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Ricordi

Tema: il mio primo concerto. Svolgimento:

Il mio primo concerto è stato nel 1997. Era primavera, ma la data non la ricordo. Il fatto che una sommaria ricerca su google non abbia saputo aiutarmi contestualizza il periodo molto meglio di mille parole, anche se ho come l’idea che quelle mille parole da qui a qualche riga verranno comunque fuori.
In quel tempo (cit.) facevo la seconda liceo e da qualche mese avevo rivoluzionato i miei gusti musicali passando da Molella al punk-rock. Il mio primo concerto furono gli Offspring al forum di Assago.
E qui tutti si aspetterebbero alcuni secondi di silenzio imbarazzato. Ecco, no. Ma proprio neanche per il cazzo. Nella primavera del 1997 gli Offspring erano in giro a presentare “Ixnay on the hombre”, disco che io avevo già comprato originale dal mio negozio di fiducia e che era una bomba colossale senza se e senza ma. Dopo circa un anno speso ad ascoltare “Smash” a ripetizione, Ixnay l’avevo accolto tipo Parola del Signore.
Era Smash con delle canzoni nuove dentro.
Era perfetto.
Onestamente fatico tantissimo a ricordare come venni a sapere che gli Offspring avrebbero suonato a Milano. Forse me lo disse qualcuno a scuola, quasi certamente un metallaro perché i metallari erano sul pezzo. Può essere avessi già internet, ma certamente non lo sapevo usare. Quindi boh, non lo so, non ricordo e chissenefrega. Fatto sta che si decise immediatamente di andare. Il team, oltre al sottoscritto, annoverava altri tre iscritti. Il primo era Ciccio, il mio compagno di banco nonché fautore del mio indottrinamento al punk-rock. La seconda era la Laura E*, a sua volta responsabile dell’indottrinamento di Ciccio. Si narra che la fonte della cascata punk cui ci abbeverammo in massa in quegli anni fosse proprio la sorella di Laura, che la leggenda vuole anche fosse una figa stellare. Fatico a ricordarle entrambe, ma non faccio testo. Ultimo elemento era Orifizio, t.a.f.k.a. Fabrizio Orsini, della cui formazione musicale amo invece prendermi ampi meriti io.
Chiarite le adesioni fu il momento di comprare i biglietti, presi in prevendita alla Ricordi di Monza e pagati nell’intorno delle trentamila lire. Il biglietto era bellissimo, rosso e nero, stampato su una carta tipo lucida a costine. L’ho guardato giorni e lo tenevo sempre nel portafoglio, piegato dentro la carta d’identità. Un po’ per non perderlo (portarlo in giro per non perderlo era logica ferrea, per il me di allora), un po’ per sfoggiarlo in qualunque circostanza possibile. Allora pensavo che avrei tenuto tutti i biglietti dei concerti e che un giorno li avrei incorniciati tutti e affissi in camera.
Non mi ricordo il mio abbigliamento per l’occasione. Non avevo certamente addosso nessuna maglietta di un gruppo, perché semplicemente la mia prima maglietta di un gruppo la presi lì a fine concerto. Chiaramente la comprai al banchetto del merch ufficiale, perché per me prenderla fuori era l’equivalente di prenderla tarocca e non volevo essere attaccabile quando l’avrei mostrata orgoglioso. L’ho ovviamente conservata e non fosse per i buchi, le fisse di mia moglie e l’essere degli Offspring probabilmente la metterei ancora. Ricordo invece che avevo messo i Cat, quegli stivali da tabbozzo che andavano quando facevo le medie. Li avevo messi perché una delle regole dei concerti era “mettere scarpe alte e ben allacciate che se no nel pogo le perdi” e io, da neofita, mi ci ero attenuto. I Cat erano le uniche scarpe alte che avevo in casa.
