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Politica

In diretta dalla Camera

Tramite il sempre puntuale blog Piovono Rane apprendo che un deputato del PD, Andrea Sarubbi, è solito pubblicare via Facebook e Twitter dirette da ciò che avviene alla Camera. Iniziativa lodevolissima che merita molta della mia stima.
Ad ogni modo, non me ne voglia il buon Gilioli, ma il resoconto di quanto Sarubbi ha riportato oggi voglio postarlo anche io perchè per dirla alla Scilipoti “la gente devono sapere”.

  • Apertura di seduta tutta dedicata alle alluvioni in #Liguria. Ora in teoria ci sarebbe l’art. 41 Cost., ma faranno retromarcia.
  • Piazzata di Reguzzoni contro la partecipazione di #Fini a #Ballarò. Urlano: dimissioni, dimissioni. Applausi anche dal Pdl.
  • Dopo 2” Reguzzoni svela il vero motivo dell’indignazione: @gianfranco_fini ha attaccato la moglie di Bossi.
  • Granata urla contro i leghisti, si sfiora la rissa. Seduta sospesa, commessi in azione per separare Fli e Lega. C’è un leghista rimasto quasi senza giacca. Tutto questo davanti agli occhi di una scolaresca.
  • @rosy_bindi chiede scusa e sospende di nuovo la seduta fino alle 12.30.
  • Commessi ancora in assetto da combattimento, fanno il cordone tra Lega e Fli. Granata ora più calmo, ma continuano a litigare il leghista bloccato (e quasi spogliato) dai commessi era Rainieri. Il picchiatore di Fli credo fosse Barbaro.
  • Nonostante la seduta sospesa, si continua a gridare. Barbaro (Fli) urla a un leghista (mi pare D’Amico) di uscire fuori.
  • Ci sono 11 commessi (maschi, ma poco palestrati) a separare Fli e Lega. Situazione più calma, Bocchino smanetta sul palmare.
  • Arriva @gianfranco_fini e riprende la seduta. La Lega urla: dimissioni. Lui fa finta di niente. Ora parla Bocchino.
  • Mentre parla Bocchino, dalla Lega gli urlano: Ape Regina! (la Began, naturalmente).
  • I commessi sempre lì. Bocchino continua a minimizzare.
  • Er sor Cicchitto: “Eravamo sicuri che si sarebbe arrivati a questi incidenti, @gianfranco_fini rifletta”.
  • Er sor Cicchitto richiama l’art. 8 del regolamento: “Il pres. della Camera rappresenta la Camera nel suo complesso
  • Cicchitto: a questo punto andremo da #Napolitano . Applausi da Pdl e Lega.
  • Parla Donadi (Idv) e confonde Reguzzoni con Cota. La Lega si arrabbia.
  • Donadi (Idv): parlate di decoro delle istituzioni, poi fate il dito medio e il bunga bunga. Parlate voi di stile?
  • Pierferdinando: mai visto neppure un presidente del Consiglio che espelle un presidente della Camera dal suo partito
  • L’ex finiano Moffa attacca @gianfranco_fini. Per lui, però, la colpa è di aver partecipato a una trasmissione di sinistra
  • Si stanno riscaldando di nuovo gli animi. Reguzzoni cerca di tenere calmo il finiano Raisi.
  • Moffa rimpiange la presidenza di Nilde Otti. Ha detto Otti
  • Ora parla @gianfranco_fini: avete fatto osservazioni di carattere politico, ma qui non posso rispondere politicamente.
  • Ancora @gianfranco_fini : risponderò in altra sede. Urla dalla Lega: a Montecarlo!
  • Seduta sospesa. Ci hanno tenuto una mattina ad occuparci di @gianfranco_fini , mentre l’Italia affonda. Basta!
  • Nonostante la seduta sospesa, Barbaro sta ancora lì dalle parti dei leghisti. Ecco, ora si menano.
  • Il leghista Rainieri urla come un ossesso, scappa pure una povera commessa.
  • Concia: fatela finita! Montagnoli (Lega): vai a cagare! In tutto questo, è ancora sospesa la seduta.
  • Ora la Camera si è svuotata e la rissa si è placata. Là dove non poté l’educazione, poté il digiuno.

Da tutto questo, non so voi, ma io ho tratto un grosso insegnamento: il mio lavoro ideale è fare il commesso alla camera per un giorno. Nella confusione, sai le sberle soddisfazioni…

Improbabiles

Inizio questo post con una citazione da un articolo del Washington Post:

“Linking up with the Occupy Wall Street protests that began in New York, tens of thousands of people around the world took to the streets Saturday to reiterate their anger at the global financial system, corporate greed and government cutbacks.
Rallies were held in more than 900 cities in Europe, Africa and Asia, as well as in the United States, with some of the largest taking place in Europe. The demonstration in Rome turned violent, but crowds elsewhere were largely peaceful.”

