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Riflessioni

The universe window

Tempo fa avevo scritto del mio tentativo di approccio a Fringe fatto, sostanzialmente, della visione dell’intera prima stagione. Avevo anche scritto che quella mi era bastata per decidere di mollare tutto e dedicarmi ad altro.
Son passati anni e vuoi per il continuo sentire più o meno da tutti che avevo mollato troppo prematuramente, vuoi per l’hype generato dalla messa in onda del season finale, io e la Polly abbiamo deciso di imbarcarci di nuovo nell’impresa e ci siamo recuperati, in una ventina di giorni, tutti i restanti episodi della serie.
Oggi, dopo la visione dell’ultimo atto, non posso che sedermi, tirare le somme, e ringraziare chi mi ha spinto ad andare avanti. Fringe è una serie bellissima, che nei momenti più alti forse risulta addirittura inarrivabile e che, pur non priva di moltissimi difetti, si fa apprezzare anche per la volontà di chiudere tutto.
E qui, il parallelo non può che essere con Lost.
Andiamo però con ordine. La prima stagione mi aveva fatto schifo essenzialmente per due ragioni. Uno: l’andamento era troppo procedurale a scapito di una trama orizzontale potenzialmente interessante, ma eccessivamente diluita credo anche a causa del fatto che gli autori stessi non sapessero dove andare a parare (vedi Massive Dynamics che, al principio, sembrava davvero dover’essere la causa di tutti i mali). Due: ci ho visto un atteggiamento “stronzo” nei confronti della fantascienza e della scienza in generale, fatto spesso di espedienti spicci e giustificazioni sommarie che io proprio non riesco a digerire. In questo la serie è migliorata tanto con l’andare delle stagioni (non sto a fare noiosi esempi), dimostrandosi più accurata nelle basi su cui fondare le proprie teorie fantascientifiche e quindi più gradevole per chi la guarda con il mio approccio. Dal punto di vista ideologico resta comunque difficile sorvolare sulla demonizzazione costante di scienza e scienziati, immortalati nel corso delle stagioni in tutte le loro possibili derive malvagie fino a diventare, nella stagione conclusiva, addirittura artefici di una dittatura. Come per altri telefilm (o film, musica, ecc…) tuttavia, un messaggio di base del tutto non condivisibile non pregiudica il mio apprezzamento al prodotto e quindi non mi ha impedito di amare ciò che alla prima stagione è seguito.
Il momento migliore di Fringe, se di momento si può parlare, per il sottoscritto va dall’episodio finale della season one a circa metà/tre quarti della terza. In questo arco di tempo viene fuori davvero il meglio del prodotto, sia in termini di personaggi, che di archi narrativi. L’antagonismo tra universo blu ed universo rosso, la caratterizzazione di tutti gli alter-characters, la magistrale prospettiva data allo spettatore che si immedesima nell’abitante dell’universo blu e percepisce come “nemico” l’universo rosso, seppure a conti fatti quest’ultimo non abbia mai fatto nulla di ostile nei confronti del primo e, anzi, stia collassando proprio a causa di quelli che questo taglio sublime ci porta ad identificare come i buoni.
Tutto molto bello.
Con la fine della terza stagione però arrivano i primi guai, intesi come momenti non proprio altissimi. Il finale della season three è credo il punto più basso toccato dallo show, tra incongruenze evidenti (o perlomeno percepite come tali) e personaggi alla Sam Wise messi lì unicamente a giustificare svolte narrative inspiegabili. Tutto confuso, tutto tirato assieme in malo modo. E’ un po’ uno spartiacque visto che da lì in avanti lo show si concederà diverse infrazioni alla sacrosanta regola dell’acquario (cit. Darth Von Trier), che riporto di seguito:

Da appassionato di fantascienza ho sempre notato che una costante dei buoni lavori del genere, vuoi letterari e fumettistici o cinematografici, è la coerenza deterministica degli assunti dell’opera, per tutta l’opera e indipendentemente da quanto possano essere assurdi: se stabilisci delle regole quelle sono e rimangono per tutta la durata della faccenda. Un po’ come in un acquario, in cui l’ecosistema è chiuso e perfettamente auto-sufficiente, a prescindere da quanto siano strane le cose che ci stanno dentro, palombari di plastica e casse del tesoro compresi. Un buon acquario, oltre ad essere bello, deve anche avere la sua coerenza interna, altrimenti i pesci muoiono. Allo stesso modo in un buon progetto di fantascienza, nel mondo inventato di sana pianta che racconti, non devono esserci falle di ragionamento o sospesi non desiderati, sennò sei Lindelof.

Appunto.
Con la questione viaggi nel tempo, le timeline gestite a volte come veri e propri universi paralleli e a volte no e mischiando a piacimento le due più accreditate teorie sul viaggio nel tempo (Terminator e Ritorno al futuro, per intenderci), quello che ne esce è spesso un mezzo pastrocchio. Come fu per Lost quindi, la fortuna dello show è che questo casino succede a serie inoltrata, quando le storie dei personaggi son già molto radicate nel cuore di chi guarda e quindi con un po’ di puntate di assestamento e qualche taglia e cuci privo di apparente logica, il plot può essere rimesso sui binari senza troppi danni e senza smantellare la passione di chi sta seguendo. Così dopo i primi episodi della quarta stagione, il tutto riprende quota e pur non arrivando ai picchi precedenti, si assesta comunque su livelli assolutamente discreti. Ad onor del vero ho apprezzato moltissimo anche il drastico cambio di rotta per la stagione finale, che sposta tutto da un piano più investigativo, ad uno più action. Non sembrerebbe quasi nemmeno la stessa serie, le dinamiche vengono completamente stravolte, ma l’effetto per me è stato comunque molto interessante e piacevole.
La cosa però che più di tutto va riconosciuta a Fringe è il tentativo di chiudere i cerchi. Bene o male che fosse, con scelte condivisibili o meno, io ho visto un grande sforzo degli autori nel tentare di non lasciare nulla in sospeso, di tirare i fili della continuity e chiudere quindi senza che lo spettatore avesse voglia di mettere loro le mani in faccia.
Tutto quello che è mancato a Lost, insomma.
Quindi niente “Chissenefrega delle spiegazioni, l’importante sono i personaggi”, ma invece una gestione del tutto più attenta, volta a dare all’intera opera e non solo alle parti più easy da manipolare una chiusura dignitosa. Poi le scelte possono piacere o meno, sia chiaro, perchè il punto non è lì. Non lo è mai stato.
Per chiudere, quindi, Fringe è una serie bellissima con tanti difetti e chiunque dovrebbe guardarsela tutta.
Soprattutto “White tulip“.

