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Riflessioni

Io strumentalizzo

In Giappone è successa una tragedia di dimensioni epocali. Un popolo che ha fatto tutto quanto gli era possibile per prepararsi alle sfide che la natura geografica della sua terra gli sottopone si ritrova in ginocchio per il semplice fatto che fare tutto il possibile al meglio non sempre è sufficiente. In certe circostanze, purtoppo, non ci sono garanzie. Condurre una vita sana, fare sport, mangiare bene, non bere e non fumare non garantisce di campare sani fino alla vecchiaia. Le vita è fatta di imprevisti e questi, spesso, sono legati a quegli aspetti che l’uomo suo malgrado non può controllare.
In queste ore un paese tecnologicamente avanzato come il Giappone è sul baratro di una possibile, per quanto indesiderabile, catastrofe nucleare. Non parlarne oggi, a tre mesi dal Referendum che chiamerà il popolo italiano ad esprimersi in merito alla questione energetica, per quel che mi riguarda è uno sbaglio. Chicco Testa mi definirebbe probabilmente uno sciacallo e la cosa non mi turba, specie se si pensa a come potrei definire io lui. L’ipocrisia tutta italiana per cui quando succede una tragedia non è lecito parlarne o meglio, non è lecito utilizzarla allo scopo di riflettere sulle questioni che l’hanno causata al sottoscritto è andata in noia da tempo.
Una tragedia resta tale in ogni caso, non trarne insegnamento al solo fine di “non strumentalizzare” sarebbe renderla ancor più grave. Il fatto che siano necessari diecimila e forse più vittime e lo spettro di una catastrofe atomica per accendere nel popolo italiano l’interesse alle questioni che lo riguardano in prima persona è uno schifo che illustra al meglio lo schifo di Paese che siamo. Indiscutibile. Vanificare persino quest’ultimo e tardivo barlume di interesse nel nome del perbenismo intellettuale sarebbe troppo persoino per noi.
Quindi eccomi qui, pronto a strumentalizzare, ad usare le immagini terribili che arrivano dal Giappone per porre la domanda: “Siamo sicuri di volere aggiungere un fattore di rischio alla nostra vita?”. Sì, io sono disposto ad usare la paura che la tragedia nipponica ha scatenato in ognuno di noi e non me ne vergogno. La paura fa bene, non va ignorata, non va criminalizzata. Concordo nel dire che non si debba lasciarle in mano le redini della nostra vita, ma è altrettanto vero che le persone che non hanno paura solitamente campano poco.
Chi non teme o è pazzo o è ignorante.
Personalmente ritengo ci fossero molti spunti su cui riflettere in termini di nucleare anche prima del terremoto di settimana scorsa.
Perchè dovremmo puntare su una tecnologia che il resto del mondo sta cercando di soppiantare con alternative tecnologicamente più avanzate?
Perchè, alla luce di come vengono costantemente gestiti gli appalti in Italia, non dovremmo preoccuparci di chi e soprattutto come costruirà le centrali nucleari nostrane?
Perchè, consci del fatto che la camorra imbottisce la nostra terra di qualunque genere di rifiuto, vogliamo metterci nelle condizioni di darle in mano anche le scorie nucleari?
Queste ed altre domande sarebbero sufficienti ad innescare un dibattito interno all’opinione pubblica di qualunque paese.
Da noi no.
Da noi servono i morti, le catastrofi. Servì Chernobyl come porbabilmente servirà Fukushima. Siamo fatti così.
Ora non resta che aspettare e vedere se il quorum verrà raggiunto.
Nel mio piccolo cinismo personale, la cosa che più mi colpisce però è pensare che saranno stati necessari innumerevoli vittime ed il collasso di una Nazione per bloccare il legittimo impedimento.