Mi chiedo: solo a me la casistica riportata da un po’ da pensare?
Novecento città. No-ve-cen-to. Un solo episodio di violenza e scontri. Un singolo caso che porta la statistica delle manifestazioni violente su scala mondiale in questo 15 Ottobre all’incredibile soglia dello 0,11%. Io non sto nemmeno ad entrare nella discussione su quanti fossero i facinorosi in confronto alla totalità dei manifestanti oggi pervenuti nella capitale. Non mi interessa. Fossero uno su dieci, uno su cento o uno su mille.
La domanda è: perchè si son trovati tutti a Roma con altre 899 città a disposizione? Perchè se c’è una cosa su cui tutti più o meno concordano, stando a Repubblica.it, è che i violenti venissero da fuori.
A nessuno sembra quantomeno strana questa cosa?
E queste domande io vorrei che qualcuno se le ponesse, ma soprattutto che chi di dovere desse delle risposte. Perchè nella migliore delle ipotesi da questi ennesimi disordini si trae la conclusione di come sia noto ai violenti di tutta Europa il nostro essere meta ideale per le scorribande. Il che pone una seria questione sulla capacità del bel Paese di gestire eventi di questo tipo. Di conseguenza nella continua solidarietà che viene manifestata in maniera bipartisan alle forze dell’odine bisognerebbe iniziare a fare dei distinguo. Ok al solidarizzare con i giovani in divisa che almeno in gran parte non credo disegnino come loro giornata ideale questo 15 Ottobre, ma chi le forze dell’ordine le organizza, chi dovrebbe preventivamente occuparsi di gestire la sicurezza dei cittadini tutti, ma anche degli uomini in servizio, ancora una volta ha fallito in maniera eclatante.
I numeri parlano e quel che dicono apertamente ed in maniera inconfutabile è che siamo stati l’unico paese in cui si sono verificati disordini. Peggio, questi disordini sono stati causati da persone che, dall’estero, sono venute apposta a quello scopo evidenziando non solo la scarsa capacità da parte di chi di dovere nell’arginare queste situazioni, ma soprattutto una nomea Internazionale del nostro paese come “luogo in cui si può fare guerriglia”.
Anche solo a leggerla così, attenendosi esclusivamente ai fatti, ce ne sarebbe abbastanza per mettere sotto esame chi a tutto questo avrebbe potuto e dovuto porre un freno.
Poi c’è chi come il sottoscritto, all’analisi oggettiva aggiunge una valutazione più soggettiva, malevola e priva di prove documentabili che vede invece i vertici di sicurezza nazionale non incapaci di gestire situazioni del genere, ma impegnati se non a costruirle, quantomeno a lasciarle avvenire.
Pazzo? Cospirazionista? Può essere, ma mi ci ha fatto diventare Cossiga.
A proposito, forse sarebbe il caso di diramare un ANSA in cui si ricorda che è morto prima delle prossime manifestazioni. Così, nel dubbio.
Ad ogni modo chiudo questo post con un’idea che mi è balzata in testa mentre scrivevo.
Perchè la prossima volta noi italiani non andiamo a manifestare pacificamente altrove? Organiziamo la manifestazione, facciamo i pulman ed in corteo andiamo a Parigi, Londra o Berlino.
Vediamo come vanno le cose a quel punto. Vediamo se ci saranno ancora scontri o dove ci saranno.
Non mi pare infattibile, io ci farei un pensiero.

Genome sequencing: quanto sei disposto a conoscerti?

