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Riflessioni

Emo

Eccomi appena tornato dal live dei Lagwagon e quindi eccomi puntuale a scrivere le mie impressioni.
Innanzi tutto un grazie monumentale a Daniele che mi ha dato il biglietto e mi ha permesso di andarci, regalandomi così una bella serata.
Fatto il doveroso riconoscimento, la cosa che più mi sta a cuore dire non riguarda la musica.
Di quella parlerò dopo.
L’analisi riguarda le persone. Si cresce, è innegabile. I gusti cambiano e molto spesso si preferisce archiviare ciò che si è ascoltato in gioventù al grido di “ero giovane, ora sono diverso.”.
Vero.
Innegabile.
Così quando arrivano i Lagwagon a suonare a Milano il pensiero è: “che ci vado a fare? Non sono più tipo da quella roba.”. Ebbene andandoci comunque la sensazione non è per nulla quella e il pensiero diventa: “sarò anche cambiato, ma queste cose continuano a divertirmi e cazzo, vorrei mi divertissero finchè ho fiato in corpo!”.
Come me devono pensarla un sacco di persone che, puntualmente, capita di incontrare in queste situazioni. E’ stato bellissimo rivedere Carlo e Marco, Fabio Uni, Jack “Lorenzo” Burton e Francy e Marta BG. Quest’ultima tra l’altro studia farmacia a Milano eppure non l’ho mai vista. Comunque, se anche l’avessi vista in quella situazione e non sta sera, sarebbe stato diverso.
Così si viene rapidamente trascinati dall’atmosfera, aiutati da “Violins”, “May 16”, “Alien 8”, “Razor Burn” e tutti quei pezzi che si cantano a squarcia gola, saltando e alzando le corna al cielo. Non conta che Joey Cape non avesse un filo di voce questa sera, l’atmosfera e l’attitudine hanno colmato agilmente la lacuna.
Non so perchè, ma ho sempre l’impressione di poter sembrare ridicolo in queste situazioni.
Chissenefrega.
E’ in serate e momenti come questi che si assapora la felicità vera e quindi sono contento dell’essermela goduta appieno.
Col senno di poi, a non andarci avrei commesso uno sbaglio enorme.
Credo di aver detto tutto, anche riguardo alla musica.
Potrei aggiungere che hanno suonato in maniera impeccabile e precisa, ma se anche così non fosse stato, non credo avrebbe fatto differenza per me quindi l’elemento non è certo rilevante.
Vedrò altri concerti prossimamente, ma credo che nessuno avrà questo impatto emotivo.

Sogno

Non capita mai che io mi svegli e ricordi quanto ho sognato durante la notte.
Forse è perchè dormo poco o perchè il mio sonno è troppo profondo, non saprei dire. Le mie conoscenze in materia sono pressoché nulle e quindi darmi delle risposte mi è impossibile.
Questa mattina non dovevo andare al lavoro e ho quindi potuto protrarre il mio sonno più a lungo, tuttavia il mio bioritmo ormai saldamente formato ha fatto sì che mi svegliassi comunque intorno alle 8.00. Uno sguardo rapido al cellulare, un pensiero al disappunto provato nel realizzare l’inutilità dell’essere sveglio e il pronto ritorno al sonno innescato dal classico “voltarsi dall’altra parte”.
Così mi sono concesso un altro paio di ore di sonno, di quel sonno leggero e frammentato di chi non ha la tranquillità di poterlo continuare ad oltranza e sa che presto dovrà svegliarsi, di nuovo.
Ebbene, ricordo quanto ho sognato in quel lasso di tempo e quindi ho deciso di annotarlo qui. Premetto che, ad una mia prima analisi, quanto sto per scrivere è risultato totalmente privo di alcun senso. Come detto però, non so nulla in materia e quindi il mio giudizio potrebbe essere troppo superficiale. Mi limito quindi a riportare il tutto con spirito cronista, lasciando in sospeso i pareri e le opinioni personali in merito.