A bad day for Die Hard

Se molteplici indizi fanno una prova, credo di aver capito dove sta il problema.
Non sanno più scrivere i film d’azione. Il problema è solo quello, a pensarci bene, perchè i mezzi ci sono, gli attori pure e nella maggior parte dei casi c’è anche un certo stile nel costruire le scene fracassone. In questo film, ad esempio, le scene di inseguimento, sparatoria e esplosioniglobbali son fatte più che discretamente. Anzi, son proprio belle. Però a vederle mi viene il forte dubbio che chi ha realizzato questo film si stia prendendo gioco di me e quindi alla fine, pensandoci, tendono a farmi incazzare. E non perchè siano inverosimili, quello non è mai stato un problema, ma perchè danno proprio l’idea di essere quello su cui si fonda il film. L’idea alla base, secondo me, è questa: “Chi viene a vedere Die Hard nel 2013 vuole vedere i botti, quindi diamogli i botti, ma senza prenderci la briga di contestualizzare. Botti di per sè stessi e lo portiamo a casa.”. E invece un cazzo.
[NOTA: da qui potrebbero entrare spoiler come piovesse. Non credo guastino nulla, ma meglio avvisare] Prendiamo la sequenza che in sostanza apre il film, quella dell’inseguimento in piena Mosca. Come sequenza io non credo ci sia nulla da eccepire. Non sono un tecnico, ma secondo me è una roba gigante, con un sacco di botti ed esplosioni e spari e testacoda e altri scontri. E pure che John McClane con una cazzo di jeep fa ribaltare un blindato grosso cinque volte e venti più pesante non c’è problema, già dal passato episodio il buon detective di New York da eroe per caso s’è trasformato in una sorta di Superman e quindi non sta davvero lì la questione. Il problema è che nel centro di mosca, senza sapere cosa sta succedendo, Bruce ruba prima un camion e poi una macchina gettandosi in una mischia di cui non sa nulla. Manca anche una minima idea di base per cui tutto possa succedere senza che il pubblico si chieda: “Ma che cazzo succede?”. Non ci hanno neanche provato a fare un film. A me Die Hard 4 era piaciuto parecchio perchè pure con un poliziotto al limite del pensionabile ferma un’organizzazione criminale addestrata e senza scrupoli praticamente da solo, c’era una storia. Semplice, lineare, di contorno ad elicotteri abbattuti a colpi di utilitarie, ma pur sempre una storia con un capo ed una coda che potesse avere un senso, estrapolata da quello che ci succede dentro, e che tutto sommato aveva anche buoni rimandi ai capitoli precedenti. Il furto mascherato da terrorismo, McClane che ci si trova in mezzo per puro caso, grandi classici del marchio contestualizzati quella minima per dare alle esplosioni quell’alone di verosimiglianza che basta a sospendere l’incredulità. A questo giro invece c’è un Bruce Willis che parte apposta per Mosca con intenzioni dubbie (nel senso che sono probabilmente bellicose, ma non si capiscono perchè gli arrestano il figlio e lui va senza un’idea di che cazzo fare una volta lì. Farlo evadere? Salutarlo? Ucciderlo? Mah.), scende dall’aereo e si trova in mezzo ad un inseguimento e da lì tutto prende il via. Pure il plot twist, se vogliamo definirlo tale, è non solo ovvio, ma pure completamente decontestualizzato e privo di qual si voglia senso. Non entro nei dettagli che non c’è davvero bisogno e, comunque, è difficle spiegare una roba che non sta in piedi, comuqnue il grosso, enorme problema di sto film è che non è un film. E io scrivo sta cosa essenzilamente per dire che me ne sono accorto e che non mi si compra con un dito medio fatto lanciandosi da una finestra mentre un elicottero guidato da una passera in vena kamikaze si schianta dentro il palazzo. E’ una scena che apprezzo, ma non mi ci vendi il film. Perchè non sono un coglione. Anzi, inzio a pensare che chi non capisce sei tu che questo film l’hai scritto convinto di aver centrato l’obbiettivo solo perchè hai messo insieme delle buone sequenze action e del basso fanservice ammiccando a The Last Boyscout in un paio di sequenze.
Vai affanculo, va, che mentre scrivo mi sto proprio incattivendo.
Chiudo dicendo che prima del film ho visto il trailer di Gangster Squad. Quello che ho colto è che han fatto il remake degli Intoccabili.

Indicazioni di voto

Mi si segnala questo test facile e veloce che dovrebbe più o meno indicare da che parte ci si trova, in termini programmatici, rispetto ai partiti che si presentano alle prossime elezioni politiche. L’ho trovato interessante e quindi ve ne parlo.
Poi magari nei prossimi giorni scrivo un post sulle mie intenzioni di voto, ma magari no.
Sicuramente scriverò un post su Fringe e sul suo avermi privato di qual si volgia tempo libero.