Sul posto ci aveva portato mio padre, che s’era anche offerto di venirci a prendere. O forse non s’era offerto per niente, ma tant’è. Se nella primavera del 1997 io mi apprestavo a vedere il mio primo concerto, gran parte della responsabilità era di mio padre. Da bambino credo di avergli chiesto un sacco di volte di portarmi a vedere Vasco e lui mi aveva sempre risposto che a vedere Vasco non ci sarebbe venuto. Che al massimo saremmo potuti andare a vedere Springsteen. Ecco, mi pare un buon momento per dirgli grazie, anche se, oggi come allora, Springsteen mi fa cagare.
All’interno del Forum c’erano millemila persone. La cosa bella è che a quei tempi non c’era un cazzo di divisione tra tribune e parterre e ci si poteva muovere a piacimento tra le diverse aree. Ricordo le band a supporto, ma non ricordo l’ordine in cui suonarono. Certamente le Lunachicks mi fecero cagare tantissimo, mentre i Vandals anche, ma solo fino alla cover del pezzo di Grease che mi piacque una cifra e me li rese simpaticissimi. Ho qualche flash di gente nuda sul palco che si arrampica e fa robe turpi con il microfono, ma sono immagini frammentarie. La sensazione regina di tutto il momento supporting cast però fu la paura cieca del pogo. Vedevamo questo assembramento innaturale di corpi a sbattere gli uni sugli altri con violenza e pensavamo che, qualunque cosa sarebbe successa, l’imperativo era non finirci in mezzo.
Stimammo una sorta di posizione di confine, tra il pogo e la gente normale, e decidemmo di posizionarci lì e non oltre per assistere al concerto. Che vederlo dalle tribune ci sembrava comunque una cosa triste. Quello più a rischio dei quattro era Orifizio, caduto pochi giorni prima portando fuori il cane (true story) e dotato di maxicerottone sul cranio a protezione dei punti di sutura ricevuti. A detta sua era tutto molto punk.
Allo spegnersi delle luci l’adrenalina era altissima e l’attacco di Bad Habit fu una cosa che anche adesso, se ci ripenso, mi mette i brividi. Dexter Holland si presentò sul palco con una giacca verde fluo e dei pantaloni neri completamente pieni di cerniere lampo. Il mio conflitto con l’outfit punk iniziò lì, al primo live.
E poi ci sono ricordi davvero sparsi e frammentati, tipo che a metà del primo pezzo finimmo diritti sotto il palco. Il pogo si rivelò in realtà una cosa fighissima e alienante e catartica e mille altri aggettivi di cui fatico a capire il senso oggi, figuriamoci allora quando l’indomani cercai di spiegarlo a mia madre. Di alcuni momenti ho chiaramente il ricordo di essere stato in compagnia, ad esempio io e Ciccio che gridiamo “I hate Pellizza” durante Cool to hate (NdM: we still hate you.). Di altri invece ricordo la solitudine, come quando durante Genocide ho spiccato i salti più alti di tutta la mia vita senza curarmi di chi o cosa avessi intorno. Che pezzo clamoroso Genocide, porco il cazzo. Le tracce da Ignition non le conoscevo perché il disco non l’avevo mai sentito e forse manco sapevo esistesse, però mi ricordo che uscii deciso a procurarmi quella canzone che cominciava con tutti quei FUCK. Non dimenticherò mai quando partì la base di Intermission e tutti capimmo immediatamente che dopo ci sarebbe stata All I want e che sarebbe stato un delirio totale. E nemmeno il pronosticato delirio quando scoppiò davvero.
Insomma, il mio primo concerto furono gli Offspring al Forum di Assago nel 1997.
E fu fighissimo.