Sono al mare.
Non saprei contestualizzare dove, ricordo solo un ponte con una ringhiera, sopra delle altissime scogliere. Ricordo che l’attività principale del gruppo di persone con cui sto è saltare al di là della ringhiera e gettarsi dal dirupo, tuffandosi nelle acque dell’oceano. Non saprei dire da chi sia composto il gruppo con cui sono in vacanza, ma il feeling è quello che si ha in compagnia con degli amici pur non focalizzando la faccia di nessuno di questi.
Ad un certo punto il sogno mi vede costretto a salutare tutti per andare ad assistere ad un concrto. Mi reco quindi in una sorta di Hotel/Residence per prepararmi ed entrando incrocio l’Ottolini. Dapprima non la riconosco, ma poi riflettendo torno indietro a salutarla. E’ piuttosto diversa, sembra più vecchia, tuttavia mi risponde di essere lei e ricambia il saluto. Immancabile, vista la presenza della previacitata, ecco fare il suo ingresso la Ilo. Arriva con quello che dice essere il suo ragazzo, un tamarro col capello a spazzola e diversi piercings alle orecchie, la cui fisionomia non rimanda a nessuno che conosco. Anche lei ha fattezze decisamente diverse da quella della Ilo reale e anche lei fa finta di non vedermi. Puntuale la seguo per salutarla e lei ricambia con simpatia. Il suo ragazzo invece inizia a prendermi per il culo pesantemente. Decido di andarmene, ma lui insiste e così mentre mi allontano gli rispondo male. Il tipo a quanto pare non aspetta altro ed iniziano dei tafferugli fatti più che altro di spinte e frasi intimidatorie cui rispondo puntuale fino all’intervento di amici non meglio identificati, che si frappongono tra noi.
Me ne vado, questa volta sul serio, ed arrivo in quella che credo essere la mia sistemazione. Nel tentativo di trovare dei vestiti adatti al concerto ribalto un borsone blu, da cui esce un sacco di roba. La ricerca dura un po’ perchè non saltano fuori i pantaloni corti che cerco.
Mi incazzo mentalmente con mia madre rea di averli dimenticati nonostante le avessi detto esplicitamente di metterli in valigia. La rabbia tuttavia dura poco poichè i pantaloni saltano fuori. Li abbino ad una polo dell’Atticus identica a quella sfoggiata da Tom Delonge sull’ultimo numero della rivista Kerrang, che una volta indossata mi fa riflettere sul fatto che ho una pancia smisurata, nel sogno ancora più grande di quella reale.
Esco e parto per il concerto, che si tiene in una sorta di aula conferenze in cui un sacco di ragazzi sono seduti con carta e penna tra le mani. Molti di questi hanno una candela accesa sul loro banco.
La cosa mi sembra del tutto normale.

A questo punto mi sono svegliato.
Bizzarro.

Spiegazione

Viste le numerose richieste di spiegazione riguardanti il post precedente mi sembra corretto fornirle in via ufficiale.
Il pensiero del compianto Giorgio Gaber cui facevo riferimento è “Io non mi sento Italiano”, frase che indubbiamente esprime quanto ho provato leggendo il citato articolo. Se l’Italia è questo, un paese che non ha nulla di meglio a cui pensare che stupide e puerili recriminazioni, e lo è per certo, io non mi sento di farne parte. Dirò di più, io mi sento superiore. Questa mia affermazione è piuttosto pericolosa e me ne rendo conto anche ora che, dopo averci meditato sopra, mi sono deciso a scriverla.
L’uguaglianza è illusione.
Gli uomini, grazie al cielo, non sono tutti uguali.
Se è vero che “l’italiano medio” sguazza in queste notizie al limite del gossip, apprezzando la politica solo se fonte di zuffe tra “vip”, io non mi sento tale e mi infastidisce anche solo pensare di poter essere considerato uguale a persone del genere.
Io non sono uguale a Calderoli.
Io non sono uguale a Franca Ciampi.
Io non sono uguale a coloro che reputano interessante questa notizia.
Io sono diverso.
L’arroganza che mi prende quando faccio questo tipo di riflessioni è ai limiti del patologico. Mi ritrovo in un lampo a giudicarmi migliore degli altri in un processo che, propagandosi a macchia d’olio, investe una moltitudine di individui. La pericolosità intrinseca a ragionamenti di questo tipo è lampante e contraddistingue non solo quest’ambito del mio pensiero.
A volte mi sorprendo a riflettere e tessere le lodi dell’ignoranza come unica portatrice di felicità, oppure dell’ipotetica “dittatura giusta”, in un mix da cineteca tra Neo e Anakin Skywalker.
Chi mai avrebbe bisogno della pillola rossa se ignorasse l’esistenza di Matrix?
Chi mai potrebbe non approvare la follia delle riflessioni sulla dittatura che il non ancora Darth Vader snocciola in Episodio II?
Mi trovo in difficoltà se penso a queste cose che reputo essere i punti chiave della debolezza dell’uomo.
Probabilmente sono solo un pazzo come ce ne sono stati tanti, che come tutti i pazzi si crede l’unico sano.
Fortunatamente però capita che qualcuno mi faccia capire i miei limiti e mi permetta di comprendere come, per certi versi, io sia peggio di molti miei simili.
Quando questo accade, l’autocoscienza diventa dura da sopportare ed il mio carattere si tempra.
In una parola: cresco.
Chiudo questo delirio personale e probabilmente incomprensibile con l’ultima foto del mio capodanno.

