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La situa: il rewatch di True Blood

Se ci conosciamo e abbiamo mai parlato di serie TV, è probabile io ti abbia menzionato True Blood come una tra le mie preferite. Ne parlo spesso, ultimamente, perchè quando è uscita The Boys ho visto tantissime persone impazzirci senza realizzare che, di fatto, si trattasse di una trasposizione piuttosto pedissequa di quanto già visto con, appunto, True Blood.
In pratica parliamo di prodotti che prendono il trend del momento (allora i vampiri, oggi i supereroi), ribaltano in qualche modo la prospettiva con cui questo viene presentato e ne tirano fuori un prodotto forzatamente sopra le righe in tutto, a partire dal modo in cui urla la propria satira.
Per quanto possa sembrare incredibile, ci sono modi eleganti per fare un’operazione del genere, ma è piuttosto complesso. Decisamente più facile scadere nel trash fine a se stesso.
Ecco, Alan Ball con True Blood secondo me è riuscito a camminare per larghissima parte sul ciglio di quel baratro, scivolando il meno possibile e usando il mezzo per criticare i clichè di una certa serialità televisiva dell’epoca, oltre che le storture della società americana.
Rivisto oggi, TB è nel complesso ancora attualissimo sia per forma che per sostanza. Certo, ha mille difetti, ma glieli perdono perchè sono sempre derivati dalla volontà di provare a fare qualcosa di matto.
L’ho finita ieri sera e mi manca già.

Quando faccio questi rewatch, di solito li commento via via su twitter. L’ho fatto anche questa volta, pur essendo ormai evidente l’inutilità di condividere questo tipo di contenuti su quella piattaforma.
Riporto qui sotto i miei commenti. Mi sono preso il mio tempo per riguardare tutte le sette stagioni perchè volevo poterle gustare senza finire schiavo del binge watching. Per ogni stagione ho usato un hashtag diverso, perchè mi andava. Ovviamente, se non avete mai visto la serie, qui sotto è ricolmo di SPOILER.
E’ stato, come sempre, un bel viaggio.

Aprile 24
– Rewatch #TrueBlood? È tempo, sì. #LifeSucks
– Parte più lento di quanto ricordassi, ma ci sta visto che i migliori personaggi (a parte Jason) ancora non sono entrati. Però l’inizio della S1E03 notevole. #LifeSucks
– S1E04 compaiono Pam e Eric (versione Claudiano), ci sono i darkest hour nella colonna sonora e Jason deve farsi drenare il cazzo (2 volte) per risolvere un problema di erezione. Direi che stiamo ingranando. #LifeSucks
– S1E08 la prima stagione è meno brillante di come la ricordassi, vive di momenti di genio fin troppo annacquati. Teniamo cmq botta. #LifeSucks
Maggio 24
– S1E11 la situa procede ancora molto a rilento, ma la creazione di Jessicah è, fino ad ora, il miglior teaser a quello che la serie sarà (almeno per come me la ricordo). Il dramma vero è sapere che non ci libereremo di Tara e sua madre. #LifeSucks
– S1E12 season finale. La forzatissima riproposizione di tutti i cliché delle serie tv dell’epoca (a partire dal cliffanger sistematico), così come l’eccessivo prendersi sul serio di dialoghi e personaggi ad uso ridere ha trovato finalmente equilibrio. Hype per la S2. #LifeSucks
Giugno 24
– È passato il giusto lasso di tempo, si può riprendere il rewatch con la S2. É la stagione della Fellowship of the Sun, il che vuol dire… Sarah Newlin. ❤️ #LoveBites
– S2E04.
“Dio prima o poi punisce sempre il male.”
“Ah sí? E allora perché l’Europa esiste ancora?”
Con questa seconda stagione Alan Ball ha bilanciato l’elemento parodia soap opera e spinto sulla satira si costume. Questo é True Blood, il The Boyz prima di The Boyz. #LoveBites
– S2E08 e S2E09: definisci CAPOLAVORO. #LoveBites
– S2E10. Nella top 3 delle migliori scene di questa meraviglia di serie.

Luglio 24
– Stagione tre. Il cold opening più clamoroso di sempre. Il rewatch non poteva ripartire meglio. #FangBangers
– S3E03. La stagione di Franklin e Russell. Il ritmo, al netto dell’apertura, torna forse un po’ verso la prima stagione però ho talmente tanto hype per quei due personaggi che potrei vedermela tutta d’un fiato. #FangBangers
– S3E07. IL FUCKING MONDO DELLE FATE. Che roba pazzesca una serie che ad ogni passo sposta più in alto l’asticella del delirio. #FangBangers
– S3E09. Miglior. Serie. Di. Sempre. #FangBangers #TheBoyzScansatiProprio

– S3E12: finale perfetto per la stagione perfetta. L’elemento soap rappresentato da Sookie è bilanciato da un turbinio di azione e nonsense tutto intorno. Personaggi tutti in palla, perfino Sam (incredibile), e la promessa di far sparire Tara all’orizzonte. 10/10. #FangBangers
Agosto 24
– Ripartiamo con la S4E01 e i primi 10′ di “cosa cazzo sto guardando???”. #MicrowaveFingers
– (E al minuto 24 infranto il sogno di non rivedere mai più Tara.) #MicrowaveFingers
– S4E03. Mi ricordo questa stagione come piuttosto noiosetta, ma Dumb Eric mi fa decollare. #MicrowaveFingers
– S4E07. Ad una certa Vampire Bill ricapitola quello che sta succedendo e Jessicuh lo guarda con la faccia di qualsiasi spettatore: “Maccosa cazzo?”. Stacco e Sookie e Eric, che stavano scopando nel mezzo del bosco, arrivano a casa SCOPANDO. #MicrowaveFingers
– La quarta stagione è effettivamente in calo rispetto alle due precedenti, ma in S4E11 c’è LA SCENA. #MicrowaveFingers

– Finita anche la 4°, che chiude con l’ennesima (falsa) promessa di toglierci Tara dal cazzo. Tanto fumo, poco arrosto e storyline di contorno tutte grossomodo superflue, dai lupi a Tommy per non parlare del fantasma del bambolotto. Peccato solo per Jesus. #MicrowavesFingers
Settembre 24
– “Trasformala”
“Sono l’unica ad aver notato che le manca mezza testa?”
“Deve vivere”
“Anche lo facessi, non posso garantirvi domani non si risvegli da sotto terra completamente ritardata…”
S5E01. Si ricomincia. ❤️ #GodHatesFangs
– S5E03. Se Tara era la piaga di questa serie, Tara Vampira è l’infezione che ne amplifica il dolore.
Fortuna che c’è Pam. #GodHatesFangs
– “Non c’è nessuna Lilith! Siete fottutamente peggio degli umani! Tanto varrebbe pregare leprecauni, unicorni o quelle cazzo di Kardashan”. S5E06 e bentornato Russell Edgington. ❤️ #GodHatesFangs
– In aereo ho chiuso il rewatch della stagione 5, l’ultima di Alan Ball e (imho) la migliore di tutte.
Perfetta in tutto: bilanciata, mattissima, con tutti i personaggi in palla (pure Tara, grazie a Pam) e livelli di satira sublimi. Capolavoro. #GodHatesFangs
– Tweet dedicato alla questione Russell. Miglior villain della serie riesumato e cresciuto episodio dopo episodio per poi risolverlo nel cold opening del season finale in una maniera che più anticlimatica non si poteva. Una cosa geniale. #GodHatesFangs
Ottobre 24
– In viaggio ho ripreso il rewatch iniziando la S6, che a memoria soffriva il calo dovuto all’addio di Alan Ball. Primi tre episodi effettivamente un po’ smorzati in termini di efficacia della satira. Restano ovviamente i nonsense. Quelli sempre top. #Billith
– S6E05 la godibilitá non è male, ricordavo peggio, anche se la qualità di scrittura effettivamente è scesa. Detto questo, la sequenza sulle origini di Warlow che sembra girata da René Ferretti, fotografata da Duccio Patané e interpretata da Stanis la Rochelle è magica. #Billith
– S6E06. Epatite V. E con questa sanciamo definitivamente che The Boyz non ha un’idea che non fosse già passata da qui. #Billith #TheBoyzPrimaDiTheBoyz
– S6E08 per la prima volta la seconda metà di stagione è più floscia della prima metà. La chiusura di Terry, ottima come idea, completamente buttata via; Sam & Alcide nulla cosmico; pure coi vampiri ci si annoia. C’è praticamente solo Sookie che si lagna. #Billith
– (No scusate, c’è anche Sarah Newlin. Evviva Sarah Newlin.) #Billith
– S6E09: una roba continua a funzionare ed è l’uso meta dei vari PG. Epica la nonna che commenta il funerale di Terry come farebbe lo spettatore o il WTF che ogni personaggio esterna quando viene messo in pari su quel che è successo ad altri. #Billith
– E con la S6E10 chiudiamo anche questa penultima stagione, devo dire anche in maniera accettabile.
Ai tempi sulla scena di Eric avevo bestemmiato. Pausetta e poi vai di (gran) finale. #Billith
Novembre 24
– Ultima trasferta dell’anno, direi che possiamo chiudere il rewatch. S7E01 e nel cold opening muore, finalmente, DEFINITIVAMENTE, Tara? Non ricordo, ma se è così stagione già promossa. #TrueEnd
– S7E02. Vedere True Blood nel giorno di queste presidenziali apocalittiche mi sta portando a ridimensionare molto la questione.
“Ho visto Sam trasformarsi IN UN ORSO prima che fosse sindaco!”
“E hai votato comunque per lui?”
“CERTO.”
“Ma… perché?”
“E che ne so.”
#TrueEnd
– Vedere quest’ultima stagione è come vedere Ronaldinho nelle partite del cuore. Non è più LUI, ma i colpi ci sono ancora e quando ne piazza uno l’esultanza è d’obbligo. #TrueEnd
– S7E5 midseason finale. Volendo riassumere: un po’ di somme tirate troppo in fretta (Alcide), la tortura del ritorno della madre di Tara (unico personaggio peggio di Tara), troppa Sookie che si lagna e troppo poco Eric Team. Però manco sta tragedia che ricordavo. #TrueEnd
– S7E08: siamo in dirittura d’arrivo. Bello il ritorno di Hoyt a chiudere il cerchio teen drama con Jessica, meno bella ma volesse iddio definitiva la chiusura del filone Tara&LettyMay. Ora datemi 2 episodi di Eric vs. la Yakuza e ci congediamo in bellezza. #TrueEnd
– Ed eccoci arrivati alla fine di questo rewatch. È stata una bella corsa, goduta forse anche più della prima volta, finale compreso.
True Blood, per me, è la miglior serie di sempre. Questa scena, per me, il suo apice. #TrueEnd

Can I scream?

