Caro Prodi, corri a pagina 153
E’ un po’ di giorni che per radio e televisione continuo a sentire parlare di questa iniziativa della LAV e questo mi da modo di tratare un argomento che già da molto tempo avrei voluto affrontare.
Premetto fin da ora di non essere mai stato e di non essere tutt’ora animalista/vegano/sXe/verde o quant’altro. Da un anno a questa parte tuttavia vivo in un laboratorio di ricerca che lavora anche su modelli animali e questo mi ha permesso di vivere più strettamente a contatto con la problematica di cui voglio andare a parlare, almeno per quanto riguarda la parte inerente a cavie e ricerca scientifica. Non ho idea di cosa il programma elettorale dell’Unione abbia promesso in merito, nella fatidica pagina 153, tuttavia credo che un problema etico morale in questo ambito ci sia. Prima di iniziare il mio progetto di tesi, durante i vari colloqui, ho sempre risposto che non avrei avuto problemi a lavorare con gli animali. La mia inesperienza faceva sì che basassi la mia risposta prettamente sul pensare di non avere problemi alla vista del sangue o delle interiora di un topo.
Adesso, alla stessa domanda, risponderei “sarebbe meglio di no”.
Il cambio di posizione in merito tuttavia non è dettato dall’aver scoperto che non sopporto la vista delle operazioni sugli animali, anzi sono molto “affascinato” quando mi capita di osservare alcuni colleghi che operano i topi, li dissezionano o li perfondono (NdM: trattasi di un operazione piuttosto complessa in cui al topo anestetizzato ed incosciente, viene aperto il torace e mandata in circolo Paraformaldeide al 4% tramite iniezione diretta nel cuore. La “para” è un fissativo che, raggiunti i tessuti, li rende sezionabili ed analizzabili per microscopia. Il topo deve essere vivo al momento della perfusione, perchè viene sfruttata l’azione del muscolo cardiaco per la messa in circolo della “para” stessa, tuttavia è inutile sottolineare che l’animale non sopravvive al trattamento.) perchè le operazioni chirurgiche richiedono una cura ed un abilità notevole. La maggior parte di queste pratiche avvengono su cavie assolutamente anestetizzate, oppure già uccise tramite metodi stabiliti e volti ad annullare la sofferenza sull’animale, come ad esempio la decapitazione o la dislocazione, e quindi a mio avviso il problema etico in questi frangenti non sussiste.
Ben diversa è la questione sulla creazione di modelli animali volti ad esempio a riprodurre la patologia in esame nella cavia. Prendiamo ad esempio animali K.O. in cui il gene responsabile della malattia che si sta cercando di studiare viene tolto dal patrimonio genetico della cavia, portando alla nascita di bestie malate nel tentativo di caratterizzarne il fenotipo (in sostanza gli effetti visibili della malattia) e magari di individuare possibili trattamenti di cura. In questo caso vengono messe al mondo creature anche molto menomate e con gravi disfunzioni che spesso muoiono precocemente e dopo aver passato un’esistenza di sicuro poco piacevole. Assodato che questo tipo di ricerca sugli animali è lecita e di conseguenza ritenuta eticamente valida, a me resta il dubbio di quanto in realtà il tutto mi sembri piuttosto crudele. E’ chiaro che se sul piatto della bilancia viene messa la possibilità di alleviare le sofferenze di tante persone tramite le sofferenze di un topo/coniglio/cane/quant’altro, risulta difficile non essere favorevoli alla cosa. In fin dei conti, cinicamente parlando, è un sacrificio che mi sento pronto a compiere. Però vedere questi piccoli topini (perchè da noi fortunatamente teniamo solo topi) che nascono incapaci di muovere le zampe e che passano la loro breve vita in preda a chissà quali sofferenze non perchè la sfortuna li abbia voluti gambizzare dalla nascita, ma perchè un uomo ha scelto di proposito di farli nascere così è abbastanza brutto.
Anzi no, è proprio orribile.
Purtoppo non ci sono moltissime alternative all’utilizzo degli animali per quanto riguarda la ricerca e quindi non credo si potrà poi fare molto, a meno di decidere di precludere alla scienza la possibilità di salvare delle vite in virtù della certezza della sofferenza delle cavie. Per quanto ci sia pieno in giro di gente che si sciacqua la bocca con frasi fatte sulla tutela degli animali, difficilmente l’uomo, se costretto a scegliere tra la sua vita e quella di un topo, opterà per quella del topo. Forse è anche giusto che sia così, tuttavia mi chiedo come si possa generare un cataclisma su diritti di qualcosa che “non è un essere vivente” ed ignorare invece chi vivente e sofferente lo è davvero.
Forse a Dio non piacciono gli animali.
Più probabilmente risultano solo indifferenti al Vaticano.