THX to: Voi Siete Qui.

TicketOne.it is the new Merda

Come abitudine, io i biglietti in prevendita da TicketOne.it non li ho mai presi. Un po’ perchè per gli eventi a cui solitamente partecipo pagare la prevendita è abbastanza inutile, trovando sempre o quasi disponibilità sul posto, un po’ perchè proprio come filosofia trovo TicketOne.it una roba contro cui schierarsi a priori e senza necessità di reali motivazioni. E’ tuttavia capitato che mi ritrovassi per le mani due voucher da 25 euro l’uno proprio da utilizzare sul portale in questione e così ho dovuto farmi forza, infrangere quasi tutti i miei preconcetti morali ed etici, e acquistare sul sito.
Tutto questo ha portato ad un’unica conseguenza positiva: ora posso continuare a parlare male di TicketOne.it, ma posso farlo con cognizione di causa. Da lì, la decisione di estendere a tutti una mia analisi in merito.
Andiamo con ordine, per punti.

1 – Decido di regalare due biglietti per un evento all’Arcimboldi ai miei genitori, per Natale. In questo caso il modo più semplice e veloce per procurarmeli è proprio TicketOne.it e quindi decido di interfacciarmi con il loro sistema e provare ad utilizzare questi fantastici voucher.

2- Vado sul sito e procedo a selezionare l’evento e i posti. Mi accorgo che parte un conto alla rovescia di tot minuti, una quindicina, entro cui dovrò per forza di cose completare tutta la procedura di acquisto. La cosa mette un po’ di ansia e di pressione e non ne capisco minimamente l’utilità, ma non è una particolare tragedia.

3- Arrivato al momento di effettuare il pagamento, il primo scoglio. Non è possibile inserire più di un voucher per ogni acquisto. Se volessi usare due voucher, dovrei comprare i due biglietti separatamente, pagando due volte le spese di spedizione. Questa cosa è abbastanza un’inculata, oltre a non essere prassi su moltissimi altri siti di acquisti online. Amazon, ad esempio, ti fa inserire tutti i voucher che vuoi in un singolo acquisto. E ci mancherebbe pure, essendo un voucher a tutti gli effetti denaro. La cosa assurda è che non puoi usare più voucher nemmeno se acquisti più biglietti per lo stesso evento e, probabilmente (non ho provato), nemmeno se acquisti più biglietti per più eventi, ma in un unico ordine.

4- Pensando ingenuamente di sbagliare qualcosa io, sospendo l’acquisto e decido di contattare il servizio clienti on-line per avere spiegazioni in merito. Visto il conto alla rovescia, chiudo proprio tutto e non se ne parli più fino ad ottenuto chiarimento. La risposta mi arriva dopo 2 giorni lavorativi e dice solo: “Non si possono cumulare voucher all’interno dello stesso ordine”. Beh, grazie.

5- A questo punto decido di usare un solo voucher per l’acquisto del regalo dei miei genitori. Scopro però un concerto che mi interessa ad una settimana di distanza. Prezzo 20 euro in cassa, poco meno di 25 con prevendita. Vabbè, pur di non averci più a che fare, decido di fare questi due ordini, smaltire i buoni e buttare via soldi in prevendita per un concerto che sicuramente non sarebbe andato sold out. Torno sul sito TicketOne.it, avvio il procedimento, parte il timer, inserisco i dati e procedo all’inserimento del voucher. Codice Voucher non valido. Bestemmio. Provo un paio di volte, ma niente. Penso quindi che forse l’averlo inserito in quell’ordine mai concluso fatto giorni prima possa aver invalidato il codice. Provo col secondo codice, quello del secondo buono. Nulla. Non va. “Codice non valido”. Essendo Sabato decido di non contattare di nuovo il servizio on-line, ma vado direttamente ad uno sportello a chiedere spiegazioni. Mi dicono che, ovviamente, loro sono solo punto vendita e che non sanno come aiutarmi visto che i voucher, da loro, non li si può usare. Valgono solo on-line. E va bene.

6- Torno a casa e decido di chiamare il servizio clienti a pagamento (1 euro al minuto iva esclusa). Come al solito musichette e menù interattivi a cascata fino a che riesco a parlare con un operatore, a cui riferisco il problema. Risposta: scriva al servizio clienti on-line. What? Sì, loro non sanno come aiutarmi e si fanno pagare un euro al minuto per dirmi di usare il form on-line gratuito. Ormai le bestemmie non si contano più.

7- Ho un’illuminazione. Penso che possa magari essere un problema di browser, così rifaccio tutta l’operazione usando Chrome invece che IE. Sto giro il codice risulta valido e così acquisto i biglietti per i miei (ci torniamo dopo).

8- Decido di usare il secondo voucher per il concerto cui volevo andare, ma ormai siamo a Lunedì ed essendo il live Mercoledì le prevendite sono chiuse. Quindi nisba. Ok, questo non è imputabile a TicketOne.it nello specifico, però se tutto fosse andato via liscio io avrei potuto acquistare senza problemi. Invece no, il voucher mi resta in mano per un futuro evento. Evviva.

9- Dicevo dell’acquisto del regalo dei miei. E’ il 16 dicembre e sul sito TicketOne.it non c’è una previsione di consegna dell’ordine. Nulla. Niente stime, neanche spannometriche. Il niente. Io, spinto da ingenuità cronica, ritengo che 9 giorni per stampare due biglietti e recapitarli via corriere espresso siano sufficienti e così ordino, fiducioso di poter avere il regalo per natale. In quest’ottica, inserisco come luogo di consegna l’ufficio dei miei suoceri, così che il corriere trovi sicuramente qualcuno al momento della consegna. Inoltre seleziono tipo 3 euro di “Confezione Regalo”.