Questo pezzo è nato da la solita bella iniziativa di BASTONATE. Manq endorsa pesantemente BASTONATE ai Macchia Nera Internet Awards 2013 essenzialmente per tre motivi:
1) Oltre a partecipare sempre volentieri ad iniziative tipo quella di questo post, durante quella che fu “la settimana grindcore di BASTONATE” ci avevo pubblicato una cosa. Quindi in caso di vittoria sentirei il premio tremendamente mio.
2) Mi piacerebbe poter dire “Leggevo BASTONATE prima che fosse mainstream”
3) Se leggeste BASTONATE sapreste che i motivi sono sempre tre.
Quindi votate, grazie.

#400tv is a state of mind

I bei tempi in cui questo blog veniva aggiornato di frequente sono finiti, o quantomeno non ci sono attualmente contemporanei. Causa l’impazzare dei social network ed il poco tempo a disposizione ormai qui sopra ci scrivo solo quando c’è qualcosa di veramente GROSSO da dire o raccontare. Ecco, oggi siamo in quelle circostanze lì.
Ieri sera infatti è andata in scena la serata conclusiva della seconda serie della #400tv, quella dedicata al ciclo Nati per Vincere, e per l’occasione il team de “I 400 calci” ha deciso di fare le cose in grande.
Prima di tutto l’evento in questione ha affiancato alla ormai consolidata visione domestica con twittata selvaggia anche la possibilità di trovarsi e vedere il film in compagnia. Le locations sponsorizzate erano due, una a Milano ed una a Roma, e così ho deciso di prendere parte alla “Real Delux Experience” andando ad unirmi al #TemMilano in quel della Santeria. Nota: la Santeria è un localino mica male in zona Milano est che fa un ottimo hamburger con mozzarella di bufala e che, soprattutto, ti omaggia di un piatto di lasagne mentre lo aspetti.
La seconda mossa totale è stata selezionare il più grande capolavoro cinematografico di sempre per la visione collettiva. E non dovrei nemmeno stare a precisare qual è il film di cui si parla (un po’ perchè la locandina qui affianco parla da sola e un po’ perchè non credo possa venirvi in mente altro titolo in seguito alle parole che ho scritto), ma lo faccio solo perchè nell’era Nolan ho imparato che niente deve essere mai lasciato intendere: la pellicola selezionata per la serata finale della #400tv vol.2 è “THE LAST BOYSCOUT”.
Pausa.
Bruce Willis.Tony Scott. Shane Black.
Se cercate on line notizie su questo film potete trovare dei rumors secondo cui Gesù ai tempi decise di ritornare tra noi per prendere parte alla pellicola, ma che poi cambiò idea resosi conto non sarebbe potuta essere in ogni caso migliore di come la conosciamo.
Se cercate on line notizie su questo film sperando di trovare quella che ho scritto qui sopra smettete subito di leggere questo blog, vi prego. O quantomeno non dite a nessuno che lo fate.
Ad ogni modo, tornando a noi, tutto questo insieme di fattori ha reso la serata di ieri una cosa decisamente epica. Più della volta in cui, per vedere lo stesso capolavoro, abbiamo occupato (credo illegalmente, ma non ne ho tutt’oggi la certezza) la sala del cinema di Agrate e ce lo siamo gustati in proiezione privata. Ieri eravamo tantissimi in uno spazio piccolissimo. C’era quella sensazione di umidità e sudore che si riscontra solo in circostanze ad alta carica erotica tipo i video di Britney Spears o la metropolitana in luglio. E poi c’erano le facce. Per me che sono evidentemente anziano (“Ciao, io su twitter sono @tizio92” “92 nel senso che sei del 1992?” “Sì.” “Me lo ripeti?”) le facce hanno ancora una loro certa importanza. Vedere e parlare con le persone nel tentativo, quasi sempre destinato a fallire, di collegarle ai nick con cui di solito chiacchieri on-line è una cosa fighissima. Gente che non avrei mai riconosciuto, gente che immaginavo completamente diversa. Una cosa che mi ha rimandato indietro ai tempi dei forum di GdR. Stesso nerdismo, stesso mix di nick buffi e nick incomprensibili, con l’intersezione dei due insiemi che tende ad infinito.
Tutti belli. Tutti bravi.
E allora la serata funziona a prescindere, anche se dei dieci lettori DVD in sala (credo rubati, non c’è altra spiegazione) non ce ne fosse uno accoppiato ad uno qualsiasi dei venti telecomandi e la visione fosse piombata sul canale audio inglese. Tanto i presenti avrebbero potuto ridoppiarlo interamente lì, sul momento, dalla prima all’ultima scena. Invece s’è preferito commentare, ridere, tifare, applaudire e #berneunpaio che poi, alla fine, credo siano state più di due per grossomodo tutti. Tranne il sottoscritto, che causa arrivo in loco alle 21.00 s’era sparato le sue cartucce ben prima della proiezione.
Chiudo qui, quindi, salutando e ringraziando tutti i presenti per la bella serata in compagnia. Eventuali repliche future non potranno che farmi piacere.
E comunque, #wouldbang Halle Berry.

