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Riflessioni

La generazione che ha perso. Noi.

E’ un po’ di tempo che mi gira in testa un concetto, ma come sempre accade quando mi trovavo a pensarci non ero mai nelle condizioni di scriverci sopra. Non lo sono manco ora, in realtà, ma ad un certo punto uno deve darsi delle imposizioni. Oltre ad alzarsi dal letto la mattina, intendo. Fatto sta che l’altro giorno mentre navigavo sul sito della Gazzetta ho visto un articolo a tema Maradona che stoccaccia una tipa. Il pezzo titolava: “Riecco la mano de Dios”. Ho fatto anche uno screenshot perchè certe cose vanno documentate come si deve.
In battuta ho pensato: “ma guarda te che brutta fine che ha fatto la Gazzetta dello Sport”, quasi subito però è riemerso in me il tarlo di quel concetto che continuava a girarmi in testa e così mi ci sono fermato sopra. Il problema, purtroppo, non è la Gazzetta dello Sport.
Il problema è che la mia generazione è, sostanzialmente, la prova empirica della natura fallimentare della specie umana.
Ok, c’è un salto tra le due affermazioni, lo capisco pure io che scrivo, quindi adesso mi spiego meglio. Beh, diciamo che ci provo.
Partiamo da una premessa: io la storia l’ho studiata a scuola, durante il liceo, periodo in cui non è che lo studio fosse proprio la priorità. Però pensando alle varie epoche dell’uomo non mi viene in mente un altro momento in cui l’umanità si sia trovata per le mani un mezzo così potente, rivoluzionario ed egualitario come internet. Ecco, vogliamo analizzare l’uso che se ne è fatto? Per carità, molte cose buone sono venute fuori dalla rete, ma se tu che leggi in primis pensi alla musica gratis, al porno gratis o ai social network, allora capisci (?) che il problema è grave. La realtà è che internet è stato relegato al concetto di svago e se questa non è una sconfitta clamorosa allora non so davvero come altro definirla.
Dieci anni fa pensavo a quanto fosse bello un mondo in cui le notizie fruissero libere ed orizzontali. Internet destinato a diventare lo strumento principe per l’informazione e la divulgazione. Oggi la gran parte dei contenuti che si trovano in internet sono fake. Siamo al punto in cui è divertente inventarsi notizie e metterle online per vedere chi ci casca. Interi siti dedicati a questa cosa. A diluire i contenuti utili in un mare di merda siamo stati noi, la mia generazione. Gente che nella vita non caga un’opinione manco sotto tortura e d’improvviso si ritrova a dire la propria su tutto da dietro una tastiera. Pure in merito ad argomenti che non conosce o che magari neanche gli interessano. Io potrei essere uno di questi, ben inteso. L’importante in ogni caso e’ scriverlo prima degli altri. Anche l’informazione canonica è stata ingurgitata da questo meccanismo perverso di diretta estrema, per cui le notizie vanno date in tempo reale, in modo da poter essere commentate in tempo reale. Senza possibilità di analisi. Un contenuto online da due ore è vecchio, serve continuo ricambio. Notizie sempre meno rilevanti, non approfondite e spesso anche non verificate riempiono le pagine dei giornali online e la rete di materiale inutile. Non saprei come altro definirlo. Intrnet sarebbe potuto essere la nuova informazione ed invece la nuova informazione è diventata internet, nella sua peggiore accezione. Si è parlato per anni del diritto di satira senza rendersi conto che la satira era l’unica cosa che ci stava rimanendo e che, a lungo andare, ha finito per sostituire l’informazione. E’così che abbiamo ammazzato lo strumento.
Non è una cospirazione, non è un’astuta manovra dei poteri forti, è proprio che abbiamo fallito la più grande e probabilmente irripetibile occasione della storia. E siamo stati noi. Non le generazioni passate di cui diciamo sempre “cazzo vuoi che ne capiscano?” e nemmeno quelle future che ai nostri occhi non sanno combinare un cazzo. Noi. Abbiamo perso ed è il caso di riconoscerlo. Un arco evolutivo costruito sul vorrei, ma non posso che, sul più bello, si è trasformato in un potrei, ma non ne sono capace.
Chi è causa del suo male, pianga se stesso.

Interstellar, la versione lunga.

