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Politica

Un partito democratico

In questi giorni tiene banco la discussione avvenuta in seno al PD riguardo le unioni omosessuali. Che poi “in questi giorni” fa ridere perchè ne parlano da che il PD esiste e non ne son mai venuti a capo, ma diciamo che la questione è recentemente tornata attuale anche per l’opinione pubblica che, in prossimità di elezioni e in concomitanza alla ridiscesa in campo di Berlusconi, mostra giustamente agli italiani cosa succede sull’altra riva del fiume. Come sempre, il timing scelto dal PD per tirar fuori lo squallore di cui è composto è impeccabile, ma davvero non vorrei divagare.
Dicevamo che all’interno del PD si son manifestate per l’ennesima volta posizioni inconciliabili riguardo temi sociali importanti per il futuro di questo Paese. Essendo il partito per definizione democratico, le diverse personalità che lo compongono hanno provveduto ad esprimere legittimamente le loro posizioni, anche discordanti e spesso inconciliabili, perchè alla fine la democrazia è proprio dar voce a tutti. Io questa cosa la apprezzo anche, perchè se avessi voluto sostenere il pensiero unico avrei tranqullamente potuto votare a destra. Quindi ben venga la discussione, ben vengano le diversità che, da sempre, arricchiscono e ben vengano l’apertura ed il dialogo volti a conciliare posizioni diverse nell’interesse del Paese.
Per essere un partito però su qualcosa bisogna concordare. Questo è necessario per scrivere un programma da presentare agli elettori, programma che dovrebbe appunto sancire le basi su cui il partito in questione fonda la sua idea di governo per l’Italia che verrà. Io, quali siano queste basi, non l’ho mica capito. Anzi, non ho ancora mai sentito di un frangente in cui il PD si sia manifestato unito. Ci sarà una cazzo di cosa su cui sono d’accordo, no?
Così ci ho pensato e, gira e rigira, l’ho trovata. Il punto fondamentale del PD, su cui si fonda la sua corsa alle prossime politiche, è continuare ad esistere. Vincere o perdere non conta. Il PD è l’espressione massima de “l’importante è partecipare”. Altrimenti non si spiega.
Io non ne so moltissimo di politica, nè di economia, ma ho la netta impressione che riguardo i grandissimi temi economici e politici, ormai, i governi dei singoli paesi abbiano ben poca voce in capitolo. L’economia e la politica sono ormai globali e che ci governi Tizio, Caio o Sempronio su quelle cose lì c’è poco da fare. Grazie a Dio, perchè fossero stati decisivi i governi dopo vent’anni di Berlusconi vivremmo sulle piante. Se però c’è qualcosa su cui ancora i governi hanno margine decisionale è la politica sociale e in quest’ambito, il PD, non è un partito perchè non avrà mai un programma. Etica medica, diritti civili, ammortizzatori sociali e pensioni sono alcuni dei temi su cui questo insieme di persone non ha mezza base in comune. La cosa drammatica (per il Paese eh, mica per loro) e che non gli interessa. Il loro scopo è raccogliere voti. Per farci cosa non è importante o quantomeno non è un problema da porsi ora. A guidare la politica del partito è un grosso, gigantesco pallottoliere.
La cosa che fa rabbrividire è che ad usarlo però, non son neanche tanto capaci. In primo luogo, se c’è stato uno sconfitto alle precedenti amministrative è stato il centro moderato di stampo cattolico. In che modo la rincorsa alle posizioni recentemente sconfitte e l’alleanza coi recenti perdenti possano o debbano aiutare i numeri del PD, giuro, ma non lo comprendo.
In seconda analisi, è facile a mio avviso constatare come, oggettivamente, il PD sia un partito inutile perchè overlappante posizioni già definite. Non esistesse, con ogni probabilità il 50% dei suoi iscritti starebbe con l’UDC, il 40% con i vari partitucoli di “sinistra” che vanno da SeL all’IdV passando per Grillo, e un buon 10% con il PdL o qualunque altra realtà di destra fosse disposta a dar loro una poltrona. Nessuno si troverebbe scoperto o privo di una realtà capace di portare avanti le i propri ideali con coerenza molto maggiore a quanto il PD saprà mai fare.
E allora fatelo, perdio, disintegratevi. Toglieteci dalla vista sto prodotto indecente e smettetela di provare a far credere che in Italia ci sia un partito di sinistra al 30%.