10- Ovviamente nulla arriva per Natale. L’ordine viene preso in carico diversi giorni dopo l’acquisto on-line. Va bene, ok, non garantivano nulla (in realtà proprio non dicevano nulla per potersi orientare) quindi mea culpa. La spedizione parte dopo Natale e il corriere arriva a consegnare. Quando? Il 31-12 alle 16.30. Chiaramente trova chiuso, perchè non dico tutti, ma la maggior parte degli uffici fa mezza giornata il trentuno di Dicembre. Per carità, ancora niente di grave, ma giusto per sottolineare l’ingegno con cui lavorano.

11- Siamo alla conclusione. La consegna avviene i primi giorni di Gennaio ed io ho i miei bei biglietti nella loro fantastica e non proprio economicissima confezione regalo. Vado dai miei e do loro il regalo di natale, scusandomi per il ritardo. Loro aprono la confezione e, come per magia, ecco due bei biglietti con stampato sopra a caratteri cubitali il prezzo.

Ecco, questo è il resoconto dettagliato della mia prima esperienza di interazione con TicketOne.it. La personalissima morale che ho tratto da questa vicenda è che se pure siano meritevoli di disprezzo anche solo per le percentuali assurde di diritti di prevendita che applicano ai biglietti, questo è nulla in confronto alla scarsità del servizio che offrono.
Per queste ragioni, caro il mio bel TicketOne.it, per quanto mi riguarda devi morire male.

Manq’s Awards 2012

Calma gente, non ho certo intenzione di lasciare che il mondo finisca senza che sappiate le mie valutazioni in merito all’anno che sta per concludersi. Si parla di musica, cinema, libri e televisione e come al solito di dice il meglio ed il peggio.
Chiaramente secondo il mio giudizio personale.
Ad ogni categoria corrisponde poi piccola spiega, ma questo ormai dovreste saperlo. Un anno in cui ho visto più film del solito (intesi come usciti nell’anno in corso), ma ho ascoltato meno musica del solito.
Insomma, questo è quanto.
NOTA: tutti i video li sto scegliendo dall’ufficio, ovvero senza audio. Sapevatelo.
Migliori dischi:
Pentimento – Pentimento
The cold harbour – Homebound
Joie de Vivre – We are all better than this
Spiega: Il primo vince perchè è un disco fighissimo pur non essendo mai diventato ufficialmente un disco. Il secondo è un disco HC come ce ne sono mille, ma più bello degli altri novecentonovantanove. Il terzo è “The power of failing” con le trombe. Fa riflettere che la mia top tre in un anno in cui ho ascoltato pochissimo sia composta unicamente da dischi che derivativi è poco. Rimpianto è non aver ascoltato tutto l’esordio dei Bad Ideas perchè i pezzi sentiti mi son piaciuti un sacco, ma il disco intero non sono mai riuscito a sentirlo.
Peggiori dischi:
3° Lostprophets – Weapons
2° The used – Vulnerable
1° Enter shikari – A flash flood of colours
Spiega: vabbè serve? No. E non sto nemmeno a mettere i link che, davvero, è meglio evitare.
Migliori concerti:
Touché Amoré @ Factory (MI)
MxPx All-star + Cancer @ Magnolia (MI)
Derozer @ Nautilus (VA)
Spiega: i primi sono la mia band “rivelazione” dell’anno. Arrivato tardi sui loro dischi, dal vivo sono superlativi. I secondi non li avevo mai visti e per tanti versi son stati un concerto magnifico, anche e soprattutto per l’atmosfera e la band di spalla. I terzi perchè non cantavo così ad un concerto probabilmente dagli anni novanta.
Peggiori concerti:
Converge @ Factory (MI)
Shandon @ Nautilus (VA)
Offspring @ Carroponte (MI)
Spiega: i Converge, dopo i primi venti minuti ad ammirare quanto sono fighi a suonare, mi hanno spaccato il cazzo. Gli Shandon, oggi, non hanno senso. Gli Offspring come gli Shandon, ma con l’aggravante di non essersi sciolti.
Migliori film:
The Avengers
Quella casa nel bosco
Diaz – Don’t clean up this blood
Spiega: The avengers è un film gigantesco dove tutto si picchia e/o esplode. Se andare al cinema ha ancora un senso è per film come questo. Quella casa nel bosco l’ho guardato solo perchè ne ho sentito parlar benissimo in giro e mi son trovato ad ammettere che ciò che avevo letto era vero. Caro Weadon, una doppietta che neanche la Ferrari. Al terzo posto c’è Diaz perchè è un film che va visto. Punto. Per questo toglie il gradino più basso del podio a “End of watch”, che è sempre un film sugli sbirri, ma forse con un’altra prospettiva.
Peggiori film:
Killer Joe
Le belve
J.Edgar
Spiega: Killer Joe, come Quella casa nel bosco, è stato caldamente suggeritomi dal mio amico internet che però, questo giro, secondo me non ci ha preso. Le belve è l’esempio esatto di come si possa fare un film dimmerda partendo da una sceneggiatura fighissima. A sua ulteriore colpa c’è l’averlo fatto credendo di fare un capolavoro. J. Edgar è la più colossale rottura di cazzo vista dal sottoscritto al cinema dai tempi del memorial di 2001: Odissea nello spazio.
Migliri serie TV:
True Blood stagione 5
Homeland stagione 2
Don’t trust the B**** of Apartment 23 stagione 1
Spiega: la prima vince per ampio distacco. La seconda si piazza in alto nonostante il finale. La terza fa riderissimo.
Peggiori serie TV:
Dexter serie 7
The Big Bang Theory serie 5
Californication serie 5
Spiega: la settima di Dexter aveva riportato il livello generale di scrittura su livelli più alti rispetto al passato (soprattutto recente). Restavano i difetti, ma c’era un miglioramento. Il finale, però, merda rara. La quinta di TBBT non faceva ridere. La quinta di Californication non aveva le tette.
Migliori libri:
A tuo rischio e pericolo – Josh Bazell
Tramonto e polvere – Joe R. Lansdale
Un polpo alla gola – Zerocalcare
Spiega: il primo è un libro geniale e pochi cazzi. Il secondo mi ha fatto scoprire un autore che non conoscevo e che mi piacerà approfondire. Il terzo è bello perchè non fa ridere.
Peggiori libri:
Gibuti – Elmore Leonard
Fahrenheit 451 – Ray Bradbury
A dance with dragons – George R.R. Martin
Spiega: il primo è a tratti geniale, ma a tratti pessimo. Sul secondo lo so già cosa state pensando, ovvero che sono un coglione. Io dico solo che l’ho letto, ne comprendo la portata, ma approcciarlo nel 2012 ha comunque un suo peso. E nel 2012 m’ha rotto il cazzo, anche (o forse soprattutto) per come è scritto. Sul terzo non so che dire. A parte “Martin vai a fare in culo”, intendo.
Ecco, direi che ho riassunto tutto.
Il post è stato scritto in parte dopo il pranzo aziendale, imputato della forma quindi è lo sfusaccio della trattoria. Riguardo la sostanza e le scelte, invece, era tutto stato preparato in precedenza.