La versione corta è che Interstellar è una merda.
La versione lunga prova ad argomentare la versione corta e lo fa con qualche SPOILER che se non avete ancora visto il film forse vorreste evitarvi. Che poi, siamo onesti, è stato pompato come il film dell’anno ed è fuori da dieci giorni, quindi l’avete già visto tutti. Nel dubbio, prima di infilare uno SPOILER scriverò SPOILER.
Io sono andato in sala questa sera, dopo aver provato a lungo a procurarmi dei posti decenti per la versione 70mm in proiezione all’Arcadia di Melzo. Il motivo è presto detto: Nolan è un regista che mi piace e quindi volevo vedere il suo ultimo film nelle condizioni migliori. Ho fallito, ovviamente, ma sono comunque riuscito ad andare a vederlo in 4K, compromesso più che accettabile.
Ok, adesso parliamo del film, iniziando dalle cose buone. Interstellar è un film di tre ore che passa senza problemi. Non annoia mai, non ci si ritrova mai a pensare a quanto possa mancare ed è bilanciato benissimo dal punto di vista del ritmo, della costruzione della tensione e della proporzione tra tutti i suoi “capitoli”. La seconda cosa buona del film è la prestazione di Matthew McConaughey, che è veramente una bomba di attore capace di un’altra interpretazione sontuosa nel suo essere perfetta e mai sopra le righe. Il film si presterebbe agli eccessi, ma lui lo porta a casa senza strafare. Bravo bravo. La terza cosa buona viene fuori quando il film si sofferma a riflettere sulle implicazioni che una missione come quella affrontata dai protagonisti possa avere per chi decide di intraprenderla. In questo Nolan è molto bravo e riesce a trasmettere il punto già nella prima parte della pellicola, esplicitando poi il tutto con una sotto-trama ed un personaggio (quello di Matt Damon) che a mio avviso sono la cosa migliore di tutte le tre ore.
Ecco, con le cose buone ho finito.
La prima tra le magagne è che Interstellar è un film spocchioso. Ma parecchio spocchioso, diciamo che ha la spocchia di “2001: Odissea nello Spazio”. Un po’ ovunque ho letto accostamenti tra i due film ed è a mio avviso insindacabile che lo stesso Nolan abbia guardato molto al film di Kubrick. A me 2001 fa cagare. Facile quindi pensare che anche questo Interstellar non mi sia piaciuto per gli stessi motivi, invece no. Interstellar non è noioso, 2001 sì (mortalmente). In più Nolan ha il vizio degli spiegoni, mentre Kubrick non ci ha manco provato di striscio ad esplicitare i concetti. Insomma, sono due film molto molto diversi, ma la volontà di essere opere grandiose è la stessa in entrambi. Un grosso problema deriva proprio dall’assunto di partenza: se ti prefiggi di fare un film “maestoso”, un capolavoro del genere, ti servono alcune cose. Se si parla di fantascienza, la prima, secondo me, è l’impatto visivo. Interstellar non è un film di impatto. Non ha manco un decimo della potenza visiva di Gravity e questo è un grosso problema. La seconda necessità è una trama solida. Non è fondamentale, ma aiuta molto. Tenendo in piedi il parallelismo, Gravity ha un plot scritto da un bambino di terza elementare, ma sta in piedi. In più, mentre lo vedi al cinema, hai la bocca così spalancata che ti si chiudono le coronarie, non arriva sangue al cervello e non ti accorgi della sua banalità. Qui il plot non è che sia banale, è proprio privo del minimo senso. Io non sono uno di quelli che la mena con la plausibilità scientifica (fotte sega), ma se mi tieni tre ore a parlare di spazio-tempo, relatività, buchi neri, gravità e te ne esci che “la quinta dimensione è l’amore” costruendo metà film sul concetto, beh, vaffanculo.
Vogliamo parlare del “colpo di scena”? Ce ne sono due, essenzialmente, ma il più importante, quello su cui tutto si fonda, lo si intuisce al minuto 10 e lo si da per assodato al minuto 60. Quando, al minuto 140, il tutto si esplicita on screen tu ne sei talmente già conscio e consapevole che guardi e ti chiedi come cazzo faccia Matthew McConaughey a non averlo ancora capito. Sei lì che lo vedi armeggiare e ti domandi come mai quello che per tre quarti di film ti hanno presentato come un tipo molto più smart della media non stia capendo un cazzo di quello che gli succede attorno. Quindi già siamo di fronte ad uno dei peggiori “Shyamalan twist” ever, ma è pure messo in scena male.
Per finire, ci sono le scene che, davvero, mentre le guardi gridi MACCOSA (cit.) talmente forte che quasi non ci credi. Scelte insensate, frasi insensate, comportamenti insensati che culminano [SPOILER] nel protagonista che invia a sua figlia l’equazione per la comprensione dell’universo in codice morse. Una cosa del genere mi prende e mi sbatte fuori dal film qualunque cosa stia succedendo, se poi fino a lì non è che fossi convintissimo, il tutto crolla nella mestizia.
Quindi ecco, per me Interstellar è il peggiore tra i film di Nolan che ho visto. Peggio pure del terzo Batman, se devo dire la mia.
Cosa più rivoluzionaria di Interstellar: il nero non è il primo che muore.
Domanda aperta più importante a fine visione: perchè, per tutta la prima parte, il buon Mathew ha la pelle gialla? Io pensavo che a metà film morisse di epatite.