Foto n°5 – Lo scopone
As bass fa mass!
* indubbiamente gioco della vacanza.

Tutto è bene ciò che finisce bene

Facendo i debiti scongiuri sembra che la questione Capodanno sia stata risolta in modo che soddisfi tutti anche dal punto di vista della distribuzione dei posti letto. Grazie all’aiuto dell’Ali sono riuscito ad ottenere per me e Bri una cameretta con due letti singoli, uno spazio dove avere un minimo di intimità e poter passare del tempo in pace. Purtoppo non abbiamo quasi mai la possibilità di vivere situazioni di questo tipo e quindi era mio interesse riuscirci almeno l’ultimo dell’anno senza dover rinunciare all’altra parte fondamentale della mia vita: gli amici. Essere riuscito a salvare capra e cavoli mi rende molto contento, anche e soprattutto perchè ora come ora tutti risultano siddisfatti della sistemazione. Il brutto delle discussioni che si verificano in queste circostanze è essenzialmente che ognuno ha le sue ragioni e che sono tutte esattamente valide allo stesso modo. Non c’è quindi chi ha ragione e chi ha torto e per questo venirne a capo spesso crea notevoli impicci. L’importante comunque è essere riusciti a chiarirci.
Ora vado a nanna perchè domani mattina (leggasi Domenica mattina) dovrò andare in laboratorio a “passare” le cellule. Devo farlo perchè in questo modo guadagno un giorno sulla pianificazione e posso permettermi di stare a casa durante le feste. Quel che dovrò fare non richiede molto tempo, quindi la cosa non mi disturba.
L’ultima annotazione riguarda l’elenco di live show che si susseguiranno nei primi mesi del 2006: Thrice, Silverstein, MxPx, Yellowcard, Death Cab for a Cutie, Good Riddance, Lagwagon e Foo Fighters sono alcuni dei nomi delle band che passeranno dal Bel Paese. Alcune le ho già viste e quindi posso escluderle a priori, tuttavia le altre restano tante e vederle tutte sarà difficile. Peccato, perchè un concerto è lo spettacolo più bello che esista, a mio parere, e non rinuncerei mai a nessuna occasione di vederne uno.