Qualche battuta su M^C^O

Premessa d’obbligo: da giorni sento parlare di questa iniziativa senza essermene mai curato fino ad oggi, quando la vicenda è diventata di mio interesse per una serie di ragioni che esulano da cosa sia Macao. Ad ogni modo, riassumendo, quanto accaduto è che un gruppo di persone ha occupato un grattacielo sfitto nei pressi della stazione Centrale di Milano allo scopo di creare un “centro per le Arti di Milano”. L’iniziativa (leggo da varie fonti internet, resto apertissimo a smentite o correzioni) ha il duplice scopo di dare alla città uno spazio culturale sicuramente necessario e utile e di sensibilizzare l’opinione pubblica cittadina e non solo verso una categoria di addetti ai lavori le cui condizioni contrattuali sono spesso indecorose.
Questa mattina, se non erro circa dieci giorni dopo l’occupazione, le forze dell’ordine hanno sgomberato l’edificio. Immediatamente, sui vari social network e su qualche organo di stampa, s’è aperto un mondo di botta e risposta, di riflessioni e, chiaramente, di insulti intorno alla vicenda Macao.
La mia analisi vuole partire da un twitt dei 99 Posse che recita: “Chi sgombera un posto occupato è un fascista. Pisapia giù le mani da #macao”. A me, nel 2012, star qui a discutere di fascismo vs. occupazione fa abbastanza tristezza. Per quanto il movente dell’iniziativa Macao sia condivisibile (e per il sottoscritto, da quando ne è a conoscenza, lo è parecchio) il metodo con cui lo si voleva portare in essere è sbagliato. Occupare per il sottoscritto è un’azione violenta e illecita che non trova mai giustificazione, nemmeno con tutte le grosse attenuanti del caso. La scarsa adesione alla realtà di chi grida al fascismo e accusa il sindaco di Milano oltretutto è disarmante. Lo stabile occupato non è del comune, è della famiglia Ligresti. Fatta richiesta di sgombero al comune e alle forze dell’ordine non resta che prendere atto e agire per far rispettare la legge. Il punto infatti è che occupare i beni immobili altrui è illegale, quindi facendolo si fa un danno alla causa. Oltretutto si accusa Pisapia di “risposta ottusa” quando, stando sempre a quanto leggo, il sindaco si dice disposto ad incontrare i ragazzi di Macao e discutere coi suoi assessori di una possibile risoluzione del problema. Ora, secondo me è dovere di un sindaco porsi in questi termini di fronte ad una evidente necessità dei cittadini, ma non so quanti altri sindaci sentirebero questo dovere in seguito ad un’azione fatta nel pieno diritto e nella tutela della legge.
Personalmente trovo molto meno corretto e giusto l’appoggio che Boeri e la giunta di Milano hanno dato, a parole, all’iniziativa nei giorni precedenti lo sgombero. Avvallare un’iniziativa autogestita che occupa spazi non suoi senza il diritto di poterlo fare è sinonimo di non curanza verso un problema. E’ dire ai cittadini di arrangiarsi. E’ creare ancora più confusione sui piani leciti e illeciti di una battaglia sociale. E’, anche e soprattutto, un tentativo di ottenere il massimo risultato senza sporcarsi le mani. Questo non va bene ed è di questo che si dovrebbe parlare. Verificata l’esigenza di Milano e dei suoi abitanti nell’avere spazi da dedicare alla cultura tu, comune, devi impegnarti per farli saltare fuori. E’ lì che la lotta si deve combattere, spaccando il cazzo in comune, facendosi sentire e portandoli a mantenere gli impegni presi. Altrimenti la società civile muore e si passa alla legge del più forte che, manco a dirlo, contro i Ligresti di turno ci vedrebbe sconfitti comunque.
Lo so, il mio sembra il classico discorsetto di chi se ne sta sicuro dietro la tastiera, ma nel mio piccolo ho provato a relazionarmi con un comune per ottenere spazi e organizzare manifestazioni culturali che vanno al di fuori dell’interesse dei più. Cazzate eh, piccole cose, ma ottenute con grande sforzo e grande lavoro di dialogo, mediazione, interazione e via dicendo. Tutta roba molto più complessa dello sfondare la porta di un edificio abbandonato.
Poi oh, l’Italia è anche questo. Venti persone sgomberate da un edificio e ventimila che protestano su twitter.

Katy Perry is Fucked up.