Una roba che mi fa realmente incazzare

A Maggio, il 29, si vota per le amministrative.
Il 12 Giugno, due settimane dopo, si votano i referendum. Questa volta il poplo è chiamato a pronunciarsi su tre cosine da nulla come:
1- Il legittimo impedimento
2- Il ritorno al nucleare (!)
3- L’acqua pubblica (!!)
Come ogni volta si crea quindi la classica situazione odiosa del quorum. Il governo, per ovvi motivi che sarebbe ridondante menzionare, non vuole che il referendum passi. Comprensibile. Per farlo, invece di fare campagna educativa sul voto responsabile, adotterà come sempre e come tutte le parti politiche la strategia di incitare la gente al non-voto. All’auto-castrarsi. A rinunciare ad uno dei pochi mezzi rimasti per far sentire la propria voce.
Per aiutarsi nell’opera, butterà addirittura via più di 300 milioni di euro in modo che le due chiamate al voto sopra citate non avvengano in contemporanea, e piazzerà la seconda a scuole finite. Una roba che raccapriccia, a pensarci, ma che purtroppo è specchio ancora una volta del Paese incivile che siamo, della cultura nulla del cittadino e di come non ci stia per nulla a cuore la società in cui viviamo.
Già perchè la mossa squallida proposta dal governo evidenzia una grossa paura del voto, dell’espressione della volontà popolare nella sua forma più pura e costituzionale. Tuttavia se la gente andasse a votare comunque, se la smettesse di sbattersene i coglioni solo perchè “c’è il sole e si può andare al mare”, se iniziasse a realizzare che lo Stato ha speso 300 milioni dei soldi di TUTTI per organizzare la cosa e che quindi l’unico modo per non ritenerli buttati via sia spendere 10 minuti 10 per mettere una croce su una scheda, beh, forse le cose potrebbero cambiare.
E non parlo del referendum in questione, che comunque è di una certa rilevanza, ma del concetto in generale. La classe politica ha fatto una legge apposta per toglierci la possibilità di scegliere chi votare. Non contenta, cerca di sottrarci anche il mezzo del referendum con strategie bieche che fanno perno sull’assenza di educazione civica cui cercano di assuefarci. Parliamoci chiaro, qui non si parla più di maggioranza e opposizione, di destra e di sinistra, ma di politici e cittadini. Perchè l’astensionismo ai referendum è stato propagandato da tutti i colori, così come tutti hanno tratto vantaggio dalla legge elettorale suina.
Purtoppo però temo che rieducare il popolo italiano sia operazione non facile e soprattutto priva di sponsor sufficientemente potenti da poter veramente fare qualcosa.
Ciò nonostante, resta valida la possibilità di opporsi ad un ennesimo spreco di soldi e almeno questa cosa forse si può riuscire a realizzarla. Esiste un comitato per l’unificazione referendum-amministrative. E’ dura, ma possiamo provare per una volta ad essere cittadini. Intanto godiamoci l’italia, un Paese dove c’è talmente tanto lavoro da lamentarsi per un giorno di festa in più ai lavoratori, ma non non ce n’è abbastanza per non lasciarli a casa in cassa integrazione la restante parte dell’anno. Un Paese dove c’è tanta crisi e debito da sospendere tutti i dottorati e gli assegni di ricerca, ma non abbastanza da buttare via 300 milioni di euro.