Tony Sly

It’s too late to talk to you
And it’s too soon to say good-bye
Listen where ever you may be
You still live inside my mind

La notizia della morte di Tony Sly mi arriva da Carlo, mentre sto andando a mangiare una pizza per il compleanno della Polly. Ovviamente, mi sconvolge. E’ la prima volta che vedo morire uno dei miei idoli di gioventù. Sti cazzi Kurt Cobain, che s’è sparato prima che potessi sapere chi fosse. Sti cazzi Freddie Mercury, i Ramones, Amy Winehouse, Michael Jackson e tutti quegli artisti che sì, può spiacere, ma in fin dei conti finisce lì, subito, con una faccia magari stupita ed una frasetta su facebook. Qui è diverso. Qui si parla di uno che, boh, non solo ho visto suonare mille volte, ma ho sempre sentito vicino. Uno che ha scritto pezzi che faranno per sempre parte di me, uno con cui mi è capitato di chiacchierare.
Sono senza parole.
Non so cosa scrivere e anche dovessi arrivare a capirlo, non saprei come scriverlo. L’ultima volta che ho parlato di lui è stato per recensire il suo ultimo disco acustico. Ho scritto cose brutte, cose come “invecchiare male”, e adesso mi sento terribilmente una merda se penso che di invecchiare, per il buon Tony, non se ne parlerà.
Non ho mai capito quelli che piangono per la morte dei cantanti, però eccomi qui a far parte della categoria. Continuo a non capirlo, ma non credo conti qualcosa.
Ho tre magliette dei No Use. Una, enorme, la uso da tempo come pigiama. Una, distrutta, è la mia maglietta preferita. La terza, tamarra, ma ancora indossabile al lavoro, la metterò domani.
Sto scrivendo un milione di banalità e forse è il caso che la pianti qui. Che poi oh, non so perchè, ma il sapere che per Tony non ci sarà uno spopolare di profile pics, tweets, status e post sui blog mi fa persino rabbia.
Affanculo.
I’ll miss you, Tony, I know I will.
Exit.

Prologo

Tra un’ora, più o meno, partirò alla volta del Forum con una serie di stranissime sensazioni addosso.

NB: questo blog non è ancora morto.

La mia lista dei dieci pezzi degli anni zero

Ciao, sono quello che da due settimane non aggiorna il blog e che diverse settimane fa prometteva l’impegno a creare qualche post monografico sui generi musicali più importanti all’interno della sua vita, post che ovviamente non hanno mai preso forma. Ciao, sono Manq e sono un cazzaro.
Prima che ricominci a dire che quella cosa delle monografie/compilation è in potenza una roba che mi piacerebbe fare tantissimo e che presto terrò fede alle mie promesse, vi svelo che ancora una volta a riportarmi a scrivere su queste pagine ci pensa Bastonate, che sfodera il secondo round delle liste dei dieci pezzi simbolo dei decenni che contano sul serio.
Prima di iniziare voglio dire che, dopo attenta analisi, la lista dei miei dieci pezzi degli anni ’90 io la cambierei per almeno 3/10. Dirvi cosa sostituirei con chi, oggi, non ha senso e forse viola anche le regole del gioco. Però è indice del fatto che, probabilmente, anche la lista che segue potrebbe non essere la migliore possibile.
Altre premesse necessarie (che allungano il brodo e creano odio verso il sottoscritto, ma tanto chi vuol sapere i pezzi tutto il preambolo nemmeno lo legge, quindi mi prendo lo spazio che voglio): 1) negli anni zero ho ascoltato soprattutto roba anni 90′. Roba che però non può finire nella lista degli anni ’90 perchè a quei tempi non la conoscevo. Di conseguenza, lista un po’ falsata per chi come me tende a non essere sul pezzo. 2) Ci sarà tanta merda dentro, temo, perchè negli anni zero ho iniziato ad apprezzare tanta robaccia. 3) Scopro che associare ricordi ai pezzi è vietato dalle regole, quindi questa classifica avrà un sapore e colore diverso dalla precedente in quasi tutti i suoi episodi. 4) Anni zero è un nome fighissimo.
Vabbè, andiamo a cominciare, in rigoroso ordine sparso:

The Ataris – Fast times at dropout high
Io gli Ataris ho iniziato ad ascoltarli nel 2000 e sono stati una mia band di riferimento totale almeno fino al 2005. Il disco, che resta oggi uno dei miei dischi preferiti di sempre, è quello uscito nel ’99. Siccome però non posso infilarci un pezzo di quel disco lì, in questa classifica, ci infilo uno dei due capolavori assoluti che hanno inciso nel disco dopo, così siam tutti felici e non sgarriamo di una virgola. Questo pezzo, per quanto mi riguarda, è una roba esageratissima. 2001.

Poison the well – Lazzaro
Negli anni zero io ho iniziato ad ascoltare la gente che grida. Prima del 2004/2005 grossomodo tutto ciò che aveva delle urla dentro mi faceva cagare pesantemente. Poi, di botto, l’amore. I Poison the well rappresentano bene quella band che negli anni novanta non solo non avrei mai ascoltato, ma avrei anche criticato pesantemente. Scelgo questo pezzo, che vince il ballottaggio con “Meeting again for the first time” del disco successivo, ma anche qui avrei dovuto mettere una cosa uscita negli anni ’90, ovvero “Nerdy”. 2002.

Brand New – The Quiet Things That No One Ever Knows
Presente quando esce un disco che lo ascolti e dici: “Oddio.” e poi lo riascolti per bene un bel po’ di volte perchè hai il dubbio che sia la roba più grossa ti sia mai capitato di sentire, però è anche a suo modo molto distante dai tuoi gusti e quindi non sei sicuro ti piaccia davvero? Quei dischi che ci metti tanto a metabolizzare e intanto vai al concerto della suddetta band ed è uno dei migliori concerti della tua vita e così ti metti l’anima in pace e riconosci il capolavoro che hai di fronte? Ecco, quel disco è “The Devil and God Are Raging Inside Me” e arriva tre anni dopo questo pezzo qui. Questo pezzo qui sta in “Deja Entandu” e quando l’ho sentito la prima volta ho detto: “Capolavoro.”. Risentito oggi, il pensiero è sempre lo stesso (cit.). 2003.

GAMBEdiBURRO – 32″
Qui baro un po’. Intendiamoci, il pezzo è perfettamente in tema, ma questa vuole essere una celebrazione delle GAMBEdiBURRO più che altro per un altro dei concerti più fighi a mia memoria, il 30 Aprile del 2007, fatto essenzialmente di canzoni degli anni ’90. L’intersezione dei tre insiemi “Canzoni anni zero”, “Canzoni suonate in quella data” e “Canzoni reperibili su youtube” vuole che io selezioni questa, che comunque è una delle mie preferite del disco. 2000.

Biffy Clyro – Bubble
Uno dei miei ultimi amori musicali, nel senso che attualmente sono uno dei miei gruppi preferiti. Ci sono arrivato nei tardi anni zero, grazie a “Puzzle”, ma avrei potuto mettere un pezzo del primo disco, che comunque è del 2002. Invece pesco questo pezzo clamoroso da “Only revolutions” perchè una volta che posso stare sulla roba più recente, non vedo perchè andare indietro nel tempo. Se non vi piace questo pezzo avete qualcosa di grave che non va. 2009.

Finch – Without you here
Qui ci sono un bel tot di ragioni da snocciolare. In primis, gli anni zero son stati gli anni del new-emocore/post-HC/whatever quanto i ’90 son stati quelli del So-Cal punk. In secondo luogo per vedere i Finch dal vivo son dovuto andare a Londra e l’esperienza è stata figa un bel po’. In terzo luogo i Finch di “What it is to burn” sono, in sostanza, I Deftons se i Deftones fossero una band figa. Il disco è pieno zeppo di pezzi giganti. Il disco dopo, in cui i Finch sono gli Incubus se gli Incubus fossero una band figa, pure. Io pesco dal primo, ma senza andare a tirar fuori un singolone, forse perchè col senno dell’adesso è la canzone più figa del disco. 2003.