Chi fa un lavoro come il mio ha spesso la possibilità di riflettere su questioni che presto o tardi acquisteranno rilevanza globale. Quello che uno come me dovrebbe fare e che troppo spesso io non faccio, è sfruttare la cosa per provare nel mio piccolo a diffondere questo tipo di notizie e di conseguenza permettere alla gente che per ovvi motivi non ne avrebbe le possibilità, di farsi un’opinione. Il vantaggio dell’apprendere questo tipo di notizie da chi ci è dentro, specie se si tratta di questioni etiche, è poterle ricevere ed analizzare senza che la politica le abbia ancora trasformate in una questione di tifo o fede (intesa non nel senso religioso, ma porprio come accettazione aprioristica di posizioni imposte dall’alto in base non al proprio credo, sempre legittimo, ma al dictat di partito).
Oggi quindi voglio provare a rendere partecipe chi mi legge di un dibattito etico che sta tenendo banco all’International Congress on Human Genetics cui sto partecipando in questi giorni. Si tratta delle potenzialità e dei risvolti di una pratica chiamata “Whole Genome Sequencing”. Mi rendo conto che prima di poter entrare nel merito della questione, un’introduzione sia necessaria. Il genoma non è altro che l’insieme dei geni che determina ognuno di noi. Da una decina d’anni il genoma umano è stato completamente sequenziato, sebbene i geni che lo compongono siano ancora per gran parte sconosciuti. Esemplificando in maniera banale, vuol dire che si conosce il “testo”, ma non se ne comprende ancora appieno il “significato”. Di alcuni geni, che nella mia metafora sarebbero le “parole”, si conosce il “senso”, la funzione, di altri no. Tuttavia l’avere a disposizione il “testo completo” permette di avere un riferimento per l’identificazione di eventuali “errori di battitura”, ovvero le mutazioni (definisco tutte le differenze come mutazioni per semplificare, solo alcune differenze possono considerarsi tali, ma il punto per ora non sta lì). Spero la base sia chiara, perchè altrimenti proseguire con il discorso diventa complicato.
Ad ogni modo, la questione nasce dal fatto che le odierne tecnologie permettono di sequenziare l’intero genoma di ciascuno di noi a cifre relativamente ridicole. Nel giro di poco quindi non solo il sequenziamento dell’intero genoma del paziente diventerà pratica comune nella diagnosi, ma iniziaranno anche a diffondersi servizi che offrono il sequenziamento al pubblico senza necessarie ragioni mediche. Ognuno potrà conoscere il suo “testo”. Perchè può rivelarsi uno strumento diagnostico impagabile? Provo a spiegarlo con un esempio tra le varie applicazioni possibili. Alcune malattie genetiche sono definite “eterogenee”, ovvero dipendono da mutazioni in geni diversi con funzioni diverse. Quando un paziente riporta i sintomi della patologia, i medici iniziano a sequenziare i geni noti che si conosce portino alla patogenesi con lo scopo di individuare mutazioni. Spesso però la mutazione è altrove, in un gene ancora sconosciuto. Fino ad oggi a questo punto identificare il nuovo gene malattia risultava piuttosto complicato perchè era necessario procedere per tentativi in base a nozioni spesso incomplete. Potendo sequenziare tutto il genoma e andare così alla ricerca degli “errori” su larga scala la situazione si potrebbe semplificare un bel po’. Fin qui quindi tutto bene. In realtà la situazione anche in ambito diagnostico è ben più complicata di così, ma teniamoci sul semplice.
Dove nasce allora la questione etica? E’ presto detto. Avendo a disposizione l’intera sequenza e potendola leggere tutta, può saltar fuori qualche informazione diciamo “sgradita”. Possono venir fuori ad esempio predisposizioni genetiche a certe patologie che il paziente al momento non ha e che magari non avrà mai pur essendo predisposto. Che si fa a quel punto? Certo, se lo si avvisa lo si può mettere in guardia, ma questo vuole anche dire abbassare la sua qualità di vita per un rischio solo potenziale. Insomma, il dilemma c’è, ma può essere anche più drammatico. Prendiamo ad esempio mutazioni in geni noti che si sa implicati in gravi patologie. E’ un discorso un po’ complesso, vediamo se riesco a farlo passare con la metafora di prima. Prendiamo una “parola” di cui si conosce il significato e che se contiene determinati “errori” si sa causare una malattia. Bene, mettiamo il caso che in questa parola venga ritrovato un errore di battitura “nuovo”, mai documentato prima, che potrebbe portare la “parola” ad essere sbagliata, ma potrebbe anche risultare ininfluente.Ora, se questa analisi la si fa su un adulto, beh, si fa in fretta a capire se è malato oppure no e quindi se l’errore è patogenetico. Ma spostiamo l’orizzonte alla diagnosi pre-natale e capiamo subito a quante problematiche potremmo trovarci di fronte. Questo perchè, ripeto, pur essendo il testo noto nella sua interezza, il senso del tutto è ben lungi dall’esserci chiaro.
Andiamo ancora oltre. Come accennavo prima il genoma può dare risposte secche, ovvero definire al 100% la causa di una malattia, ma può anche rivelare quelle che sono semplici “predisposizioni”, non solo a malattie vere e proprie, ma anche a disordini comportamentali. Se queste informazioni venissero utilizzate male lo scenario potrebbe prendere tinte spaventose, che vanno dalla discriminazione genetica degli individui alla speculazione possibile da parte delle compagnie assicurative. Insomma, la questione è aperta e tutt’altro che di facile gestione. In questi giorni ho assistito a diversi dibattiti in merito, dibattiti in cui era più o meno opinione comune la necessità di una regolamentazione in ambito, ma soprattutto la necessità di educare la popolazione (tutta, dal paziente, al medico, dal legislatore al giudice, perchè la genetica non è certo di dominio pubblico) in modo da non farsi trovare impreparata di fronte all’avanzare della scienza.
Analizzando quest’ultimo aspetto, mi ha preso abbastanza il panico.
Innanzi tutto ad un congresso chiamato “International Congress on Human Genetics” in cui una grossa ed importante parte della comunità scientifica si interroga su questioni che, ripeto, saranno presto di interesse globale non erano presenti nè organi di stampa internazionali nè, tantomeno, politici o persone che di queste cose dovrebbero essere informati. Io scrivo volentieri due righe sul mio blog in merito e volesse iddio mi piacerebbe ne nascesse una discussione, ma ne parlasse la pagina scientifica del Corriere o di Repubblica forse il tutto avrebbe una rilevanza ed una divulgazione differente.
Perchè senza comprensione del problema ed informazione in merito, si arriverà come sempre a due schieramenti: quelli che, per paura dell’ignoto, preferiscono “fermare tutto” e quelli che, di contro, invocano la “libertà totale”, entrambi ben strumentalizzati all’interno di dinamiche politiche per cui la questione in se non ha rilevanza alcuna ed entrambi ben lontani dal dare alla gente una reale soluzione al problema etico senza aprire a scenari terribili, ma anche senza rinunciare a potenzialità ampissime.
Altra questione. Mi sono reso conto di come il progresso scientifico non vada affatto di pari passo all’educazione. Le scoperte diventano via via più complesse, in tutti i campi, ma l’educazione media della popolazione progredisce in maniera decisamente più lenta. Questo, per forza di cosa, abbassa sempre di più la soglia dell’incomprensibile e porterà la gente a vivere in balia del progresso e non a sfruttarne le potenzialità. Un dato, da una presentazione vista ieri: il 48% degli americani non crede nell’evoluzione. Ora, se una verità comprovata ed assodata da decenni è vista come una favola a cui si può credere o meno da quasi la metà degli individui, come si può pensare di spingerli a farsi un’opinione fondata su questioni molto più controverse e complesse? Dico fondata perchè a farsi un’opinione così, a cazzo, siam buoni tutti.
In tutto questo io sono giorni che mi chiedo se mi piacerebbe o meno conoscere il mio genoma, sapere quali mutazioni ho, a quali malattie sono predisposto e via dicendo. Credo sia l’anticamera alla domanda: “pensi di voler sapere quando morirai?” E io, dopo tre giorni di riflessioni, ancora non so cosa rispondere visto che ho già abbastanza problemi ad accettare che dovrò farlo.
Ok, spero il post sia leggibile e comprensibile a tutti. Mi piacerebbe qualcuno se ne interessarre, dicesse la sua in merito e provasse a far venir fuori un dibattito. Io, dal canto mio, son contento di far parte di quella piccola fetta di popolazione che di queste cose è a conoscenza e provo nel mio piccolissimo ad ampliare la cerchia degli eletti.
Certo, nel giorno del sex tape di Belen (checchè se ne dica, BOMBA VERA), parlare di genoma è veramente nerd e non nel senso cool che il termine ha ormai assunto.