Sputare nel piatto in cui si è mangiato, dicesi:

Ci sono quelle cose che una volta ti piacevano e adesso invece no. Magari ne parli e fingi ti piacciano ancora, oppure che non ti siano mai piaciute, però quando ci pensi e non hai nessuno a cui mentire finisci spesso col dire che la ragione sta nell’essere diventato adulto. Vien buona per tutto, effettivamente, come spiegazione, ma che sia anche vera non è così automatico.

Facciamo un esempio. Giorni fa è uscito il disco nuovo dei Lagwagon. Agevolo una diapositiva.

Per il processo di cui sopra, io adesso sentirei di dover precisare che riprendere in mano il blog per scrivere dei Lagwagon, sia una roba di cui vergognarsi.  E lo sarebbe eh, ma il post tratterà solo marginalmente di quello, promesso. Ad ogni modo sto disco io l’ho sentito e mi ha fatto abbastanza cagare. Me lo aspettavo. La domanda però è: è davvero perchè sono ormai troppo vecchio per certe stronzate (cit.)?

No.

Ho delle prove a supporto di questa tesi.

La prima riguarda ancora i Lagwagon. Ok, potrei aver mentito quando dicevo che il post si sarebbe occupato solo marginalmente di loro. Nell’estate 2013 mi ero ripreso in mano più o meno tutti i loro dischi, diciamo quelli che secondo me avevano un senso quando sono usciti: Hoss, Feelings, Double e il loro Live in a Dive (ci metterei anche Blaze perché a me piace, ma è uscito fuori tempo massimo per essere tra quelli insindacabili). A parte il primo, gli altri sono proprio dischi brutti. Dentro ci sono ancora i pezzi fighi che ricordavo, ma diluiti in un mare di merda. Parlando di lavori che a volte non arrivano ai 30′, il problema è notevole.

Questa non è una prova, si potrebbe obbiettare. Alla fine anche questo cambio di opinione potrebbe essere legato all’anagrafe e io potrei non avere più l’età per apprezzare l’HC melodico in generale, pure se fatto bene.

No. Di nuovo.

Uno dei dischi che ho ascoltato di più in questo 2014 privo o quasi di uscite interessanti è un disco del 2006 che mi ha girato su facebook un ragazzo che conosco. Ed è un disco HC melodico. Slide!

Un gran bel disco,  aggiungo. Ci sono le melodie, i suoni giusti, la ritmica giusta ed un uso delle chitarre che in dischi del genere si trova raramente. Da qualche mese ascolto a ripetizione un disco che alla mia età e con i miei gusti attuali non avrei mai pensato di poter anche solo digerire. Fact.

La conclusione.

Con il tempo non cambiano i gusti.  Si ampliano, magari, ma non si stravolgono. Quello che cambia è la propensione a venire a compromessi. I Lagwagon sono quella ragazza che ricordi carina dai tempi del liceo e che rivista oggi su Facebook ti sembra un cesso. Se ci pensi bene e sei disposto ad ammetterlo, con tutta probabilità era un cesso anche quindici anni fa. Il tempo ed il distacco hanno distorto la realtà portandoti a ricordarla diversa da ciò che è. Migliore. I Lagwagon hanno fatto un disco dei Lagwagon ed è brutto e trascurabile per moltissimi motivi, ma tutti derivanti dal fatto che siano i Lagwagon e non dal nostro essere nel 2014.

Poi chiaro, chi invecchia male c’è. Non si discute.

Quando ieri ho aperto l’editor del blog per scrivere, avevo intenzione di parlare dei tizi che hanno messo su una start-up per produrre latte usando i lieviti invece delle mucche (qui la pagina web). Ci avrei scritto sopra un bel pistolotto (tutto sommato producendo un post che a differenza di questo avrebbe anche avuto una sua utilità), ma alla fine l’unica cosa che ha senso dire è OGM 1 – Teste di cazzo 0.

