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Musica

La posta del cuore

E’ tempo di aggiornare il blog. Troppo è passato dall’ultimo mio scritto e, se ciò è accaduto, è per via di alcune questioni che proverò a spiegare nel vano tentativo di alleggerire il peso sulla mia coscienza. Innanzi tutto gran parte della colpa va ad Emofobia. Sono infatti stato risucchiato nel vortice dei suoi commenti ed ora ogni volta che ho qualche minuto libero do la precedenza a quel “blog”. Grazie alle due ragazze che hanno generato quella “comunity” ho trovato come dare libero sfogo alla mia passione per lo scontro verbale, la polemica e le provocazioni.
Mi sto molto divertendo.
Ok, ammetto che non sia propriamente ciò che si può definire un passatempo intelligente. Direi più che è una sorta di dipendenza la mia.
Sono drogato.
Mi preme riconoscere una certa correttezza nelle due autrici e in alcuni degli assidui frequentatori di quelle pagine visto che per il momento si sono dimostrati disponibili allo scambio di vedute senza cadere nella provocazione e quindi senza lasciarsi andare ad insulti. Se questo da un lato è indubbiamente positivo, dall’altro limita parecchio il mio divertimento, privato in questo modo degli attacchi a testa bassa di chi non ha l’intelligenza per capire che alla fine è tutto un gioco e che a nessuno viene in tasca nulla da tutto questo.
Oggi però anche la mia anima sadica è stata premiata grazie all’intervento di tal Vincent, che al colmo del priprio furore causato dal mio continuo dissentire, ha risposto qunto segue:

“Manq, il TUO discorso non sta in piedi, perchè chi ti ha mai chiesto di dire a qualcuno che è immaturo? Ti ha mai chiesto nessuno di andare in giro a scrivere che odi emofobia? Non vedi che così facendo sei quello che dice di farsi i cazzi suoi e poi va in giro a sputtanare? Sei veramente un ipocrita…e poi, dai, a 26 anni con un blog nero/rosa che usi come diario? vogliamo vedere chi è immaturo o almeno “CHI E’ UN UOMO?” Prima di andare in giro ad esprimere opinioni misere e picchiarci figure ancora più misere, pensa :

 A: da dove vieni;
B: quanti anni hai
C: ti sei mai chiesto se hai ancora gli “attributi” o ti sono caduti insieme al tuo buongusto?
D: da quanto non hai un amplesso con un essere umano femmina?

Io comincerei a rispondere, se ti interessa mi dai la tua email e ti mando un modulo dal titolo:
IO E LA MIA SESSUALITA’: M o F?
e ancora:
QUAL’E’ LA MIA ETA’ MENTALE?

Namaste

Vincent”

Inutile dire che la mia mail gliel’ho data di corsa. Quest’uomo è indubbiamente un genio. La parte che più mi ha entusiasmato è quella in cui mi chiede “vogliamo vedere chi è UN UOMO?”. Avevo seriamente paura mi volesse picchiare, ma poi ho ricordato che non mi conosce e quindi mi sono tranquillizato. Adesso però vivo con il tarlo di sapere quale sia la mia età mentale, oltre che nella vergogna causata dal fatto che mi piaccia l’accostamento nero/rosa.
Spero mi mandi presto i moduli.
Comunque sia visti gli incontri che si fanno da quelle parti non mi biasimo se continuo a perderci del tempo.
Magari qualche vero uomo inizia a commentare anche il mio blog.
Speriamo.
L’altra ragione per cui ho avuto poco tempo per aggiornare è che mi sono nuovamente tuffato nelle “Cronache del Ghiaccio e del Fuoco” di R.R. Martin. Sono giunto al 4° volume, la Regina dei Draghi, dopo aver divorato letteralmente la seconda metà del terzo. E pensare che la prima metà mi aveva molto annoiato. Comunque sia ora sono presissimo dalle vicende dei vari casati e leggo con avidità pagine e pagine nell’attesa che qualcuno dei personaggi che odio venga ammazzato per mano di qualcuno di quelli che amo. Purtoppo pare che Martin abbia il gusto macabro di far andare le cose esattamente all’opposto, visto chi mi è morto “tra le mani” a poche pagine dall’inizio del nuovo capitolo.
Non saranno libri di chissà quale spessore, ma appassionano e questo è quanto chiedo alle mie letture. Per questo forse non mi sento adatto ad aNobii.
Ora, neanche a dirlo, torno a leggere un po’ prima di dormire.
Magari mentre lo faccio butto lì un ascolto al CD dei Biffy Clyro.
Magari però, non vorrei distrarmi.

