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Riflessioni

E’ ora di aprire gli occhi

Non volendo appesantire troppo il post e non ritenendo necessaria una sola parola in più rispetto a quanto leggibile in quanto segue, mi limito a citare il testo integrale della lettera che P. Welby ha scritto giorni fa al Presidente della Repubblica.
Voglio anche rendere disponibile la versione video di tale scritto, forse ancora più funzionale al messaggio che Welby sta cercando di lanciare.

“Caro Presidente,
scrivo a Lei, e attraverso Lei mi rivolgo anche a quei cittadini che avranno la possibilità di ascoltare queste mie parole, questo mio grido, che non è di disperazione, ma carico di speranza umana e civile per questo nostro Paese.
Fino a due mesi e mezzo fa la mia vita era sì segnata da difficoltà non indifferenti, ma almeno per qualche ora del giorno potevo, con l’ausilio del mio computer, scrivere, leggere, fare delle ricerche, incontrare gli amici su internet. Ora sono come sprofondato in un baratro da dove non trovo uscita.
La giornata inizia con l’allarme del ventilatore polmonare mentre viene cambiato il filtro umidificatore e il catheter mounth, trascorre con il sottofondo della radio, tra frequenti aspirazioni delle secrezioni tracheali, monitoraggio dei parametri ossimetrici, pulizie personali, medicazioni, bevute di pulmocare. Una volta mi alzavo al più tardi alle dieci e mi mettevo a scrivere sul pc. Ora la mia patologia, la distrofia muscolare, si è talmente aggravata da non consentirmi di compiere movimenti, il mio equilibrio fisico è diventato molto precario. A mezzogiorno con l’aiuto di mia moglie e di un assistente mi alzo, ma sempre più spesso riesco a malapena a star seduto senza aprire il computer perchè sento una stanchezza mortale. Mi costringo sulla sedia per assumere almeno per un’ora una posizione differente di quella supina a letto. Tornato a letto, a volte, mi assopisco, ma mi risveglio spaventato, sudato e più stanco di prima. Allora faccio accendere la radio, ma la ascolto distrattamente. Non riesco a concentrarmi perché penso sempre a come mettere fine a questa vita. Verso le sei faccio un altro sforzo a mettermi seduto, con l’aiuto di mia moglie Mina e mio nipote Simone. Ogni giorno vado peggio, sempre più debole e stanco. Dopo circa un’ora mi accompagnano a letto. Guardo la tv, aspettando che arrivi l’ora della compressa del Tavor per addormentarmi e non sentire più nulla e nella speranza di non svegliarmi la mattina.
Io amo la vita, Presidente. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso – morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita – è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio … è lì, squadernato davanti a medici, assistenti, parenti. Montanelli mi capirebbe. Se fossi svizzero, belga o olandese potrei sottrarmi a questo oltraggio estremo ma sono italiano e qui non c’è pietà.
Starà pensando, Presidente, che sto invocando per me una “morte dignitosa”. No, non si tratta di questo. E non parlo solo della mia, di morte.
La morte non può essere “dignitosa”; dignitosa, ovvero decorosa, dovrebbe essere la vita, in special modo quando si va affievolendo a causa della vecchiaia o delle malattie incurabili e inguaribili. La morte è altro. Definire la morte per eutanasia “dignitosa” è un modo di negare la tragicità del morire. È un continuare a muoversi nel solco dell’occultamento o del travisamento della morte che, scacciata dalle case, nascosta da un paravento negli ospedali, negletta nella solitudine dei gerontocomi, appare essere ciò che non è. Cos’è la morte? La morte è una condizione indispensabile per la vita. Ha scritto Eschilo: “Ostico, lottare. Sfacelo m’assale, gonfia fiumana. Oceano cieco, pozzo nero di pena m’accerchia senza spiragli. Non esiste approdo”.
L’approdo esiste, ma l’eutanasia non è “morte dignitosa”, ma morte opportuna, nelle parole dell’uomo di fede Jacques Pohier. Opportuno è ciò che “spinge verso il porto”; per Plutarco, la morte dei giovani è un naufragio, quella dei vecchi un approdare al porto e Leopardi la definisce il solo “luogo” dove è possibile un riposo, non lieto, ma sicuro.
In Italia, l’eutanasia è reato, ma ciò non vuol dire che non “esista”: vi sono richieste di eutanasia che non vengono accolte per il timore dei medici di essere sottoposti a giudizio penale e viceversa, possono venir praticati atti eutanasici senza il consenso informato di pazienti coscienti. Per esaudire la richiesta di eutanasia, alcuni paesi europei, Olanda, Belgio, hanno introdotto delle procedure che consentono al paziente “terminale” che ne faccia richiesta di programmare con il medico il percorso di “approdo” alla morte opportuna.