La chitarrina

Quella nella foto è la mia nuova chitarra.
Se sarà uno dei miei tanti trip passeggeri ancora non lo so. Le intenzioni sono buone, ma lo sono state altre volte e questo non è garanzia di nulla. Tuttavia voglio crederci. Non saper suonare uno strumento è da sempre uno dei miei rimpianti maggiori, così in questi giorni ho deciso che sarebbe stato da stronzi non provarci nemmeno. Non so dire come mai mi sia mosso proprio ora. Forse è stata l’euforia dell’aver finito la stesura di quella che voglio sperare sarà l’ultima tesi della mia vita, o forse il vedere attorno a me amici che, nelle mie stesse condizioni, hanno deciso di provarci ed iniziare ad imparare.
Forse avevo bisogno di uno stimolo.
Sta di fatto che sta sera sono uscito dal lavoro e sono andato al Music Store di Colonia.
Ho girato per un po’ tra le tantissime chitarre, completamente indeciso non solo su quale acquistare, ma se farlo o meno. Poi ho chiesto aiuto.
Il ragazzo, molto gentile, mi ha indirizzato su una chitarra classica che, a suo dire, per imparare è la meglio cosa. Dal canto mio però, la volevo amplificabile. Non elettrica, perchè non credo ne avrò mai bisogno, ma nemmeno totalmente acustica.
Quella che alla fine mi son portato a casa dovrebbe essere il giusto compromesso. La custodia era omaggio, così come l’accordatore (ausiliario, avendolo la chitarra già incorporato di suo). Ho dovuto solo acquistare i plettri. Ne ho presi tipo cento tutti identici, così, giusto perchè non pensassero che ne capisco qualcosa.
Poi sono arrivato a casa e mi sono sparato le prime cinque lezioni del manuale di chitarra di Massimo Varini. Cinque lezioni non perchè io sia un genio o particolarmente portato all’apprendimento dello strumento, ma perchè nelle prime quattro non c’è molto da imparare. Lui comunque è un idolo.
Nella quinta lezione ho appreso i primi due accordi: Mi minore e La minore. Ok, appreso è un parolone, però diciamo che ho iniziato a far pratica. Ora devo esercitarmi un po’, prima di passare alla lezione successiva. Intanto però, segnalo che sto scrivendo il blog solo usando la mano destra in quanto medio e anulare della sinistra dolgono come poche altre volte.
Sono contento.
Vediamo quanto durerà questa euforia.
Per i bookmakers, la Polly mi da stufo in tre settimane.

Ecco come ci vedono all’estero. Davvero.

Si fa un gran parlare di come all’estero la gente veda l’Italia. Ci sono le prime pagine dei quotidiani, le rivelazioni di Wikileaks, ma è tutta roba “astratta”, distante, politica. Per avere una reale idea di quel che pensano all’estero del nostro paese non c’è altro modo che andare all’estero ed ascoltare cosa la gente dice.
Sta sera sono andato ad una festa ed ho avuto due esempi in merito.
Il primo è abbastanza folkloristico: due ragazzi, ignari della presenza di italiani in sala, chiacchieravano del carnevale. Uno di loro avrebbe fatto Berlusconi, l’altro la troia. Risate generali. Nulla di eclatante.
Il secondo invece mi ha decisamente colpito e, non lo nego, amareggiato.

Tim, canadese: “Ho visto le foto di Ruby. Posso capire Berlusconi, non dimostra certo 17 anni.”
Manq: “Il punto infatti secondo me non è quello, ma che il Presidente del Consiglio si faccia estorcere denaro da ragazze in cambio di silenzio sulla sua condotta morale.”
Tim: “Questo infatti mi è sembrato strano. Pensavo l’avrebbe fatta semplicemente ammazzare.

Ecco come ci vedono.