Italy vs. Wikipedia vs. Freedom

Dear reader,

at this time, the ITALIAN LANGUAGE WIKIPEDIA may be no longer able to continue providing the service that over the years was useful to you, and that you expected to have right now. As things stand, the page you want still exists and is only hidden, but the risk is that soon we will be forced to actually delete it.

Over the past ten years, Wikipedia has become part of the daily habits of millions of web users looking for a neutral, free-content, and – above all – independent source of Knowledge. A new, huge multi-lingual encyclopedia, freely available to all, at any time, and free of charge.

Today, unfortunately, the very pillars on which Wikipedia has been built – neutrality, freedom, and verifiability of its contents – are likely to be heavily compromised by paragraph 29 of a law proposal, also known as “DDL intercettazioni” (Wiretapping Act).

This proposal, which the Italian Parliament is currently debating, provides, among other things, a requirement to all websites to publish, within 48 hours of the request and without any comment, a correction of any content that the applicant deems detrimental to his/her image.

Unfortunately, the law does not require an evaluation of the claim by an impartial third judge – the opinion of the person allegedly injured is all that is required, in order to impose such correction to any website.

Hence, anyone who feels offended by any content published on a blog, an online newspaper and, most likely, even on Wikipedia can directly request the removal of such contents and its permanent replacement with a “corrected” version, aimed to contradict and disprove the allegedly harmful contents, regardless of the truthfulness of the information deemed as offensive, and its sources.

During all these years, the users of Wikipedia (and we want, once more, to point out that Wikipedia does not have an editorial staff) have always been available to review – and modify, if needed – any content deemed to be detrimental to anyone, without harm to the Project’s neutrality and independence. In the very rare instances it was not possible to reach a mutually satisfactory solution, the entire page has been removed.

The obligation to publish on our site the correction as is, provided by the named paragraph 29, without even the right to discuss and verify the claim, is an unacceptable restriction of the freedom and independence of Wikipedia, to the point of distorting the principles on which the Free Encyclopedia is based and this would bring to a paralysis of the “horizontal” method of access and editing, putting – in fact – an end to its existence as we have known until today.

It should be made more than clear that none of us wants to question safeguarding and protection of the reputation, honor and image of any party – but we also note that every Italian citizen is already protected in this respect by Article 595 of the Criminal Code, which punishes the crime of defamation.

With this announcement, we want to warn our readers against the risks arising from leaving to the arbitrary will of any party to enforce the alleged protection of its image and its reputation. Under such provisions, web users would be most probably led to cease dealing with certain topics or people, just to “avoid troubles”.

We want to be able to keep a free and open-to-all encyclopaedia, because our articles are also your articles – Wikipedia is already neutral, why neutralize it?

The users of Wikipedia

Testo tratto da qui, grazie al post che trovate qui. Mi pareva doveroso divulgare.

La mia ricetta per risollevare l’Italia.