Milano is burning

Sono tornato a non avere molto tempo da dedicare alla stesura di pagine da riportare su questo mio diario. Troppi impegni? Non credo. Niente da dire? Nemmeno. Forse è solo colpa del troppo caldo. Anche sta sera l’idea era di sdraiarmi e godermi “Le Iene” di Tarantino incollato al letto dallo tsunami generato dalle pale del ventilatore appeso sul soffitto di camera mia. Poi però stando al telefono con la Bri e prendendo spunto da questo suo post mi è venuto in mente un fenomeno di costume che ormai sta spopolando in giro per la rete. Ad essere onesti io non sono così ben inserito nella comunity da essermene accorto, tuttavia continuano a parlarne su radio Deejay da ormai un paio di settimane abbondanti e siccome radio Deejay è l’unica radio che sentiamo in laboratorio questo neonato “cult” è saltato anche alla di me attenzione.
Si tratta di un sample, se quello che intendo io per sample lo è realmente.
Mi diverte molto.
Per scrivere qualcosa di più intelligente avrò tempo magari domani.

Riporto il testo per una maggiore comprensione.
Accumulo libri
Vado allo spazio Oberdan
Vivo all’Isola
Vivo sui Navigli
Vivo in Buenos Aires
Voglio un loft
Compro i Tasche
Faccio lo Ied
Faccio filosofia in statale
Faccio lettere
Faccio la Naba
Facevo Brera
Farò i soldi
Me ne andrò da Milano
Facevo la cameriera
Faccio la barista, anzi no la barman
Faccio la DJ
Organizzo feste
Mi metto gli occhiali grossi
Mi tolgo gli occhiali grossi
Faccio la grafica
Faccio la copy
Faccio tante foto in digitale
Ho il Macintosh
Vado alle feste di MTV
Che bravo Kounellis
Che bravo Alessandro Riva
Che bella la mostra sulla street art
Gli adesivi
Io aderisco
Guardami guardami sto appoggiata al muro
Bevo solo la birra e il cuba libre
Sono una tipa complicata
Uuuuuuuh se sono complicata
Almeno due concerti al mese
Quanto mi diverto
Vado al Rocket
Vado al Plastic
Vado al Gasoline
Le mie amiche sono troppo delle pazze
Sono una indie rocker
Sono indigente
Ho la frangetta
Sono estroversa
Sono introversa
Non mi piace il cazzo
Per carità vai via con quel cazzo
Chattiamo su messenger
Ti faccio vedere le foto del mio gatto
Ti mando una canzone troppo bella
Questa sera andiamo al Leonkavallo
Andiamo in ticinella
Minchia che flash
Facciamoci una canna
La barella no, è da stronzi
Non mi interessano i ragazzi con la macchina bella, a me piace il maggiolone
A me piace il furgone della Volkswagen
Che bello il salone del mobile, quanta creativitá
Che bello il Mi-art
Basta… Alighiero Boetti ha rotto le palle
Mi piacciono le foto di Basilico, sono molto intense
Ho Fastweb
Mi scarico un film di Antonioni, Fellini, Pasolini, Rossellini, Bolognini
Andiamo ai Magazzini
Godard
Truffaut
Non mi piace il cinema americano, è troppo commerciale
Andiamo alla biennale
I miei genitori non mi capiscono, mio papà mi dice solo “porco D*o mi spezzo la schiena per farti studiare, studia cretina che io non ho potuto”