Una su X Factor 8

Poco fa @disappunto ha linkato su twitter un pezzo del Fatto* a tema X Factor 8 dicendone essenzialmente male. Io ho letto l’articolo e ne condivido larga parte. Non riuscendo per una volta a spiegare i miei motivi via tweet mi prendo qualche minuto per scriverne qui, conscio che il pezzo uscirà con tempi inconciliabili a qualunque tipo di discussione online caratterizzi l’epoca contemporanea, vale a dire più o meno due ore. Tempo fa ho steso la bozza di un post a tema “i tempi del web” che non ho mai concluso perchè io stesso a metà pezzo mi ero ritrovato ormai privo di interesse per la cosa.
Tornando in tema, l’articolo del Fatto* è questo qui e se si esclude l’ultimo paragrafo e la sua deriva sui problemi della discografia a me pare un pezzo piuttosto centrato su questioni in merito alle quali a sto punto dirò anche io la mia. Una cosa certamente vera è che a X Factor si ripete come un mantra la questione centrale dell’essere vendibile. Anche gli scorsi anni eh, ma in questa edizione è tutto ancora più marcato, con Fedez che sente particolarmente suo questo metro di valutazione. A rifletterci, la contraddizione in termini è evidente e se per qualcuno tirarla fuori dopo otto anni è un nonsense, per me è semplicemente basarsi su una robusta casistica. Vado ad elencare i motivi per cui “la contraddizione in termini è evidente” (cit.). Innanzi tutto, nessuno dei vincitori di X Factor vende. Non è del tutto vero, ci sarebbe Mengoni, ma proprio grazie all’ampia casistica a disposizione si può concludere che Mengoni sia un caso. Quindi il punto è che o consideriamo il format come uno dei più fallimentari della storia della televisione, ciclicamente incapace di raggiungere l’obbiettivo per cui parte, oppure il punto della vendibilità come criterio di valutazione è una cazzata. Io propendo comunque per la prima ipotesi: i giudici di X Factor puntano davvero a trovare un soggetto vendibile, ma non ne sono capaci. In più, il format non li aiuta. Sempre volendo puntare i miei due centesimi, gli autori questo lo sanno benissimo, ma nessuno di loro va in TV a dire che l’obbiettivo della trasmissione è “Trovare un talento vendibile” piuttosto, se glielo chiedessero, “portare a casa un’altra stagione di buona televisione”. Ora, volendo dare per buono il concetto per cui oggi esista qualcuno in grado di sapere come fare a far vendere i dischi ad un artista, di certo questo qualcuno non sta al tavolo dei giudici del programma. Non c’è quest’anno come non c’era gli anni scorsi, ma è di questa edizione che si parla e quindi è questa che analizzo.
E’ facile dire che Victoria non sappia cosa serve per vendere i dischi. Non è il suo mestiere. E’ più simpatica della Ventura (grazie al cazzo), ma la portata è la stessa. Il secondo in ordine di inutilità però è proprio l’osannatissimo ed autocompiaciutissimo Morgan, che a conti fatti non è mai stato buono di vendere manco i suoi, di dischi. Qui si capisce la netta separazione di intenti tra autori e programma. Morgan è fondamentale per lo show perchè è l’equivalente di Benigni che legge la Divina Commedia, solo che nessuno si azzarderebbe ad andare in giro a dire che il secondo punti a far vendere più copie di Dante. E’ ovvio anche alle mie pantofole che chi guarda X Factor non è chi compra i dischi. Fine. Così non fosse, non ci sarebbe una crisi della discografia comunemente detta. Morgan, all’atto pratico, è il fallimento più grande dell’X Factor che punta ad invadere il mercato. Restano gli altri due giudici, che quantomeno hanno un’idea di cosa voglia dire vendere dei dischi, anche se ho già detto della profonda differenza tra vendere e far vendere.
A farmi riflettere più di tutti c’è Fedez, ragazzo che stimo essenzialmente sulla base della musica che ascolta e della maggior parte delle cose che gli ho sentito dire. Valutassi la musica che fa avrei un parere diverso, ma non è questo il punto. Il meccanismo legato al “successo” di Fedez è talmente all’antitesi di una cosa come X Factor che infilarcelo dentro a fare il giudice/coach risulta una scelta assurda da qualunque direzione la si guardi. Penso si sia tutti d’accordo sul suo non essere personaggio televisivo, non ha i tempi né il mestiere e una sua performance alla Arisa credo non sia nemmeno quotata dalla SNAI. Non credo nemmeno sia da prendere in considerazione per l’aspetto tecnico/teorico della faccenda. Non è uno che sa come si fa bene la musica. Non parlo di gusti eh, parlo proprio di sapere quello che si sta facendo, di “preparazione”. Potrò non essere sul pezzo per valutare le sue conoscenze del RAP o dell’Hip-Hop, ma quelle volte che prova ad uscire dal suo per entrare nel mio, che non sappia quello che sta facendo o quantomeno come fare a farlo bene è evidente. Fedez fa la sua cosa credendoci il giusto e divertendosi di conseguenza. E fa benissimo. Però da lì a poter spiegare agli altri come fare altrettanto secondo me il passo è lungo. Usando una metafora che credo gli piacerebbe, è come far fare l’allenatore in Serie A ad uno solo perchè è forte a Pro Evolution Soccer. Che poi, giusto per aprire un’altra parentesi nel discorso, che cazzo di senso ha continuare a puntare su questo discorso della qualità, del fare buona musica, delle armonizzazioni, dell’intonazione e via dicendo? Ci rendiamo conto di chi “vende i dischi” in casa nostra o no?
Per quanto mi riguarda quindi, X Factor è un programma che con il vendere i dischi c’entra relativamente poco. Meno di Amici, per dire, che trovo decisamente più onesto nel suo invertire gli addendi e lavorare sulla costruzione di un pubblico che ami quello che propone invece che sul costruire qualcuno perchè piaccia ad un generalissimo pubblico senza volto. Ed infatti ad Amici non si parla mai di “cercare uno che possa vendere”, pur avendo tirato fuori più gente con i numeri in classifica del rivale con la X.
Quindi? Quindi sono d’accordo con il pezzo del Fatto* in quasi tutte le sue parti, pure quando fa una critica alla prima puntata ed ai suoi contenuti artistici. Due ore e passa di bello spettacolo: curato, ben fatto e ben diretto, dove però sotto questi chili di sovrastrutture produttive non resta nulla di cui valga la pena parlare. Nessuna voce che spicca. Nessun personaggio che spicca. Nessuna interpretazione che spicca. Tantissima insipienza su cui è stato costruito dell’ottimo intrattenimento. E va bene così, perchè io guardo X Factor per lo show, non certo perchè comprerò i dischi che ne escono. A me piace vedere l’assegnazione dei pezzi, gli arrangiamenti, i costumi e, quando va di lusso, grassa polemica sterile su questioni completamente risibili fatta da gente che è lì a fare un lavoro che non sa fare.
Ho questa idea che stare dentro a X Factor per i giudici sia tipo il Truman Show.