Another brick in the wall

L’esame di Chimica Bioinorganica è andato bene.
Un altro tassello nello smisurato mosaico della mia laurea è stato messo.
Sono piuttosto soddisfatto. La cosa che più mi fa contento è l’essermi districato bene nonostante il mio orale abbia vertito soprattutto sulle questioni che reputavo di aver capito meno.
Bene, ora posso finalmente dedicarmi al Natale inteso come distacco mentale da tutto quanto. In realtà resta il lavoro in lab, ma quello al momento lo faccio talmente volentieri, da non ritenerlo nemmeno un impegno. La settimana prossima dovrei finalmente iniziare a fare i miei saggi al luminometro, sperando di riuscire a capire come funziona.
Capodanno si avvicina e a quanto pare lo trascorrerò sull’Appennino. Nulla è ancora sicuro, visto che sembra siano necessarie le catene per raggiungere la casa in cui saremo ospiti e considerato che nessuno di noi le possiede, tuttavia la Kla e l’Ali, padrone di casa, hanno garantito l’ospitalità e sapere dove andare è già un problema in meno.
L’ultimo dell’anno è una festività particolare. Non sono troppo convinto di apprezzarla, più che altro perchè mi ricorda quanto io viva nel passato e abbia paura del futuro. Riuscirò mai a crescere, maturare e smettere di essere infantile? Difficile, soprattutto fino a quando continuerò a vedere quel processo come negativo e  di conseguenza ad averne timore. A tal proposito mi sovviene “American Pie 2”, film che ho rivisto proprio l’altro giorno e che trovo veramente geniale per musiche, demenzialità mai eccessiva e “core” di contenuti. Ne resto colpito ogni volta che lo vedo.
Bene, ora credo che sia giunta l’ora di andare a rilasarmi un po’ prima di uscire. Lo farò ascoltando “1.FM-X” tramite l’iTunes che ho appena installato. Questo programma permette infatti, tra le varie cose,  di ascoltare radio on-line e tra quelle che ho sondato, la previa citata è decisamente la migliore.
Chiudo con una precisazione: il titolo scelto per questo post rende benissimo il concetto, ma non è assolutamente dettato dalla benchè minima stima verso i Pink Floyd.
Io odio i Pink Floyd.

“Al temp da guera…”

Sabato sera tipo: birretta in compagnia.
Sulle ali dell’innovazione facciamo rotta verso il West House Cafè di Seregno, dove entriamo ed ordiniamo sulle note di una giovane band che si esibisce sul palchetto del locale.
La serata procede tranquilla sino all’arrivo del conto che, invece di 68 euro, recita 72. L’arcano si spiega facile: la lista riporta la scritta: “nelle serate live la prima consumazione è di 6 euro”, ma in realtà sullo scontrino vengono segnati i prezzi standard di ciascuna consumazione, maggiorati di un euro per ogni persona. In sostanza chi ha preso una consumazione da, esempio, 4,5 euro ne paga 5,5 e chi ne ha presa una da 6 per ottimizzare il prezzo fisso indicato sulla lista, ne deve invece versare 7. A conti fatti il disavanzo è di 4 euro. Il caos generato da questa situazione mi ha dato modo di riflettere su due principali questioni.
1- Alcuni locali truffano le persone apportando maggiorazioni non previste sui prezzi di listino. Per questa ragione posti come il West House Cafè non mi rivedranno più e non posso esimermi dal consigliare a chiunque legga queste righe di non andarci e di far cattivissima pubblicità in giro. Non c’è peggior cosa che rubare i soldi a chi non ne ha e, solitamente, i ragazzi della mia età sono studenti senza reddito che campano di beneficenza.
2- Disdegno profondamente la mentalità consumistica della gran parte dei ragazzi di oggi. Di fronte a quanto accaduto la mia personale idea era di fare una minima di casino e farci ridare i soldi, non tanto per la cifra in se visto che era irrisoria, ma più che altro per la classica “questione di principio”. E invece ti trovi di fronte a persone che ti guardano e ti trattano come fossi un pezzente. “Cazzo stai a litigare per un euro…” oppure “Mi avete rotto i coglioni, quant’è che manca che li metto io che non ho voglia di fare il lepecoso…” (cito testualmente) sono le frasi che saltano fuori in queste situazioni e la cosa un po’ mi sconcerta. In primo luogo perchè non sono uscito con la famiglia Agnelli, ma con ragazzi come me che certamente non nuotano nell’oro ed in secondo luogo perchè in questi atteggiamenti vedo tutta l’incapacità a farsi valere delle nuove generazioni.
E’ vero che non si tratta certo di milioni di petroldollari e che probabilmente anche a protestare non si sarebbe cavato un ragno dal buco, tuttavia credo che se ogni tavolata che subisce questa ingiustizia facesse almeno un po’ di rumore le cose cambierebbero, prima o poi. Il bello è poi sentire le stesse persone che fanno discorsi del tipo: “Certo che da quando c’è l’euro ci inculano soldi da tutte le parti…”. Sarà anche vero, ma probabilmente molto dipende anche dal fatto che nessuno ha detto nulla. Se una birra che prima costava 8000 lire adesso costa 5,5 euro è anche colpa nostra che abbiamo continuato a comprarle come nulla fosse. Io non credo di essere una persona particolarmente attaccata ai soldi, li reputo uno strumento atto a soddisfare i miei bisogni e quindi in quest’ottica ne faccio l’uso che ritengo opportuno. Per alcuni probabilmente li spreco e magari hanno anche ragione a pensarlo, tuttavia finchè vengono spesi per cose che mi interessano e in maniera da non restarne sprovvisto, non mi faccio remore. Ciò nonostante resto sempre ben conscio del valore che hanno e per questo mi pare illegittimo quando mi si chiede di buttarli via senza ragione, specie se in virtù di una truffa subita.
Mia nonna diceva sempre: “Nùm savem sa vòr dì fà la fam perchè al temp da guera l’em fada tùch. Mica me vialter…”. Il brutto è che anche noi abbiamo la nostra guerra, solo questa è priva persino della possibilità di ricavarci insegnamenti utili.
Bella fregatura.