Due paroline sulla terza stagione di The Bear, ma se vogliamo anche la risposta alla secolare domanda:

“E’ forse l’attesa del piacere essa stessa il piacere?”

No, non lo è.
Andiamo però con calma: partiamo dalle basi, diamo un contesto e diciamo anche che proverò a fare un discorso spoiler-free¹.
The Bear è una serie che parla di cucina e di persone che lavorano nella ristorazione, a tutti i livelli. E’ uno show iniziato nel 2022, che quindi ha appena visto mandare in onda la sua terza stagione, e che fino a qui si è distinto per un livello qualitativo semplicemente fuori scala rispetto al panorama attuale.
A livello visivo gode di una regia, una fotografia ed un montaggio che lo rendono semplicemente stupendo, proprio bello da guardare, con tantissimo tempo dedicato alla componente artistica e design del cibo messa in contrasto con il “caos” più o meno razionale e la frenesia di quel che ci sta intorno. Musicalmente poi sta proprio su un altro pianeta, non solo per la selezione degli artisti e dei brani (qui la lista della sola terza stagione, per dare un’idea del livello.), ma per l’uso che fa della musica e l’attenzione che riserva al suo utilizzo. Quando c’è un pezzo te ne accorgi perchè vengono usate solo canzoni monumentali, ma quando non c’è il silenzio ha esattamente il medesimo ruolo che avrebbe la musica e si fa notare con la stessa immediatezza. C’è tutto un episodio meraviglioso nella seconda stagione che con un minuto di Taylor Swift non solo ti fa scoppiare il cuore, ma restituisce al personaggio protagonista uno spessore ed una caratterizzazione che in altre serie non raggiungono neanche con ore di screen time e spiegoni annessi. Quando poi lo stesso personaggio, la stagione successiva, si trova ad un ulteriore passo cardine del suo arco narrativo è naturale ci sia sempre Taylor Swift ad accompagnarlo, ma con un pezzo diverso, perchè un conto è avere classe e un altro è diventare didascalici.
E’ tutto confezionato in maniera sublime, insomma, intorno ad un cast che in ogni singolo secondo spacca lo schermo in due. Non c’è un attore fuori parte, non c’è una scena recitata senza intensità, eppure non si sfocia mai nell’overacting se non nei rari casi in cui serva ad uno scopo preciso.

Insomma, The Bear è una serie che dovreste guardare per farvi un favore e dedicare qualche ora a qualcosa di bello.

Ma.
Questa terza stagione mi ha fatto bestemmiare tantissimo e la causa è una scelta precisa e programmatica degli autori, che hanno portato all’estremo la magistrale creazione del climax narrativo per poi, però, non risolverlo. Una sorta di edging, con la sostanziale differenza che si tratta di ritardare ad oltranza non il proprio piacere, ma quello di altre persone. E magari, tra queste persone, c’è anche chi non apprezza.
E’ un numero che hanno, quelli di The Bear, fin dal principio. Nella prima stagione lo avevano messo in atto in modo molto più sottile, però, solamente con la musica. Per la precisione con New Noise dei Refused. Metto il video, così diventa più semplice argomentare anche coi senzadio che non conoscono il capolavoro in questione.

New Noise, nei primi 67 secondi, ha uno dei più potenti e coinvolgenti climax della storia della musica. Anche al primo ascolto è impossibile non sentire il crescere della tensione, questo riff ricorsivo che pian piano aumenta la sua portata come un’onda che l’ascoltatore sa lo investirà, prima o dopo. E anche i Refused erano bravi in questa cosa del ritardare il piacere, perchè a 46 secondi sembra che di colpo tutto si debba risolvere in niente quando invece

CAN I SCREAM?

Santissimo iddio che roba, ma torniamo al punto.
Nella stagione 1, per ben due volte in episodi diversi, quei figli di buona donna usano i primi 67 secondi per far montare la tensione nello spettatore che assiste al precipitare di alcune situazioni, ma senza dare sfogo al pezzo. E, ve lo garantisco, tagliare quella canzone prima del 68° secondo è peggio che darmi una coltellata. Non riesco proprio ad elaborare la cosa, bestemmio come un fabbro.
Ecco, con la 3° stagione fanno proprio all-in su questa modalità di racconto, costruendo un tot di linee narrative che crescono, crescono, crescono… e non si risolvono in un cazzo di niente².
Dieci episodi alla fine dei quali stai esattamente al punto di partenza, così quando esce la scritta To be continued non puoi fare altro che bestemmiare. Dieci episodi bellissimi, che ti fanno entrare dentro a tutti i personaggi in maniera profondissima e che però alla lunga finiscono per stancare. Non tutti magari, ma me sì. Io ho bisogno di andare a parare da qualche parte.
Gli autori questo lo sanno, sanno che c’è gente come me, e godono nello sbatterci in faccia la loro vittoria.
Mancano 10′ minuti alla fine della stagione e una serie di personaggi sta fissando il cartello “EVERY SECOND COUNTS” che c’è sulla parete della cucina di un ristorante.
E poi lo staccano dal muro.

Maledetti.

1) anche perchè fare spoiler di una stagione in cui non succede niente è davvero complesso.
2) SPOILER, giusto per dare il quadro della situazione elenco le questioni aperte e lasciate pending: carmy/claire, la recensione, Syd e la sua offerta, il bilancio, il matrimonio. Non c’è una questione aperta in questa stagione a cui abbiano dato minima progressione. Devi essere stronzo, dai.


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Sanremo 2024: le canzoni

Io non seguo il Festival di Sanremo inteso come show televisivo perchè non mi interessa vedere John Travolta che balla il ballo del qua qua, ma da qualche anno dopo la seconda serata mi ascolto tutte le canzoni in gara seguendo la playlist Spotify e le commento al primo ascolto. Di solito introduco la cosa con un mini preambolo, ma quest’anno le canzoni sono ben 30 e quindi direi di non stare troppo a cincischiare.
Mi prendo giusto un paio di righe per gioire del fatto che la presenza de LA SAD tra i partecipanti ha paradossalmente annullato l’esigenza (solo mia) di fare punk-checking, ovvero smattare per verificare l’uso improprio del termine associato a qualsiasi “stramberia” arrivasse sul palco dell’Ariston. Paradossalmente infatti, l’anno in cui si palesano individui con la cresta e i capelli colorati è il primo in cui diventa necessario ribadire ogni secondo che NON C’E’ IL PUNK A SANREMO. Per quel che vale, sono d’accordo.
Nota fondamentale, che riprendo pari pari dai post degli anni scorsi: per me Sanremo è La Canzone di Sanremo™ (da qui CdS™), archetipo che non ha senso di esistere mai, ma che in quel contesto trova la sua collocazione naturale. Potrei provare a spiegarvi in cosa consiste, ma sarebbe più noioso delle canzoni stesse e quindi mi limito a puntare il dito quando la riconosco in scaletta.
Cominciamo.

