Siamo in guerra. Ancora. Per l’ennesima volta abbiamo deciso di appoggiare l’esportazione di democrazia tanto cara all’occidente. Caso vuole, ancora una volta il bersaglio di questa azione è, coincidentalmente, un paese ad ampia disponibilità petrolifera. Mu’ammar Gheddafi infatti non è un dittatore sanguinario da ieri, bensì dal 1969. Non solo, a volerla dire tutta non è nemmeno l’unico nè il più pericoloso (se mai fosse possibile stilare una classifica). Da ieri però le truppe alleate hanno deciso di intervenire, come un sol uomo, per porre fine al suo regime di violenza. “Anche l’Italia, non vuol essere da meno, anche lei ha il suo vagone da attaccare in fondo al treno” recitavano cinque ragazzi che a volte, in quanto ad occhio lungo, han fatto seria concorrenza ai temibilissimi Maya. Però questo giro non è così semplice salire sul carrozzone. Il problema, neanche a dirlo, l’ha causato il tale che nella foto a margine mostra il culmine della sua opera in termini di “gestione della questione libica”. Il risultato è che ora siamo in guerra, siamo i più vicini al nemico e, quando ci sarà da spartire, non conteremo una beata proprio in virtù degli ostentati rapporti di amicizia con il colonnello. Senza voler scomodare paragoni illustri, credo che un neonato in termini di politica internazionale avrebbe potuto fare meglio. Vedremo ora cosa succederà, quanto realmente lampo sarà questa guerra (magari si può chiedere un parere in merito al popolo afghano o ai nostri soldati spediti in loco) e quanti morti causerà, da entrambe le parti. Già perchè il raiss, dopo aver lanciato razzi sul suo popolo, ha deciso di utilizzare gli scudi umani a riprova che forse, pazzo come un cavallo, non lo è diventato in un paio di settimane. E se me ne ero accorto io che non ci ho mai parlato, i dubbi su chi l’ha ospitato in casa son più che legittimi. Molti amanti del compianto Benito sottolineano che il suo unico errore furono le amicizie sbagliate. In quest’ottica, direi che Silvio “salvaci tu e difendi la democrazia” Berlusconi non ha imparato proprio nulla, anzi, forse riesce a fare pure peggio.
Non resta che sperare che l’occidente civilizzato e baluardo dei diritti umani non decida mai di fare il passo più lungo della gamba e puntare ad un altro paese sotto dittatura, sempre in zona medio-orientale, ricco di petrolio e combustibili fossili e autoproclamatosi possessore di armi di distruzione di massa. Già perchè a differenza dei suoi sfortunati colleghi e predecessori, Mahmoud Ahmadinejad i mezzi per fare danni pare averceli sul serio. Questo fa sicuramente di lui il dittatore più pericoloso, ma grazie a Dio forse anche l’ultimo sulla lista di quelli da andare a sposdestare.