Vai al contenuto

Riflessioni

Notte d’attesa

La speranza è l’ultima a morire, tuttavia la mia sta agonizzando.
Ho convinto Missa a votare in estremis, andrà domani mattina.
Io, la mia piccola battaglia, l’ho vinta.

The party is over

Eccomi alla fine della mia settimana da single.
Il giudizio complessivo è piuttosto negativo, per ovvi motivi. Innanzi tutto il rinvio dell’esame di Biotecnologie Farmaceutiche II a stamattina mi ha impedito di godermi anche un solo minuto della mia autonomia domestica. Fortunatamente l’esame è andato bene e quindi non c’è il rammarico di aver speso il tempo inutilmente. Magra consolazione. In questa settimana dominata dall’insonnia, dallo stress, dal rammarico e dal nervosismo ha avuto un ruolo centralissimo la finale di Champions League. Un incubo. Tutt’ora se ci penso fatico a credere a ciò che ho visto, mi sembra una sorta di incubo terribile. Non è però della partita che voglio parlare, perchè sto già cercando di rimuoverla dalla memoria, bensì di ciò che la sciagurata serata dell’Ataturk ha portato alla luce. Da tempo rifletto sulla possibilità di andare a vivere da solo, è una cosa che mi piacerebbe tantissimo fare e che non esiterò a realizzare appena avrò delle entrate. Pensare ad una propria autonomia mi ha sempre entusiasmato, ma c’è una cosa che non ho mai tenuto in considerazione: la solitudine.
Non è che in questi giorni sentissi la mancanza dei miei, nè di solito mi spiace avere la casa sotto il mio controllo, tuttavia questa volta è stata un po’ diversa. Ho realizzato che quando si è giù di morale, come è capitato a me nel “day after”, essere da soli è terribile. Non c’è nessuno che ti distragga, che ti porti a distogliere la mente. Sei solo tu coi tuoi malesseri e non puoi scappare. La situazione può diventare veramente pesante, cosa che non credevo e a cui non avevo mai pensato. Per questo devo ringraziare Ambra che Giovedì mi ha fatto compagnia e mi ha aiutato a menarmi via un po’. Grazie.
Detto questo, è ora di tornare alle sane vecchie abitudini di convivenza coi genitori e riprendere un ritmo di vita più normale. Magari riposando un po’ visto che le mie occhiaie iniziano ad essere spaventose.
Magari…