  1. Annalisa – Sinceramente
    Mi piace questa cosa fatta anche da Elodie l’anno scorso (a memoria) di arrivare con un pezzo in linea con la proposta consueta e non con una CdS™ posticcia. Non mi sembra abbia il tiro di Mon Amour quindi forse potrò evitarmi di risentirla alla nausea causa figli e poi gli manca l’elemento essenziale per il tormentone italico, ovvero il cowbell in entrata di ritornello, ma tutto sommato dignitosissima. “Mi sento scossa-ah” chiara omaggio ai Prozac+ e quindi forse il punk quest’anno lo troviamo dentro una cover di Kylie Minogue.
  2. Geolier – I P’ ME, TU P’ TE
    Il pezzo internazionale (gag). A parte il capslock e il fatto che ‘sta roba non sia evidentemente nello spettro dei miei gusti, mi sembra il secondo pezzo su due che ha un suo senso di esistere nel panorama musicale odierno, inteso come tutto ciò che sta fuori dalla bolla Sanremese. Non conosco lui, non saprei dire come sia rispetto al resto della sua produzione, ma piuttosto che approfondire mi strappo le unghie dei piedi, quindi mi fermo al giudizio isolato e approssimativo.
  3. Angelina Mango – La noia
    Ero pronto a fare la gag con il titolo del pezzo, ma invece sai che ci sta? Questo Sanremo versione Festivalbar non mi sta dispiacendo, al momento, anche se io resto pur sempre una vedova della CdS™ e ogni volta che non si presenta un po’ ci resto male. Comunque al momento se una di queste prime tre vincesse potrei quasi starci.
  4. Alessandra Amoroso – Fino a qui
    ECCOLA! Mi prostro e mi dolgo dell’aver dubitato, perchè la CdS™ si presenta subito in tutta la sua maestosità. E chi meglio di Sandrina Amoroso per farle fare il suo ingresso in pompa magna? L’artista giovane a detta dei vecchi spara una CdS™ perfetta in ogni parte, senza la minima sbavatura o licenza poetica, un pezzo immortale nel suo essere identico a mille altri suonati nelle edizioni passate. A cazzo durissimo. Grande Sandrina, non mollare mai!
  5. Mahmood – TUTA GOLD
    Madonna se fa cagare Mahmood. Con un pezzo grossomodo identico (Soldi) ha vinto, spero vivamente valga la regola del “fool me once etc. etc.”
  6. Irama – Tu No
    Io Irama l’ho capito, vuole essere il Massimo Ranieri della sua generazione. Non fosse che la carica screamo di Massimo Ranieri se la sogna e, soprattutto, che la sua generazione non credo abbia la minima voglia di avere un proprio Massimo Ranieri. Per statistica registriamo la seconda CdS™ in gara.
  7. Loredana Bertè – Pazza
    Ma è una cover? La canzone scorre ma io impazzisco se non mi viene in mente da dove cazzo arrivi quel riff ad inizio strofa. Niente, è finita e non mi è venuto in mente.
  8. Gazzelle – Tutto Qui
    Io posso capire se una CdS™ del genere la porta una come Alessandra Amoroso, ma perchè dovrei sciropparmi Gazzelle che fa una porcheria del genere? Perchè? E, soprattutto, perchè Gazzelle in qualche modo gode di uno stret cred superiore a quello dell’onestissima Alessandra Amoroso?
  9. The Kolors – UN RAGAZZO UNA RAGAZZA
    Questi ancora devono capire come cazzo hanno fatto a far funzionare ITALODISCO e quindi provano a replicare paro paro a partire dal capslock. Solo che da bravi babbi cambiano l’unico ingrediente davvero cruciale, ovvero i colpi di cowbell in ingresso al ritornello, mettendoci una roba che per loro “tanto è uguale” e invece li condannerà al fallimento. Oppure a farlo sarà che il pezzo è oltremodo inutile.
  10. Ghali – Casa Mia
    Non so per quale ragione mi ero (auto)convinto questo potesse essere il vincitore a sorpresa. Sentendo il pezzo direi che è poco probabile, anche se non mi sembra terribile. Ho ascoltato il testo proprio il giusto per intuire ci siano dentro anche un po’ di spunti di impegno sociale facilone, che insomma fanno comunque curriculum a Sanremo, ma non mi ci soffermerei. Non la peggiore sentita fino a qui.
  11. Emma – APNEA
    Tu quoque Emma con sto cazzo di capslock. Sono andato a controllare, la volta scorsa aveva puntato sulla CdS™ e non era andata benissimo, quindi a questo giro prova con un pezzo più radiofonico. Secondo me continua a non funzionare qualcosa, ma il risultato non è proprio da buttare. Anche qui il riffettino nel ritornello puzza tantissimo di cover, ma mi diranno essere un omaggio e chi sono io per?
  12. Mr.Rain – DUE ALTALENE
    Io posso capire se una CdS™ del genere la porta una come Alessandra Amoroso, ma perchè dovrei sciropparmi Mr.Rain che fa una porcheria del genere? A differenza di Gazzelle almeno non c’è lo street cred. Ogni anno Sanremo ci ricorda che siamo il Paese a cui non basta Fedez, ci servono addirittura i suoi cloni/emuli.
  13. Alfa – Vai!
    Ah, ma aspetta, abbiamo anche la quota Pinguini Tattici Nucleari. Evviva.
  14. Rose Villain – CLICK BOOM!
    Tocca incazzarsi. La CdS™ non è qualcosa che si può svecchiare o rivisitare. Non me ne fotte un cazzo, non si fa. Piuttosto metti la panna nella carbonara.
  15. Dargen – Onda Alta
    A me Dargen che finisce ad essere schiavo del personaggio fa un po’ tristezza, ma capisco anche che sputare sui soldi venga facile solo se sono i soldi di altri. Probabilmente il testo ha una sua importanza, ma se ne pensassi qualcosa di diverso/meglio rispetto a quanto detto per Ghali sarebbe solo sulla base di un affetto personale e non credo sia giusto.
  16. Diodato – Ti muovi
    Per me è una bella canzone, sinceramente, ma non riesco a levarmi dalla testa il meme che sosteneva fosse, dopo “Fai rumore”, il secondo atto di una trilogia dedicata alla compagna molesta con cui condivide il letto.
  17. LA SAD – AUTODISTRUTTIVO
    Che mega delusione. Non è che mi aspettassi un bel pezzo eh, ma un po’ più di caciara sì. Sanremo doveva essere la cartina di tornasole della poseraggine di ‘sti tre ragazzi e direi che ci siamo levati il dubbio. Son tre ragazzi che sanno benissimo come comportarsi.
  18. Il Tre – FRAGILI
    Una CdS™ brutta. Non in senso generale eh, perchè implicherebbe ne esistano di belle, ma proprio brutta anche per gli standard della CdS™. Siccome sfrangia parecchio i coglioni ho commesso l’errore di andare a guardare quanti pezzi mi mancano e adesso sto pure peggio di quando il mio problema principale era il pezzo de Il Tre.
  19. Negramaro – Ricominciamo tutto
    Fino a trenta secondi fa pensavo non ci potesse essere nulla peggio dei Negramaro, ma sottovalutavo i Negramaro che fanno una CdS™. Santissimo il signore, senti l’epica che ci stanno mettendo. Senti quanto ci credono. “Siamo una canzone di Battisti all’alba” certo, come no. Ma cosa cazzo è il conto alla rovescia in mezzo? MA RITIRO TUTTO, HA APPENA FATTO IL GIRO DIVENTANDO UNA ROBA MAGICA! Non è vero, però quella cosa lì mi ha fomentato.
  20. CLARA – DIAMANTI GREZZI
    Quota “tocca cercarla su google”, ma anche quota “Elodie”. Soprattutto quota “ragazza che biascica”, che in effetti ancora mancava. Boh, mi pare le manchi tutto quello che serve a farne la hit che credo volessero tirare fuori quando l’hanno messa insieme.
  21. bnk44 – GOVERNO PUNK
    Voi dovete andare affanculo. E non parlo dei bnk44 (che comunque, ci andassero, male non farebbero), ma di voi stronzi che continuate a tirare in ballo il punk a Sanremo creando mostri tipo questo. Non ha senso niente. Non ne faccio una questione musicale, magari il problema fosse quello. Il problema è che il ragionamento di sti scappati di casa è stato: “Oh, ogni anno il punk fa notizia a Sanremo. Mettiamolo nel titolo, a caso.”. VOI DOVETE ANDARE AFFANCULO.
  22. sangiovanni – finiscimi
    Ahhhhh, ma questo è quello che usa solo le minuscole! Considerati tutti i capslock del cazzo visti fino a qui è una scelta che continuerò a supportare e stimare. Poi va beh, sta CdS™ è davvero terribilissima, ma non è che possiamo pretendere troppo da sangiovanni, direi. Le minuscole sono già grasso che cola.
  23. Fred De Palma – IL CIELO NON CI VUOLE
    Eh, dagli torto.
  24. BigMama – La rabbia non ti basta
    Secondo me non è malaccio, mi piace il ritornello alla Paola&Chiara. Non sto gridando al miracolo, ma diciamo che tutta la vita un pezzo come questo rispetto a tanta della merda sentita fino a qui. A partire dalla monnezza immediatamente precedente targata Fred De Palma.
  25. SANTI FRANCESI – l’amore in bocca
    Qui vado in cortocircuito perchè il nome del gruppo è in capslock e poi nel titolo sono tutte minuscole. Cosa volete dirmi? Che gioco state giocando? Va beh, una CdS™ con velleità di raffinatezza che farebbe anche incazzare, perchè per quanto assurdo su questi due avevo qualche aspettativa. Va detto che il tipo si chiava Matilda De Angelis e non credo di essere titolato a muovere critiche a uno che chiava la Dua Lipa di Bologna.
  26. Il Volo – Capolavoro
    Chiamare una canzone “Capolavoro” supera in fosbury la sfiga degli artisti emergenti che titolano i loro pezzi con nomi di cantanti di grido votandosi al clickbait. Per il resto CdS™ standard, ma diventa complesso fare finta che il Volo potesse anche solo ipotizzare di presentarsi con qualcos’altro.
  27. Fiorella Mannoia – Mariposa
    Andiamo serenamente oltre perchè non credo abbia senso discutere Fiorella Mannoia che presenta la sua musica nell’unico calderone in cui può stare. Il pezzo non è neanche tremendo.
  28. Ricchi E Poveri – Ma non tutta la vita
    Presente quando qualche pezzo di merda delle poste o della banca fa firmare qualche investimento ventennale a tua nonna novantenne? Ecco, è il manager dei Ricchi E Poveri.
  29. Renga Nek, Francesco Renga, Nek – Pazzo di te
    Giuro che in Spotify è scritto così: Renga Nek, Francesco Renga, Nek. Non fa riderissimo? Vorrei parlarne perchè dopo quasi due minuti del pezzo non ho trovato davvero nient’altro da scrivere. Se l’ultima sera fanno cantare questa canzone a Il Volo e danno a Renga Nek, Francesco Renga, Nek (non riesco a smettere, sorry) “Capolavoro” non se ne accorge nessuno.
  30. Maninni – SPETTACOLARE
    E la chiudiamo giustamente così, con la dodicesima CdS™ di questa edizione, che registra per l’ennesima volta la sconfitta della CdS™ a Sanremo. Mentre andava ho risposto ad una mail di lavoro e adesso che è finita e sto scrivendo non ricordo come facesse. Meglio così.

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I Soprano nel 2023

Avere un blog da quasi vent’anni ti dà uno storico abbastanza rilevante da non allarmarti eccessivamente per i periodi in cui non hai niente che valga la pena scrivere. Prima però stavo provando ad argomentare un concetto abbastanza semplice su twitter X (Elon Musk sei un clown) e mi sono presto reso conto che avrebbe necessitato due, tre o magari più tweet, così ho avuto questa illuminazione: “Ehi, ma un posto per elaborare un concetto oltre i 280 caratteri io ce l’ho!”.
Elaboriamo, quindi.