*Abbiamo un quotidiano comunemente chiamato IL FATTO a cui tutti si riferiscono dicendo: “Hai letto cosa ha scritto IL FATTO?” ed è bellissimo.

La teoria della relatività

Oggi ha iniziato a girare in rete il nuovo disco dei Finch, Back to Oblivion. Io l’ho appena sentito, commentandolo traccia per traccia su twitter. Riporto per completezza, conscio che questo appesantirà il pezzo in maniera incredibile:

Ora, è noto che io al primo ascolto ho stroncato una montagna di roba che poi, alla lunga, ho riconsiderato. Ho tuttavia i miei dubbi questo sarà uno di quei casi. Purtroppo (davvero eh, io a questi voglio bene tanto) i Finch hanno rilasciato un disco di cui nessuno sentiva il bisogno. Oltretutto, l’hanno mixato con dei suoni talmente a cazzo di cane da lasciare il dubbio per cui la versione che circola sia in realtà una demo pre-mix.
Ora so che questo giudizio finale chiamerebbe fortissimo l’ennesimo pippone sulla questione reunion, ma è una cosa di cui non ha senso parlare. Oltretutto per i Finch questa è addirittura la seconda, di reunion, e l’EP venuto fuori dalla prima per quanto mi riguarda aveva dentro robe significative. Quindi il punto non è reunion o non reunion. Il punto è fare i conti con la relatività.
Dalla relatività non scappa nessuno.
Su twitter chiudevo così:

Fine.

Cose che potrebbero anche interessare qualcuno (#esticazzi)

Non mentirò, questo post ha come scopo principale il non far girare a vuoto questo Agosto 2014, fino a poco fa candidato serissimo a primo mese senza post da Gennaio 2005, ovvero da che questo blog è stato aperto.
#esticazzi.
Siccome non ho voglia di scrivere niente di approfondito, interessante o anche solo lungo abbastanza per dare al post una vaga credibilità e non farlo apparire come mera tacca sull’ipotetico muro del mio essere ossessivo/compulsivo, farò un listone di robe.