Chiacchiere e distintivo

Alphonse Gabriel Capone, detto Al, era un malavitoso. Grazie ad un vastissimo giro di illeciti, costellati da ingenti omicidi, accumulò nella sua pur breve vita una ricchezza spropositata ed una posizione di potere elevatissima. Tutta l’America sapeva che era un delinquente dei peggiori, a Chicago nessuno poteva dormire tranquillo e l’FBI lo dichiarò nemico pubblico n°1. Eppure, grazie ad ingenti opere di corruzione, nessuno riuscì a contrastarlo per moltissimo tempo e nessuno potè provare un suo collegamento con le stragi ed i crimini di cui costantemente si macchiava.
E non si pensi che il popolo lo odiasse, affatto, perchè lui non faceva altro che dare alla gente quello che la gente voleva.
Ebbene, per arrestare un pluriomicida malavitoso come capone, dovettero attaccarsi all’evasione fiscale ed uno come lui fini in galera condannato a “soli” 11 anni di reclusione.
Paradossale, a pensarci sopra.
Oggi il GIP ha disposto che Silvio Berlusconi venga processato per concussione e favoreggiamento alla prostituzione. La prima udienza sarà il 6 Aprile. Nel leggere la notizia non ho potuto fare a meno di notare un certo qual parallelismo tra le due storie. Non so se cinquanta giorni saranno sufficienti al Premier per lavorare ad un DDL che lo scampi dal presentarsi in aula. Tuttavia mi piace ricordare che Capone corruppe la giuria che avrebbe dovuto sentienziare su di lui, ma questa venne improvvisamente sostituita la notte precedente il processo, ponendo il più noto gangster della storia di fronte alle sue colpe ed assicurandolo alla giustizia.
Di conseguenza, mi piace sperare che gli ultimi colpi di coda del Presidente del Consiglio si riveleranno inefficaci e daranno finalmente la possibilità ai giudici di processarlo per questi ed altri crimini di cui è imputato.
Magari, tra qualche anno, qualcuno girerà un film su questa storia. Un film che vincerà degli oscar. Un film in cui un bravissimo attore interpreterà la scena finale al palazzo di Giustizia di Milano, gridando “Sei solo chiacchiere e distintivo!!!” ad un attrice nei panni di Ilda Boccassini.

Asleep (Bravo thè, povero me)

Io, il thè di quelli di Bravo Pizza, devo imparare a rifiutarlo.
Son simpatici eh, e me lo offrono sempre volentieri mentre aspetto la mia pizza mozzarella-champignon. Però quando lo bevo va a finire che fatico a dormire.
No, malelingue dei miei stivali, il problema è il thè, non la pizza.
Io non bevo più nemmeno il caffè alla mattina, sono in deprivazione totale da caffeina da un paio di mesi. E’ chiaro che poi un thè alle otto della sera mi faccia l’effetto di una Redbull.
Il thè è pieno di caffeina, quello turco non fa eccezione. Anzi, secondo me lo addizionano.
No, malelingue ignoranti, si chiama caffeina anche quella del thè, theina credo sia un vocabolo commerciale usato per vendere il thè infrè. Che poi è ridicolo a pensarci. E’ come se chiamassimo l’emoglobina delle mucche muccoglobina. O l’insulina dei cani cansulina.
Era tantissimo tempo che non usavo il blog come paliativo all’insonnia.
Sono a letto, la Polly dorme qui affianco, ed io scrivo utilizzando come supporto al pc l’utilissimo vassoietto porta colazione che mi hanno regalato per natale.
Uno sbadiglio, faccio progressi.
Da poco è rientrato il mio vicino di casa. Non so che faccia abbia, ma rientra tutte le notti puntuale intorno alla una. Chissà che lavoro fa. Sarà un uomo? Una donna? Il mio vicino di casa è un serial killer (cit)? Non che mi interessi, però alla una non è che capiti poi molto qui e io di qualcosa devo pur scrivere.
Era veramente tanto tempo che non scrivevo un post di questo tipo.
L’ho già detto vero che è un anno che mi son trasferito in Germania? Ecco, però ancora fatico ad abituarmici.
Non ce n’è, son troppo tedeschi. Intendiamoci, è per questo che qui le cose vanno così bene, perchè la popolazione non è senziente. Fanno quello che gli si dice di fare, quando gli si dice di farlo e come gli si dice di farlo. Se manca una delle tre indicazioni sono persi e, nel dubbio, si bloccano. Nel piccolo è chiaramente assurdo e irritante, ma su scala nazionale questo modello funziona. Con le generazioni poi, credo che la frustrazione sia andata via via scemando ed ora sono persino contenti di essere automi.
Altro mondo.
Sta di fatto che sono qui da un anno e non so ancora quando tornerò indietro. Quest’anno, quasi certamente, ma non ho idea del quando. Il mio capo vorrebbe tenermi qui ancora a lungo e la cosa mi fa piacere, indubbiamente, ma la decisione di rientrare è irrevocabile.
Italiano mammone che non sono altro.
Gli occhi bruciano. Sono stanco come poche volte. Eppure il cervello si rifiuta di riposare.
Situazione fastidiosa.
Quasi quasi pianto qui la scrittura e provo a chiudere gli occhi. Magari mi sento un po’ di musica, che concilia.
Devo dormire, cazzo.
Ho scritto il titolo del post.
Chemmerda…