Qui ultimamente si fa un gran parlare di twitter come nuovo strumento di vita on line. Io l’account ce l’ho da un bel po’ (non abbastanza da arrivare prima di Zdeněk Haták, ma da ben prima che ne parlasse La Repubblica, per intenderci), causa la mia abitudine a registrarmi a qualunque tipo di social senta nominare salvo poi dimenticarmene per anni. Eppure non l’ho mai utilizzato perchè mi sembrava una roba piuttosto inutile. Le cose son cambiate recentemente, forse da cinque o sei mesi, quando mi sono finalmente reso conto che se usato in maniera intelligente può essere un veicolo fantastico di informazione e, con le dovute virgolette, di politica orizzontale. Viva twitter, quindi, ma non è di questo che volevo parlare.
Volevo invece dire che, grazie all’uccellino blu, oggi sono venuto a conoscenza di una discussione agguerritissima tra Damian Abraham, il cantante barbuto e di sana e robusta costituzione dei Fucked Up, e la fanbase di Katy Perry. La diatriba, se vogliamo così definirla, riguarda l’ultimo video della cantante, “Part of me”, che metto per benino qui sotto nel post così A) fornisco tutti i presupposti necessari per seguire la discussione e B) tiro un po’ di visite.

La questione verte sull’opportunità o meno di prestarsi, da parte di Katy Perry, ad un maxi marchettone in favore del corpo dei Marines. Perchè il succo del video, che ho visto solo una volta e senza audio, è: “La mia vita sentimentale è una merda? Bene, io divento una soldatessa e sfogo tutto il mio rancore.” Uno spot all’arruolarsi che, l’avessero fatto direttamente i Marines, non sarebbe mai stato così efficace. Bene, la questione viene sintetizzata dal buon Damian in questa maniera:

Ecco, forse non passerà alla storia come esempio di diplomazia, ma se ne accorge da solo e rettifica:

Meglio così? Mica troppo, ma il punto non sta lì. Mi sembra invece che la questione sia, nel suo essere mal posta, sicuramente interessante. A me Katy Perry piace, mi fa anche simpatia, ma non posso condividere il messaggio del video nè lo scopo per cui è stato ideato. Vero che millemila prodotti, tra videogame, film, etc. sono spesso oltre il confine dello spot alla vita militare e considerando a chi sono rivolti, a pensarci la cosa disgusta non poco, ma effettivamente è opera talmente diffusa che rifletterci sopra non capita spesso. Grazie dello spunto.
La cosa tragica però, son stati i milioni di commenti e risposte da parte della fanbase della cantante. Roba così:

Del tipo, chissenefrega del concetto, tu non puoi criticare perchè sei meno famoso. Nello specifico, tu non puoi dire nulla contro Katy perchè non conti un cazzo. Signori e signori, la regina delle argomentazioni idiote.
Non mi sono informato più di tanto su eventuali risposte della cantante in prima persona, magari la questione ha preso poi risvolti diversi con (ipotizzo) la stessa Perry che spiega la sua estraneità ad intenti pro arruolamento, oppure con un flame violento tra i due. Non mi interessa, onestamente.
Il punto è che finchè la gran parte dei ragazzini reagisce ad un commento come quello di Damian con questo tipo di argomentazioni, diventa davvero legittimo pensare che video ed operazioni simili a “Part of me” possano influenzare le scelte dei giovani e portarli a scelte di vita radicali.
In estrema sintesi: la risposta dei fan, secondo me, prova la tesi del cantante.
Così è deciso, l’udienza è tolta.

