall’isolamento: day 9

Stanotte ho dormito sul divano.
Non è vero, non ho dormito. Olivia ha avuto una nottata complessa e così mi sono spostato, perché tanto in tre non avremmo dormito uguale. Di solito sul divano ci dormo bene. Non mi capita spesso, ma da quando ho i figli è successo in qualche occasione e non mi ha mai causato problemi. Invece sta notte boh, un po’ i pianti e un po’ il sonno agitato mi hanno tenuto grossomodo sveglio.
Una volta soffrivo di insonnia, lo sapevate? Era prima dei figli e del lavoro che faccio oggi. L’insonnia è una merda vera, ma a livello di stanchezza e di fastidio fisico soffro quasi di più le notti dal sonno spezzettato. Non riesco proprio ad ammortizzarle, quelle.
Va beh, il punto è che una notte di merda era la premessa ideale ad una giornata di merda e invece oggi è andata bene.

Alle 18:00 c’è stato ancora il flashmob delle canzoni al balcone e un tizio nella mia via ha messo Volare. Oggi però ho risposto al fuoco, usando la canzone qui sotto.
Magari non è un messaggio positivo, ma almeno ti ricorda di essere vivo.