Una legge sull’eutanasia non è più la richiesta incomprensibile di pochi eccentrici. Anche in Italia, i disegni di legge depositati nella scorsa legislatura erano già quattro o cinque. L’associazione degli anestesisti, pur con molta cautela, ha chiesto una legge più chiara; il recente pronunciamento dello scaduto (e non ancora rinnovato) Comitato Nazionale per la bioetica sulle Direttive Anticipate di Trattamento ha messo in luce l’impossibilità di escludere ogni eventualità eutanasica nel caso in cui il medico si attenga alle disposizioni anticipate redatte dai pazienti. Anche nella diga opposta dalla Chiesa si stanno aprendo alcune falle che, pur restando nell’alveo della tradizione, permettono di intervenire pesantemente con le cure palliative e di non intervenire con terapie sproporzionate che non portino benefici concreti al paziente. L’opinione pubblica è sempre più cosciente dei rischi insiti nel lasciare al medico ogni decisione sulle terapie da praticare. Molti hanno assistito un famigliare, un amico o un congiunto durante una malattia incurabile e altamente invalidante ed hanno maturato la decisione di, se fosse capitato a loro, non percorrere fino in fondo la stessa strada. Altri hanno assistito alla tragedia di una persona in stato vegetativo persistente.
Quando affrontiamo le tematiche legate al termine della vita, non ci si trova in presenza di uno scontro tra chi è a favore della vita e chi è a favore della morte: tutti i malati vogliono guarire, non morire. Chi condivide, con amore, il percorso obbligato che la malattia impone alla persona amata, desidera la sua guarigione. I medici, resi impotenti da patologie finora inguaribili, sperano nel miracolo laico della ricerca scientifica. Tra desideri e speranze, il tempo scorre inesorabile e, con il passare del tempo, le speranze si affievoliscono e il desiderio di guarigione diventa desiderio di abbreviare un percorso di disperazione, prima che arrivi a quel termine naturale che le tecniche di rianimazione e i macchinari che supportano o simulano le funzioni vitali riescono a spostare sempre più in avanti nel tempo. Per il modo in cui le nostre possibilità tecniche ci mantengono in vita, verrà un giorno che dai centri di rianimazione usciranno schiere di morti-viventi che finiranno a vegetare per anni. Noi tutti probabilmente dobbiamo continuamente imparare che morire è anche un processo di apprendimento, e non è solo il cadere in uno stato di incoscienza.
Sua Santità, Benedetto XVI, ha detto che “di fronte alla pretesa, che spesso affiora, di eliminare la sofferenza, ricorrendo perfino all’eutanasia, occorre ribadire la dignità inviolabile della vita umana, dal concepimento al suo termine naturale”. Ma che cosa c’è di “naturale” in una sala di rianimazione? Che cosa c’è di naturale in un buco nella pancia e in una pompa che la riempie di grassi e proteine? Che cosa c’è di naturale in uno squarcio nella trachea e in una pompa che soffia l’aria nei polmoni? Che cosa c’è di naturale in un corpo tenuto biologicamente in funzione con l’ausilio di respiratori artificiali, alimentazione artificiale, idratazione artificiale, svuotamento intestinale artificiale, morte-artificialmente-rimandata? Io credo che si possa, per ragioni di fede o di potere, giocare con le parole, ma non credo che per le stesse ragioni si possa “giocare” con la vita e il dolore altrui.
Quando un malato terminale decide di rinunciare agli affetti, ai ricordi, alle amicizie, alla vita e chiede di mettere fine ad una sopravvivenza crudelmente ‘biologica’ – io credo che questa sua volontà debba essere rispettata ed accolta con quella pietas che rappresenta la forza e la coerenza del pensiero laico.
Sono consapevole, Signor Presidente, di averle parlato anche, attraverso il mio corpo malato, di politica e di obiettivi necessariamente affidati al libero dibattito parlamentare e non certo a un Suo intervento o pronunciamento nel merito. Quello che però mi permetto di raccomandarle è la difesa del diritto di ciascuno e di tutti i cittadini di conoscere le proposte, le ragioni, le storie, le volontà e le vite che, come la mia, sono investite da questo confronto.
Il sogno di Luca Coscioni era quello di liberare la ricerca e dar voce, in tutti i sensi, ai malati. Il suo sogno è stato interrotto e solo dopo che è stato interrotto è stato conosciuto. Ora siamo noi a dover sognare anche per lui.
Il mio sogno, anche come co-Presidente dell’Associazione che porta il nome di Luca, la mia volontà, la mia richiesta, che voglio porre in ogni sede, a partire da quelle politiche e giudiziarie è oggi nella mia mente più chiaro e preciso che mai: poter ottenere l’eutanasia. Vorrei che anche ai cittadini italiani sia data la stessa opportunità che è concessa ai cittadini svizzeri, belgi, olandesi. “