1) Ho appena visto il finale di True Blood. Per un tot di motivi che ho già ripetuto ad oltranza, in parte anche qui sopra, lo ritengo una delle serie più significative di sempre. Quella che si è chiusa è forse la stagione meno brillante ed io ero così carico di aspettative che rimanere soddisfatto non sarebbe mai stato possibile. Quindi non mi sono nemmeno goduto gli ultimi metaforoni buttati dentro a forza, tra eutanasia e matrimoni non riconosciuti dalla legge che però se c’è l’amore vaffanculo a tutti, e ho seguito il tutto come un conto alla rovescia verso il finale. Verso l’incombente dissolvenza in nero. Mentre sullo schermo Jason diceva a Hoyt che la morte non può spaventare se si vive il presente al meglio io lo ascoltavo, ma avevo chiaramente la testa al fatto che forse sarebbe stato l’ultimo discorso contorto dello sceriffo Steakhouse. Un momento così magicamente “meta” da essere suo modo bellissimo. E’ una serie che mi mancherà e a cui sarò per sempre legato. Probabilmente gioca un ruolo importante l’averla sempre letta come la cosa più intelligente girasse in TV, soprattutto perchè non lo era per nessuno e questo mi lasciava modo di pensare che, semplicemente, LA GENTE non ci arrivasse mentre io sì. E poi era tremendamente divertente. E poi mentre scrivo sto sentendo un disco (SPOILER: ne parlo dopo) che mi prende malissimo e ho una tristezza pesa addosso che non so se dipenda dal fatto che, come ogni lutto che si rispetti, ci sia voluto un minimo a metabolizzarlo oppure se sia il disco. Oppure magari sono io e basta.

2) Su RockIt ci sono in anteprima streaming 6 tracce del disco dei And So Your Life Is Ruined. Sei tracce che per quello che ne so potrebbero essere anche tutto il disco. Il link è questo. Stando su RockIt probabilmente l’hanno già sentito tutti ad oltranza da mesi, io però vivo sotto le pietre come le lucertole e per arrivarci me lo sono dovuto trovare sbattuto in faccia dalla bacheca Facebook. E’ un disco che mentre lo ascolti pensi abbia tutti i suoni sbagliati e invece poi capisci che sono giusti così. E ci sono degli arpeggi di chitarra che sono fatti apposta per dirti cose come “Raccontami le tue paure // son sicuro che metà sono le mie” e che con me hanno veramente vita facilissima. Prima, mentre ascoltavo una delle parti strumentali stavo navigando e accidentalmente è partito un filmato sul sito della Gazzetta che parlava della partenza di Balotelli. C’era sta melodia dolce e triste sullo sfondo e Mario che parlava di addii ed era un connubio tremendamente suggestivo. Ora, come cazzo parla Balotelli, l’accento che ha e le cose che dice, per renderle parte di una cosa anche vagamente nostalgica e/o emozionante vuol dire che la parte musicale deve avere i contro coglioni. Oppure che chi ascolta debba essere in quel mood lì, magari per via del telefilm appena concluso (SPOILER: ne ho parlato prima). E’ stata una cosa di un secondo o due, ma è stato bello. Il disco è bello. Ultimamente vengono fuori cose che mi spingono a rivalutare l’impatto che la svolta in italiano dei Fine Before You Came ha avuto sulla musica di casa nostra. Bene così.

3) Pensavo che avrei scritto qualcosa sull’#IceBucketChallenge, ma anche no. Mi prendo giusto un secondo per un cinque altissimo a quelli di Fondazione Telethon che oggi hanno retwittato la mia idiozia, dimostrandosi avanti anni luce.

E anche ad agosto qualcosa alla fine ho pubblicato.
Blog’s not dead.

#esticazzi.

#CASOMANIA

Non starò a farla lunga.
Molto oltre il tempo massimo salgo sul vagone della #CASOMANIA. Ho preso il disco su Amazon perchè sono una brutta persona, uno che avrebbe potuto andare a sentirlo millemila volte e avrebbe potuto comprargli il CD al banchetto, parlargli e stringergli la mano, ma non l’ha mai fatto.
Sono dieci tracce che, se si da loro il tempo, entrano dentro e non escono più.
Di seguito trascrivo a mano il testo della mia preferita, si può ascoltare qui.
Disco dell’estate, con solo un’estate di ritardo.

Prendi questo cielo in scala di grigi, nella foto in bianco e nero è molto simile al reale. Prendi le facciate delle case appiccicate l’una all’altra sembrano fatte di cartone. Quante volte sotto il porticato abbiam picchiato i piedi forte convinti di farle cadere; oggi sono ancora lì allo stesso posto che ci guardano dall’alto e non temono alcun passo. Prendi questa come una canzone tra le tante, poco memorabile, scritta da un anonimo cantante che spesso ha puntato il dito contro il mondo e ora prova a rigirarlo su se stesso quasi come una presa di coscienza o un’ammissione di colpa, o come scusa per suonar la propria voce un’altra volta.