In spite of fucking mosquito bites

Ieri sera al Magnolia mi sono visto il concerto dei Me first and the Gimme Gimmes.
E’ stato totale.
Cinque musicisti impegnati in diverse ed affermate band che possono permettersi di fare tour europei con un gruppo creato unicamente per cazzeggiare non si vedono tutti i giorni ed il loro live trasuda proprio questa atmosfera. L’unico obbiettivo è divertirsi tutti insieme, pubblico compreso, sulle note di canzoni arciconosciute, rispolverate e agghindate in chiave punk-rock. Nessuna pretesa insomma, se non quella di passare una bella serata.
Arrivato in loco però questa aspettativa ha ricevuto un duro colpo quando abbiamo scoperto dell’improvvisa defezione di Fat Mike, costretto a casa pare da un malore della madre. Non nego che quell’uomo sul palco sa sempre regalare momenti di show esagerati, anche quando fatica a stare in piedi, e quindi sapere della sua assenza ha fatto vacillare non poco la nostra euforia. Il suo posto però è stato preso per l’occasione da Eric Melvin che si è poi rivelato eroe della serata, soprattutto per aver imparato in due ore tutti i pezzi in scaletta.
Ma partiamo a raccontare dall’inizio.
Non proprio dall’inizio però, perchè di spalla ai Me First suonavano i PAY e i TAT e di loro non ho certo voglia di parlare.
Parlerò delle presenze in loco invece. In quel del Magnolia infatti c’erano un bel po di volti conosciuti. Il mio gruppo di partenza comprendeva Aledoni, Steps, Robi Burro e la Meggie, ma sul posto ho incontrato anche Marco, Carlo, la Simo e la Rò, personaggio quest’ultima che non vedevo da almeno quattro annetti.
Bello.
Saltando di palo in frasca però, riprendo a raccontare l’aspetto centrale del concerto. Reduci dall’uscita del nuovo disco “Love Their Country” (NdM: titolo pazzesco), i cinque si presentano sul palco in camiciona a scacchi, cappello texano, bandana e stella da sceriffo.
E’ subito show.
Spike, non si sa bene per quale motivo, parla italiano piuttosto bene ed entra gridando: “Siete pronti a sentire un po’ di musica originale?”.
Risate a profusione.
A quel punto cerca di tradurre “We play only covers” e ne esce un “Facciamo solo coperti” che mi da il colpo di grazia. Da li in poi le gag si sprecano per tutta la durata del concerto. “This one is a cover” Joey Cape lo dice prima di ogni singolo pezzo, esattamente come prima di ogni pezzo Melvin non omette di gridare “Ehi, I’m a Gimme!!!” con il sorriso di un bambino idiota. Spike intanto insiste con l’italiano, uscendosene con frasi deliranti tipo: “Ho ucciso mio padre, magiato suo carne e sto tremando di gioia” oppure “Panone di merda, tutti dobbiamo mangiare un pezzo” o ancora “Joey è nano di merda, ma molto talento”. In tutto questo i cinque suonano un bel po’ di pezzi e li suonano veramente bene. Jake, mio Gimme preferito nonchè chitarra solista dei Foo Fighters, è artefice di una performance maiuscola, ma anche Joey Cape si prende qualche momento per mostrare che se vuole la chitarra la suona gran bene.
L’apice della serata è forse Stairway to Heaven, introdotta dallo stesso Joey Cape come “the worst song ever written” ed il cui titolo è stato tradotto da Spike in “Merda fino agli occhi”. Durante l’intro il delirio si impossessa dei Gimme: nessuno sta capendo cosa succede, ognuno suona per i fatti suoi e tutti ridono sguaiatamente, voce compresa. Ne esce una roba indecente a cui pone fine Dave dando l’attacco per la parte tirata del pezzo e riportando ordine nella truppa.
Insomma, ci sarebbero milioni di siparietti da raccontare, ma so bene che scriverli e rileggerli non sarà mai come averli visti.
Però è mezz’ora che me la ghigno nel tentativo di ricordarli tutti e quindi chissenefrega.
Hanno chiuso il concerto, prima dei bis, con “End of the Road” e lì sono decisamente imapazzito.
Solo due pezzi ci sono stati concessi al rientro sul palco e a chi richiedeva “O Sole Mio” Spike risponde: “Melvin non ha praticato, scusa.”.
“Thank you for coming out tonight and thank you for bringing mosquitos” è il saluto finale che i cinque ci riservano.
Soddisfatti e con grandi sorrisi stampati in faccia non ci resta che tornare alla macchina.
Prima di andare però faccio un salto al banchetto del merchandise: ora anche io ho la stella da sceriffo dei Me first and the Gimme Gimmes!