Ancora lui

Oggi è un anno che vivo a Colonia.
In questi giorni, a Milano, si sta lavorando per chiudere il Palasharp.
Avrei molto da scrivere sulla mia vita ed altrettanto su come il killeraggio delle uniche forme di cultura rimaste ingovernabili prosegua senza che nessuno dica o faccia nulla.

Eppure, nonostante quest’abbondanza di argomenti, mi ritrovo ancora una volta costretto a parlare di Berlusconi.
Ho visto la sua intervista al TG1.
Tralasciamo il tenore dell’intervista e il servilismo dell’intervistatore (la terza domanda ha dell’imbarazzante), tralasciamo il feeling da videomessaggio alla nazione in stile totalitarismo sudamericano.
A colpirmi è stato un altro punto.
Parlando di economia, di proiettare il PIL al 4% e di terribili eredità dei governi passati che in soli 17 anni non si sono potute cancellare, non faceva che ripetere: “Dobbiamo modificare l’articolo 41 della Costituzione.”
Ora, per curiosità, sono andato a cercarmelo questo benedetto articolo che starebbe ancorando l’Italia alla crisi.
Recita così:

“L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.”

Perchè Berlusconi può esistere in Italia?

La risposta a questa domanda io non ce l’ho, ma posso fornire tre dati:
1- Il fatto che Berlusconi organizzi feste private con prostitute, indipendentemente dall’età delle stesse, fa più notizia del fatto che abbia corrotto un avvocato per non risultare coinvolto in alcuni processi.
2- Con Berlusconi avviluppato in un turbine di scandali senza precedenti, letteralmente, l’opposizione non guadagna consenso.
3- Il film più visto della storia di questo Paese l’ha realizzato Checco Zalone.

Roba su cui riflettere, direi, ma a questi tre dati aggiungo tre domande:
1- In quanti/quali paesi il Presidente del Consiglio potrebbe far passare le mignotte con cui si sollazza per ritorsioni della Mafia (o agenti del Mossad)?
2- In quali/quanti paesi se il Presidente del Consiglio risultasse coinvolto in uno scandalo di prostituzione minorile, si lavorerebbe per abbassare la soglia della maggiore età?
3- In quali/quanti paesi la popolazione tollererebbe cose come la compravendita di voti di fiducia alla luce del sole, l’avere come Ministro alle Pari Opportunità una che per più di metà della sua vita è stata donna-oggetto o ancora un Ministro dell’Istruzione che utilizza uno dei problemi che dovrebbe risolvere per superare l’esame di Stato? Quanti e quali paesi tollererebbero queste e altre mille porcherie cui noi italiani siamo continuamente sottoposti?
Ce.Lo.Meritiamo.