La fine del mondo

Cari Maya,
due anni fa sono passato dalle vostre parti. Ho visto il calendario, ho visitato le piramidi e mi sono fatto una cultura in merito alle vostre previsioni astrali e al vostro studio del cosmo. So bene quindi che quello che voi altri avete messo in programma per il 21.12.2012 non è affatto la fine del mondo, ma semplicemente la fine di un’era come ce ne sono già state altre nel corso della storia del pianeta. So anche che, razionalmente, pure di fine del mondo si trattasse non avrebbe grande senso prendersela con voi, visto che non ne siete affatto la causa, bensì eventualmente gli ambasciatori. E “ambasciator non porta pena” dice il proverbio.
Però pur convinto che il 21 Dicembre non avverrà nulla di particolarmente eclatante, in questi giorni mi sono trovato a riflettere sull’ipotesi della fine del mondo e dovendo definire un possibile interlocutore, mi siete venuti in mente voi. Vi scrivo quindi questa lettera aperta per spiegarvi i motivi per cui spero il mondo e l’umanità non giungano al capolinea il prossimo Venerdì.
Premessa: il mondo così com’è fa abbastanza schifo.
O meglio, lui di suo resta un posto bellissimo, ma mi pare insindacabile il fatto che noi se ne stia facendo un uso improprio. E’ l’umanità quindi il vero problema e, detto tra noi, io non vedo davvero margine per una possibile redenzione. Non nel prossimo futuro, si intende (Nota: abbiate pietà, il mio concetto di futuro è chiaramente incompatibile col vostro. Io del calendario guardo a malapena il mese seguente, al più i dodici seguenti se è un calendario con le donnine nude, ma certamente non sono uno che ragiona in termini di ere.). Che l’umanità non sia venuta fuori proprio uno splendore, evolutivamente parlando, lo sappiamo quindi entrambi, ma per una volta non è quello di cui voglio discutere. Quello che voglio dirvi, cari Maya, è che nelle pieghe di questa società discutibile c’è ancora margine per vivere e io, insomma, ci terrei a farlo ancora per un po’. Perchè? Ve lo spiego subito.
Innanzi tutto io del mondo che ho a disposizione, ho visto ancora poco. Lo so che ai vostri tempi muoversi non era una cosa facile e che il concetto di turismo forse vi manca proprio come base, però cercate di starmi dietro. Ci sono un sacco di posti un cui ancora mi piacerebbe andare. Per cominciare vorrei tornare dalle vostre parti e, magari, farmi un giro pure nelle terre che furono degli Incas. Mi piacerebbe visitare il Belize, il Costa Rica, il Perù e l’Argentina. Il Brasile, onestamente, non mi ispira tantissimo. Poi vorrei visitare la parte più a nord del vostro continente, facendomi un giro nella west coast degli Stati Uniti e girandomi i vari parchi naturali come anche le città che i conquistadores hanno costruito nei secoli su quello che fu il vostro suolo nativo. Vorrei vedere la Cina, il Giappone, la Nuova Zelanda. Mi piacerebbe attraversare l’Asia con la transiberiana e visitare almeno una volta uno stato dell’Africa centro meridionale. Vorrei andare in Egitto per vedere se le vostre piramidi sono meglio delle loro e magari anche in qualche paese medio orientale una volta che avranno finito di ammazzarsi tra loro senza una ragione plausibile. E poi vorrei spararmi quante più isolette sperdute nell’oceano sia possibile vedere, dalle Hawaii a Bali, passando per la Polinesia, le Isole Vergini e le Maldive. Insomma, di roba ancora da vedere e scoprire ne ho un bel po’, quindi spero di averne modo.
Un’altra cosa per cui spero il mondo non finisca Venerdì è che, prima o poi, mi piacerebbe diventare papà. Eh, lo so, avete ragione pure voi. Mi sembra di sentirvi con quel “Alla tua età noi eravamo già nonni (e saltavamo i fossi per la lunga)”. Però qui è un gran casino. Crescere nell’agio ci ha resi deboli e viviamo le nostre vite nella paura costante del non riuscire a farcela, specie ora che l’agio se ne sta andando via via a quel paese. Ad ogni modo, non è che stia accampando scuse o prendendo tempo, però ecco mi pare di essere arrivato a quel punto in cui si inizia a crederci a questa cosa della paternità. E’ vero, crederci non è che il primo passo, però è quello più importante. Una volta che ci credi puoi metterti nell’ottica e una volta che sei nell’ottica puoi organizzarti in merito. Tutta discesa, poi. Sì, ho detto tutta discesa e non voglio sentire smentite, cari Maya. Mazza che gufi che siete, ce l’avete proprio di indole eh?
Andiamo avanti con le robe serie va. Se il mondo finisse Venerdì, nessuno saprebbe come si concludono le cronache del Ghiaccio e del Fuoco di Martin. Non ci posso pensare, a sta cosa. Anni e anni riversati su pagine e pagine di libri senza sapere il finale. Profondamente ingiusto. Oppure volete dirmi che l’umanità dovrà estinguersi prima di conoscere l’identità della madre dei figli di Ted Mosby? E chi sarà il secondo Mastechef italiano?
Troppe domande, troppe questioni aperte per piantare lì tutto Venerdì. Eccheccazzo, non saprei nemmeno cosa mi regalerebbero a Natale.
No dai, lasciamo che il mondo prosegua la sua corsa con la razza umana a bordo e bene in salute ancora per un po’. Vediamo cosa succede. Che poi se avete ragione voi, e non ne dubito eh, magari la nuova era sarà una figata tale da rendere il mondo e l’uomo due cose di cui essere contenti.
A posto quindi, direi che ci siamo chiariti. Come dite? Se c’è dell’altro? No… non direi… come? Ma no, vabbè… checc’entra… sì, forse un po’, ma… cazzo se siete insistenti… va bene, va bene, lo dico.
Vorrei anche che il mondo non finisse Venerdì perchè, onestamente, morire mi fa una paura fottuta.