Abbiam riso di mio padre perchè ha un italiano scarso e ha rimpianti che san di 1900, ma al momento di levarci i nostri sassi dalle scarpe ci siamo accorti di non aver saputo fare di meglio; siam stati cavalieri erranti del nuovo millennio antieroi e antipatici un po’ persino a noi stessi. Gridavamo forte contro i grattacieli, diretti discendenti dei mulini a vento. Prendi come lecito il sospetto che a romper le vetrine sia stata più l’invidia che la rabbia: troppo lunga il giorno dopo quella coda dei pretendenti al posto fisso in banca. Tutti con le righe scritte bene, le esperienze formative, nella foto sorridenti, tutti san parlare inglese. E a ripeterci tra noi “non siamo parte del sistema”, ma attendiamo il nostro turno tutti quanti in fila indiana. E ora in questo tempo devastato e vile far la parte di chi è in lotta sembra quasi un’occasione. Da chi fa partire il coro a chi sta in ultima fila, a chi sa far la voce grossa solo sopra una tastiera, c’è un megafono per tutti quando accendi raramente hai un’idea di quanto è spesso il muro che hai davanti. Forse siamo solo stanchi di sentire le nostre voci ritornare così in fretta. Chiediti dove son finite ora le convinzioni di un tempo: intransigenza e fierezza da sostenere fino in fondo alla battaglia o almeno fino in fondo alla notte. Questo è il nostro mattino dopo: la voce roca accordata un tono sotto, i sogni erano illusioni e si son spenti tra le poche idee e i troppi mozziconi. Però abbiamo imparato anche a sorridere assieme alla premura di sputare il fumo fuori dalla finestra. Ci stringe un po’ al collo e un po’ ci somiglia questa armatura moderna da levarci con un gesto la sera e riporre nell’armadio assieme alle altre tutte uguali sulla gruccia. Dentro sogni di ragazzi giocavamo a far la storia con le nostre pistole di legno; siam cresciuti e siamo scesi in piazza, ma quelle nuove eran di plastica con il tappino rosso. Ti ricordi i fucili, quelli veri del tuo nonno cacciatore sotto chiave in salotto? Troppo presi a fare “bang” con la voce non ci siam chiesti ancora che fine han fatto.

Tutta colpa del negro

Commenti a tiepido sul mondiale brasiliano. Che poi è stato uno dei mondiali meno seguiti di sempre per quel che mi riguarda e pure oggi, durante il secondo tempo della partita decisiva, io ero a cena con dei colleghi. Ho visto quindi solo 45′ e ho sentito le dichiarazioni poi. Ecco i commenti, su tutta la campagna brasiliana della nostra nazionale:
1) Alle nozze di Cana Gesù ha fatto il miracolo. Bravo. Non l’avesse fatto però, sarebbe stato da stronzi prendersela con lui e non con chi ha palesemente sbagliato I conti dei coperti. METAFORA.
2) In nazionale conta il gruppo. Nel 2006 abbiamo vinto col gruppo. Le dichiarazioni di Buffon a fine partita dimostrano l’uomo che è. Lo stesso che se vede un pallone dentro non lo dice all’arbitro. Lo stesso che può fare le corna alla Seredova (BATTUTA). Se c’è una cosa buona è che si chiude un ciclo, come per la spagna ma senza aver vinto così. Basta Buffon, Pirlo, De Rossi, Montolivo, Chiellini. Basta col blocco di una squadra oggettivamente scarsa che domina un campionato di livello infimo.
3) Oggi per 45′ ho visto un Verratti con grande personalità. Il ragazzo è forte, giovane e gioca in una squadra di rilevanza europea. Lasciamolo li, per Dio. E speriamo che Immobile si faccia le ossa in Germania e che gli altri giocatori forti e promettenti (Darmian e De Sciglio per dire) vadano a giocare nel calcio che conta. Se vogliamo una nazionale forte la via è quella. Se no teniamoci il nostro campionato oratoriale e poi andiamo alle competizioni europee a fare ste figure. Bene uguale, basta esserne consci.
4) Stiamo davvero discutendo di arbitri? Seriamente?
5) Io uno che si dimette dopo aver sbagliato lo stimo. Chi non lo stima probabilmente non sbaglia mai. Oppure è uno di quelli che non molla la poltrona manco con le cannonate.
6) Quanti altri fallimenti di Cassano dovremo tollerare? Per sapere eh.
7) Io odio Chiellini. Scarso e fastidioso. E non ditemi che sono di parte perché ho la maglia di Materazzi.
8) Mario. È un giocatore di cui nessuno vorrebbe avere bisogno. Io auspico una nazionale e un milan che possano prescindere da lui perché anche sto giro ha deluso. Rimane l’autore dell’unico gol vittoria e quello che sta sera con una delle due palle toccate quasi manda in porta immobile. Colpa sua? Per me proprio no. Speriamo che al prossimo giro la nazionale possa avere la possibilità di lasciarlo a casa.
9) Mi rendo conto di non tollerare la maggior parte delle persone che parlano di calcio in queste circostanze. Limite mio.
10) Vaffanculo. Uscire subito ai mondiali è una merda.