Britney Spears – If U Seek Amy
Finiti gli anni delle boyband, iniziano gli anni delle passerone. La Britney non è mai stata nè la più figa, nè la più brava, nè quella coi singoli migliori. Però è sempre stata la mia preferita. Metto questo pezzo, perchè a mio avviso è il suo punto più alto, musicalmente parlando, ed arriva dopo il grande successo, il tonfo, i matrimoni falliti, i bambini allevati a cazzo, le storie di alcol e droga, i capelli a zero, i baci lesbo, i chili presi, il presunto sex tape (che pagherei oro) e le ombre del successo che fu e che non tornerà mai. Tutte cose decisamente anni zero. Io poi avevo pure una sua maglietta che mettevo per andare ai concerti “pesi”. 2009.

Coldplay – Fix you
Sparatemi, ma i Coldplay sono la band degli anni zero, se gli anni zero devono avere una band “simbolo”. Primi due album indiscutibili, pesco dal terzo perchè il pezzo in questione è pazzesco, anche se già si iniziava a sentire aria di chi sta andando in vacca. Avrei potuto mettere “Yellow” o “The scientist”, cambiava poco in sostanza. 2005.

Moving Mountains – Ode We Will Bury Ourselves
Sarà che l’ho riascoltato ultimamente, sarà che ne ho scritto ultimamente, ma “Pneuma” ce l’ho proprio in testa oggi come ce l’ho avto per mesi dopo la sua uscita. Uno dei rari casi in cui ho beccato una band sul pezzo, in uscita, e non dopo anni, fa si che io a casa abbia la versione del disco datata 2007, quella sorta di demo nella bustina di cartone. Altro esempio di come negli anni zero io abbia imparato ad apprezzare anche tante cose che prima non mi sarei mai azzardato a sentire. Robe dilatate, sopra i 3 minuti, con lunghi sprazi strumentali. 2007.

The Used – Buried Myself Alive
Ho detto che gli anni zero non stati gli anni della musica dimmerda. Qui esplicito il concetto. Primo disco dei The Used che, secondo me, è una bomba colossale nel suo essere tutto ciò che di male c’è in un certo ambito musicale. Scritto ed interpretato da una band che per percorso, evoluzione e idea di base è tutto ciò che di sbagliato ci può essere in un certo ambito musicale. Pesco il singolo perchè gli altri pezzi si trovano solo in versione live e dal vivo questi non son propriamente uno spettacolo che vale la pena guardare. Però lo ripeto, mica che non si capisse, questo disco è una bomba. 2002.

Eccoci qui quindi, alla fine di questa interminabile lista. Dove interminabile sta per il tempo che ho impiegato a stilarla. Come detto in anticipo, sarà molto probabilmente una lista incompleta, sbagliata e che tra qualche giorno sentirò il bisogno di correggere. Tuttavia non lo farò, quindi così è.
Chiudo giusto con l’unico leftover di giornata, che ovviamente non avrei mai potuto inserire nella lista, ma che mi sembra giusto nominare.

H’S’P – Carlo e Sara
Sono i MIEI anni zero, quelli di cui si parla? E allora vi ciucciate questo pezzo che abbiamo inciso per il matrimonio di Uazza, con annesso video, frutto di un operazione che dire DIY è ancora niente. Non siamo mai stati una band. Ci siamo divertiti ad andare in sala prove per un paio di anni, nei ’90, e poi ci siamo tornati per quattro mesi nel 2008. Fine. Zero dischi, zero demo. Abbiamo stampato delle magliette, che vendevamo a un deca il pezzo. Ne avevamo stampate 50, ma sono esaurite in due giorni (true story) e le abbiamo dovute ristampare. Questo pezzo va in classifica a simbolo di tutta una serie di cose che per me fanno molto anni zero. E poi perchè secondo me è figo. 2008.

La mia lista dei 10 pezzi degli anni ’90.