Ho iniziato a guardare I Soprano, la serie HBO uscita a cavallo del nuovo millennio e che un po’ ovunque è considerata uno dei punti più alti raggiunti dalla serialità in TV. Ci avevo già provato un paio di volte in passato, sempre abbondantemente dopo la sua conclusione, ma non ero mai andato oltre il primo episodio. La spiegazione che mi sono dato, prima di riprovarci per la terza volta, è che in quelle circostanze avessi anche molte altre serie a contendersi il mio tempo, cose che stavo già seguendo con una certa “fame” e che finivano sempre più in alto tra le priorità, così da non permettermi di prendere il ritmo con un prodotto nuovo che, come spesso accade, necessita di tempo per ingranare.
Oggi la situazione è diversa perchè non sto più guardando serie TV. Ogni tanto approccio qualcosa di nuovo, mi capita anche di trovare cose interessanti, ma nulla che mi appassioni o che richieda un certo investimento di tempo. Di conseguenza, ho pensato fosse il momento perfetto per riprovare ad approcciare questo cult dedicandogli il tempo che merita, ma cercando di non finire nelle fauci del binge watching, divorando i primi 10 episodi in pochi giorni per poi avere tutto a nausea e mollare di nuovo.
Ho cominciato ad inizio giugno e sono in pratica alla fine della seconda stagione.
Pur essendo evidentemente un prodotto di vent’anni fa, con tutti i limiti del caso, è impossibile non notarne le qualità e, soprattutto, la rilevanza per quanto è arrivato dopo, quindi questa volta credo di riuscire a portare a termine il recupero.

Quello su cui volevo ragionare peró prende solo spunto da I Soprano.
Essendo un prodotto uscito ben prima del processo di sensibilizzazione ed inclusività che ha investito l’industria culturale americana, ne I Soprano si trovano tonnellate di elementi semplicemente improponibili per uno show odierno. E’ tutto, evidentemente, not politically correct (per usare una terminologia che odio, ma trasversale), solo che non è fatto con lo scopo di esserlo. So che sembra banale, ma non lo è per niente. Oggi la scelta di essere o meno aderenti ad una certa linea editoriale di inclusività e correttezza è presa su base commerciale e di ritorno economico (99.3% dei casi) oppure su base politico/ideologica (0.3%). In entrambe le direzioni.
Ne I Soprano la scelta, invece, è unicamente narrativa.
Rappresentare un certo tipo di spaccato sociale madido di razzismo, sessismo e omofobia è impossibile senza mostrare razzismo, sessismo e omofobia, che vengono peró utilizzati solo come elementi atti a conferire veridicità e autenticità alla storia e ai protagonisti. Non c’è nessuna implicazione morale dietro alla rappresentazione, nessun messaggio scritto a pennarello rosso per lo spettatore.
Era un modo migliore di fare televisione? Forse. Il punto è che fermarsi al “bei tempi in cui c’era libertà di espressione, ora non si può più dire nulla” è un modo molto pigro e, secondo me, superficiale di leggere la situazione.
Perché l’altro lato della medaglia è che guardare i Soprano oggi ti butta in faccia un sacco di materiale che, proprio perché stride con i canoni attuali, balza all’occhio, mentre prima sarebbe risultato indifferente. E non certo perché sia cambiata la mia posizione in relazione a certi argomenti. Ovviamente la cosa non mi indigna, né mi porta a pensare che la serie non vada guardata, però mi fa riflettere sul fatto che evidentemente i nuovi registri per l’intrattenimento abbiano portato ad un risultato, perché la sensibilità è cambiata e me ne sono facilmente reso conto anche io, che comunque non sono mai stato refrattario a certe battaglie.
Da un lato quindi mi mancano prodotti che non debbano a tutti i costi raccontare una realtà forzatamente inclusiva, anche quando non se ne sente la necessità narrativa e, anzi, spesso finiscono per essere fin troppo “puliti” per risultare verosimili. Dall’altro però ho avuto modo di realizzare come questa deriva abbia effettivamente portato a più sensibilità ed è certamente una cosa buona.

Quindi?
Boh, non so neanche io cosa pensare. La mia speranza è che la sensibilità, una volta creata, metta radici e non necessiti più di dover essere alimentata forzatamente. Che si possa tornare a raccontare la società nei sui pregi e nei suoi difetti, senza la pretesa di dover insegnare qualcosa a chi guarda o, peggio, con la paura del cattivo esempio. Perché alla fine è un po’ quello: se pensiamo la TV o il Cinema abbiano il dovere di essere inclusivi e polite per dare il buon esempio, non stiamo forse dando ragione a chi negli anni ha cercato di non farceli guardare per paura che ce ne dessero uno sbagliato?
È un dibattito molto più sfaccettato di quanto siamo quotidianamente portati a pensare, credo, e molto meno polarizzante di quanto non lo siano Pio&Amedeo o Biancaneve senza i nani.


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Anche i draghi piangono

Dopo aver visto le prime tre puntate della nuova serie HBO House of the Dragon direi che ne ho abbastanza per scrivere due righe qui sopra.
Ci sarà qualche SPOILER, forse, ma come detto sono passati giusto tre episodi e io non ho mai letto il materiale letterario a cui si ispira questo prequel, quindi anche facendo mente locale non mi viene in mente chissà quale rivelazione io possa farvi da qui in avanti. Siccome però so che sull’argomento siete tutti ipersensibili, meglio tutelarsi.
Partiamo dal principio, per i più distratti: House of the Dragon altro non è che una nuova serie targata HBO e ambientata nell’universo di Game of Thrones ideato da George RR Martin, ma che narra avvenimenti accaduti circa 170 anni prima della serie originale. C’è un certo fermento attorno ai prodotti collaterali di quella saga e i motivi sono essenzialmente due:
1) Martin continua a parlare di quanto materiale sfruttabile ci sia, un po’ perchè VIVA I SOLDI e un po’ per tenere a bada la sua fanbase diversamente abile che ancora aspetta i libri conclusivi dell’opera.
2) La HBO vorrebbe continuare a beneficiare di un prodotto che ha avuto un successo fuori scala, un po’ perchè VIVA I SOLDI e un po’ perchè in un panorama di offerta ampiamente superiore alle esigenze del pubblico diventa difficilissimo tirare fuori prodotti originali che ripaghino dell’investimento a meno di usare come traino un brand già forte di suo.
Così, tra un progetto con Naomi Watts naufragato male e le storie future di Jon Snow di cui nessuno, ma davvero nessuno, sente il bisogno, è uscita questa House of the Dragon (da qui HotD), accompagnata da recensioni e commenti entusiasti provenienti grossomodo da ogni direzione.
Ecco, qui io cerco di dare un’opinione disallineata provando ad argomentare una minima, conscio del fatto che se anche qualcuno leggesse il pezzo probabilmente lo derubricherebbe a “parere di un hater” o a semplice volontà di fare il bastian contrario. Ci sta, come ci sta far notare che “se pensi che siano tutti matti, forse il matto sei tu”, però alla fine della fiera siamo sul mio blog quindi avete poco da rompere i coglioni.

Al netto dell’opinione soggettiva che posso aver maturato dopo questo inizio di stagione, ci sono già alcune valutazioni che credo di poter dare per oggettive. La più importante è che HotD ha mezzi che la serie originale ha avuto forse nelle ultime stagioni, sia in termini di budget che proprio a livello tecnologico. Le ricostruzioni CGI degli ambienti (su tutti Approdo del Re) permettono immagini molto più immersive e vive dell’ambientazione e anche l’utilizzo delle comparse è molto meno al risparmio rispetto alle prime stagioni di GoT, cosa che conferisce al tutto un aspetto molto più solido e credibile, specie quando si parla di battaglie. D’altra parte, qui siamo nella casa dei draghi e di conseguenza i draghi si devono vedere bene. 

Quello che per me non funziona è il racconto.
Io ho iniziato a guardare GoT dopo aver letto tutti i libri usciti fino ad allora*, di conseguenza probabilmente il motore che mi spingeva a stare dentro la narrazione non era basato sul cosa sarebbe successo, ma sul come lo avrebbero rappresentato. In questo caso invece mi si vuole raccontare una storia nuova, di cui non so nulla, partendo da un’ambientazione a cui non chiedevo più niente. Nel bene e nel male, infatti, la conclusione della saga originale non mi ha lasciato interrogativi o curiosità che avessi voglia di colmare, la storia che ci hanno raccontato può esserci piaciuta o meno, ma di certo è conclusa e, di conseguenza, per farmi ritornare a Westeros è necessario mi si racconti qualcosa di appassionante e/o mi si presentino personaggi interessanti. Altrimenti mi scogliono.
Ecco, con HotD mi sto scoglionando.
E’ vero, la storia è poco più che abbozzata al momento, ma cosa ci hanno messo di fronte? Una dinamica di successione al trono. Esattamente come in Game of Thrones, ma infinitamente depotenziata dal fatto che, di riffa o di raffa, sarà un Targaryen a finirci sopra. Lo sappiamo già, sarà così fino a Robert Baratheon. Quindi? Forse l’idea è realizzare un The Crown coi draghi, una sorta di fantasy biopic di una famiglia reale che vorrebbe risultare più disturbata e disturbante di quanto non siano già le famiglie reali esistenti solo sulla base del fatto che, boh, hanno lucertoloni di 10 metri come animali di compagnia. Un po’ pochino, se lo chiedete a me.
Però magari non è quella la chiave, il vero punto attorno cui dovrebbe scaturire la passione sono i personaggi. Possibile, ma allora guardiamoli insieme questi personaggi.