In questi giorni un po’ tutti si stanno prendendo la briga di dire cosa secondo loro andrebbe fatto per risollevare il paese in un momento come questo. Viene da sè infatti che, salvo chi ancora non vuol propiro utilizzare un minimo di raziocinio, tutti possono facilmente comprendere che non sarà festeggiando il 25 Aprile il 23 che si potranno risollevare i conti.
Bene, in questo marasma generale ritengo di poter benissimo dire la mia anche io, formulando una proposta semiseria su quale potrebbe essere il mio programma se volessi, domani, presentarmi come alternativa alla gestione politica del paese.
Dico semiseria perchè per gran parte delle questioni non sono preparato a sufficienza per poter trovare rimedi reali da solo, quindi accennerò solo le linee di principio sulle quali proverei a costruire un progetto. Per le analisi dettagliate dei singoli ambiti necessito infatti di un team di persone preparate e degne di fiducia con cui poter sviluppare i concetti.
Partiamo quindi con l’enunciare il mio programma.
Innanzi tutto io presenterei una candidatura ad orologeria. Il primo punto del mio programma sarebbe infatti restare in carica unicamente per un tempo limitato, necessario per dare al paese le basi legislative su cui ripartire. Ipotiziamo un anno. Questo punto verrebbe attuato firmando una lettera post-datata di dimissioni. Alla compilazione delle liste elettorali del partito, ogni iscritto firmerà la sopracitata lettera, impegnandosi a lasciare il suo posto nei termini stabiliti.
Questo primo punto avrebbe essenzialmente due risvolti: il primo sarebbe la necessità di lavorare bene e sodo per riuscire ad attuare il programma di governo in un tempo limitato. Il secondo che, sia che ce la si faccia sia che si fallisca, l’Italia non dovrebbe preoccuparsi di noi per più di quel preciso e limitato periodo di tempo. Alla peggio quindi, il paese resterà fermo per 12 mesi. Calcolando che è fermo dagli anni novanta è un rischio che potremmo anche permetterci.
Il secondo punto del programma, diretta conseguenza del primo, è che ogni iscritto alle liste firmerà il consenso al pagamento di una penale salata qualora non presenzi con costanza all’attività di governo. Il che significa calcolare il numero esatto di ferie annuali che ha un qualisasi lavoratore dipendente e concedersi quelle e quelle soltanto. Per riformare un paese serve tempo, la burocrazia è lenta già di suo e quindi bisogna lavorare duro e con impegno. Pare assurdo doverlo mettere per iscritto, ma vista la situazione meglio non dare nulla per scontanto.
Questi primi due punti dovrebbero già di per loro portare alla partecipazione di gente motivata e che non miri ad una poltrona, ma davvero a fare il bene del Paese.
A questo punto spiego anche un paio di criteri con i quali verrebbe effettuata la selezione degli iscritti alle liste. Saranno ben accette candidature di persone tra i 25 e i 45 anni, laureate e disposte a prendersi un anno di aspettativa per poter fare politica al 100% senza distrazioni. Calcolando la quantità di precari qualificati che ci sono in Italia non credo sarà difficile trovare gente in gamba che rispetti questi requisiti. Sia l’età che il titolo di studio saranno altamente vincolanti. Inoltre, non si accetteranno candidature di persone laureate in scienze politiche o discipline non strettamente utili a comprendere i problemi del paese e tentare di risolverli. Definiamola una lista di “tecnici”, intendendo come tali persone che come unica qualifica non abbiano quella di saper andare a Porta a Porta o Ballarò ad imbonire gli Italiani.
Formata la squadra, resterebbe unicamente da gestire la questione del programma vero e proprio, ovvero di quali riforme occuparci.
L’unico programma del mio governo sarà riformare la politica, ovvero legiferare in modo che dopo di noi la classe dirigente sia selezionata in base alla competenza, restituendo il paese agli elettori per una nuova tornata elettorale che possa far ripartire la nazione con alla guida gente capace e motivata.
Quindi, in soldoni, si tratterebbe di:
– Riformare la legge elettorale. Sono convinto che chi prende più voti debba poter governare in santa pace per una legislatura e avere il tempo di fare o non fare quanto progettato. Senza scuse, senza alibi. Di conseguenza mi pare giusto che chi ottiene maggioranza relativa abbia il 55% dei seggi (esattamente come credo sia ora). Non si può certo aspettare che per governare un paese il 55% dei diritti al voto esprima la stessa preferenza. Tuttavia introdurrei: limite di 60 anni per l’eleggibilità, laurea come requisito indispensabile, limite massimo inderogabile di due legislature, eleggibilità in base ai voti raccolti e non alle graduatorie di partito e impossibilità a presentarsi per cariche diverse, in liste diverse o eventualmente anche a nuove elezioni senza aver prima dato le dimissioni dalla posizione politica attualmente ricoperta. Spiego meglio: sei deputato e vuoi presentarti alle europee? Prima ti dimetti. Sei sindaco e vuoi presentarti alla camera? Prima ti dimetti. Sei il presidente del consiglio? Non puoi essere capolista alle regionali se prima non ti dimetti. Mi pare chiaro.
Inoltre, l’elettore sarà tenuto (pena l’invalidamento della scheda) ad esprimere una preferenza non solo per il partito, ma anche per un candidato. Votare è una cosa seria e va fatto seriamente. L’idea è impedire che persone occupino cariche pubbliche senza il consenso popolare, così da responsabilizzarne le azioni. Chiamerei l’insieme di queste riforme “anti-Scilipoti”.
– Ridurre i costi della politica per davvero. Stipendi dei politici proporzionali al PIL pro capite, riduzione drastica non solo del numero dei politici, ma dei benefit agli stessi, comprese pensioni e rimborsi vari. Trasformerei il lavoro del politico in un lavoro ben pagato (perchè trovo giusto lo sia, trattandosi di posti di responsabilità), ma non più sinonimo di privilegi. Una volta ho sentito Zaia in televisione dire che i politici vanno pagati perchè “si deve avere un guadagno nel fare politica, altrimenti uno resterebbe a fare l’imprenditore”. Ecco, per me chi ragiona così è bene faccia altro. Lasciamo la politica a chi ce l’ha a cuore, perchè di gente così ce n’è tanta e di tutti i colori e le ideologie.
Il problema dell’Italia adesso non è la crisi, non sono i bilanci, non è il lavoro nè la sanità nè l’istruzione.
Il problema è una classe politica che di queste cose non è capace di occuparsi e, soprattutto, che se ne frega del fatto di non saperlo fare forte del suo essere intoccabile.
Di conseguenza quindi, è su quest’ultima che bisogna agire.