Grazie di cuore

La cosa che veramente manda il sangue alla testa in questa Italia da ricostruire è che gli ultimi trent’anni di politica ci hanno privato di tutto. Sono riusciti pure a toglierci la possibilità di controbattere, di far valere quantomeno a parole i nostri diritti.
Oggi Emma Marcegaglia se n’è uscita dicendo che l’articolo 18 serve esclusivamente a tutelare “assenteisti cronici e ladri“. Qualche giorno fa Lupi, con molta più eleganza, su twitter aveva sollevato la medesima questione sostenendo che nessun imprenditore licenzierebbe in tronco un buon lavoratore e che quindi, implicitamente, l’articolo 18 tutela quelli che buoni lavoratori non sono.
In altre circostanze sarebbe facilissimo rispondere a questi individui. Senza una tutela del lavoratore il confine tra buon dipendente e lazzarone diventa assai labile. Oggi posso valutare bene chi fa il suo dovere. Domani chi non obbietta a fare più del suo dovere. Dopodomani chi fa più del suo dovere ed essendo più giovane lo fa più in fretta e stancandosi meno. In tre giorni chi il tutto lo fa pretendendo la metà del salario. Tra una settimana chi, oltre a tutte queste caratteristiche, mi sta più simpatico.
Senza un freno, senza una regola, non so quanti di noi a lungo andare potranno essere definiti “buoni dipendenti” dal loro datore di lavoro e questo, nell’ambito di professioni poco specializzate, non è un bello scenario.
Che, quindi, l’argomentazione che fa perno sul vantaggio imprenditoriale nel tenere i lavoratori di cui si è soddisfatti faccia acqua da tutte le parti non è che sia poi così arcigna.
Cosa rende allora gente come la Marcegaglia, Lupi o la Fornero così sicuri della loro posizione? Cosa fa di loro quasi degli inattaccabili?
Io un’idea ce l’ho. Innanzi tutto non è certo bravura loro. L’abolizione dell’articolo 18 non è una cosa che si sono inventati gli imprenditori del dopo crisi, nè i tecnici del governo Monti. Questa proposta è vecchia come il cucco. Paradossalmente più vecchia dell’articolo stesso, perchè vede gli imprenditori tentare di riportarsi nella posizione che avevano un tempo, ovvero quella di poter decidere dei loro dipendenti come più gli aggrada.
Come dire “per uscire dalla crisi e rilanciare l’impresa, re-istituiamo la schiavitù”. Non è che sia un’idea nuova, nè tantomeno intelligente, e il fatto che funzionerebbe non credo porti nessuno a prenderla in considerazione. Al momento, perlomeno.
Il merito di aver ridato fiato e vigore a chi vorrebbe tornare ad essere “padrone” (termine che Dio solo sa quanto ero felice di ritenere fuori tempo massimo) va solo ed esclusivamente alla sinistra italiana.
Va ad anni, decenni di sindacalisti prezzolati, di lotte inutili e strumentali, di accordi beceri. Va a chi ha trasformato la sottoscrizione al sindacato ad un equivalente del pizzo da pagare per non aver problemi e, spesso, per potersi garantire un’esistenza “al risparmio energetico”. La tutela per anni degli scansafatiche, dei ladri e dei disonesti non è leggenda e non è certo colpa della destra. Delle persone che conosco, qualsiasi credo politico esse abbiano, non solo non ce n’è mezza che stimi i sindacati, ma la maggior parte può snocciolare almeno un episodio in cui questi si son comportati in maniera vergognosa.
E i partiti? Dov’erano i partiti di sinistra in tutto questo?
Che sinistra è una che tradisce la base del proprio elettorato mettendola nella posizione di diventare vittima sacrificale designata? Che sinistra è quella capace di far tornare plausibili scenari lavorativi vecchi di cent’anni?
Ci si stupisce che in vent’anni non sia riuscita a cacciare Berlusconi, ma ditemi voi, oggi, se questa è la colpa più grave.
Siamo arrivati al punto che una Marcegaglia o un Marchionne qualsiasi possono fare la voce grossa e strapparci in faccia dei diritti acquisiti con questa cosiddetta sinistra che nemmeno li lascia fare, ma li appoggia (ieri il sì del referendum FIAT, oggi l’articolo 18). Certo, la scusa è sempre che “o così, o la rovina”. Beh, quasi quasi scelgo la seconda perchè, sarò un illuso, ma almeno potrebbe essere per tutti.
E mi chiedete di andare a votare.
Andatevene tutti affanculo. TUTTI.
E con voi portatevi i giornalisti beceri e celebralmente inerti che abbiamo in questo paese.
Notizia di oggi: scandalo sulla clausola maternità in RAI. Insorgono i sindacati: contratto illegittimo.
In un Paese dove la regola sono i Co.Co.Pro. dove sta la differenza?
La destra ci ha messo in ginocchio governando praticamente da sempre.
La sinistra è riuscita nella non facile opera di prendersi le colpe.
A noi, tanto per cambiare, toccherà pagare le conseguenze.