Project: WC

A Maggio avevo ripreso un ritmo decisamente buono di pubblicazioni sul blog. La cosa mi faceva molto piacere e speravo di poter insistere su quella strada, eppure è già dieci giorni che non pubblico nulla, classifica delle googolate a parte. Il motivo principale di tutto questo è che sono stato molto impegnato nel fare diverse cose. Tutto ciò riguardo cui avrei voluto scrivere inoltre non mi sembrava fosse così importante da necessitare per forza di cose uno spazio su questo diario, si trattava di faccende del tutto marginali che sarebbero potute essere raccontate in poche righe.
In effetti, già che sono qui a scrivere, potrei anche elencarle prima di passare al tema centrale del discorso.
Lo faccio:
– Ho rivisto American Pie 1 e 2. Definitivi. Credo siano i due film più intelligenti mai girati sui giovani della mia generazione.
– Sulle ali dell’entusiasmo da primi stipendi sto continuando a comprare CD. Il criterio della scelta è di abbinare qualcosa di nuovo, qualcosa che mi ha appassionato recentemente, qualcosa che ho amato in passato e, possibilmente, qualche chicca. La chicca dell’ultimo ordine è “Short Music for Short People”.
– Sono andato in gita con i miei colleghi. E’ stata una bella Domenica, divertente e soddisfacente sia dal punto di vista paesaggistico che da quello enogastronomico. Senz’altro da riproporre.
– Per una volta che la Bri aveva acconsentito ad accompagnarmi al cinema, non abbiamo trovato uno spettacolo che fosse uno ad orari decenti. Se mi girano le scatole, a vedere “Zodiac” ci vado questo Mercoledì alle 19.00 uscito dal lavoro. Da solo.
– In rete ho trovato l’ennesimo filmato sull’11 Settembre. Come sempre, mi ha lasciato senza fiato.
– LeBron James è Dio.

Bene, ora che ho finito con l’elenco puntato è giunto il momento di parlare di ciò che sta occupando gran parte dei miei pensieri: casa mia.
Il meccanismo che mi vede proiettato alla vita da single (in senso mi auguro unicamente domiciliare) si è innescato ed inizia ad ingranare. Devo ammettere che sono molto eccitato e spaventato all’idea del cambio di domicilio. E’, credo, il mio più grande desiderio nonchè la mia massima aspirazione già da qualche anno e sapere di essere ad un passo dall’arrivarci è a suo modo angosciante. Sono felice, però.
Nell’analizzare la questione non riesco a non riflettere su come sia impossibile andare a vivere da solo per qualunque giovane i cui nonni non abbiano lasciato libero un appartamento, loro malgrado convocati da Mrs Death.
Anche senza affitto o mutuo infatti, l’impresa è tutt’altro che facile da approcciare nonappena si compie il primo passo verso l’arredamento. Personalmente ora mi trovo di fronte alla scelta del bagno e la sfida appare titanica.
Un esempio? Castorama, non certo l’emporio di Philippe Starck, mi ha chiesto uno stipendio per un box doccia.
Surreale.
Ciò nonostante sto comunque provando a progettare una roba decente. Per il momento l’unica certezza, se così si può dire, sono water e bidet, entrambi prodotti Ideal Standard. Avrei individuato anche la rubinetteria che fa per me, ma questa va ancora sottoposta alla prova prezzo. Mi piacerebbe avere un bagno dai mobili bianchi laccati, come le ceramiche, in contrasto con delle piastrelle per pavimento e 3/4 parete molto colorate. Al momento la mia idea è di metterle rosse, ma è giusto un’idea.
Voglio un lavabo da appoggio.
Sabato mattina ho un appuntamento con l’idraulico incaricato di fare i lavori. Insieme andremo dal suo fornitore di mobili da bagno per vedere cosa mi propone e, soprattutto, a che prezzo.
I media non fanno che ripetere che i ragazzi ormai sono mammoni e stanno in casa fino ai trent’anni.
Io ora so perchè e li capisco.