Wanna Marchi

Girando qua e la per la rete mi sono imbattuto in un post su Bioetica che rimandava a sua volta ad un altro paio di post apparsi su Blog(0).
In tutte queste pagine si parla di omeopatia, dell’assenza in questa pratica di qualsivoglia fondamento scientifico e del fatto che una multinazionale francese abbia deciso di querelare, o meglio intimidire, un povero blogger reo solamente di aver ribadito ancora una volta questo concetto.
Tempo fa io e la Polly avevamo combattuto una battaglia simile scrivendo una lettera ad Ok Salute in cui chiedevamo cortesemente di smetterla di dare spazio ad articoli sull’omeopatia in cui si lasciava intendere come questa potesse davvero essere considerata come alternativa alla farmacologia classica.
La rivista ci aveva risposto, dicendo che in realtà avevano anche pubblicato articoli che chiarivano il fondamento non scientifico della disciplina omeopatica. Noi quegli articoli non li abbiamo mai trovati, ma almeno la risposta era stata garbata.
Il punto della questione è che chi fa un mestiere come il mio o anche solo ha delle basi di medicina, farmacologia o scienza in generale, non può tollerare un certo tipo di disinformazione, perchè si gioca con la salute della gente.
Partendo dal presupposto secondo cui ognuno è libero di curare il proprio corpo come meglio crede, io non sono contrario al poter trovare in commercio prodotti omeopatici, così come non sono contrario ai viaggi a Lurdes o a Medjugorje. Ognuno è libero di credere quello che vuole e comportarsi di conseguenza.
A darmi fastidio sono le operazioni di marketing che sfruttano l’ignoranza per generare profitti.
Chiariamo quindi la questione anche su queste pagine, nella speranza di poter essere utili a qualcuno. Cercherò di semplificare, sperando di non commettere imprecisioni.
I rimedi omeopatici si basano sul concetto di diluizione. La teoria alla base sostiene che diluendo un principio attivo in maniera estrema non si vada ad inficianre l’effetto curativo, ma anzi, lo si possa addirittura accentuare. Tradotto significa prendere un farmaco e diluirlo all’ennesima potenza (si parla se non erro di centinaia di diluizioni centesimali consecutive) fino ad ottenere, tenetevi forte, acqua. Esemplifico: avete mal di testa? Sciogliete una bustina di nimesulide nella vostra piscina comunale e poi bevete un bicchiere dell’acqua in essa contenuta.
Basterebbe solo utilizzare un minimo di razionalità per comprendere come il meccanismo scricchioli, ma non è così che la farmacologia smentisce le pratiche omeopatiche.
La base su cui la farmacologia si fonda è il controllo in cieco che paragona un farmaco ad una sostanza inerte chiamata placebo.
La regola aurea, in soldoni, è questa: se la sostanza in esame cura più persone del placebo è possibile definirla come farmaco. Altrimenti no. Nel caso dei rimedi omeopatici questa differenza non c’è.
Questo significa che nessuna persona curata con il rimedio omeopatico (o col placebo) guarisce dalla malattia? Assolutamente no. In molti casi si raggiunge comunque la guarigione anche senza essere stati adeguatamente trattati con farmaci. Se si assume un farmaco però le possibilità di guarire crescono.
Esemplifico ancora. Prendiamo trenta malati di influenza. Ne trattiamo dieci con un anti influenzale, dieci con un rimedio omeopatico e dieci con acqua. Alla fine del trattamento, 7 delle persone trattate col farmaco saranno guarite, mentre solo tre delle persone trattate con l’acqua o con il prodotto omeopatico raggiungeranno lo stesso risultato. Ovviamente la questione è numericamente e teoricamente più complessa di così, ma spero l’esempio aiuti a capire.
La cosa sbagliata dell’omeopatia (e di altre pratiche che non menzionerò di nuovo per non far arrabbiare troppe persone con lo stesso post) sta nel fatto che questo principio non viene spiegato.
Per questo motivo, credo e spero, in Italia è addirittura illegale pubblicizzare prodotti omeopatici.
Ok, spero di aver spiegato la faccenda in maniera chiara, precisa ed esaustiva.
Mi prendo le ultime righe essenzialmente per precisare due cose:
1- I rimedi naturali NON sono da considerare omeopatici e non deve essere fatta confusione in merito. Esemplifico: bere una camomilla per calmarsi non è un rimedio omeopatico. La camomilla contiene un principio attivo che, a certe concentrazioni, è scientificamente provato dare l’effetto desiderato. Quindi il concetto è se assumere tot mg di principio attivo sotto forma di bevanda dal sapore piacevole, o in pastiglia. La concentrazione di principio attivo però NON CAMBIA. Differente sarebbe dirvi di mettere una bustina di camomilla nella piscina di cui sopra, berne un bicchiere e dichiararne gli stessi effetti curativi.
2- Io e questo blog supportiamo non solo la causa dell’informazione onesta e completa sui rimedi omeopatici, ma soprattutto i privati cittadini che solo per averne parlato in maniera critica, ma con cognizione di causa, vengono attaccati ed intimoriti da aziende multinazionali.
Il manganello, brandito da avvocati in giacca e cravatta, non è meno pericoloso.