Piergiorgio Welby

Cerchiamo di capirci

Non so perchè ultimamente farmi i conti in tasca sia diventato sport nazionale, oggettivamente non mi interessa nemmeno troppo. Mi interessa di più chiarire a tutti coloro non ce la fanno proprio ad arrivarci per conto loro, che è ora di finirla.
Per essere ancora più chiaro: mi sono rotto il cazzo.
Non passa giorno senza che qualcuno mi faccia pesare qualcosa che ho fatto come neanche avessi rubato dalla cassetta delle offerte in chiesa.
Una persona normale probabilmente nemmeno ci si metterebbe a rispondere a queste cose, ma per me è più complicato.
A 25 anni l’idea di non essere ancora economicamente indipendente è la cosa che mi fa stare peggio in assoluto e chi mi conosce veramente (fortunatamente qualcuno c’è) sa quanto questo mi faccia stare male. Per questo non riesco a lasciar correre pur sapendo che quello di cui sto parlando sono solo occasioni che certe persone perdono per stare in silenzio e riflettere un po’ di più sulle loro situazioni.
Anche fossi un parassita e scroccone che gode nel fare la vita del nababbo sulle spalle altrui non c’è nessuno che può permettersi di farmi le pulci.
Nessuno.

Per non dimenticare

Sono riuscito a reperire, come al solito con l’aiuto di Dietnam, il documentario che tratta dell’undici Settembre di cui avevo visto diversi spezzoni in una puntata di Matrix, il programma di Enrico Mentana.
Onestamente non so se ciò che viene raccontato in questo video sia attendibile. E’ indubbiamente credibile, ma questo non vuol dire molto.
Ci sono diverse cose che, oggettivamente, lasciano poco spazio ai dubbi, ma molte teorie frutto dell’invenzione una volta esplicate sanno essere assai credibili.
Se così non fosse Dan Brown sarebbe un fallito.
Il punto quindi non è se sia o meno tutto vero, ma se sia o meno tutto frutto di assurde ipotesi cospirative.
Io ho sempre avuto la mia personale idea a riguardo. Non credo di aver mai nascosto il mio spiccato anti-americanismo o la mia passione per qualsivoglia ombra di cospirazione, sia questa governativa o religiosa.
Forse anche per questo non mi meraviglierebbe apprendere che questo video sia un tentativo di far trapelare la verità.
Certamente mi chiederei perchè un governo che non si fa problemi ad ammazzare migliaia di persone per raggiungere un certo scopo dovrebbe permettere a documentari che tentano di smascherarlo di diffondersi.
E’ anche vero che un documentario che devi sbatterti a cercare in rete non avrà mai l’impatto mediatico che possono avere nove ore di diretta in mondovisione del WTC in fiamme, quindi forse non oscurarlo potrebbe portare più frutti che farlo, adducendo il primo dei miei dubbi come forte elemento screditante.
In sostanza, comunque la si legga, restano i dubbi, tuttavia guardarlo credo sia meglio che non guardarlo.

11-09-2001: per non dimenticare.

Flash

Diciotto anni fa il mio cuore si è fermato per cinque minuti.
Non mi capita spesso di pensarci, ma oggi mio padre me l’ha fatto notare e così mi sono preso un attimo per riflettre.
Il quell’attimo, tutto ha assunto un diverso significato.