Last, I get lost too

Per tutti e sei gli anni in cui Lost è stato trasmesso io ero uno di quelli che andava fiero dell’esserne completamente disinteressato.
Avevo in realtà provato un approccio quando la serie era già giunta al terzo capitolo, downlodando l’intera prima stagione. Ne avevo guardato un episodio e mezzo e avevo deciso di smettere. Il motivo? A metà del secondo mi ero clamorosamente addormentato. Da quel momento avevo bollato la serie come qualcosa di decisamente non adatto al sottoscritto e così è stato fino a un mese fa.
Poi c’è stata la svolta.
In meno di quaranta giorni io e la Polly ci siamo visti tutte e sei le stagioni, episodio per episodio, dormendo sempre meno e dando sfogo a congetture e ipotesi sempre più assurde. Tutto normale, sensazioni ed umori che chi è finito sull’isola prima di noi ritardatari conosce molto bene.
Oggi, ormai qualche ora fa, Lost è tuttavia giunto al termine anche per noi ed è quindi arrivato il tempo di parlarne in maniera adeguata (anche) su questo sito. Vederlo tutto d’un fiato ci ha probabilmente privato di una delle parti fondamentali del suo successo, ovvero la discussione. Quel meccansimo per cui dopo un episodio parli con gli amici, leggi in internet e, in sostanza, diventi pazzo nel tentativo di capire cosa ci sarà nell’episodio seguente o nella serie successiva. Ecco noi tutto questo non l’abbiamo vissuto perchè, essenzialmente, dopo ogni puntata l’unica cosa che ci interessava fare era guardare la seguente, in un meccanismo che se non può essere definito come dipendenza, beh, poco ci si allontana. Col senno del poi forse questo non è stato proprio un male perchè, visto come il tutto si è concluso e le tonnellate di interrogativi che mi sono rimasti, non essermi scervellato per anni al fine di tirarne fuori altri è certamente qualcosa che credo sia bene apprezzare.
Come detto però, la conclusione è arrivata ed è quindi ora di tirare le somme. Lost, a mio avviso, racchiude il meglio ed il peggio della televisione. Potenzialmente rivoluzionario, appassionante, curato e coinvolgente, ma allo stesso tempo inconcludente, pretenzioso, negletto e banale, Lost è stato uno show capace di sconvolgere il modo di fare fiction, ma che a mio avviso ha finito col dover pagare dazio ai meccanismi televisivi canonici, piegandosi alla loro volontà. Con le avventure dell’isola gli autori hanno portato in casa di milioni di persone la filosofia, la letteratura, la fisica e la fantascienza aprendo per molte di queste nuovi mondi e nuovi interessi ed è in questo che la serie secondo me ha iniziato una potenziale rivoluzione, alzando il livello “culturale” ed aprendo lo scenario a concetti non così frequenti nel prime time televisivo. Di contro però, con la conclusione della serie hanno deciso di mettere da parte molto di quel che avevano costruito, per far convergere il tutto nell’ottica dell’emozione, ovvero esautorando i misteri dell’isola dal ruolo di star e conferendo lo scettro ad amore e morte dei personaggi, le due cose che, in definitiva, portano al coinvolgimento emotivo del telespettatore.
E’ lì che sta il fallimento, secondo me. Chi ha seguito Lost si aspettava delle risposte perchè gli autori hanno creato la serie facendo in modo che fosse così. Hanno fornito delle aspettative. Lost non è un film di Lynch, per intenderci. Il messaggio che avrebbe potuto/dovuto passare era che alzando il livello culturale di una serie, portando elementi non consueti in casa della gente, si potesse creare una trama più complessa e ciò nonostante farla risultare fruibile a tutti. Quel che è passato invece è che quando ci sono di mezzo fantascienza, fisica, matematica, filosofia e letteratura alla fine non ci si capisce un cazzo. Questo è un peccato perchè, magari sbaglio, ma un domani il pubblico di fronte alle stesse tematiche potrebbe storcere il naso e dire: “No grazie, poi va a finire che non mi spiegano niente e ci rimango di merda come con Lost. Ridatemi Grey’s Anatomy che almeno lì i personaggi limonano duro e non c’è nulla da capire!”. Questo è quel che intendo quando dico che alla fine Lost si è piegato ai canoni della televisione. Jack e Kate che si dicono “Ti amo”, Sawyer che ritrova Juliet, Charlie che ritrova Claire, Jin e Sun che muoiono insieme baciandosi son cose che coinvolgono e commuovono, me per primo, ma che non sono certo gli elementi per cui la gente (o se vogliamo io) ha iniziato ed ha soprattutto continuato a guardare Lost.