Il post demagogico-populista

A quanto pare, finanziariamente, in giro c’è un gran casino.
La crisi.
Sta cosa della crisi è il fenomeno mediatico più longevo che io ricordi. Ha seppellito guerre, tsunami, terremoti e pandemie varie. Resta sempre lì, in prima pagina, alternando giorni in cui tutti dicono che non c’è o che è finita a giorni in cui dicono che siamo tutti spacciati.
Io, in economia, sono ignorante come una capra. Davvero, non ci capisco nulla. Però mi pare di non essere il solo a vivere la cosa con forse eccessivo distacco.
Insomma, mi pare ci sia un baratro tra il paese reale che vive, produce e consuma, rispetto agli indici di borsa con i loro più e meno.
Non lo so. Sarà che l’altra sera ho visto “Capitalism: a love story” di Michale Moore. Che poi lo so anche io che quel film va preso con le pinze, che racconta una verità e non LA verità e via dicendo, ma mi resta fortissima la percezione di presa in giro costante cui tutti i giorni mi sento sottoposto.
Tipo oggi, Tremonti che si presenta ai giornalisti e dichiara che il metodo migliore per uscire dalla merda è, in sostanza, esasperare i principi che nella merda ci hanno buttato. Mercato ancora più libero, mercato del lavoro ancora più flessibile, tasse sproporzionate alle entrate (che in italia diventano addirittura opzionali per chi supera un certo reddito) e via dicendo. Sarà veramente che non capisco un tubo, però mi pare la tattica di chi usa tequila come anti-sbornia.
Ad ogni modo la situazione che mi dicono essere crollata in questi giorni a me non pareva rosea nemmeno prima. Ricordo addirittura che quando questa storia della crisi è incominciata la gente mi diceva: “Cazzo, non è possibile, non assume più nessuno. Solo contratti a termine, neanche fossimo utensili.” e io, scienziato wannabe, pensavo: “Scusate, ma che cazzo è cambiato? Benvenuti nel mio mondo.”.
Poi però cos’era cambiato l’ho capito guardando in giro e vedendo quante aziende, piccole e grandi, hanno iniziato a marciarci sopra a questa situazione generando un rinculo decisamente più dannoso del colpo che l’ha causato. Di punto in bianco la gente si è sentita in diritto di non pagare i fornitori dicendo che: “Ehhh, c’è la crisi”, oppure di lasciare a casa metà dei dipendenti in cassa integrazione per far fare gli straordinari all’altra metà (che tanto di avere ancora uno stipendio dovevano essere solo che grati). Il capolavoro vero lo facevano quelle aziende che riuscivano a non pagare le tasse, non pagare i fornitori e far pagare allo Stato una parte degli stipendi senza avere il benchè minimo passivo, se non sulle proiezioni di bilancio. Che tradotto vuol dire, faccio il cazzo che mi pare perchè avevo previsto di chiudere a +11% ed invece probabilmente chiuderò a +5%. Sarà la mia ignoranza nel campo, ma a me pare comunque un guadagno chiudere a +5% e se io fossi nella posizione di decidere non lascerei che dipendenti venissero lasciati a casa solo per poter incrementare l’attivo ai livelli delle aspettative.
Mi piacerebbe davvero qualcuno mi spiegasse A) cosa sta succedendo e B) se davvero non c’è modo di evitare che chi ha causato il casino lo incrementi ulteriormente.
Ad ogni modo tutto questo fa da sfondo al mio tentativo di trovare un lavoro. Forse avrei potuto scegliere un momento migliore, o forse no visto che come accennavo per me la situazione è sempre stata una merda. E mi fermo qui, perchè se penso a cosa deve fare uno per ottenere anche solo uno di quegli schifidi contratti, beh, mi viene il voltastomaco. Prima ti pagavano per lavorare. Poi si è passati a farti lavorare gratis. Poi c’è chi ha iniziato a chiederti di pagare per lavorare (viva i master e gli stage a pagamento.). Ora pare che si debba addirittura pagare solo per poter sostenere un colloquio. Lo dico adesso, se dovessi finire sui quotidiani per aver massacrato di pugni in faccia un ventenne laureato in, chessò, filosofia/sociologia/cazzivari che seduto di fronte a me forte della sua laurea triennale pretende con supponenza (perchè son supponenti sti pezzi di merda) di poter valutare le mie capacità nello svolgere il mio lavoro, beh, gradirei mi venissero perlomeno concesse delle attenuanti.
Su tutte l’esasperazione.
Chi non si esaspera invece pare essere la gente che, proprio per via del fatto che questa crisi è immensa sui giornali, ma ancora (sottolineo ANCORA) quasi impalpabile per gran parte della popolazione, se ne resta tranquilla in casa.
Magari smadonna quando legge il menù del risotrante del Senato ed i relativi prezzi, quando si parla di casta e di costi indecorosi della politica, ma ancora non ha la convinzione necessaria a raccogliere i tasselli del proprio parquet o i bulloni della propria cassetta del bricolage e partire per Roma all’idea di lanciarli uno ad uno in faccia alla feccia che esce dal parlamento.
Che poi io spero che quel momento non arrivi mai, perchè inutile girarci intorno: la mia vita è meglio adesso che in un ipotetico scenario da guerra civile o rivoluzione armata che dir si voglia. Però ecco, sarà che l’odio ormai è viscerale, ma un po’ della mia serentià la sacrificherei per vedere i forconi alla gola di un ministro dell’economia che spara le dichiarazioni di oggi.
“Si formula anche l’ipotesi di tagliare gli stipendi dei dipendenti pubblici. Anche questo non è detto debba essere oggetto dell’attività di Governo.”
Sono loro, i dipendenti pubblici di cui si parla?