La protagonista è sicuramente Rhaenyra, la giovane figlia di un Re che non ha eredi maschi. Lei però non è la classica principessa disneyana (!!!), ma una fiera combattente che non accetta di essere considerata inadatta a governare solamente perchè donna e che, anzi, si trova molto più a suo agio a cavalcare un drago che non a fare da coppiera mentre gli uomini governano. Al netto di tutto quel che si potrebbe dire in merito all’originalità di questo archetipo nel 2022, ma soprattutto dentro un’ambientazione che ci ha già dato Daenerys, Arya, Brienne, Ygritte fino a Lyanna Mormont,  il nonsense vero è che letteralmente subito il padre si arrende all’evidenza di non avere alternative e la nomina erede al trono. Quindi abbiamo questa povera ragazza che prova ardentemente a comunicarci tutto il suo struggle di donna sulla base del niente, di psicodrammi tipo: “ok mio padre mi ha nominata erede al trono, MA NON LO PENSA VERAMENTEH”. Una roba talmente risibile e piangina che tanto valeva farla interpretare a Simone Inzaghi. Perchè purtroppo non solo Rhaenyra vive in un contesto dove grossomodo ogni donna che abbiamo incontrato ha dimostrato di essere fortissima, smarcandosi da qual si voglia stereotipo di genere, ma che nel farlo ha dovuto davvero passare le peggio violenze fisiche e psicologiche, tirando fuori un carisma ed una determinazione ammirevoli, nel bene e nel male. Prendiamo Daenerys, l’esempio più immediatamente correlabile. E’ un personaggio che non ho mai amato, ma nessuno può faticare a comprenderne il desiderio di rivalsa o il peso della condizione. In quello sta la sua forza narrativa. Rhaenyra non ha oggettivamente nessun motivo per essere incazzata e quindi sembra solamente una ragazzina capricciosa.
Il padre di Rhaenyra è Viserys I ed è oggettivamente il mio personaggio preferito al momento. A sua volta Re per mancanza di eredi maschi diretti (perchè, se non lo aveste capito, nessuno vuole una donna sul Trono di Spade), si trova a dover gestire il peso della corona e le decisioni scomode che ne derivano. Deve scegliere se provare a far nascere suo figlio uccidendo la moglie o lasciar morire entrambi (vorrei capire chi sceglierebbe la seconda), deve decidere come arginare suo fratello pazzerello che, in qualità di nobile, fa esattamente quello che fanno i nobili (ovvero il cazzo che gli pare) ed è obbligato a risposarsi dopo aver perso la sua amatissima moglie anche se lui non vorrebbe perchè l’amore non va a comando della politica. Giuro, sembra un personaggio di Anche i ricchi piangono. Gira tutto attorno al messaggio che “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, senza che queste responsabilità risultino mai davvero così grandi, eppure almeno ne viene fuori una figura credibile.
L’ultimo della triade è Daemon, che anche in virtù del nome cazzuto è il pazzerello della situazione. In assenza di eredi maschi del fratello sarebbe lui legittimo pretendente al trono, ma siccome è uno che pensa di poter fare il cazzo che vuole solo per via del cognome che porta (Quando mai? E’ intollerabile!), viene messo al bando un po’ da tutti. Tanto che gli viene preferita addirittura sua nipote come possibile reggente, cosa che lo fa incazzare. Qui tocca fermarsi un secondo. HotD è quella serie che cerca di convincerti che un tipo che viene privato di un suo diritto e si incazza è stronzo sulla base del fatto che quel diritto, completamente contestualizzato nella realtà fittizia in cui ci viene presentata la situazione, è invece superato e ingiusto nella realtà in cui viviamo ci piace pensare di vivere. Notevole no? A parte questo, Daemon è un personaggio super edgy (ha sposato una prostituta, signora mia dove andremo a finire?), cazzutissimo in combattimento, ma che sotto sotto ha un cuore di panna visto che l’unica causa dei suoi mali è la nipotina a cui lui però vuole bene e a cui non sa dire mai di no. Aww.
Intorno a questa triade, vaghe copie sbiadite di personaggi già visti in ruoli già caratterizzati nel corso della serie precedente, che lottano anima e corpo contro la tendenza di noi spettatori a scordarci il loro nome.

L’ultimo paragrafetto di questa minirecensione faziosa lo dedico alla scrittura, che è forse il punto che soffro di più in tutta la faccenda.
In anni di GoT ho letto le peggio cose rivolte agli sceneggiatori Benihoff e Weiss, soprattutto quando il materiale originale è venuto meno e si sono trovati a dover chiudere le questioni ancora aperte. Io non sono particolarmente fan del loro lavoro, come tutti ho la mia opinione sulle scelte che hanno operato e non tutte mi hanno soddisfatto (eufemismo), ma ho sempre trovato il disprezzo nei loro confronti sovradimensionato, alimentato spesso in maniera subdola da quel maiale Martin e dalla sua fanbase più idiota. 
Una delle accuse che è stata loro mossa più spesso è l’aver abbandonato la veridicità spinta delle scene scritte dall’autore dei libri in virtù di scelte più spettacolari e cinematografiche che, però, soffrivano molto in termini di credibilità. Quelli che in gergo vengono definiti WTF o, da chi ne capisce davvero, MACCOSA. Ci sono mille esempi in merito, ma non riaprirò il cassetto delle polemiche.
Mi fa però davvero strano vedere e leggere chi li ha massacrati negli anni, spellarsi le mani di fronte a questo nuovo prodotto, visto e considerato che quello che segue è lo script dell’ultima scena del terzo episodio, senza esagerazioni (ma con SPOILER):

C’è una guerra che dura, in stallo, da 3 anni.
Lo stallo è dovuto al fatto che il nemico si rintana nelle grotte e il drago di Daemon non riesce a sputarci sopra il fuoco.
Dopo tre anni il Re decide di intervenire e aiutare il fratello.
Daemon legge la missivia, si sente piccato nell’orgoglio perchè a lui non serve certo l’aiuto di nessuno e decide di risolverla sul momento.
Si presenta da solo nel campo di battaglia fuori dalle grotte, si inginocchia e mostra bandiera bianca.
Il capo dei nemici, Crab Feeder, esce a verificare.
Con lui escono TUTTI i nemici.
La resa era finta, Daemon inizia a combattere in campo aperto contro tutte le truppe nemiche, da solo e sotto una pioggia di frecce.
Nessuna lo colpisce. No aspetta, una. Alla spalla.
Il nemico, numerosissimo, inizia ad accerchiarlo. Crab Feeder è fermo e si guarda intorno senza capire che cazzo stia succedendo (NdM: come dargli torto).
Da non è ben chiaro dove esce un drago che carbonizza tutti i nemici, tranne il capo che viene rincorso e trucidato da Daemon.
Guerra in stallo da tre anni, vinta per annientamento totale del nemico in 20 minuti e senza perdite, solo sulla base del “Te lo faccio vedere io se mi serve il tuo aiuto”.

Non posso averne la prova, ma una porcheria del genere scritta dai due di cui sopra avrebbe portato ad un’insurrezione popolare, invece qui è accolta come grande televisione. Perchè se è una roba che ha scritto Martin (o da cui Martin non ha preso pubblicamente le distanze) è buona per forza.

Probabilmente continuerò a guardare questa serie, il tempo per smentirmi è tutto dalla sua parte visto che ne sappiamo tutti ancora troppo poco, ma quando leggete o sentite dire in giro che è “tornato il vero Game of Thrones” per me ve la stanno vendendo. Mancano i personaggi, mancano i dialoghi e manca una struttura narrativa che possa anche solo ricordare lo spessore di GoT. Ci sono i draghi, però. Magari per qualcuno il vero Game of Thrones sono i draghi.
Ce n’è di gente strana.
Diciamo che io ho fatto la recensione dei commenti entusiastici che ho trovato in giro. Non ne so abbastanza per dire che la serie sia realmente tutta qui, ma sulla base di quanto visto questo stuolo di complimenti è ampiamente discutibile.

*Che gag

It’s all good, man

L’ultimo episodio di Better Call Saul me lo sono visto in un posto impronunciabile dell’Islanda del sud. Prima di partire avevo pensato di vederlo al rientro, con calma, ma non ce l’ho fatta. Non tanto per la paura degli spoiler, che ok, c’è sempre, ma che forse per una serie del genere è molto più di facciata che non reale (voglio dire, quello che succede pesa probabilmente il 30% nelle ragioni per cui guardare BCS), ma perché avevo davvero il bisogno della mia dose di Gilligan&Gould.
Quindi questa mattina, approfittando di una giornata piuttosto scarica dell’itinerario, ho deciso di guardarmi il gran finale dell’opera. Ho messo i bimbi di fronte ad un film (Paddington 2), mi sono piazzato sul letto con le mie belle cuffiette e… blocco.
Per quanta voglia avessi di vedere l’episodio, psicologicamente ero inibito dall’idea sarebbe stato l’ultimo. Per sempre.
La verità è che non sono affatto pronto a dire addio a quell’ambientazione, a quei personaggi e a quel modo unico di mettere in piedi uno show televisivo. Caratteristiche che fanno di Better Call Saul la più bella serie televisiva che io abbia mai visto. Certo, senza Breaking Bad non potrebbe essere così bella, ma avendo visto la serie madre ci si può godere tutti i multilivelli di questo prequel e apprezzarlo per il capolavoro che è.
Perché ovviamente ci sono cose visibili prendendola come opera a sé: livello di recitazione eclatante, fotografia e regia non solo magistrali, ma con un’identità talmente spiccata da diventare iconiche e musiche sempre centrate, ma l’elemento davvero impareggiabile della serie rimane la scrittura e per poter comprendere davvero quanto profonda e curata sia, aver visto tutto il pacchetto è, giustamente, fondamentale.
In questi giorni quel mentecatto di George R. R. Martin è tornato a blaterale delle serie correlate a GoT, così mi dà modo di usarlo come perfetta antitesi alla scrittura di Gilligan. Perché aprire mille filoni narrativi non è complicato, se si ha fantasia. Ciò che distingue un tipo fantasioso da uno scrittore è la capacità di chiudere gli intrecci, non solo coerentemente, ma senza lasciare sbavature o buchi. Una cosa che Martin non è evidentemente in grado di fare.
Digressioni da hater a parte, Better Call Saul chiude, probabilmente per sempre, la nostra finestra sul mondo di Breaking Bad e lo fa nella maniera più potente ed elegante possibile, sempre con quel gusto amaro tipico delle storie che parlano di personaggi diversamente buoni.
Si abusa del termine capolavoro, io per primo ne faccio un uso eccessivo, ma qui siamo al cospetto di un vero, letterale, Capolavoro, che resterà nella storia dell’intrattenimento seriale e che, nel complesso dell’opera, è probabilmente destinato a definirne l’apice.
Guardatevela, se vi manca.
Io ne sono già orfano inconsolabile.