La citazione

“Choose life. Choose a job. Choose a career. Choose a family, Choose a fucking big television. Choose washing machines, cars, compact disc players, and electrical tin openers. Choose good health, low cholesterol and dental insurance. Choose fixed-interest mortgage repayments. Choose a starter home. Choose your friends. Choose a three piece suit on hire purchased in a range of fucking fabrics. Choose DIY and wondering who the fuck you are on a Sunday morning. Choose sitting on that couch watching mind-numbing, spirit-crushing game shows, stuffing fucking junk food into your mouth. Choose rotting away at the end of it all, pishing your last in a miserable home, nothing more than an embarassment to the selfish, fucked-up brats you have spawned to replace yourself. Choose a future. Choose life…But why would I want to do a thing like that? I chose not to choose life. I chose somethin’ else. And the reasons? There are no reasons. Who needs reasons when you’ve got heroin?”

“So why did I do it? I could offer a million answers, all false.
The truth is that I’m a bad person, but that’s going to change, I’m going to change. This is the last of this sort of thing. I’m cleaning up and I’m moving on, going straight and choosing life. I’m looking forward to it already. I’m going to be just like you: the job, the family, the fucking big television, the washing machine, the car, the compact disc and electrical tin opener, good health, low cholesterol, dental insurance, mortgage, starter home, leisurewear, luggage, three-piece suite, DIY, game shows, junk food, children, walks in the park, nine to five, good at golf, washing the car, choice of sweaters, family Christmas, indexed pension, tax exemption, clearing the gutters, getting by, looking ahead, to the day you die.”

Trainspotting, 1996.

Delusioni

Il torneo si è concluso e, per la prima volta, ne sono realmente contento.
Stress, insoddisfazione, rabbia, gioia, tristeza e delusioni hanno sconvolto il mio animo per tre interminabili settimane ed ora, finalmente, tutto è finito. Potrei parlare di tante delle cose che sono accadute, ma la cosa che più mi sta a cuore analizzare è l’aspetto delle delusioni. Troppe ne sono scaturite da questo torneo e questo mi porta a pensare che è probabilmente buona cosa smettere. Parlo di delusioni con rammarico, ma non mi riferisco solo a quelle ricevute. Molte sono anche a quelle causate. Partirò tuttavia ad analizzare le prime.
Delusione è stato credere di poter contare su molte persone che in realtà questo appoggio non l’hanno mai dimostrato.
Delusione è stato scoprire di aver messo cuore e anima in una cosa pensando di essere parte di un gruppo, per poi capire di essere soli o quasi.
Delusione è stare male per un qualcosa che dovrebbe essere fonte unicamente di divertimento.
Delusione è aver troppe volte represso l’istintivo impulso di mandare tutti affanculo e partire per il Messico.
Delusione per le promesse infrante.
Delusione per le mancanze di rispetto.
Delusione per l’incapacità di lasciar scivolare le preoccupazioni e i problemi e per lo stupido orgoglio che sistematicamente mi porta a farmi carico di responsabilità che non mi appartengono o quantomeno che potrei anche permettermi di scansare.
Delusione per le bugie.
Delusione per le cattiverie.
Delusione per aver tenuto dentro sentimenti di dolore e tristezza e non essermene liberato sfogandomi, in qualunque modo, se non facendo buon viso a cattivo gioco.
Delusione perchè se avessi agito per come nei momenti più duri ho pensato, ora sarei probabilmente un bastardo, ma avrei sicuramente meno macigni nello stomaco.
Delusione infine, per aver a mia volta deluso.
Deluso chi da me si aspettava cose cui non ho potuto tener fede.
Deluso me stesso per aver mancato molti degli obbiettivi che mi ero prefisso e che, sebbene conscio di non averli mancati solo per colpa mia, restano emblema del fatto che forse avrei potuto fare di più.
Deluso chi mi è stato vicino (you know who you are) mostrandogli la mia incapacità di reagire se non con sterili ed inutili parole, che raramente hanno lasciato spazio ai fatti.
A tutte queste delusioni oggi rispondono le parole dei molti che, sinceri o ipocriti personalmente non mi importa, mi si sono avvicinati dicendomi la semplice frase: “Grazie, ci siamo divertiti.”. Questo personalmente basta a lavare via qualunque delusione e mi permette di andare a letto più sereno di ieri.
Grazie a tutti coloro che, in un modo o nell’altro, hanno provato a valorizzare l’immenso sbattimento che mi sono fatto.
In quest’ambiente si conoscono molte persone, alcune delle quali valgono ogni singolo secondo buttato in quest’avventura ed ogni singola goccia di sudore o lacrima versata.
Per tutti gli altri, c’è il disco del momento.