A casa da solo

Ghiaccio, succo di frutta “Ananas e Fibre” della Derby Blue e Jack Daniel’s.
Shakerare.
Versare nei bicchieri.
Correggere con una punta di succo “Arancia Rossa” sempre della Derby Blue.
Questo è il metodo di preparazione del famigerato cocktail “A casa da solo” dy Manq, da gustasri comodamente immersi nella vasca da bagno. Da sempre un must quando i miei genitori vanno via per qualche tempo. Una volta, almeno, lo era.
Da ieri la situazione che non si presentava da tempo immemore è tornata di grande attualità poichè i miei hanno risposto all’invito di nozze di alcuni miei parenti in terra sicula (colgo occasione per fare i miei più sentiti auguri). Le circostanze però, sono tutt’altro che favorevoli al relax e al divertimento sfrenato.
Il mio cane deve prendere delle medicine al mattino presto e alla sera e, essendo diventato anzianotto, necessita di mille attenzioni e continue escursioni alla toilette. Ieri sera ho erroneamente scordato alzata la tapparella della mia camera, causandomi una infelicissima sveglia alle 4.53 di questa mattina, impossibile da riconvertire in sonno. Questo ha fatto si che le mie ore tra le braccia di Morfeo siano state ridotte a meno di 3. Già perchè ieri sera è venuta Ambra che, nonostante tutti i buoni propositi e le amorevoli operazioni volte a distendermi i nervi, non è riuscita ad impedirmi di dare un’ultima lettura agli appunti di Biotecnologie Farmaceutiche II, cosa che mi ha tenuto impegnato fino a ben oltre le 2. Passate così due ore a rigirarmi nel letto imprecante senza riuscire a richiudere occhio, è “finalmente” giunto il momento di alzarsi.
7 in punto.
Mi attendono, oltre alle sopracitate manovre sul frangente cane, 8 ore di seminari di Bioetica sulla commercializzazione del corpo umano. L’inizio è previsto per le 9.30, tuttavia pur di scroccare un passaggio alla metrò da Simo esco di casa alle 7.45 pensando di sfruttare il pre lezione per studiare, visto che la giornata non lascierà troppo spazio a questo tipo di attività. Stenderò un velo pietoso sul ritardo del gay*, uscito di casa solo dopo che il campanile avesse scandito le 8, e passerò direttamente a ciò che è stata la giornata. Per quanto l’abbia fatto forte, il caffè della mattina aveva di che tribolare per contrastare l’azione degli antistaminici, purtroppo imprecindibili in questo periodo, e la mia attenzione a lezione era sufficiente a tenermi sveglio, ma non a consentirmi operazioni di ripasso. Ad aggravare la situazione si è aggiunta una scelta errata nell’abbigliamento che, adatto alle 7 del mattino quando l’arietta è ancora gelida, sì è rivelato totalmente inopportuno per le restanti 8 ore. Non mi era mai capitato di rimpiangere di non aver messo i pantaloni corti, anche perchè solitamente li indosso perfino in condizioni di freddo importanti. Le ore passano lente fino alle 16.30 quando ormai allo stremo delle forze, decido con Lale di fuggire dal seminario con un’oretta di anticipo. L’dea è di tornare a casa dove mi attendono i chilometri a piedi dalla metro alla mia dolce dimora e quelli dedicati alla bestia che, seppur incolpevole, è diventata un bell’impegno. Fatto questo ci sono da lavare i piatti, arieggiare casa e preparare una cena decorosa. L’importante è non rilassarsi perchè dormire alle 18 vuol dire giocarsi la notte. Domani infatti ho l’esame alle 9.30 e, come di consueto, sono tesissimo. Se non trattengo tutta la stanchezza per stanotte rischio di passarla insonne e questo sarebbe un bel guaio. Per poter fare tutto con calma ho puntato la sveglia alle 6.30 e, nel farlo, mi sono sentito soffocare. Le 6.30 sono un orario che non ho mai conosciuto.
Ora concludo la mia serata scrivendo un po’, prima di andare a letto a ripetere un po’ nella speranza che il sonno mi colga. La cosa non si sta rivelando troppo redditizia perchè il mio stato di tensione resta ai massimi storici.
Domani 25 Maggio ho un esame e questo di per se è già un ansiogeno notevole, in più si aggiunge la finale di Champions League. La partita della stagione.
Solitamente dopo l’orale la tensione scende.
Domani non sarà così.
Domani sarà una sorta di giornata campale.

* preciso che la parola gay non è usata come insulto o discriminazione, ma semplicemente come aggettivo qualificativo.

Alternative week-end

Che fine settimana strano. Ieri sono stato al “saggio” del coro di Ambra e oggi in pizzeria a festeggiare il compleanno di Ciccio. Due serate piuttosto fuori standard visto che nel primo caso ho assistito all’esecuzione di alcuni pezzi corali all’interno del liceo di Rozzano, tra gente mai vista, e nel secondo sono uscito con tutte persone, eccezion fatta per Peich, che non vedo proprio spessissimo. Il bilancio è del tutto positivo in entrambi i casi. Ieri è stata una bellissima serata che mi ha aiutato a gettare un po’ di “mene personali” dietro la schiena, mettendomi nella classica situazione in cui pensando agli sbattimenti che mi affliggevano non posso che darmi del pirla. Oggi mi sono divertito molto, sia perchè fare due chiacchere con il dottor Gagliardi è sempre motivo di gaudio, sia perchè ogni tanto uscire con persone diverse (se queste sono simpatiche, pare ovvio) è assai piacevole.
Finalmente un po’ di serenità, guarnita con del sano spasso.
Le previsioni per il domani, tuttavia, restano incerte.
Ora però, sinceramente, sarei per sbattermene.
La mia emotività è simile ad una banderuola sballottata dal vento in direzioni sempre diverse e spesso opposte tra loro. Devo ancora capire cosa, nella mia vita, sia il vento che la muove.