Video Music Awards

Stasera io e la Bri ci siamo guardati i VMA’s.
A me piace guardare i “main event” di MTV perchè solitamente trascorrono piacevoli e frivoli come l’ambiente in cui si svolgono.
Il mio interesse principale sta prettamente nel vedere come si agghindano le star per queste serate di gala, ma non disdegno il seguire con attenzione le categorie che più mi possono interessare come quella del gruppo emergente o del miglior video rock.
Tirando due somme lo show di questa sera è stato un po’ sotto tono, ma non ha mancato di fornire alcune chicche strepitose.
Parlando in generale, la sensazione che ho avuto è che Madonna abbia pestato i calli a qualcuno ad MTV perchè pur essendo in nomination con “Hang Up” in diverse categorie in cui era assolutamente favorita, almeno dal mio punto di vista, non è riuscita a portarsi a casa nemmeno una statuetta. La cosa puzza soprattutto perchè è stata battuta da pattume del calibro delle Pussycat Dolls.
Abbastanza scandalosa anche l’assegnazione del premio principale, ovvero quello al video dell’anno, che è stato assegnato a quei caproni dei Panic! at the Disco, che non hanno mancato di evidenziare la loro totale incapacità musicale esibendosi live in una performance da colica renale.
Veramente perrimi.
Ultma nota negativa la sovrabbondanza di rap, hip hop, r&b e compagnia che sempre in questi spettacoli riesce a spiccare per la capacità di indisporre me che guardo.
Come dicevo però, non sono mancati picchi ad alto gradimento che hanno permesso di farmi valutare il tutto in ottica sicuramente positiva.
In primis cito il premio per miglior gruppo vinto dagli All American Rejects, coronato anche da una più che onesta prova live. Adoro quando vince chi non si aspetta il premio e sale a ritirarlo completamente ubriaco. Così hanno fatto gli AAR che, dopo aver battuto Angels and Airwaves, Red Hot Chili Peppers e compagnia erano increduli come un interista che vince un derby.
La genuinità è facilmente riscontrabile nel commento alla vittoria pubblicato sul loro sito: “THANK YOU!!!!!! Holy Shit, we have a Moonman!!!!”.
In effetti non serve aggiungere altro.
Positivissima anche la vittoria degli Avenged Sevenfold nella categoria “Best New Artist”. Pur non sopportando il loro ultimo disco, in cui è stato abbandonato il metalcore in virtù di un hard rock piuttosto pacchiano, loro restano dei personaggi strepitosi, vere rock star.
Anche qui è d’obbligo la citazione ai ringraziamenti: “Ringriazio Dio, se esiste. Io non credo. Scusa papà per quello che ho detto.”
Idoli.
Unico rammarico è il non aver seguito anche l’intro alla serata in cui i My Chemicals Romance presentavano il nuovo singolo.
Pazienza.
Ora è il caso di andare a nanna, che domani si lavora.

Back from the future

Calma.
Non sto citando nessun film, perchè altrimenti avrei scritto “Back to the future”.
Quello che ho scritto è esattamente quello che volevo scrivere.
Come sempre.
Sono da poco tornato a casa. Questo sia perchè è solo qualche minuto che mi trovo tra le mura domestiche dopo la giornata in lab, ma soprattutto perchè da ieri sono rientrato ad occupare la mia camera nella casa dei miei genitori.
Vivere da solo è stato tante cose: tranquillità, solitudine, “La Verità del Ghiaccio”, “Baldur’s Gate” finito ieri con magna soddisfazione, i piatti da lavare, un letto grandissimo e altrettanto scomodo, i ragni, Ambra, i risotti, Luigi il prestinaio, “The Village”, bottiglie di vino che durano più di un pasto, niente TV, il semaforo sempre verde all’uscita del cancello, lavarsi i denti per scelta e mille altre che potrebbero rendere questo elenco interminabile.
E’ stato bello.
Davvero.
Ripulendo la casa domenica, prima dell’abbandono, avvertivo le sensazioni che si provano da piccoli e non solo, quando si lascia il luogo dove si sono trascorse delle bellissime vacanze.
Si torna alla vita di tutti i giorni e con lei alle abitudini più o meno sane e gioiose che immancabilmente la accompagnano.
Tra queste una di quelle da pollice alto è indubbiamente il mio diario virtuale.
Vivere da solo mi ha però insegnato che prima di tornare ad abitare un luogo, che sia fisico o etereo come questo mio spazio, è il caso di rimettere un po’ le cose in ordine.
Detto fatto, ho deciso di dare una sistemata ai link dei blog che leggo abitudinariamente, eliminando quelli abbandonati, ma lasciando quelli volontariamente chiusi.
Le cose con un inizio ed una fine meritano di esistere, le incompiute no.
Anche la lista dei siti che frequento è stata aggiornata e potrebbe subire ulteriori integrazioni nel prossimo futuro.
Per finire, grazie all’ennesima imbeccata del blogger più famoso che conosco, ho regalato a questo posto un po’ di musica grazie al player di radio.blog.club. Avrei potuto creare una playlist di molti brani ascoltabile in streaming, ma preferisco utilizzare questa opportunità per restituire il CD del momento alla sfera che più gli compete, quella dell’ascolto.
L’odore di aglio, olio e peperoncino che invade prepotentemente camera mia mi suggerisce sia arrivata l’ora della cena.
Senza che io dovessi cucinare.