La figura della donna

Oggi leggendo la Repubblica mi sono imbattuto nella notizia riguardante l’ennesimo manifesto “colorito” del negozio Giallo Oro di Bari. Il manifesto è quello riportato qui a lato e la notizia in questione è linkata al manifesto. Questa questione offre talmente tanti spunti di riflessione che credo farò fatica a sviscerare tutto, ma voglio provarci perchè c’è tutto un movimento di pensiero che al sottoscritto ha ampiamente rotto il cazzo.
Andiamo tuttavia con ordine.
Il manifesto in questione è stato rimosso perchè ritenuto oltraggioso, teniamoci forte, per la figura della donna.
Che il manifesto sia di suo insensato se si pensa strettamente al messaggio pubblicitario di un negozio che compra e vende oro non ci vuole certo una laurea per comprenderlo. L’unico risultato che può ottenere è strappare un sorriso a qualcuno, ma nessuno credo possa capire o anche solo intuire guardando il manifesto per strada, cosa stia reclamizzando. Intimo? Creme Solari? Centri di bellezza? Boh, a me un negozio di compravendita d’oro è l’ultima opzione che verrebbe in mente.
E allora mi chiedo: perchè mai un negozietto di Bari dovrebbe spendere una fortuna per ingaggiare una nota modella (su cui tornerò in seguito) e piazzarla su un cartellone che alla fine non pubblicizza la sua attività?
Semplice: perchè l’italia è piena di idioti che vedono una cosa del genere e iniziano a berciare di femminismo, di donna-oggetto, di se non ora quando (sempre, CRISTODDIO, sempre! Non ora. Fine inciso.) e il manifesto finisce sulla home page di Repubblica. Calma però, non è che ci finisce questa storia sulla home di Repubblica, ci finisce proprio il manifesto. Dico io, se devi proprio sfasciare i coglioni con menate senza senso (poi torno anche sul perchè sta storia non ha senso, altrimenti perdo il filo) limitati a raccontare i fatti. Citi lo slogan e descrivi il cartellone. Cazzo, saprebbe farlo un bambino delle elementari. E invece no. Tirare click a quanto pare non fa schifo nemmeno ai paladini delle donne e, di conseguenza, ecco il cartellone in bella mostra. Dite che sono maligno? Può essere, ma intanto andando al link dell’altro caso di pubblicità ritenuta offensiva effettuata dallo stesso negozio, in cui si tirava in ballo niente meno che dell’ex Papa, la foto del cartellone non c’è.
Ad ogni modo è chiaro che il negozietto di Bari ha capito come farsi pubblicità sul serio e in tutta la nazione e io non credo abbiano fatto nulla di male. E ora spiego il perchè di questa mia affermazione e anche il perchè ritengo questa storia senza senso. L’analisi del cartellone è semplice: c’è una bella ragazza con una frase magari di cattivo gusto o semplicemente più esplicita del lasciato intendere di centomila altri spot che finiscono su cartelloni, tv e giornali. Se ci si riflette, il messaggio che si vuole demonizzare è la possibilità che un uomo, guardando quella ragazza, provi del desiderio sessuale. Pare non sia lecito pensare a dove si vorrebbe metterlo ad una così. Cazzo, ma stiamo scherzando? Sta a vedere che adesso sono machista, maschilista o irrispettoso nei confronti della donna se provo del desiderio sessuale nei suoi confronti. Ma stiamo dando i numeri? Quel pensiero può colpirmi mentre guardo quel cartellone così come mentre guardo i cartelloni di Yamamay o le ragazze al mare. Non è che se c’è scritto sul cartellone ci penso, mentre se ci fosse stato scritto: “compro oro” avrei meditato sulla palma che fa da sfondo. Insomma, la frase di per se non può essere causa dello scandalo.
Allora forse lo è l’immagine. E qui c’è veramente tanto da dire. Avete rotto il cazzo con sto perbenismo da domenica mattina. La pubblicità deve attirare l’attenzione. Una bella donna, come un bell’uomo, attira l’attenzione e la gente la guarda. Punto. Non c’è morale o etica, trattasi di natura. E non mi si dica che è una questione italiana o femminile, perchè il pacco di Beckam ce lo siamo sorbiti per anni senza dire un cazzo. E nessuno pensa che Beckam stia mercificando il suo essere uomo. O meglio, nessuno pensa che faccia male a farlo o faccia torto a qualcuno. Certo, su quel cartellone non c’è scritto “E tu a uno così cosa gli faresti?”, però non sono così idiota da bermi la balla secondo cui il problema stia nell’esplicitare. Queste sono battaglie vuote e isteriche di chi non sa più per cosa cazzo valga la pena lottare veramente. Sveglia. Lo scandalo non è che le belle facciano pubblicità, porcamerda, ma che facciano carriera grazie alla bellezza in ambiti dove la bellezza non dovrebbe contare. Quello è il problema e per quello bisogna combattere, ma smettiamola di rompere i coglioni a pubblicità, riviste e televisioni perchè ci si rende ridicoli e, di conseguenza, si lede all’importanza delle cause vere. Il probelma della TV non è qualche ragazzina che mostra il culo ammiccante, il problema è che intorno a quella ragazzina non c’è nulla. Non ci sono più contenuti. Non si può pensare di negare che la bellezza apra delle porte, bisogna puntare sull’educare a non volersi limitare a quelle poche opzioni e provar a puntare anche, soprattutto su altro per raggiungere i propri obbiettivi. E’ per quello che tutte le ragazzine vogliono diventare veline, perchè manca l’educazione. Perchè una volta non tutte volevano diventare Heter Parisi, o le ballerine del varietà, eppure per i tempi la figura era la stessa. Non è che le scegliessero cesse all’epoca. Una volta però le mamme e i papà dicevano alle bambine e ai bambini di andare a scuola e fare l’università, così avrebbero fatto una bella vita lavorando e vivendo di quello che realmente loro piaceva. Oggi mandare i figli all’università è se non inutile quasi controproducente, perchè li si ritrova a trent’anni senza un lavoro e con le aziende che, se devono proprio assumere, assumono gente di venti “da plasmare”. E allora c’è poco da lamentarsi se una ragazzina di quindici anni magari vede il fratello di venticinque che dopo anni di 30 e lode lavora da schiavo al McDonald e decide di puntare sulle tette. La colpa non è di Striscia la Notizia, ma di uno Stato che non da alternative. Perchè la bella e scema che nella vita non può puntare ad altro che non ad apparire su un cartellone del genere ci sarà sempre. L’obbiettivo è evitare che ci finiscano (se non per scelta loro) le belle, ma con potenzialità per fare altro.
In Italia le donne hanno vita difficile in molti ambienti lavorativi e, ultimamente, la cosa si sta aggravando con esempi al limite del nauseabondo. Bisogna focalizzare l’attenzione su quello e smetterla di rompere la minchia con la questione dell’immagine della donna, perchè tra le due cose c’è la stessa relazione che intercorre tra i giovani killer e la musica metal (ovvero nessuna, preciso perchè chissà mai che Alberoni stia leggendo).
Altrimenti ci si rende ridicoli e si perde di credibilità, rovinando anche il lavoro di chi per le reali necessità delle donne (e dei gay e di chiunque altro) combatte sul serio e in modo sensato.
Che poi dai, sta vicenda è veramente ai limiti del paradossale. La Carfagna definisce il cartellone “Volgare”. Questa frase, di per se, già sembra una battuta di satira. La protagonista dello spot incriminato, tale Barbara Montereale, pare sia una di quelle del giro ciuccia-premier. Ora, davvero vogliamo associare ad una così l’immagine della donna? Io direi di no, quindi al più con quello spot ha offeso la sua, di immagine.
E chissenefrega, aggiungerei.

EDIT: ho scritto a Gilioli e a Repubblica per avere un parere in merito. Vediamo se e cosa dicono.