Melting pot

Oggi è arrivato in laboratorio un ragazzo giapponese che condurrà degli studi presso il Besta per le prossime due settimane. Non dico il nome perchè, sinceramente, sono in dubbio sul fatto che me l’abbia detto. Ho paura che il suo sia uno di quei nomi che estrapolare dalla frase in cui viene pronunciato è impossibile. Il suo arrivo ha portato nella mia vita lavorativa due principali innovazioni:
1- Non ho più il mio badge. Ho dovuto prestarglielo perchè lui arriva al mattino prestissimo e va via la sera tardissimo, quindi ne ha bisogno per entrare ed uscire. Bella fregatura visto che senza badge si resta chiusi fuori dal laboratorio ogni volta che se ne esce.
2- Dovrò parlare in inglese.
La seconda delle novità è, se vogliamo, la più rilevante. Il problema infatti non è solo dovuto al mio inglese pessimo, ma anche e soprattutto al suo. Devo ancora capire realmente se sia balbuziente, dislessico o semplicemente negato per le lingue straniere, tuttavia parlarci è una reale impresa. E’ vero che anche per lui deve essere la stessa cosa, visto che non ho certo una padronanza linguistica da Oxford, tuttavia nella sua maccheronicità il mio inglese possiede una certa limpidezza. Ogni parola, seppur pronunciata all’italiana, è separata dalle altre e distinguibile nel contesto. Le frasi del nipponico invece sono costantemente pronunciate tutte d’un fiato, interrotte solo da farfugliamenti di origine ignota (a meno che non metta il suo nome in ogni frase, perchè allora l’origine si chiarirebbe) e condite dalla proverbiale “L” a sostituire le “R”.
Non fosse per questi particolari, apprezzo molto lo scambio culturale che può innescarsi in un ambiente lavorativo come il mio. Al giapponese infatti si dovrebbe aggiungere Anieska, una ragazza polacca. Ha fatto il concorso per il dottorato e sembra l’abbia passato. Ora tutto sta a capire se vorrà accettare il posto. Dalle poche parole che ho potuto scambiarci quando ci ha fatto visita, pare piuttosto sicura di se. Si dice che addirittura abbia corretto Paola, la neolaureata che lavora con noi, sulla costruzione di un periodo in inglese durante una loro conversazione. Non so come avrei reagito se fosse capitato a me.
Intanto la mia lotta contro l’università procede nettamente appannaggio loro. Dopo la debacle di ieri ho provato a rialzare la testa. Devo assolutamente riuscire a dare un esame prima dell’anno nuovo e per fare questo ho sentito via mail due professoresse, rispettivamente di “Chimica Farmaceutica” e “Chimica Bioinorganica”, chiedendo se fosse possibile fissare un appello in Dicembre. Da noi infatti gli appelli si fissano contattando i professori, cosa che sarebbe anche comoda se realmente fissassero gli esami quando glielo si chiede. Sta di fatto che dopo più di 24 ore nessuna delle due mi ha ancora risposto. Domani telefonerò nei loro studi e proverò a vedere se almeno in questo modo mi degneranno di attenzione. Dubito, ma val la pena di fare un tentativo.
Ecco come sarebbe stato quanto scritto, se avessi dovuto raccontarlo al giapponese. Io infatti ragiono come un traduttore automatico: penso in italiano, traduco mentalmente e poi pronuncio il risultato ad alta voce. Come metodo è demenziale, ma se va bene quando lo fa Google non capisco perchè qualcuno si dovrebbe lamentare se lo faccio io.