Poi cambio discorso, giuro

Ieri si sono concluse le primarie del centrosinistra.
Sappiamo chi ha vinto e sappiamo chi ha perso.
Avrei potuto mettere link diversi ai due “chi” della frase precedente, due rimandi a chi secondo me ha davvero vinto e chi ha davvero perso, ma dopo il bellissimo discorso condiviso in seguito al risultato, sarebbe stata una caduta di stile.
Non tutti però hanno la mia stessa idea di caduta di stile.
Oggi infatti, grazie alla segnalazione puntuale di @pacca8, mi sono imbattuto in un paio di scritti che credo valga la pena leggere.
Il primo l’ha postato Luigi Zingales via facebook e lo si può leggere qui.
Il secondo è di Oscar Giannetto Giannino e lo si può leggere qui.
Dalla sconfitta di Renzi sono passate, più o meno, 24 ore.
Ecco cosa penso in merito alla questione. Questi due pezzi, come tutti quelli che seguiranno nei prossimi giorni sostenendo la stessa cosa, mi fanno schifo. E lo dico partendo dal presupposto, spero fondato, per cui Renzi sia totalmente estraneo alla faccenda, perchè così non fosse “schifo” sarebbe davvero troppo poco. Ad ogni modo, ritengo sia bene argomentare.
Renzi ha condotto una bella battaglia nel tentativo di cambiare il PD e la sua politica, o quantomeno rivederne alcune basi. Ha perso, vero, ma ha convinto il 40% degli elettori di centrosinistra. Ok, in realtà ha convinto il 40% dei votanti alle primarie che è cosa diversa, ma il succo è che una quota importante degli elettori di centrosinistra si ritrova nel programma sostenuto dal sindaco di Firenze. In un partito DEMOCRATICO questa cosa deve avere un peso. Perchè ce l’abbia serve che chi ha combattuto per tirar fuori questa nuova anima del partito, continui a farlo dall’interno. Non è vero che il cambiamento non c’è stato. Non è stato immediato e radicale come avremmo voluto, ma il meccanismo è stato innescato e non deve fermarsi certo ora. Non si scappa.
Però devi tenere a mente che hai perso. Se perse le primarie lasci il partito che non ti ha capito per farne uno tuo, quando perderai le politiche cosa farai? Lascerai il paese per trovarne uno disposto ad ascoltarti? Non funziona così, non in democrazia.
Questa è solo una mossa per cavalcare il fenomeno, per strumentalizzare un voto. Ci vedo tanta caccia alla poltrona, piuttosto che reale volontà di portare avanti un programma. Perchè è inutile dire che “Fermare il declino” non ha una sola possibilità di governare, mentre il PD ce l’ha. Ed è vero che non sarà facile farsi ascoltare, ma meglio essere nella posizione di poterlo fare piuttosto che auto tagliarsi fuori a prescindere solo per non dover essere minoranza. Le scissioni sono l’emblema della vecchia politica. La corsa ad avere ognuno il suo simbolo così da avere ognuno il proprio posticino, per quanto inutile e privo di peso.
Ci si deve quantomeno provare.
Non pretendo una scelta di vita immutabile, ma voglio vedere almeno un tentativo di far funzionare un sistema che, aderendo alle primarie, avete accettato di costruire. Altrimenti è una pagliacciata.
Mi rendo conto che questo post è orrendo. Ci sto lavorando da ore e non ne viene fuori una versione che funzioni.
Ho anche meditato di piantare lì e cancellare tutto, ma poi ho deciso di no.
Spero almeno si capisca il mio punto sulla questione.
Che è di schifo, per chi non avesse colto.