Una bellissima storia di sport

Sta sera io sarei voluto andare a sentire i Touché Amoré al live forum, ma avere un menisco gonfio e dolente mi ha costretto a rivedere i piani.
Così ho deciso di godermi il fascino della finale di Champions League tifando spudoratamente Real e, alla fine, sono qui a godere del risultato per diversi motivi che, non avendo di meglio da fare, vado ad elencare insieme a qualche nota sparsa sulla partita.
In questo periodo essere supporter dell’Atletico va molto. “La cenerentola d’Europa”, il modello per cui si può vincere senza spendere, il grande allenatore Cholo Simeone (che qui si ricorderà sempre e solo per aver segnato alla Juve consegnando lo scudetto alla Lazio nel 1999/2000. Ero in gita di quinta liceo a Monaco di Baviera. Fu bellissimo.). I colchoneros non hanno grandi colpe, porelli, se non l’incarnare tutte le frasi fatte che, ciclicamente, riempiono la bocca agli intellettuali che per forza di cose devono parlare anche di calcio. L’ultimo movimento che ricordo, simile a quello generato dall’Atletico di quest’anno, fu quello intorno alla Germania Multi Kulti dei mondiali 2010 e anche in quel caso fu decisamente liberatorio veder naufragare un’altra “bellissima favola dello sport” (Puyol di testa, se non erro, e tutti a casa. Vivevo in Germania. Fu bellissimo). Facciamo un parallelismo. Rocky Balboa che sale sul ring da semi sconosciuto e tiene testa per decine di riprese al campione del mondo Apollo Creed è una bellissima storia di sport. Rocky è sfavorito, non gode dei mezzi di Apollo, ma con tanto cuore e altrettanti coglioni se la gioca alla pari. Se nell’incontro finale del film Rocky avesse vinto perchè ad un certo punto Apollo inciampa da solo, cade, si spezza una clavicola e deve ritirarsi, credo che non staremmo più parlando di una grande impresa sportiva, ma di una gigantesca botta di culo. Ecco, l’Atletico sta sera non se l’è giocata col Real (che comunque ha fatto una partita per ampi tratti orrenda), è andato in vantaggio approfittando di una cagata fotonica di Casillas e ha cercato di restarci quanto più possibile senza giocare a pallone. Questa non è una bella favola sportiva, a casa mia.
Nello sport il più forte vince ed E’ GIUSTO CHE SIA COSI’.
Se vogliamo metterla sull’etica economica sarebbe una bella storia una squadra che gioca meglio delle altre e vince senza spendere i patrimoni che investono le grandi società. Ma l’Atletico non è così.
Si può discutere se sia moralmente accettabile pagare 100 milioni di euro per un calciatore, ma se Bale vale più degli altri è perchè probabilmente sarà anche più forte. Quindi se al 93′ la picchia in porta di testa dopo essersi mangiato le uniche occasioni degne di tal nome nei 92′ precedenti di partita, è giusto che sia così.
Ha vinto la squadra più forte.
Questa per me è una bellissima storia di sport.

Note:
1) Tutti a parlare di Di Maria. Io non l’ho visto giocare tante volte, ma in quelle poche di cui ho memoria ha sempre dimostrato più limiti che pregi. E’ veloce e può saltare l’uomo (a volte), ma tatticamente è un decerebrato e in termini di copertura difensiva fa venire voglia di prenderlo a calci in bocca. Il fatto che tutti ne parlino come di un messia, dà un po’ l’idea del livello critico di chi parla.
2) Fatico a ricordare un terzino più scarso del Carvajal di questa sera.
3) Modric per me è un fenomeno assoluto
4) L’esultanza finale di CR7 forse è un po’ eccessiva, specie per uno che ha fatto poco per tutta la partita. Questa è anche l’unica cosa su cui l’Atletico può recriminare a ragione. Il resto son piagnistei.
5) L’allenatore più forte del mondo di oggi è quello che schiera un giocatore fondamentale, ma rotto, titolare e lo cambia dopo 8 minuti. Poco importa se dall’altra parte c’è uno che sta sera s’è vinto la terza champions e che, ovunque sia andato, qualche trofeo l’ha sempre portato a casa. Che poi Carletto al Milan mi faceva bestemmiare mica poco, gli ultimi anni, ma da lì a preferirgli il primo che passa solo perchè ha imbroccato una stagione super ne passa.