Roma 2020 e altre cose di cui avrei potuto scrivere

Oggi pomeriggio al lavoro è noia pesa.
Siccome ho già provato ad impegnare il tempo facendo ogni sorta di lavoro e ho tirato al massimo un’oretta, ho deciso che potrebbe essere un buon momento per aggiornare il blog. Magari con un post vero, non con una di quelle ciofeche da tre/quattro righe che pubblico ultimamente.
Tra tutti gli argomenti che ho a disposizione (e che sono tantissimi), deciso di spendere due parole in merito all’ormai quasi ufficiale veto di Monti ad Alemanno per la candidatura di Roma alle olimpiadi 2020.
Se in Italia parlare di pudore avesse ancora un senso, ci si chiederebbe chi s’è portato via quello del sindaco di Roma che, a pochi giorni dalla manifesta incapacità di gestire qualche centimetro di neve, se ne esce autocandidandosi all’organizzazione dell’evento sportivo mondiale per antonomasia. Una roba tipo Schettino che domani chiama la NASA e si auto-candida per pilotare il prossimo Shuttle. E conta poco che probabilmente nessun comitato olimpico (vado a braccio eh, non ho idea minima di chi sia poi incaricato a scegliere tra le candidate) prenderebbe in considerazione Roma (e l’Italia) sulla scia di quanto stiamo mostrando in giro ultimamente, il NO di Monti sarebbe ampiamente giustificabile anche solo per una questione di dignità. “No, caro Alemanno, oggi come oggi il permesso per farci bocciare l’ennesima volta non te lo do. Stiamocene buoni per un po’ e vediamo se ne usciamo.”
Il dramma vero è che la debacle di Roma nella sua sfida alle intemperie, pur essendo indicazione sufficiente a far nascere legittimi dubbi sulle capacità organizzative della capitale, non è nulla paragonata a quanto verificatosi l’ultima volta che a Roma s’è avuto in gestione un evento sportivo rilevante. Perchè ci ricordiamo tutti vero, quello che è successo in occasione dei mondiali di nuoto 2009? Ora, io non dubito che un alone di corruzione aleggi intorno più o meno a tutti i grandi eventi di questo genere, in tutti i paesi del mondo. Ci sarà sempre chi alle spalle di una macchina miliardaria come l’olimpiade (o i mondiali, gli europei, l’expo e via dicendo) troverà il modo di arricchirsi. Non dovrebbe capitare, ovviamente, ma capita e sono convinto non solo qui nel bel Paese. Il dramma è che da noi il tutto è esasperato. Oggi leggevo in twitter che intorno a Napoli ci sono dei lavori in corso per un’uscita della tangenziale appaltata per Italia ’90. Non mi ci metto nemmeno a verificare se l’nformazione è vera, perchè è credibile e tanto basta. Insomma, c’è un’attitudine italiana alla tangente che già spaventa a priori, c’è il precedente, proprio a Roma, di una situazione analoga, più piccola, e finita malissimo e ci sono un sindaco ed una giunta che dimostrano il loro non essere pronti al minimo inconveniente e il non saper farvi fronte. In aggiunta, come ciliegina, siamo in una situazione economica che dire precaria e puro eufemismo (oggi c’è chi dice che la crisi Greca iniziò con l’olimpiade e, non avendo le basi, non posso nè confermare nè smentire).
Con questi presupposti, il NO di Monti non solo è legittimo, ma auspicabile.
Che poi, Alemanno, è sicuro di avere abbastanza parenti per farsi carico di un evento del genere?
Ecco fatto, il post è scritto e il blog torna, per una volta, sul pezzo.
Giusto per conoscenza, ecco gli altri argomenti che avrei potuto trattare:
Il nuovo singolo di Jovanotti ha una base che è plagio plagissimo della colonna sonora di Drive. Così, a muzzo, senza che io verifichi chi è uscito prima e chi poi.
Il nuovo singolo di Madonna ad un certo punto (minuto 2:20 del video, per apprezzare appieno) piazza un breakdown di chiara matrice hardcore. L’unica spiega plausibile è che nel 2012 i produttori siano gente che ascolta bella musica e questo porterà inevitabilmente ad un mondo migliore. (vedi parentesi al punto precedente).
– Su radio 105 gira un pezzo che pare fatto mischiando insieme tutta la discografia dei Jimmy Eat World. Non avendo uno smartphone dalle mille applicazioni utili, non ho idea di chi siano gli autori. Sono solo sicuro non si trati dei Jimmy Eat World. Nel nome della band potrebbero esserci le parole Pedro o Leon, ma non si tratta dei Pedro the Lion.
– Il PD perde le primarie a Genova e la sindachessa uscente si incazza su twitter dicendo che è tutto dovuto al suo essere donna. Stando al ragionamento, quattro anni fa probabilmente non lo era.
– Google celebra S.Valentino con un cartoon in cui si omaggiano tutti i tipi di coppie. Google non ha mai omaggiato, ne mai omaggerà Giovanardi. Il passato, prima o poi, ci lascerà liberi.
– Si vocifera di una possibile mossa del governo volta a rivedere le esenzioni ICI per i beni immobiliari della Chiesa. Bravi. E’ vero, son gli stessi che provano quotidianamente a cancellare i diritti dei lavoratori, ma un governo normale non fa mai solo cose giuste o cose sbagliate. Quello di Monti è un governo normale. E’ che non ci siamo più abituati.