Sanremo 2022

Mi sono accorto che ogni anno faccio il solito disclaimer: non seguo Sanremo in termini di show televisivo, che anzi mi dà abbastanza sui nervi, ma mi piace ascoltarmi i pezzi in gara e buttare giù un’opinione al primo ascolto per ognuno di loro.
Quest’anno non fa eccezione, se non per il fatto che:
1) C’è in gara Dargen D’Amico, che qui si ama abbastanza.
2) Sto giocando il Fantasanremo.
Per chi non avesse familiarità con il mio modo di approcciare la questione, per me Sanremo è La Canzone di Sanremo™ (da qui CdS™), archetipo che non ha senso di esistere mai, ma che in quel contesto trova la sua collocazione naturale. Potrei provare a spiegarvi in cosa consiste, ma sarebbe più noioso delle canzoni stesse, cosa davvero indicativa, quindi mi limito a puntare il dito quando lo riconosco in scaletta.
Vedo che quest’anno la playlist Spotify è di 25 pezzi e tiro un enorme sospiro di sollievo, dovrebbe essere più semplice del previsto.
Bando alle ciance quindi, iniziamo.

1) Brividi, di Mahmood e BLANCO
Minchia! Si parte subito con la CdS™ e la piazza il duetto che tanti danno tra i favoriti. Devo dire che mi sarei aspettato tutt’altro. Ovviamente, come vuole l’archetipo, è una palla al cazzo tremenda e il tentativo darle un sapore 2022 è davvero goffo e appena abbozzato. L’anno scorso Fedez e la Michielin ci avevano investito almeno mezzo neurone, per dire. Cmq oh, se vincesse non credo sorprenderebbe qualcuno. Nota a margine: si parte subito anche col CAPSLOCK, vero e sottostimato cancro della musica contemporanea.

2) O Forse Sei Tu, di Elisa
Va beh ma è meraviglioso, altra contender che si presenta con la CdS™! Quest’anno è gara vera e autentica. Non saprei dire se questa sia meglio della precedente, ma a me Elisa piaciucchia e credo ci si potesse aspettare qualcosa di meglio da lei.

3) Ciao Ciao, di La rappresentante di lista
Non fa ridere che questo didascalicissimo e derivativissimo utilizzo di suoni che hanno almeno 50 anni ci faccia però pensare: “Oh, finalmente qualcosa di attuale!”? A me sì. Poi oh, il pezzo è carino ed entra in testa subito, tutto sommato per me promossa.

4) INSUPERABILE, di Rkomi
Toddiocris, che monnezza. E’ tutto sbagliato, non saprei neanche da dove cominciare.

5) DOMENICA, di Achille Lauro
Boh, i giovani è evidente abbiano la tastiera incastrata sulle maiuscole. Ci sta, anche mio figlio di 6 anni quando scrive ai nonni lo fa in CAPSLOCK. Ma sto pezzo non l’ha già portato le edizioni scorse con un testo diverso? No dai, sono ingiusto. Diciamo che ha preso spunti dalle sue robe precedenti e le ha ulteriormente ripulite e ammosciate. Magari ‘sto giro riusciamo ad evitarci le sbrodolate su quanto è punk, ma visto che il paradigma di trasgressività ed eccesso nostrani sono i Maneskin non posso escludere nulla. Non fa cagarissimo, però.

6) Dove Si Balla, di Dargen D’Amico
LA CASSA DRITTA A SANREMO. Ti amo Dargen. “Ma vai a capire perchè si vive se non si balla” questo gioca un altro sport, testo perfetto per il contesto e sparato in faccia con un fucile che fa PAPARARA-PARARA-PA-PA. Fatelo vincere.

7) farfalle, di sangiovanni
Guarda che alternativo, questo non mette le maiuscole manco quando servono e per questo quasi quasi lo prendo in simpatia. Mi sbilancio e ci vedo la CdS™ travestita da ragazzino, un po’ come il meme di Steve Buscemi con lo skate. Fa cagare, ma almeno ha un suo senso logico.

8) Ti amo non lo so dire, di Noemi
Qui invece è CdS™ al 100% e quindi al momento per me la conta è 4/8. Se la media tiene, siamo tornati a livelli che non si vedevano da un po’. Sì, la statisticha è più interessante di quel che sto ascoltando. Sorry Noemi, ma è un po’ troppo anche per te ‘sta roba.

9) Perfetta Così, di Aka 7even
Io questo non ho idea di chi sia e fino al ritornello avrei detto: “ma sì dai, ci sta” invece poi diventa una monnezza. Amen. Ma senza Sanremo uscirebbero pezzi del genere? Seriamente dico.

10) Ovunque Sarai, di Irama
Forse LA CdS™ più CdS™ fino ad ora e questo non è e non sarà mai un pregio musicalmente parlando. Ci sta mettendo un po’ troppo ad aprirsi, però, e inizio ad avere paura che Irama stia soffrendo di un qualche dolore lancinante decisamente più fisico che emotivo. Forse con un brufen in corpo veniva meglio.

11) Inverno dei fiori, di Michele Bravi
Questo, poraccio, mi fa una tenerezza infinita. Qui piazza un anonimissima CdS™ che davvero non ha nessun motivo per farsi commentare o ricordare, ma non me la sento di accanirmi per quello che dicevo all’inizio, quindi approfitto per spingere l’unico pezzo di Michele Bravi che merita: I Puffi sanno con Cristina D’Avena.

12) Miele, di Giusy Ferreri
Per me sì, daje Giusy. Fiero di averti messa in squadra al fanta.

13) Ogni Volta E’ Così, di Emma
Scolliniamo nella seconda metà della scaletta. Altra testa di serie che gioca sul sicuro della CdS™ però non so come dire, mi sembra quella a cui calzi meglio in termini ti target e resa. E’ una lagna eh, mica lo nego.

14) CHIMICA, di Ditonellapiaga e Donatella Rettore
Altra cassa dritta, ennesimo tentativo di cavalcare il trend “scongeliamo una mummia e facciamoci un pezzo caciarone”. Boh, non è che sia tremendissima, ma nel suo campionato mi pare non tenga il passo. Il bridge è carino, ma lo hanno buttato al cesso con quel che viene dopo.

15) Duecentomila ore, di Anna Mena
Non è il Festivalbar zia. Almeno 3 mesi in anticipo per un pezzo con Cuba Libre nel testo, fa l’effetto delle luminarie di Natale a ottobre. Indifendibile.

16) Sei tu, di Fabrizio Moro
Altra CdS™. La migliore fin qui? Ma sì dai. Potrebbe essere una cover, quindi direi che è perfetta.

17) SESSO OCCASIONALE, di Tananai
Il TITOLO TRASGRESSIVO come selling point mi fa sempre effetto poverata. Il pezzo non saprei, è certamente roba che mai nella vita, ma forse è meno peggio di tanta roba che circola. Il testo mi fa un po’ effetto GAMBEdiBURRO, non me ne vogliano le stese. Forse non lo insulto per quello.

18) Virale, di Matteo Romano
Mi dicono che questo arriva da Tik Tok e ci sarà pure un motivo se non ho un account su Tik Tok e piuttosto che farmene uno mi farei mangiare dai cani. Non skippo a metà pezzo solo per senso del dovere.

19) Abbi cura di te, di Highsnob e Hu
Qui avevo una certa curiosità, lo ammetto. Mi sarei potuto aspettare qualunque cosa, ma un pezzo di Fedez da uno che è in causa con Fedez no. Poi ci mettono pure il carico della tipa che biascica, che se c’è un trend del rap/trap che mi sta sul cazzo è proprio la tipa che biascica e il gioco è fatto. Terribile.

20) Apri tutte le porte, di Gianni Morandi
E’ partita e per i primi 10, 15 secondi ho pensato: “Ma perchè mi parte la pubblicità che sono abbonato Spotify Premium?”. Ecco, diciamo che poi non migliora.

21) Tuo padre, mia madre, Lucia, di Giovanni Truppi
Questo me lo hanno spinto in tanti, lo approccio da iper ignorante. Sanremo meets IL CANTAUTORATO. Capisco perchè goda di credito, cioè no, non lo capisco, ma non voglio star qui a fare pistolotti a nessuno. Not my cup of tea può andare come commento? Dai, accendiamolo. Però il pezzo dovrebbe anche finire che, voglio dire, è durato pure troppo.

22) Tantissimo, di Le Vibrazioni
Sono volato su Marte. Davvero.

23) ORA E QUI, di Yuman
Non ho cazzi di verificare, ma sembrerebbe la prima CdS™ in CAPSLOCK. Al netto del valore musicale, questa cosa di Zarrillo di reinventarsi con un nuovo nickname, all’età che ha, andrebbe apprezzata.

24) Lettera di là del mare, di Massimo Ranieri
Sto ancora ascoltando Yuman, quindi cazzeggio un secondo sperando di distrarmi. Ma che cazzo vuol dire Lettera di là del mare? Va beh. Ecco che inizia, direi CdS™ anche questa. A me interessa solo se ad una certa attacca a gridare stile PERDERE l’AMORE, apice dello screamo italiano. ECCOLOOOH. Direi non un pezzo indimenticabile, ma meglio di metà buona della roba sentita fin qui.

23) Voglio amarti, di Iva Zanicchi
Iva la chiude con l’ultima CdS™ (NdM: il conto dice 11/25, sconfitta anche quest’anno), ma c’è qualcosa che non funziona. Boh. Mi pare che il suo stile di canto non c’entri nulla con la produzione della base, non so come dire, mi sembra un mashup. Uno strazio di mashup, ma non credo fosse lecito avere aspettative su Iva Zanicchi dai. L’ho presa al Fantasanremo, ma solo nella speranza di portare a casa il bonus IVA AL 22.