Io sono una persona che cambia umore e idea ogni due secondi.
Ieri, bazzicando quei quattro/cinque blog che quotidianamente leggo, è saltata fuori questa cosa del fare una lista di dieci canzoni degli anni ’90. O meglio de “Le 10 canzoni degli anni ’90” che definiscono l’epoca. Tipo che al solito la cosa è partita da questo post di Bastonate ed è stata ripresa in simultanea da quest’altro post su Junkiepop. Io, come dicevo, prima di mettermi a stendere il post che segue ho attraversato diverse fasi.
La prima cosa che ho pensato è stata: “Figa lo faccio subito anche io.”.
La seconda è stata: “Mmmhh, no. Lascio perdere. Che poi tanto farei una lista di 10 pezzi HC melodico. Anzi questo mi fa venire in mente che da mesi dico di voler fare due o tre post monografici in cui metto insieme due o tre compilation dei generi che più mi hanno preso da che ascolto musica.”.
Fase tre: “Sta cosa delle monografie è figa, però potrei comunque fare quella lista dei dieci pezzi. Anche perchè, pensandoci, dieci pezzi dei miei anni novanta non devono per forza essere dieci pezzi HC melodico. C’è un botto di roba che per me riassume gli anni ’90. Lo faccio.”.
Così è. Ok, ci sarebbe anche tutto un sotteso di pare dovute al non voler dare l’impressione di quello che tenta in tutti i modi di inserirsi in un certo contesto sociale, ma su quello è meglio sorvolare, che siamo tutti adulti. Comunque la regola del gioco è facile: 10 canzoni, LE 10 canzoni che identificano gli anni ’90. Niente elettronica (complicato) e niente rap (easy). Se a casa ho tempo linko i video, che da qui è un delirio. Altrimenti basta andare su youtube facendo copia-incolla.

The offspring – Self esteem
Spiega: tutto inizia da lì. L’adolescenza, affermare la propria personalità omologandosi a trend cui però si omologano solo in pochi. Sto disco è uscito il giorno del mio tredicesimo compleanno. L’ho scoperto adesso. 1994.
U2 – Discoteque
Spiega: gli anni del liceo. Io, Ciccio e gli evidenziatori battuti sul banco a ritmo, durante le lezioni. Rappresentanti di classe. “La Vecchia” che interroga in Italiano, il voto di grammatica che da oggi pare non conti più, il panico in classe, io e Ciccio impreparati come tutti, ma investiti da un senso del dovere che boh. Ci offriamo noi e prendiamo a testa altissima un 5 che in altre circostanze sarebbe stato un 4. La Vecchia che, in cuor suo, aveva apprezzato il nostro sacrificio. 1997
NOFX – Bleeding Heart Disease
Spiega: i NOFX sono il mio gruppo anni novanta se ce n’è uno. Negli anni novanta non c’era internet, non c’erano gli mp3 e i dischi dovevi farteli passare da qualcuno. A me dei NOFX han passato “Heavy petting zoo” e siccome ero giovane, non leggevo le riviste con le recensioni e non frequentavo tutta quella massa critica del “si però rispetto a Punk in drublik è un disco di merda”, a me “Heavy Petting Zoo” ha spaccato il cuore in due. 1996.
Blur – M.O.R.
Spiega: negli anni ’90 impazzava il brit-pop. Oasis vs. Blur. A me non fregava un cazzo, ma pareva che non si potesse non avere opinione in merito, allora. Scelsi i Blur perchè mi piaceva “Song 2” e così comprai il disco. Solo che M.O.R. era più figa. 1997.
Derozer – Branca day
Spiega: la prima vacanza da solo io l’ho fatta con gli amici in puglia, in un villaggio che per l’occasione era stato dato interamente a disposizione a studenti delle scuole superiori. Si chiamava tipo “Student’s village”. Nella top 3 delle mie esperienze di vita. La sera si ballava e mettevano la dance per quasi tutto il tempo, ma all’improvviso potevano partire dieci/quindici minuti di rock ed era il degenero. Tipo Robi s’è spaccato un labbro nel pogo e il medico del villaggio voleva dei soldi per ricucirlo, quindi s’è tenuto lo sbrego premendoci sopra una lattina di the alla pesca. In quei minuti questa andava fortissimo. Io limonavo con una che se ci penso mi stimo molto poco. 1995.
Marilyn Manson – The beautiful people
Spiega: negli anni novanta era bello essere contro qualcosa. Io ero contro il metal. Presente quella diatriba per cui se ti piace il punk ti devono stare sul cazzo i metallari? Ecco, a me girava così e non era un grosso problema perchè il metal mi faceva abbastanza cagare davvero. Dovevo solo negare di aver ascoltato “Master o puppets” e “Fear of the dark”, innocentemente registrati sul b-side delle cassette dei NOFX e dei RANCID prima di scoprire che non si poteva fare. Insomma, Marilyn Manson era un simbolo contro cui andare e io mi ci scagliavo volentieri. 1996.
Lit – Zip-lock
Spiega: gli anni ’90 erano gli anni dello stare bene e questo disco è il disco dello stare bene. Poi se a 17 anni vai ad un concerto è c’è uno che suona la chitarra con un vibratore, diventa idolo per forza. 1999.
883 – Gli anni
Spiega: come fosse possibile vivere di ricordi a diciannove/vent’anni io ancora non me lo spiego. Però ce la si faceva abbondantemente e Max era un po’ il nostro mentore, da questo punto di vista. Nessuno che ha mai neanche visto un paio di Roy Rogers o una partita del grande Real, però la si cantava tutti insieme ricordando non si sa bene quale glorioso passato. 1995.
No Use for a Name – Not your savior
Spiega: velocità. L’HC melodico era la mia risposta al bisogno di velocità di quegli anni. Il tentativo di evolversi rispetto alla base, di sviluppare un gusto proprio, ma contemporaneamente il rendersi conto di preferire pantaloni corti e cappellini da baseball a chiodo e spille da balia. Essere e aparire. 1999.
Blink 182 – Josie
Spiega: negli anni novanta ero un teen-ager e volevo una ragazza. Grazie al cazzo. La cosa è che io la volevo proprio così, pure che del testo capivo si e no una parola ogni cinque. 1997.