Una lacrima

Non so ciò che voglio. O meglio, voglio solo cose che non posso avere o non posso più avere. Sono il classico “Regret Lover”, ovvero amo l’idea del rimpianto. Ne sono dipendente, succube, proiettato costantemente nel passato. Non che mi dispiaccia il presente, non su tutti i fronti quanto meno, tuttavia vivo con il costante pensiero che ciò che è stato era bello e ciò che sarà no. Non altrettanto. Credo ci sia un perverso meccanismo subconscio che mi spinge alla mitizzazione degli oggetti dei miei rimpianti. Inutile dire che questo molte volte mi porta a non poter apprezzare a pieno ciò che vivo. In sostanza, sono un autolesionista convinto di non aver azzeccato mezza scelta importante nella sua vita. Bel quadretto che faccio di me, non c’è che dire.
La colpa è tutta dei sogni, soprattutto per chi come me se li ricorda di rado. Quelli che restano quando apri gli occhi, sono capaci di colpirti là dove fa più male: al cuore.
Non so perchè io stia scrivendo queste cose, nè se il significato di ciò che sto digitando sulla mia Logitech nera possa essere chiaro ad eventuali lettori. Probabilmente è solo uno sfogo di cui sentivo il bisogno. Non sono nemmeno sicuro di volerne parlare a nessuno faccia a faccia, anche perchè questa analisi autocommiserativa, triste e se vogliamo patetica di me è frutto del momento e tale rimarrà. Essere a terra ogni tanto capita a tutti e io questa volta ho deciso di lasciare fuoriuscire le mie emozioni sotto forma di una paginetta di questo diario multimediale. Parole che scorrono fuori, liberatorie, come fossero una lacrima che altrimenti non riuscirei a versare.

Nota: questo scritto ha preso forma e consistenza nella mattinata, ma solo ora trovo la forza per publicarlo. Credo sia una precisazione importante.