Cose più grandi di X Factor

Stasera sarei dovuto uscire, ma sono rimasto a casa e così mi sono visto X Factor, per tutti #XF2021 (si farebbe davvero molto prima a chiamarlo direttamente così.).
Non lo guardavo da anni e sarei andato volentierissimo avanti così, non fosse che quest’anno in gara c’è un gruppo che mi piace. Non che ho sentito nominare eh, proprio di quelli di cui ho i dischi sulla mensola e la maglietta nel cassetto.
Le Endrigo.
È una sensazione strana quando sei uno come me, inteso coi gusti musicali che ho io, e ti ritrovi qualcosa di “tuo” su un palco del genere. Tipo un disturbo nella forza, una vibrazione dei sensi da ragno o la prima volta che vedi una ragazza stupenda e di istinto pensi: “Avrà si e no vent’anni”, ma non come fosse un plus. Nel profondo delle budella senti che c’è qualcosa di sbagliato, ma non sai cosa sia e, dubbio atroce, potresti essere tu.
Quando ho saputo della loro partecipazione alle selezioni da un lato ero felice (lo sono ancora, ho pure scaricato la app del programma per votarli), ma dall’altro continuavo a pensare sarebbero stati segati alla prima occasione. Figurati se passano i bootcamp con quella versione urticante di Lamette. Ok, ma di certo Emma non li porta ai live dai. Nulla contro Emma Marrone eh, ho tanti amici Emma Marrone, però i commenti che le ho sentito fare per giustificare il continuo portare avanti i nostri mi son suonati sempre autentici come una moneta da 3 euro e quindi non ci ho mai creduto davvero.
#Einvece.
Questa sera Le Endrigo hanno partecipato al primo live del programma e non sono nemmeno risultati tra i meno votati.

Non poteva essere vero.
E infatti i nodi alla fine vengono sempre al pettine e così sono bastati i primi responsi dei giudici a farmi capire di essere sempre stato nel giusto.
Bene Mika che “vi manca la fiamma”, benissimo Manuelito che “il pezzo è furbo e paraculo, un po’ come il punk” snocciolato neanche un’ora dopo aver mandato sul palco un cosplayer offensivo e grottesco annunciandolo come Zach dela Rocha, ma il capolavoro, il verdetto che mi ha purificato da ogni dubbio e da ogni senso di colpa è certamente quello di Manuel Agnelli.
“Paracul rock”
“Non è Waiting Room dei Fugazi”
“Non è punk, è punk pop, sappiatelo”.
SAPPIATELO.
Su Agnelli che fa punksplaining sono proprio decollato.
Che poi davvero vogliamo definire paraculo un gruppo che ha come manifesto il tema portante del programma? Cioè possiamo parlarne, ma cosa ci direbbe questa cosa dello stesso Xfactor?

Non è tutto.
Che Cose più grandi di te non sia per niente un inedito, quantomeno nella definizione che ho io di inedito, è un segreto di pulcinella, sta nel disco con cui il gruppo si è battezzato come Le Endrigo, ma la versione di Xfactor è molto diversa: 40% più corta e, di fatto, costituita unicamente di due gag iniziali ben scritte e due ritornelli killer in rapida successione (fact checking). Una sorta di bigino del pezzo originale. Esattamente come il bigino di Kant al liceo sarebbe dovuto servire allo scopo di far capire il Filosofo ad uno con evidenti limiti di comprensione per la materia come il sottoscritto, questa versione 2.0 del pezzo dovrebbe servire a far assimilare il prodotto ad un pubblico che non ha gli strumenti per comprendere l’originale.
Io nel compito in classe su Kant presi 4, vediamo come andrà ai novelli fan de Le Endrigo.
Per quel che mi riguarda sono comunque sereno perché la migliore band death metal mai esistita in tutta Brescia sopravviverà alle vostre nostre cazzate (cit.).

Essere giovani fa schifo se sei giovane. E manco per forza.

Su Netflix c’è questa serie che si chiama Summertime. Racconta l’estate di un gruppo di adolescenti in riviera tra storyline senza la minima credibilità, una recitazione per lunghi tratti raccapricciante e una colonna sonora da volersi strappare le orecchie.
Il pezzo che segue sono io che vi spiego perché dopo aver contato i minuti che mi separavano dall’uscita della seconda stagione ed essermela sparata nell’arco di due sere, ora darei probabilmente tutto il catalogo di qualsiasi servizio di streaming in cambio di altri episodi.
O meglio, non so se riesco a spiegarlo, diciamo che provo a capirlo io per primo, perché ero convinto fosse una questione di vojeurismo nostalgico, ma credo di aver realizzato che non sia così banale.
Il dubbio mi è esploso in testa durante l’episodio tre di questa seconda stagione, sul finale, quando passano le immagini di una festa farcita di persone prese malissimo con in sottofondo un pezzo di Ariete che dice così:

Essere giovani fa schifo
e non poter decidere fa tanto male
Essere giovani non fa per me,
non fa per me.

“E qui l’anziano invidioso si incazza” starete pensando, ma vi sbagliate.
Io non è che fatichi a empatizzare adesso che ho quarant’anni, il mio problema è a monte perché quando avevo grossomodo quell’età lí il mio mantra era in ogni caso proprio all’opposto. Sta roba non mi avrebbe rappresentato nemmeno a vent’anni. Volendo usare una canzone per spiegarlo, sarebbe questa e direi che la differenza è evidente.

I’m gonna stay eighteen forever
so we can stay like this forever
and we’ll never miss a party
‘cause we keep them going constantly

È quindi assodato che una roba del genere non possa davvero farmi scattare la molla del ricordo dei bei tempi andati perché quella è una rappresentazione della gioventù che non mi appartiene. Un po’ come con Dawson’s Creek: serie della vita se ne dovessi scegliere una, ma pur sempre una rappresentazione dell’adolescenza ai limiti del fantasy (ne ho scritto qui ed è un pezzo ampiamente meglio di questo, come anche giusto che sia.). 
Se non è la nostalgia, allora cosa?
Io credo che a fregarmi siano le rappresentazioni che trovo genuine dell’amicizia. Quando mi ci imbatto, finisco sotto ad un treno senza possibilità di tiro salvezza. A quel punto posso bermi qualsiasi prodotto, a prescindere da quanti e quali difetti possa avere, senza battere ciglio. E non perché non li veda, ma proprio perché tutto finisce in secondo piano.
E infatti Summertime.

Ribadiamolo: è una serie ingiustificabile sotto parecchi punti di vista, a partire proprio da quello meramente estetico e non starò qui ad indorare la pillola. Però se ci finite dentro alcune cose apprezzabili non potete non vederle.
All’inizio dicevo che la colonna sonora è raccapricciante e lo confermo: mentre iniziavo a buttare giù il pezzo ho provato a mettermela in cuffia e non ho retto tre pezzi. È roba inascoltabile fuori contesto, ma nella serie ci sta da Dio perché è perfettamente centrata sui protagonisti. E poi in uno dei primi episodi c’è questa scena pazzesca che usa Vattene Amore di Minghi&Mietta per trasferire allo spettatore il dolore crescente e insopportabile di Sofia che da sola vale la visione dell’opera intera.
La scena, ma anche Sofia.
Un’altra roba che ti capita quando invecchi è che ad una certa guardi i teen drama e non hai più quella voglia matta di scoparti le protagoniste perché le vedi effettivamente troppo giovani. È una cosa che anni fa pensavo a me non sarebbe mai successa. La mia tesi era semplice: non ho mai avuto il mito della donna più grande e se a vent’anni mi piacevano le ventenni e a trenta pure, non vedevo motivo per cui i miei gusti potessero cambiare. Ovviamente non ne faccio questione anagrafica, ma estetica. Probabilmente potrei trovare attraente una diciottenne agghindata per dimostrare dieci anni in più senza manco intuire il problema, ma quando la ragazza in questione appare come un’adolescente, a prescindere dall’età e da quanto possa essere figa, il mio cervello attuale va in blocco.
Non mi sono rincoglionito, però, quindi che Sofia sia di una bellezza abbacinante mi è ancora assolutamente chiaro. La cosa ridicola se mai è che essendo la protagonista lesbica di una serie scritta con il primo obbiettivo di non far incazzare nessuno, per evitare di alimentare lo stereotipo patriarcale delle lesbiche da porno sarà condannata ad incontrare solo lesbiche bruttine fino alla fine dei suoi giorni, in un paesino romagnolo dove letteralmente chiunque altro sta tra il bello e il bellissimo.
Va beh.
Della musica ho parlato, di Sofia pure, c’è altro?
Qualche punto sparso in chiusura dai, che sta diventando un polpettone infinito questo post.
– Vorrei vedere l’attore che fa Edo fuori da Summertime perché se non ha davvero dei disturbi cognitivi e comunicativi merita un cazzo di Emmy.
– Vorrei avere le palle di chi presenta con faccia seria ad un produttore uno script in cui dei diciottenni vagano per l’Europa senza problemi, prendendo voli per vedersi un’ora o mollando la famiglia per andare ad Amburgo/Milano/Barcellona a fare sa il cazzo cosa. Poi figli di proletari eh, manco la scusante di essere ricchi di famiglia.
– Vorrei sapere perchè nel 2021 la figura adulta positiva in un teen drama debba essere il quarantenne con la sindrome di Peter Pan. Io capisco che il modello della studentessa che si laurea in giurisprudenza a 21 anni sia tossico, ma spero bene sia chiaro per tutti che anche il concetto di “fai quel che ami e sbattitene del futuro” abbia fatto danni a sufficienza.
– Vorrei chiedere se c’è un limite all’utilizzo di Wait di M83 nelle OST e quante serie fa è stato oltrepassato. Per carità, pezzo meraviglioso, ma anche basta.

Anche basta.