Henrietta Lacks never dies!

Mi sento un po’ in colpa nei confronti di questo blog. Proprio ora che quanto scrivo è motivo di vive ed accese discussioni non ho mai tempo da dedicare a queste pagine, aggiornandole solo di rado.
Il torneo che sto organizzando assieme ad alcuni soci è alle porte e tra quello, il lavoro e lo studio non ho veramente un minuto libero. Anche in questo momento per scrivere sto sottraendo tempo alla mia formazione universitara, tuttavia credo che la vita sia fatta di priorità.
Ieri sera sono stato ad una festa “dark” per il compleanno di Silver Fox. Il luogo preposto ad ospitarla era il Midnight, localino metal in quel di zona Porta Romana. Prepararmi per andarci è stato piuttosto fiko, tra lo smalto nero da stendere sulle unghie rigorosamente mangiucchiate e il pittaggio dei miei contorni oculari. Una volta pronto, nel mio vestito rigorosamente nero e dalla cravatta rosso fuoco, ero una sorta di Matt Skiba dei poveri. Non male.
Sono anche riuscito a farmi fare le corna dal DJ del locale che alla mia richiesta di “Fucking Hostile” dei Pantera ha risposto gridandomi: “Sei un grande!”. Certo, detto a me che il metal non lo sopporto potrebbe suonare buffo, ma in realtà stava a significare che mi ero ben mimetizzato e la cosa mi ha fatto piacere. Peccato non essere rimasto fino all’elezione del “più dark” della serata, tuttavia stavo crollando dal sonno e non avrei realmente potuto spingermi oltre. Il mio rammarico è dettato dalla convinzione che avrei vinto facile.
Al lavoro intanto si stanno susseguendo un po’ di novità. In primis ho finalmente iniziato a lavorare sul mio progetto e tempo una/due settimane dovrei poter mettere le mani sulle famose HeLa, cellule di tumore umano provenienti dalla cervice uterina di Henrietta Lacks, morta a causa di questa malattina nel 1951. In realtà non sono così sicuro del fatto che sia morta, visto che le sue cellule continuano a sopravvivere e proliferare (anche in maniera sconsideratamente veloce) in più o meno tutti i laboratori del mondo. Si potrebbe quasi dire che la signora Lacks ormai è immortale. Peccato che per diventarlo abbia dovuto morire e patire atroci sofferenze a causa del cancro. C’è dell’ironia anche a pensare che chi studia perchè i tumori smettano di proliferare nel mondo, non fa che continuare ad ingigantire ed espandere quello della povera Henrietta. Non so se l’opinione pubblica sia a conoscienza di questo fatto che, tengo a precisare, è tutt’altro che tenuto segreto. Probabilmente ne è all’oscuro visto che non ho sentito ancora nessuno lamentarsene in piazza. E di motivi per protestare ce ne sarebbero molti, credo. In fin dei conti ogni cellula del nostro organismo ha al suo interno tutto il patrimonio genico dell’individuo e quindi ne racchiude in se “la vita”. Eppure su questa questione non esiste un “Comitato per la Vita”, non c’è il Ruini di turno a sensibilizzare le coscienze, non vi è una campagna contro il “far west” e non vi saranno referendum entro breve.
Perchè? Io vorrei che qualcuno me lo spiegasse.
Ieri a “Che tempo che fa” è intervenuto Roberto Vacca a proposito dell’illuminismo. Serbo molta stima per quell’uomo, ha capito che l’arroganza si combatte solo con l’arroganza.