EDIT: Il pezzo che frulla cinque dischi Jimmy Eat World e finisce per passare in radio è Cough Syrup degli Young Giant. Da li a capire perchè avessi in mente Pedro e Lion ne passa una vita.

Due o tre robe da dire

In aereo, rientrando dal week-end a Colonia, ho pensato che potesse essere il caso di aggiornare il blog.
Avere un blog oggi è cosa complicata, specie se si tratta di un blog come il mio: specchio della mia vita e cassa di risonanza per le mie riflessioni. Le nuove abitudini e la pigrizia infatti spingono perchè io la smetta di scrivere lunghe pagine qui sopra in virtù di lapidari e brevissimi status di Facebook o ancor più trendy Tweets.
E’ così che va il mondo ed è così che credo, prima o poi il mio blog morirà.
Ma non oggi.
Oggi aggiorno, dopo quasi due settimane, dando spazio ad un po’ di pensieri sparsi inerenti a fatti sparsi accaduti in ordine sparso negli ultimi tempi.
– L’FBI ha deciso di chiudere Megaupload e Megavideo. Ora, che quei due siti fossero utilizzati anche in modo illegale è credo incontestabile. Ci sono però un sacco di cose legali che la gente può usare per infrangere la legge senza che l’FBI si metta in mezzo. Tipo: non credo l’FBI chiuda General Motors perchè una parte delle persone che usa le automobili infrange i limiti di velocità. Insomma, mi pare un po’ l’abbiano fatta fuori dalla tazza. Sicuramente chi l’ha presa male son stati quelli dell’Anonimous Group che in prima istanza hanno hackerato qua e la siti di enti governativi statunitensi e di importanti colossi del music and video business e oggi hanno deciso di mettere online, anche simpaticamente (cit.), l’intero catalogo Sony Music. Io, volendo rimanere estraneo a queste lotte, mi limito a chiedermi se non sia forse il caso di rivedere la politica alla base della questione invece di continuare con guerre e rappresaglie che non porteranno mai a nulla. Perchè che di analoghi a Megaupload e Megavideo ce ne sono a bizzeffe non credo sia un segreto.
– Sicuramente l’argomento del momento è il dramma della Costa Concordia. Ora, non volendo entrare nel dettaglio della questione, mi limito a provare una certa pena per la questione Schettino, non tanto per l’uomo che stando a quanto si legge pare abbia sicuramente delle responsabilità, ma per la classica reazione italiana del “tutti fenomeni” per cui anche chi in vita sua non è mai riuscito a tenere a galla un materassino si permette di andarsene in giro a dire come un capitano si dovrebbe comportare e cosa avrebbe dovuto fare nella fattispecie. Io ho sentito la telefonata con la capitaneria di porto e ho visto un po’ di articoli qua e la. Che Schettino probabilmente non fosse il più integerrimo tra gli uomini di mare è una sensazione che difficilmente troverà smentite, tuttavia son sempre dell’idea che il capro espiatorio sia un male colossale perchè riduce problemi seri (la politica delle compagnie di crocere, per esempio, o i rischi di questo tipo di situazioni) alla macchietta di un disgraziato. In sintesi: che ci sia interesse a far finire il tutto in “Schettino era un coglione” mi pare ovvio. Io però verificherei se la cosa è vera e se, anche fosse, sia quella l’unica causa alla base del disastro.
– Venerdì è morta Sarah Burke dopo un brutto incidente mentre si allenava. Io lo capisco che non è Simoncelli e che non è certo il caso di fare a gara di popolarità tra giovanissimi ragazzi morti mentre inseguivano il loro sogno di sportivi, però ecco, due righe sui quotidiani nazionali potevano pure scriverle (Gazzetta esclusa, che ne ha parlato). Ad ogni modo, dispiace tanto.
– Ho visto i primi due episodi di Alcatraz, nuova serie TV in cui c’è lo zampino di JJ Abrams e della Bad Robot. Nonostante le premesse, pare per nulla male. E’ in sostanza identica a Fringe, solo senza le minchiate scientifiche da quattro soldi. Penso seguirò con attenzione. E’ anche iniziata la quinta serie di Californication, ma dopo due episodi non s’è vista nemmeno una tetta e questo non è un buon segno.
– Chiudendo col botto, è di questa sera la release del nuovo disco dei Fine before you came. Si intitola “Ormai” e io non l’ho ancora sentito, ma in battuta penso sia buona cosa per voi scaricarlo (qui) e ascoltarlo.