Intendiamoci, io non critico le scelte che hanno adottato per spiegare il poco che hanno spiegato perchè non è lì la questione. Se pensi una trama e la sveli alla fine, il risultato piò convicere o meno, ma almeno la spiegazione c’è stata e quindi va bene così (accetto anche il maxi lavandino finale, per intenderci). Che critico è quando invece si fa finta di nulla e si lasciano cadere le domande nel vuoto. In quel caso infatti non si parla più di gusti, ma di tradimento della fiducia che il telespettatore ha riposto nella serie.
Ok, il grosso della critica l’ho quindi snocciolato. Passiamo alle cose buone.
Di Lost ho amato la cura nella creazione dei personaggi, probabilmente unica nel genere, la fotografia, la regia, le musiche sempre di altissimo livello ed in alcuni momenti direi spettacolari. E poi gli elementi che dicevo prima, che anche se non sono stati portati avanti come speravo fino alla fine, per gran parte delle serie mi hanno coinvolto ed appassionato come mai mi era capitato prima. E poi, come dicevo, non sono certo rimasto insensibile alla parte emotiva del tutto, specie in alcuni casi. Questo in termini generali, entrando invece nel dettaglio direi che potrei andare per punti e parlare dei Lost moments che ho amato di più:
Ogni scena in cui presenziava Sawyer. Indiscusso eroe della serie, personaggio superiore da ogni punto di vista. L’ho amato dal primo momento, anche nei picchi in cui era eccessivamente stronzo. La scomparsa dell’addominale con l’andare delle puntate è la cigliegina sulla torta, ma a lui lego realmente i momenti più belli della serie. Tra gli altri personaggi, la mia stima va a Miles, Lapidus, Charlie, Desmond e Jin.
Ogni scena in cui Ben prendeva schiaffi. Mai provata cotanta indisponenza nei confronti di un personaggio centrale ad una serie. Altri losties mi hanno irritato parecchio, tipo Mikail, Juliet nella fase pre Sawyer, Shannon, ma nessuno mai ha solo sfiorato il livello di fastidio causatomi da Benjamin Linus.
La greatest hits di Charlie. Forse il mio episodio preferito di tutte le serie.
I flashback. La vera droga, ciò che rende le prime serie superiori alle ultime. Scoprire pian piano la storia dei personaggi è stata la cosa che più mi ha dato dipendenza.
E adesso ecco le (prime) 10 domande che mi sono rimaste dopo l’aver assistito alla serie completa.
1 – Perchè, quando gli Oceanic 6 decidono di tornare sull’isola, Sun è l’unica tra loro a non finire nel 1977?
2 – Perchè Libby era al Santa Rosa Institute? Prima del volo 815 intendo.
3 – Perchè sull’isola le donne incinte muoiono?
4 – Perchè gli altri si mascherano da primitivi?
5 – Chi ha paracadutato i viveri della Dharma ai superstiti sull’isola? Se è stata la Dharma stessa, perchè l’ha fatto se i suoi scenziati sono tutti morti nei tardi anni settanta?
6 – Se era il fumo nero a prendere le sembianze delle varie visioni avute dai losties sull’isola, chi era a prendere le sembianze del Jacob giovane dopo la morte di Jacob stesso?
7 – Ma i tatuaggi di Jack? Passi per quello “spiegato” nell’episodio tailandese (che poi, vabbè…), ma gli altri? Senza senso?
8 – La bomba chiaramente non è esplosa, quindi il flash alla fine della quinta serie è dato da un altro salto temporale. Dovuto a cosa, visto che la ruota era stata sbloccata?
9 – Se gli studi della Dharma avevano un reale senso, perchè presupponevano anche stazioni inutili come la Perla?
10 – Ma Walt, il suo dono e il fatto che gli altri fossero interessati a lui che ruolo avevano nella vicenda?
Queste sono le prime dieci domande che mi sono venute. Probabilmente ne avrei anche altre, ma al momento mi limito a queste. Escludo di proposito il finale dalle domande, perchè per quello sarebbe una soltanto: What the fuck?
Tirando le conclusioni quindi, direi che la Lost Experience vale la pena di essere vissuta e, anche alla luce dei difetti elencati, la rifarei senza dubbio.
Chiudo con questo video perchè direi che il messaggio che ne scaturisce è senza dubbio vero: nel bene e nel male, “We’ll never be lost again”.