Il post in cui Manq rivaluta Matteo Renzi

E’ giunto il momento di parlare come si deve delle primarie del Partito Democratico e, per farlo, non posso partire che da una premessa. Scrivo questo blog da quasi otto anni. In questo lungo lasso di tempo ho attraversato diverse stagioni politiche e ideologiche, ognuna delle quali ha avuto radici e motivazioni che se anche non ho saputo chiarire qui sopra, per me avevano in quel momento tutto il senso del mondo.
Mi reputo, da sempre, “di sinistra”.
L’ultima versione del Manq soggetto politico tuttavia incarnava una radicata e non certo sopita vena di disgusto per la classe dirigente del suo Paese. In toto. No, niente antipolitica. L’antipolitica è una mistificazione, l’ennesimo tentativo di scaricare le responsabilità da parte del reale oggetto delle imputazioni. Non c’è una guerra alla politica, ma a CHI l’ha mal praticata e non c’è nulla di meno antipolitico che combattere questa guerra. Il nodo della questione è capire come.
Nel recente passato la mia posizione era l’annullamento della scheda, unico modo che mi consentisse di far presente l’assenza di una rappresentanza che sentissi eleggibile. Pur non rinnegando nulla, oggi la mia posizione potrebbe cambiare e tornare ad essere quella di un soggetto votante. Fortissima discriminante in questo percorso sarà l’esito delle primarie del PD perchè, poco ma sicuro, tornerò ad esprimere una preferenza se sarò nelle condizioni di esprimere un voto PER qualcuno e non CONTRO qualcun altro.
Ieri quindi mi sono registrato alle liste per le primarie e oggi provo a spiegare perchè Domenica 25 Novembre voterò per Matteo Renzi.
Prima di iniziare però, è bene che chi si appresti a leggere quanto segue sia a conoscenza del programma su cui tutto si fonda. Qui infatti non si tratta di quanto bene io vi venda le mie motivazioni, ma della base sulla quale ho deciso di fondarle.
Dopo vent’anni di Berlusconismo è impossible, purtroppo, approcciarsi alla politica senza partire dall’uomo, ovvero dal soggetto che rappresenta ed incarna il progetto che espone. Io ne farei volentieri a meno, forte dell’idea per cui le persone cambiano, ma il progetto deve andare avanti, però a quanto pare non si può discutere di politica nel nostro paese senza dare una valutazione personale dei candidati. Io, paradossalmente, ho più simpatia per Renzi che non per l’interezza del suo programma di eventuale governo. Il punto chiave, tuttavia, è che non sarà per questo che lo voterò.
E’ ovvio che quanto scritto possa apparire insensato o confuso, quindi adesso cercherò di spiegarmi. Ho letto con attenzione il programma che ho linkato qui sopra e ho anche avuto modo di sentire alcuni interventi di Renzi in tv, non ultimo quello dell’ormai famoso confronto a cinque. Per come sono fatto io e per le mie radici ideologiche è difficile sposare in toto il progetto Renzi e poi illustrerò magari le cose di cui sono poco convinto. Prima però è necessario chiarire cosa mi ha convinto.
In primo luogo è vitale sostenere Renzi alle primarie, paradossalmente ancor più che alle politiche, perchè se vogliamo credere ancora alla possibilità che il PD possa dare qualcosa all’Italia è mandatorio dare un segnale netto, definitivo ed incontrovertibile che tutto quello che è stato fatto fino ad ora NON VA BENE. E consegnare le primarie a Renzi è quel segno. Il concetto lo spiega bene Enrico Sola in questo post, ma mi piace riprenderlo. E’ ora di dire basta a chi ha come primo obbiettivo vincere le elezioni e dare spazio a chi vuole provare a guidare un paese. Sembra una frase fatta, ma è realmente lo specchio della questione. Cercare di vincere tirando dentro alleanze che a priori si sa non potranno convivere è rifiutarsi di puntare a governare. E io voglio provare l’ebrezza di vedere il mio voto sopravvivere ad una legislatura intera.
Quindi bene l’approccio, ma vediamo i contenuti. Del programma di Renzi mi piace molto la visione europeista, vera chiave contro le derive nazionaliste che stanno cavalcando un po’ tutti i paesi investiti dalla crisi. Si fa un gran parlare degli Stati Uniti, cercando di imitarli in tutto quello che di pessimo possono offrire, senza mai riflettere sul fatto che sono, appunto, Stati UNITI e che in quello, forse, c’è da ricercare parte del loro successo.
Mi piace molto, moltissimo, come suona il progetto di una ricerca finanziata per merito, con non solo più investimenti, ma soprattutto target più meritevoli per i suddetti e per quanto possa aver capito io della cosa, mi piace anche l’idea che c’è alla base di una riforma sanitaria volta all’eccellenza.
Ritengo enormemente importanti i punti riguardo la fecondazione assistita e le civil partnership.
Da ignorante trovo buoni anche i punti in termini di giustizia e lotta all’evasione.
E allora perchè all’inizio ho detto che non ho completa simpatia per il progetto Renzi? E’ semplice, perchè io vorrei di più. Io vorrei ad esempio che per le coppie omosessuali si potesse parlare di matrimonio e di figli. Vorrei una politica del lavoro che non debba scegliere chi inculare tra giovani e meno giovani. Vorrei un rapporto diverso tra Stato e confindustria (o anche solo tra stato e Fiat). Vorrei che non si pensasse mai alle banche come strumento per garantire un’istruzione elitaria a chi non ha i mezzi economici per farcela da solo. Vorrei una riforma della politica che non privi “i ricchi” della possibilità di entrarci, ma che garantisca ai “non ricchi” di poter fare altrettanto (e questa era l’obbiezione di Vendola durante il confronto TV cui tu, caro Matteo, non hai risposto se non rigirando la questione).
Poco più di un anno fa scrivevo questo post.
Evidentemente ho cambiato idea, anche se poi entrando nel merito neanche più di tanto.
Oggi però ho in mano un programma e, leggendolo, mi son trovato costretto ad ammettere di condividerne buona parte.
Per il Manq di oggi è evidentemente abbastanza. Renzi non è il mio candidato ideale quanto l’Italia non è il mio paese ideale. Però è qui che vivo e forse Renzi può far fare al Paese mezzo passo in avanti.
Io di rinunciarci sulla base del fatto che è troppo poco non me la sento.