It’s hard to say

Eccomi qui in laboratorio, appena rientrato da Malpensa.
Tra un paio d’ore i miei amici si imbarcheranno su un Boeing 767 con destinazione Los Angeles per compiere uno di quei viaggi che si ricordano per tutta la vita.
Il ruolo di spettatore in tutto questo mi va abbastanza stretto.
E’ come aver perso una di quelle occasioni che, nella vita, non bisogna assolutamente lasciarsi scappare.
Probabilmente avrò nuovamente occasione visitare quei posti, ma non sarà a 25 anni e con gli amici di sempre.
Sarà un’altra cosa.
Non migliore, non peggiore.
Diversa.
Poco importa se tutto questo sia dovuto solamente ad una serie abbastanza lunga di tristi coincidenze, in primis la scelta dei miei soci di fare il viaggio super proprio nell’unico (spero) anno in cui partire non mi è possibile e poco importa anche l’essere consci di quanto sia inutile stare a piangere sul latte versato.
In questo momento fa un po’ male.
Forse anche per questo ho aderito all’idea folle della veglia continuata fino alla loro partenza ed ho poi scelto di accompagnarli in aereoporto, solo per sentirmi un po’ meno “outsider”.
Faccio abbastanza cagare.
Leggere a video quanto so essere stupidamente emotivo rende il tutto ancora più reale, come mi impedisse di mandare giù con indifferenza questo boccone decisamente amaro.
Quello che realmente mi preme fare adesso è augurare ai quattro una bellissima vacanza e ringraziarli per aver provato a tirarmi in mezzo sempre e comunque, facendo di questo mio senso di non appartenenza una tara personale.
Resta solo una cosa da dire: Anubi.

Summertime…

…and the living is easy…
Una canzone del passato recitava così ed è difficile darle torto.
Da ieri sono ufficialmente in vacanza.
Questo non vuol dire che io sia al mare o che abbia smesso di lavorare, tuttavia la sessione estiva dell’Università si è conclusa ieri pomeriggio alle 14.30 con l’esame di Analisi dei Farmaci II, prova per altro superata con discreto successo.
Questa cosa, che per molti potrebbe non significare molto, per me invece è cruciale.
Andare in laboratorio a fare un lavoro che mi piace non pesa se una volta a casa posso finalmente spegnere il cervello e dedicarmi al niente più assoluto, anzi, è un ottimo modo per non annoiarmi.
Prendiamo oggi.
Sono arrivato in lab alle 8.30, con trenta minuti di anticipo, un po’ perchè ormai ero sveglio, un po’ perchè attendevo il risultato di un esperimento importante.
Come da copione, il risultato non è arrivato.
Pazienza, ormai ho capito che in questo lavoro ci dovrò fare l’abitudine quindi guardo avanti, si rifarà il tutto cambiando qualcosina e forse andrà meglio.
Forse no.
In ogni caso non è il momento per fasciarmi la testa visto che il problema non è dovuto a miei errori e che, soprattutto, anche stare a disperarsi non ha senso e non cambia le cose.
Via quindi a nuovi esperimenti, diversi, sperando di avere più fortuna.
Uscito dal lavoro, sono giunto a casa in poco più di venti minuti, arricchiti da una massiccia opera di “sing along” su freschi e giovani pezzi estivi.
Una volta avvolto nella privacy della mia cameretta, rigorosamente in mutande, mi sono guardato il primo Fast and Furious.
Decisamente un filmone.
Direi che sono stato seduto al compiuter anche troppo.
Vado a farmi una doccia.
Anzi, un bel bagno.
Tanto oggi ho tempo.
Fico.