Una cosa in cui credo

Capita raramente che io esprima le mie idee politiche su questo blog. Questo perchè di politica è bello dibattere e scrivere il mio pensiero in queste pagine non darebbe possibilità di nessuna discussione. Sarebbe solo una mera esposizione di pareri personali, più o meno condivisibili dal prossimo.
La questione del referendum sulla Fecondazione Clinicamente Assistita è di stampo totalmente differente. Innanzi tutto non è una questione politica, ma etico/clinica. La differenza sta nel fatto che un individuo dovrebbe poter analizzare la faccenda in maniera svincolata dal suo credo politico e decidere con la propria testa. In un referendum su argomenti politici si può ascoltare ciò che consigliano i prorpi rappresentanti perchè la loro posizione dovrebbe corrispondere a quella di chi li ha eletti. In una questione come quella della Legge 40 del 2004 invece entrano in gioco criteri di valutazione del tutto personali, quindi l’unico modo per poter essere sicuri di far sentire il proprio pensiero è documentarsi e costruirsi una posizione in merito. La difficoltà principale è che nel nostro paese l’informazione in ambito non esiste, o meglio, esiste solo per chi se la va a cercare. L’individuo medio, quello che ignora la questione e non si informa da solo, non viene messo a conoscenza nè messo nelle condizioni di farsi un’opinione. Per questo motivo ho deciso di promuovere il dibattito sul referendum a chi mi circonda. Per quanto la mia opera possa essere ininfluente, almeno sarò contento di averci provato.
Comincio subito col dire che la mia posizione in materia è per il “SI”*, ovvero per l’abrogazione di alcuni comma della legge 40 del 2004. Legge che, a mio modo di vedere, è oppressiva riguardo le libertà umane, nonchè lesiva nei confronti della donna. Lesiva sia moralemente che clinicamente. Oltre a queste motivazioni già più che sufficienti a fornirmi una motivazione per schierarmi, si aggiunge il fatto che la legge è stata scritta basandosi su principi propri della religione Cattolica. Principi che, condivisibili o meno, non debbono a mio avviso fare da fondamento a leggi di uno stato liberale e laico come il nostro. Non mi dilungherò in materia perchè non è mia intenzione farlo e, soprattutto, perchè è bene che questa idea venga illustrata da gente più competente in ambito. Gente di cui io ho sentito il parere, ma di cui non sono in grado “fare le veci” con la dovuta precisione.
Chiarire la mia opinione però non è lo scopo di ciò che sto scrivendo, nè lo scopo per cui sto divulgando ai quattro venti le problematiche del referendum. Le motivazioni che stanno dietro a tutto questo sono quelle di diffondere il più possibile, ovviamente per quanto mi sia dato fare, la voglia di documentarsi e, solo dopo averlo fatto, di andare a votare. Ho infatti pieno rispetto per le posizioni del No, se queste vengono motivate adeguatamente. Non tollero invece la spinta verso l’astensionismo, che reputo un bieco tentativo di salvaguardare l’ignoranza della popolazione, nè tantomeno l’imposizione di alcune frange politiche e religiose al No incondizionato su basi immotivate.
Per me che sono uno studente di Biotecnologie Farmaceutiche informarmi è stato più semplice e, soprattutto, mi è stata data la possibilità di ascoltare più campane, spesso in antitesi tra loro. Questo mi ha fornito rivelazioni molto importanti, alcune delle quali mi hanno lasciato esterrefatto. Per citarne un esempio oggi ho ascoltato la posizione del Prof. Reichlin, docente all’università del San Raffaele e “teologo della scienza”. La sua posizione era ovviamente quella Cattolica, che ho scoperto con grande sorpresa non essere totalmente per il no. Riguardo al quarto referendum, quello sulla fecondazione eterologa, lui si diceva per il si purchè si informi la coppia dei possibili (ma non probabili, attenzione) problemi di ordine pricologico cui si può andare incontro. Così anche per altre questioni più specifiche che non è il caso di trascrivere qui. Ovviamente aveva anche posizioni per il no su altri punti, ma non era un no incondizionato. Questo per dire che i Cattolici informati hanno una posizione propria che non è quella disinformata, intransigente e culturalmente sbagliata che traspare dai più comuni pulpiti o da alcuni parlamentari.
L’ignoranza è un male e bisognerebbe sforzarsi nel combatterla.

Testo della LEGGE 40 del 2004

Testo del REFERENDUM

Comitato per il sì
* Fecondazione eterologa? Maria disse “SI”.

Spento

Mille pensieri in testa.
Di questi, zero ben definiti.
Voglia di dire tante cose, senza riuscire a dirne nessuna.
Scrivere, cancellare, riscrivere, ricancellare.
Sbadiglio.
Tentazione di rimandare ancora una volta la stesura dei miei pensieri a domani.
Certezza che domani non troverei comunque la voglia o il tempo per farlo.
Bevo un sorso di the freddo.
Accendo il ventilatore.
Sta arrivando l’estate.
Si avvicina la neo conquistata finale di Champions.
Forza Milan.
Ho voglia di vedere Ambra.
Tanta voglia.
Ogni giorno di più mi accorgo che il mondo in cui vivo fa schifo.
Viverci, però, mi piace.

I’m good for nothing

Capita che io mi soffermi a guardare quanto siano belle alcune delle cose che mi circondano.
Venerdì sera tipico. Playstation, birretta, due scambi a “Centra il palo”. Sigaretta della buona notte, ultimi saluti, appuntamento all’indomani. Tutti i clichè erano stati rispettati senza problemi e, soprattutto, senza facessero pesare la loro scontatezza. Una buona serata, insomma.
Improvvisamente, proprio prima di andare ognuno per la propria strada, Aui alza lo sguardo appena sopra i tetti di via Quarto ed esclama: “Raga, guardate che bella luna rossa!”.
Alzo la testa e la vedo. Era veramente bellissima, tanto da sembrare finta. Da sola creava un effetto ed un’atmosfera fantastici rendendo ai miei occhi tutto ciò che la circondava molto più bello.
Gli amici si allontanano, ognuno sulla propria strada. Io rientro in casa solo per il tempo necessario a munirmi di macchina fotografica, poi torno fuori. Provo e riprovo ad immortalare quell’immagine, purtroppo senza successo. Le mie scarse conoscenze in ambito fotografico hanno avuto la meglio sul mio slancio passionale. Peccato.
Il non essere riuscito a fotografarla però ha anche dei riscontri positivi: non potrò mai stancarmi di quell’immagine a furia di guardarla e quindi potrò aspettare di rivederla una notte di chissà quando sicuro di reagire nello stesso modo.
A bocca aperta.