Toc!

“Se ci sei, batti un colpo!” è un modo di dire che non ho bene idea da dove nasca. So che è diffuso, però, e quindi è da lì che voglio cominciare.
Questo post, col suo titolo onomatopeico, è il mio tentativo di dare un segnale di presenza on-line che vada oltre le tonnellate di cazzate che quotidianamente riverso su Twitter o su Facebook. I social network. Strumenti del demonio che con la loro semplicità e immediatezza ti spolpano della voglia di argomentare. La vita ridotta ad una serie di battute flash, istintive, immediate. Zero spazio per fermarsi a riflettere e costruire un discorso, per mettere in piedi un concetto che abbia non solo un senso, ma una struttura. Non c’è tempo, nè per chi scrive, nè per chi legge. E’ il 2.0 che avanza ed io, che ultimamente (eufemismo) mi percepisco oltremodo vecchio, lo soffro. Perchè è vero che “non è la pistola che uccide, ma chi spara”, però è difficile resistere ad un meccanismo di semplicità così ammiccante, perlomeno per il sottoscritto, e così ogni volta mi ci ritrovo schiacciato, complice la mia proverbiale pigrizia.
Esempio.
Settimana scorsa ci sono state le presidenziali americane. Obama, Romney, l’health care, l’alternanza, i tentativi di boicottaggio del voto, la situazione politica americana fatta essenzialmente di due fazioni quasi perfettamente sovrapponibili, l’aberrante concetto “Non importa per chi voti, l’importante è votare”, la riconferma a mio avviso quasi scontata, il reale peso del presidente più potente del mondo sulla gestione dello stato che presiede, l’interesse di tutto il mondo, le reazioni discutibili nel nostro paese. Questi sono alcuni dei punti che comporterebbe trattare volendo parlare dell’argomento. Invece no, usiamo 140 caratteri, e quel che ne esce non può che essere un’opinione sciapa, incompleta, vuota.
Fine esempio.
Oggi, mentre mi districavo sapientemente nella selva di inutilità proposta dai SN, mi sono imbattuto in un post di Luca riguardo la mobilitazione europea, gli scontri, la chiave di lettura degli eventi e il concetto di protesta ai giorni nostri. Il pezzo, questo qui, oltre che ben scritto e interessante presenta un’analisi che gioco forza necessita di argomentazioni, di parole, di spazio e tempo. Ed è questo ciò di cui c’è bisogno. Condivisibile o meno l’analisi, sottoscrivibile o meno il messaggio, è il caso di riprendere a riflettere sulle cose. La società sta cambiando e la stiamo costruendo sulla superficialità, sulle prime impressioni, sulle scelte d’istinto.
Ci stiamo svuotando.
E questa cosa si vede anche e soprtattutto in situazioni estreme come quelle degli scontri. E’ bellissimo il paragone che Luca fa con l’assedio medioevale, davvero bello, ma a differenza sua io più che valutare gli effetti di questo fenomeno, mi preoccupo delle cause. Gli scontri tra polizia e manifestanti da “effetto collaterale” sono diventati il target della cura. Ed è tremendo perchè c’è chi è disposto a prendere un sacco di botte per uno scopo che ha completamente perso di vista.
Uscendo di casa, prima della piazza, qualcuno si pone la domanda “Ok, se la polizia non dovesse bloccarci e caricarci, se semplicemente si facesse da parte o, ancora meglio, non si presentasse proprio, noi cosa faremmo?”? Che foto girerebbero su FB o Twitter il giorno dopo? Certo, qualcuno magari prenderebbe a sassate qualche vetrina e darebbe fuoco a qualche macchina comunque, ma gli altri?
Avere un blog è questo: fermarsi e riflettere sulle cose. E io perdo sempre più l’occasione di farlo buttando alle ortiche un’opportunità gigantesca. Non che non ne senta la necessità eh, perchè mi basta niente per sfogare il mio malcelato bisogno di analisi. Non fosse così, non si spiegherebbero fenomeni come il tirare 200 commenti su Serialmente trasformando una recensione sugli zombie in una discussione sulle società civili. E’ che scrivere non è facile. Quando ti ci metti non puoi poi distogliere lo sguardo se quel che vedi non ti piace. Non puoi far finta di niente, smettere di ascoltare o iniziare a pensare ai cazzi tuoi. O meglio puoi farlo, ma a quel punto il pezzo diventa una bozza abbandonata che non riprenderai in mano mai più e che sarà, inevitabilmente, un’altra occasione persa per chiarirti le idee.
E se tutto questo non vale per voi, beh, vale per me.
Ci ho messo diverse ore a scrivere questo post e l’ho fatto nei ritagli di tempo al lavoro. Dovrei rileggerlo, perchè sono del tutto sicuro sia sconnesso e poco lineare, ma correrò il rischio di farlo dopo la pubblicazione.
Come sempre, è stato un processo utile.
Forse dovrei rifarlo, nel breve.
Magari costringendomi a scrivere delle primarie del PD.
Di “Papa Giovanni
No ecco, di quello è meglio non scrivere.

PS: Sì, la sensazione che io abbia usato questo post anche come maxi riassunto di tutti i post che non ho scritto di recente è legittima.