And the winner is…

Sono arrivate le sentenze per gli illeciti sportivi.
Sono abbastanza vergognose.
Per carità, al Milan è anche andata bene e io non dovrò perdermi la Champion’s League l’anno prossimo, ma in tutta onestà speravo in un ripulisti nettamente più esemplare.
Con i vari ricorsi ulteriori si rischia di vedere anche la Juve in A e questo vuol dire continuare a guardare le partite pensando che ci sia qualcosa sotto.
Ogni fuorigioco non fischiato, ogni rigore dato o non dato, ogni cartellino estratto o non estratto continuerà a far pensare a qualche strano gioco di potere e non alla semplice sorte.
In poche parole, non cambierà nulla.
Peccato.
Era una buona occasione per migliorare le cose.
Non venendomi in tasca nulla tuttavia, la vivo con il distacco di chi continuerà a vedere le partite perchè ama questo sport, sebbene abbia molto riserbo nei confronti di chi lo gestisce.

“Perchè adesso è notte, ma poi verrà giorno.”

Avrei mai potuto lasciare correre i primi interventi su questo blog del caro amico Manowar?
Avrei potuto sottrarmi alla diatriba con uno dei pochi personaggi che conosco che siano di destra davvero e non solo quando serve un motivo per giustificare la propria intolleranza?
Certo che no.
Ad un tale onore è doveroso rendere giustizia con un’apposita discussione, quindi colgo la palla al balzo e riparto proprio dalle ultime parole del mio metallozzo preferito.
Adesso è notte.
Già, è proprio vero.
Tuttavia soffermiamoci un momento a capire perchè è notte.
Adesso è notte perchè siamo governati (oltre che da chi ha i soldi) da chi ha il potere di bloccare il paese: tassisti, produttori di latte, camionisti, operatori di volo, ferrovieri e tramvieri.
Chiunque sia nella posizione di creare disagio al prossimo e non ha ritegno nel farlo viene ascoltato da chi ci governa, sia di destra che di sinistra, spingendo la popolazione priva di questo potere a fare altrettanto.
Nessuno è contento in Italia.
Quindi a turno ecco che ognuno bloccherà binari, aereoporti, metropolitane per ottenere che nessuno sconvolga il suo orticello.
Siamo al punto in cui Firenze viene bloccata dai tifosi per la sentenza riguardo a calciopoli.
Una roba vergognosa.
La destra sulle sommosse di piazza è sempre stata, anche storicamente, piuttosto chiara: disperdere i sovversivi e mandarli a lavorare (magari in campi dedicati).
Tuttavia oggi apro il bolscevico sito di Repubblica e cosa mi tocca leggere?
Mobilitazione generale degli avvocati.
Come?
Rileggo meglio, convinto di aver preso lucciole per lanterne, ma non è così.
E’ noto come la categoria degli avvocati non sia prettamente vicina alla politica rifondaiola eppure eccoli li, tutti belli uniti a far casotto. Partendo dal presupposto che non mi sento certamente di dire che in Italia gli avvocati siano una categoria disagiata e meritevole di protestare, la cosa che più mi infastidisce è la terribile mancanza di coerenza.
Credo sia per questo che adesso è notte, perchè non vi è più identità politica nelle persone.
A voler essere del tutto pignolo mi piacerebbe sapere che senso possa mai avere lo sciopero per un lavoratore in proprio che, quindi, non perde giornata e stipendio in virtù di farsi sentire.
Intanto il tanto agoniato, almeno da me, governo di sinistra è già agonizzante perchè quei pazzi estremisti e ottusi della sinistra radicale non sono favorevoli al rifinanziamento della missione italiana in medio oriente.
Tutti a dargli addosso quindi, sebbene siano gli unici che provano a far valere quanto promesso dall’Unione alla gente prima del 9 Aprile.
Ci si può accanire con chi cerca unicamente di tutelare le idee di chi ha dato loro il voto?
Io non me la sento.
Tuttavia il governo non è di questo parere e preferisce andare avanti con l’appoggio dell’Udc piuttosto che cercare di dare corpo a quanto detto in campagna elettorale.
Certo che anche l’Udc un pizzico di ribrezzo nel fare quello che fa potrebbe pure dimostrarlo, ma forse queste movide arraffa consensi sono proprio la volontà del popolo democristiano che, come diceva mio nonno, “purtoppo non morirà mai”.
Di sicuro se mi chiamassero adesso alle urne per via di una crisi di governo, penso defecherei sulla scheda e la spedirei direttamente a Roma.
E’ proprio vero, è notte fonda.
L’unica domanda che mi piacerebbe fare al prode e littorio Manowar è: “Sei sicuro che poi verrà il giorno?”