Io voto la fiducia

Che io non sia un particolare sostenitore di banche e assicurazioni non è un segreto.
La finanza ha generato questa crisi folle costruita in anni di speculazioni, dubito si possa dissentire in merito, ma per farlo ha potuto usufruire di decenni di lasciva noncuranza (ndM: eufemismo) da parte della politica. Per usare dei numeri, tanto cari agli economisti, ripartirei in questo modo le responsabilità: 60% finanza, 30% politica e 10% alla gente che, per quanto si cerchi di nasconderlo al fine di non generare dissenso, le sue gravi responsabilità ce le ha sempre.
Questo popò di cappello introduttivo ha lo scopo di chiarire la mia posizione nei confronti della questione, nonchè per dare un’idea all’ipotetico lettore di quanta stima io possa mai avere nei confronti di Monti.
Però.
C’è un gigantesco PERO’.
Innanzi tutto al “premier to be” va riconosciuta competenza. Lo so bene che è triste essere contenti di una cosa come questa, che dovrebbe essere lo standard, però io arrivo da diciotto anni di Berlusconi (DI-CIOT-TO. Uno, otto. Quasi due decenni. Ecc.) quindi con buona pace di tutti mi rallegro nell’avere un po’ di competenza laddove serve.
In secondo luogo, andando al nocciolo della questione, mi pare sia un po’ tardi per stravolgere le regole del gioco. Siamo in una situazione critica in cui la finanza ci ha trascinati e non se ne può uscire, credo, esautorando la finanza ora. Siamo arrivati fuori tempo massimo ai vari “Occupy Wall Street” e via dicendo. Era un sistema di merda, lo è tutt’ora, ma finchè si stava bene nessuno è parso accorgersene ed ora che sta per implodere non c’è semplicemente modo di uscirne illesi. Facciamocene una ragione. E non è una questione Italiana, ovviamente, ma di economia globale per cui anche sperare nella nomina di qualcuno che possa rimuovere l’italia da questo meccanismo economico e ridonarle nuova vita, come fosse un’entità a sè stante rispetto al mondo e alla world economy, mi pare oggettivamente segnale di scarsissima adesione alla realtà.
E allora, dal mio ignorantissimo punto di vista, non ci resta che affidarci a uno come Monti nella speranza che, essendo ben conscio di come la partita viene giocata, possa farci fare qualche punto e tenerci in gara fino all’ultimo, invece di uscire in prima mano. E’ chiaro che questo comporterà manovre impopolari e che bisognerà valutare effettivamente cosa questo nuovo esecutivo proporrà prima di potergli dare o meno fiducia, tuttavia c’è una cosa su cui mi piacerebbe puntare l’attenzione: io sarò contento se Monti saprà scontentare tutti. Non solo i precari. Non solo gli operai al minimo salariale. Non solo i pensionati. Tutti. E l’impressione che ho, almeno al momento, è che voglia andare in quella direzione, anche solo per la guerra che vedo muovergli dalle pagine de Il Giornale.
Il problema però è che per governare c’è bisogno di una maggioranza parlamentare, eletta dai partiti (e non dal popolo) che fa il gioco dei partiti e che rischia di far saltare il banco ancora una volta non nell’interesse del Paese, ma nell’interesse di un establishment che nonostante tutto non vuole rinunciare al proprio status.
In questa direzione vanno lette le dichiarazioni di chi vuole un governo “a tempo”, di chi chiede a Monti ed ai suoi ministri la garanzia che “non si ricandidino in seguito” e di chi chiede di non avvalersi di esponenti politici o di partito, ma solo di tecnici. Il messaggio, chiaro e tutto sommato bipartisan, è: “Facciamo fare a Monti il lavoro sporco e le riforme sega-consensi, ma stiamo attenti in caso davvero riesca a risollevare l’Italia, perchè potrebbe diventare un avversario politico.”.
Questo baillame ovviamente si ripercuote sui mercati, perchè è ovvio che non basti dire “Incarichiamo Monti” per far rialzare le borse e segare lo spread, se poi guardando bene le possibilità che Monti governi davvero son ridotte al minimo.
Tirando le somme quindi, quello cui stiamo assistendo è in parole spicce un golpe da parte dei cosiddetti “poteri forti” che, utilizzando i mercati, hanno fatto in due settimane quello che il PD (colpevole) e la giustizia (incolpevole) non sono riusiti a fare in quasi vent’anni e hanno messo al timone uno di loro.
La politica in toto esce sconfitta dallo scontro e spara le ultime cartucce per difendere lo status quo.
L’Italia continua la sua rotta verso la deriva.
A questo punto faccio una lista dei pro e dei contro e valuto la mia posizione.
Contro: E’ parte del sistema che ha generato la crisi, non è stato eletto dal popolo.
Pro: E’ competente, non piace alla politica, non è stato eletto dal popolo.
A conti fatti, Monti ha la mia fiducia. Ora rilasciasse un programma di governo sarei felice di leggerlo.