Ognuno al suo posto

Può un uomo che si definisce “scienziato” basare il suo pensiero su presupposti privi di motivazione comprovata?
Questa domanda mi è venuta in mente stamattina, mentre assistevo ad una conferenza sui diritti etici degli animali non umani. Nel finale si è aperto il classico dibattito tra noi studenti e la relatrice e ne sono uscite alcune tesi a mio modo di vedere sconcertanti. La chiave fondamentale di una mente scientifica, sempre a mio modo di vedere, è l’essere aperta a stravolgere in continuazione le proprie teorie se posta di fronte a tesi migliori delle proprie. Può sembrare paradossale, ma credo che gente che si rapporti alla scienza debba poter asserire di non avere certezze, di avere solo tesi da salvaguardare finchè non vengano confutate da tesi migliori. Per confutate ovviamente intendo smentite adducendo delle prove e sulla base di argomentazioni solide.
Mi sono invece accorto che molti dei miei colleghi siano quanto di più lontano da questa mia concezione. Non che io prima avessi poi tutta questa stima verso la maggior parte di loro, però non avrei mai pensato ci fosse una così forte e radicata “cultura dell’arrocco” sulle proprie credenze. Che apporto possono dare alla scienza persone che, ad esempio, si rifiutano di accettare nuove tesi in virtù unicamente di dogmi e paradigmi dettati dalla religione e del tutto privi di comprovazione scientifica? Io non critico questo tipo di persone, generalmente. Ritengo che la società possa benissimo essere composta da individui che fanno della fede la loro unica visione, tuttavia mi viene difficile trovare collocazione a queste persone all’interno della comunità scientifica. Non so come dirlo se non con “a ciascuno il suo mestiere”. A volte ho paura che l’intento di queste persone possa essere il boicottare la scienza dall’interno, rallentarne la spinta per evitare che possa minare il proprio credo. Un po’ come se io prendessi i voti e agissi in modo da screditare il clero. Sarebbe triste.
Probabilmente questa visione polemico/maldicente è ispirata ai due successi del diavolo cui ho assistito in serata: il Milan che piega il PSV e l’impareggiabile Al Pacino dell’avvocato del diavolo.
Alt.
Calma con le interpretazioni.
Coi tempi che corrono è bene precisare che non sono assolutamente satanista, sebbene io giochi ai GdR (NdM: trattasi di battuta sarcastica), e che l’unica “Simpathy for the Devil” (per dirla alla Guns’n’Roses) che posso avere è in ambito calcistico. E’ bene precisare questa cosa perchè non vorrei trovarmi per casa i giornalisti di Lucignolo in cerca di chissà quale scoop. Probabilmente l’unico che potrebbero trovare è che, in contrasto con ciò che quella redazione giornalistica possa pensare, esistono ragazzi che non pensano secondo quanto gli dice di fare il piccolo schermo. Penso che questo potrebbe sconvolgerli. D’altra parte è facile restare sconvolti, se non si possiede quella che continuo a considerare una “mente scientifica”.
Tra l’altro quest’ultimo discorso mi porta alla mente quella che sto pensando sempre più essere la mia vera vocazione: il giornalismo scientifico. Scrivere di ciò che mi appassiona e mi incuriosisce, cercando di informare sulla scienza anche chi non ha le basi e le possibilità di farlo da solo.
Sarebbe una bella sfida.
Avvincente.