Ecco la mia lista dei 10 pezzi che definiscono gli anni ’90 per come li ho vissuti io. L’ho scritta di getto, potrei già volerla cambiare, ma va bene così. Comunque i post con le compilation li farò, prima o poi.

“Gesù Cristo, no nessuno!”

Se n’è andato Germano Mosconi.

Il filmato qui sopra, che potrebbe urtare la sensibilità di alcuni, è il mio modo di ricordarlo.
Checchè ne dica La Repubblica, che ormai in quanto a perbenismo, paraculaggine e velleità moralizzatrici è ormai giunta al punto di non ritorno, trovo giusto e sacrosanto ricordare Germano Mosconi con quei vituperati filmati youtube.
Il motivo è presto detto: a me non è mai interessato il Mosconi giornalista, non ho mai visto una sua trasmissione e dolermi della sua morte in quanto “volto della televisione veronese” vorrebbe dire dolermi per la morte di tutti gli sconosciuti che abitano questa terra. Tradotto, vorrebbe dire passare la vita a dolermi per la fine di quella altrui.
Mosconi per me era un perfetto sconosciuto, una persona normale, genuina, di cui youtube ha mostrato il lato più umano e vero creando così un legame che altrimenti non ci sarebbe mai stato. “Germano uno di noi” perchè lo era per davvero. A me non interessano le bestemmie di per sè stesse. Non ho bisogno di un video di Mosconi per sentirle nè di emularlo per dirle. Strappano un sorriso perchè sono lo sfogo di situazioni di nervosismo in cui tutti ci troviamo e cui tutti dobbiamo far fronte. C’è chi reagisce nello stesso modo, chi si sfoga in altra maniera e chi tiene tutto sotto pelle. Il primo caso forse è il più folkloristico, ma sicuramente anche il più genuino e probabilmente il più efficace.
E comunque, la creatività che utilizzava nel bestemmiare è degna del grande artista e faceva decisamente simpatia.
Tutto questo per dire ciao a Germano Mosconi, immaginandolo al cospetto di San Pietro mentre chiede “chi l’è che va avanti e indrio da che la porta lì?”. Poi oggi sarebbe morto pure Lucio Dalla, ma con tutto il rispetto non è mai stato tra i miei cantanti preferiti e non ci sono video youtube che, nel vederli, generino quel genere di empatia.