Il nuovo avanza, ma io non lo voto comunque

La politica di Matteo Renzi e la questione interna al PD che ne consegue offrono diversi spunti di riflessione su cui ho deciso di fermarmi e scrivere due righe.
Il fulcro della vicenda è il consenso che il sindaco di Firenze sta ottenendo portando avanti una serie di idee e progetti che, io, fatico a definire “di sinistra”. Ora, può benissimo essere che nel 2011 i concetti destra e sinistra siano da considerarsi superati e che si debba provare a guardare oltre le terminologie ed analizzare le proposte senza fossilizzarci sulle loro classificazioni. Benissimo. Il problema però è la cultura politica Italiana che, da sempre, è vissuta con spirito di fede cieca (sia questo un retaggio del Vaticano o della Serie A mi è davvero difficile stabilirlo). L’elettore medio di sinistra vota e voterà a sinistra. Se la nuova liena politica del PD dovesse prenderla in mano Renzi portando avanti il suo programma, molti degli elettori lo voterebbero come hanno votato Prodi, Bersani, Veltroni e Rutelli. Il PD potrebbe arrivare alle primarie candidando, per assurdo, Vendola e Renzi e facendo passare il concetto che siano parte della stessa cosa. Gran parte dell’elettorato resterà fedele e voterà il vincitore a priori. Per capire dove il sindaco di Firenze può guadagnare, in termini di consenso, bisonga quindi spostare il piano dell’analisi sui programmi. A conti fatti, quello che Renzi propone è una versione mild del pensiero Berlusconiano, limata un po’ dall’assenza di così tanti interessi personali in gioco e forte di una capacità operativa, almeno in potenza, molto superiore a quella dell’attuale maggioranza. Tradotto significa che, senza dover passare tutto il tempo ad escogitare modi per sfuggire ai processi, gestire i propri scandali privati e far fruttare le aziende di famiglia, dovrebbero esserci le potenzialità per un vero governo del fare che porti avanti questo tipo di politica. Comprendo quindi che ci siano diversi elettori PdL stufi dei loro attuali “rappresentanti”, ma che ancora credono nel progetto iniziale, disposti a fare il salto.
Ecco quindi spiegati i “voti rubati alla destra”, fiore all’occhiello dei sostenitori del rottamatore. Questi voti, pare, sarebbero molti di più di quelli persi per via delle persone che, pur storicamente “di sinistra”, non si ritroverebbero per nulla nel programma di Renzi. Questa discrepanza si spiega essenzialmente per via di due fattori: mancanza di alternative e costante spauracchio del Berlusconi da battere ad ogni costo a.k.a. voto al meno peggio.
E’ possibile quindi, anzi probabile, che la ricetta sentita in questo Big Bang possa vincere.
La domanda che mi pongo è: sarebbe una vittoria reale?
Lo scopo, per quel che mi riguarda, non è ottenere la maggioranza, ma ottenerla per portare avanti un progetto in cui mi rispecchio. Se per vincere si deve abbracciare l’ideologia dell’avversario, vincere non mi interessa più. O meglio, il successo non potrei mai considerarlo mio. Ecco perchè io Renzi non lo voterei mai, perchè non rispecchia i miei ideali politici. Questo non toglie che sia probabilmente uno dei migliori politici attualmente nel Paese, che sia forse uno dei pochi con la capacità e la forza per attuare un piano di governo e che sia indubbiamente il meno peggio in circolazione.
Dovesse vincere ovviamente gli augurerei il meglio, per lui e per l’Italia, ma è un augurio estendibile a tutti, perchè è anche del mio futuro che si parla e quindi sperare che i miei avversari falliscano, una volta al governo, sarebbe come sperare in un mio fallimento.