Le canzoni di Sanremo 2021

Non seguo Sanremo.
Non perchè mi piaccia menarmela o per questioni ideologiche, è proprio che il varietà intorno alle canzoni mi fa cagare non è di mio gusto e quindi spararmelo per quattro sere filate con l’unico scopo di sentire le canzoni ha su di me l’appeal di una tortura cinese.
Anni fa lo facevo anche, per commentare in diretta su FB o Twitter, ma oggi preferisco mettermi su la playlist di Spotify e sentire solo le canzoni, commentandole rigorosamente al primo ascolto (che per larghissima parte degli artisti in gara sarà inesorabilmente anche l’ultimo).
Chi mi conosce sa da tempo che per me esiste un archetipo di brano definibile Canzone di Sanremo™ che vado cercando ossessivamente tra i pezzi in gara. Una volta era identificabile chiaramente nella quasi totalità delle canzoni, oggi invece è molto meno presente ed è utilizzato solo da quelli che non esiterei a definire True Believer del Festival.
Quando all’inizio dicevo di non essere ostile verso la kermesse Sanremese intendevo a livello generale, quest’anno ammetto di essere stato polemico riguardo non tanto al fatto si tenesse comunque in uno scenario in cui tutto il resto della musica e dello spettacolo sono fermi al palo, quanto per il fatto che mentre si ragionava su come poterlo fare in ogni caso non si sia mai cercato di pensare a norme che potessero far ripartire il settore a partire da Sanremo, ma piuttosto regole ad hoc per far sì che si facesse Sanremo e solo Sanremo.
E questa è una cosa che, da fuori, mi fa un po’ schifo.
Ora però ecco il mio commento ai 34 (COSA????) pezzi in gara.

1- Madame / VOCE
I giovani al potere, che a Sanremo mi sembrano sempre imbucati alla festa. Non so, sta roba non la capisco in generale, figuriamoci al Festival, ma forse brutta no.
2- Irama / La genesi del tuo colore
Ma che cazzo siamo al Festivalbar? Ma magari.
3 – Francesca Michielin & Fedez / CHIAMAMI PER NOME
‘Sti cazzo di CAPSLOCK demmerda ve li buco, baby. A parte questo, è evidente lo studio enorme fatto per camuffare quella che è una classica Canzone di Sanremo™ in modo che sembri una roba giovan(il)e. Math pop nel senso più dispregiativo possibile, ovvero l’unico.
4 – Colapesce & Dimartino / Musica leggerissima
Il nuovo cantautorato italiano di cui nessuno sentiva il bisogno, o comunque non io. Questa bugia gigante per cui “più o meno” in un ritornello sia una cosa cool e nuova, quando di fatto stai portando un pezzo derivativo in culo e che puzza di muffa, ma di quella che cresce sui formaggi che fanno già cagare da freschi.
5 – Annalisa / Dieci
E andiamo cazzo, Canzone di Sanremo™ con le palle cubiche che ammicca ai pixies (credo, o qualcosa di bello in ogni caso) in un tripudio di paraculismo adorabilissimo.
6 – Måneskin / ZITTI E BUONI
“Scusami, ma ci credo tanto”. Ma non mi dire. Rock da oratorio, che in piena tradizione rock da oratorio spreca 9/10 delle energie nel mostrarsi dannato quando non lo è e così si dimentica del resto, ovvero ad esempio di scrivere una canzone.
7 – Gaia / Cuore amaro
Siamo chiusi in casa da un anno, ‘sto mix di reggaeton e flamenco fa solo bestemmiare.
8 – Coma_Cose / Fiamme negli occhi
Han fatto robe meglio e calcolando che non stiamo parlando dei Beatles direi che ci siamo capiti. La cifra stilistica del testo è quella di “io ti temporalo” e vale il discorso del pane col tonno ad inizio Fast and Furious (RIP Paul Walker sempre).
9 – Willy Peyote / Mai dire mai (la locura)
La citazione di Boris, il pezzo controverso e la cassa dritta. Il meme nel testo. Tieni questa moneta da tre euro per l’impegno.
10 – Fasma & GG / Parlami
Una Canzone di Sanremo™ con gli stop&go. E’ tipo quando a Masterchef vedi un cuoco che presenta un piatto di formiche che costa 60 euro: ti viene istintivo pensare “che sia un genio?”, ma poi tendenzialmente lo mandi affanculo.
11 – La rappresentante di lista / Amare
Non so chi sia, ma il nome lo adoro. Siamo ad un terzo scarso della scaletta e c’è un sacco di ritmo ed allegria, forse per evitare di pensare che la gente muore o che siamo ben lontani da quello che sarebbe lecito aspettarsi dalla vita. Il pezzo è talmente coinvolgente e memorabile che mentre lo ascolto sto parlando d’altro.
12 – Lo Stato Sociale / Combat Pop (ALBI #1)
L’ho detestata fino al ritornello. Lì ho pensato: “mi hanno inculato di nuovo ‘sti maledetti”. Purtroppo poi è finito il ritornello, la canzone è andata avanti e non è quella che definirei una grande idea.
13 – AIELLO / ORA
Ma solo io ci ho sentito il Vecchioni de “La leggenda di Olaf”? Cmq a parte “sesso & ibuprofene” (Calcutta maledetto) c’è qualcosa che me la rende piacevole. Bella no, ma piacevole. Forse non è strettamente a canone, ma sapete cosa? Canzone di Sanremo™.
14 – Random / Torno a te
La Canzone di Sanremo™  è così, quando non c’è te ne accorgi, ma quando arriva di norma ti penti di averla cercata nei pezzi che non lo erano. Per dire che ecco, sto pezzo fa cagare.
15 – Gio Evan / Arnica
Urca, due Canzone di Sanremo™ di fila. O forse è ripartita quella di prima? No dai, non voglio essere ingiusto, questa è la prima Canzone di Sanremo™ che non prova neanche minimamente a dire “siamo nel 2021” e a suo modo lo apprezzo. E’ orrenda, ma con orgoglio e appartenenza.
16 – Noemi / Glicine
Triple threat! Niente cazzi, nella Canzone di Sanremo™ la voce femminile è un plus notevole e Noemi la voce ce l’ha bella. Se la fai cantare a Gio Evan il giudizio torna quello di Gio Evan.
17 – Max Gazzè / Il farmacista
E’ un pezzo di Max Gazzè. So cosa state pensando, avete anche ragione, ma i fatti dicono che un problema più grande di avere Max Gazzè in gara è che metà abbondante degli altri MAGARI fosse Max Gazzè.
18 – Malika Ayane / Ti piaci così
Non vince mai, probabilmente non è neanche una cosa che può fare il botto in radio, però ha una sua dignità che a suo modo si fa apprezzare.
19 – Fulminacci / Santa Marinella
Canzone inutile che quando mette “deficiente” nel ritornello diventa una canzone stronza.
20 – Ghemon / Mondo perfetto
Oh dai, a me lui non fa impazzire, ma questa ci sta.
21 – Arisa / Potevi fare di più 
Vedi Noemi, ma meglio. 
22 – Bugo / E invece sì
Purtroppo per lui, quella dell’anno scorso era meglio e questo credo apra un’amara riflessione, soprattutto perchè quella dell’anno scorso ce la ricordiamo tutti per i motivi sbagliati e con un testo sbagliato di cui Bugo è vittima.
23 – Francesco Renga / Quando trovo te
Sto facendo questa cosa alle 2 passate di notte e, lo dico chiaro, quando ho letto Renga ho pensato di chiudere tutto e piantarla lì. L’unica cosa che posso dire quindi è che sono rimasto per senso del dovere e che questa canzone non ha alcun merito, anzi.
24 – Ermal Meta / Un milione di cose da dirti
Ma quante cazzo di canzoni ci sono in gara santa madonna? Almeno una di troppo (che è comunque una Canzone di Sanremo™, chi se la sarebbe aspettata da Ermal Meta?).
25 – Orietta Berti / Quando ti sei innamorato
Volo, sembra un mashup preso da youtube. Magari lo è.
26 – EXTRALISCIO & Davide Toffolo / Bianca luce nera
Sto ancora ascoltando il pezzo di Orietta Berti, quindi inizio a commentare dicendo che è un titolo del cazzo. Parte il pezzo e direi che è in linea col titolo.
27 – Wrongonyou / Lezioni di volo
“Se un giorno dimenticherai” no guarda, togli pure il se.
28 – Folcast / Scopriti
Non mi giudicate, per me sì. Non un sì convintissimo eh, manco troppo duraturo, non è arrivato a fine pezzo per dire. Ma all’inizio ero positivo sul serio, giuro.
29 – Davide Shorty / Regina
Questo me lo ricordo dai tempi di X-Factor e direi che non è lui il problema qui in mezzo. Un suo disco manco se mi strappate le unghie, ma, voglio dire, è un discorso trasversale che non merita decisamente di essere tirato fuori per lui. O forse sì, forse non avere critiche specifiche è un pregio.
30 – Gaudiano / Polvere da sparo
Ma sì dai, buttiamola in vacca, cazzo cene.
31 – Greta Zuccoli / Ogni cosa sa di te
Raffinatissima. Poi che questo per qualcuno sia un complimento, parlando di musica, dice molto più della nostra società che non del pezzo. Non so se sia io ad essere vecchio al punto da percepire citazionismo d’accatto ovunque o il pubblico che ha proprio bisogno gli buttino in faccia le citazioni col secchio.
32 – Dellai / Io sono Luca
Premio simpatia. Non so se esista, ma io lo darei a Dellai sulla base del niente che so di lui a parte la metà del pezzo che ho già sentito mentre scrivo.
33 – AVINCOLA / Goal!
L’equivalente di una serie Netflix sull’estate di ragazzini che a 16 anni compiuti nel 2021 per qualche ragione inspiegabile hanno la fissa per gli anni ’80. La base è carina.
34 – Elena Faggi / Che ne so
Sono arrivato in fondo ed è l’unica cosa positiva che mi sento di scrivere. No dai, la verità è che su questa e quella di prima probabilmente sarei stato più indulgente se non fossero arrivate alla posizione 33 e 34 della scaletta.
Però oh, non credo neanche sia colpa mia ‘sta cosa.