Mi sbilancio

Forse è troppo presto per fare un’affermazione come quella che sto per fare.
In fin dei conti è solo il 24 Maggio, il rischio di venire smentiti è decisamente alto. E se mi sbagliassi? Beh, tergiversare non serve a nulla quindi un bel respiro e fuori la verità: “Tales don’t tell themeselves” dei Funeral for a Friend è il disco mignotta del 2007.
Ecco, l’ho detto.
Mi prendo le mie responsabilità, io.
Tuttavia a sentire i pezzi che girano in sottofondo mentre sto scrivendo, mi sento difficilmente contraddicibile e sono sempre più sicuro che a Dicembre, quando sarà tempo di classifiche e riepiloghi, molti ripenseranno a queste mie parole e non potranno che lodare la mia lungimiranza.
Rendere a parole cosa sia il terzo lavoro su lunga distanza di Matt e soci è impresa che si sta rivelando fin troppo ardua, quindi ho deciso di provare con l’arte della metafora.
Questo cd è come un diabetico che si reca in un negozio per diabetici a comprare una caramella per diabetici. Arrivato al negozio, il commesso specializzato in diabetici gli vende l’agoniato confetto, ma nonappena l’involucro viene aperto, il confetto per diabetici si rivela essere un’odiatissima zolletta di zucchero. Il diabetico vorrebbe scagliare più lontano possibile quella nefandezza, ma non può. Non riesce perchè è troppo dolce e ghiotta per essere buttata. Così sebbene quel quadratino di zucchero racchiuda in se tutto ciò da cui egli dovrebbe e vorrebbe stare lontano, il diabetico inizia a leccare la zolletta. Ad ogni passata della lingua il poverino si ripete che non dovrebbe farlo, eppure pochi istanti dopo la sua lingua è nuovamente a contatto con la dolce superficie della zolletta e per quanto tutto questo gli faccia male, capisce che non potrà più farne a meno.
Tutto questo, diabete a parte, è “Tales don’t tell themeselves”.
Se mi chiedessero un commento direi “imbarazzante”.
Se mi chiedessero un giudizio direi “lo adoro”.
Sicuramente il prossimo CD che acquisterò, pentendomene ogni qual volta lo vedrò sullo scaffale e non lo starò contemporaneamente ascoltando.
Chissenefrega.
Se continua così saranno comunque pochi i momenti in cui non lo starò ascoltando.
Non ho più dubbi, anche il 2007 ha il suo disco mignotta.
Alt.
Non ho ancora sentito “Lies for the Liars”.
Il rischio di qualcosa di ancora peggio è tutt’altro che lontano.

Lezione di musica per alieni

Oggi in internet dilaga la diatriba dell’alieno.
Di cosa parlo? Ne più nè meno di una catena di S.Antonio il cui testo preferisco non citare, bensì riassumere.
In sostanza la richiesta è di spiegare ad un ipotetico alieno cosa sia il rock, utilizzando 25 tracce.
Ovviamente 25 tracce sono pochine, quindi il lavoro è stato difficile. Oltretutto essendo io la persona più indecisa del mondo, rileggendo la classifica porterei già milioni di correzioni. Preferisco quindi mettere quella che mi è uscita di getto, che alla fine è la più rock’n’roll visto che è la più spontanea.
Per come ho inteso io al cosa, queste 25 tracce devono essere riassuntive del rock, non dei miei gusti, quindi non è detto che mi piacciano tutte.
Tutto è nato da qui, indi grazie per l’idea.

01. Rock Around the Clock – Bill Haley and the Comets
02. The Beatles – Hey Jude
03. Nirvana – Lithium
04. The Get Up Kids – I’m a Loner Dottie, a Rebel…
05. Clash – I Fought the Law
06. The Hives – Walk Idiot, Walk
07. At the Drive-in – Napoleon Solo
08. Beck – Looser
09. Pink Floyd – I wish you were here
10. Vasco Rossi – Bollicine
11. Rolling Stones – Paint It, Black
12. Mötley Crue – Dr. Feelgood
13. Black Sabbath – Paranoid
14. Coldplay – Fix You
15. Metallica – Battery
16. Blur – M.O.R.
17. Guns’n’Roses – Paradise City
18. Blink 182 – What’s my age again?
19. The Cure – Boys don’t cry
20. Andrew W.K. – Party Hard
21. Minor Treat – Out of Step
22. Marylin Manson – The Dope Show
23. Ramones – Do you wanna dance?
24. Orchid – Destination blood
25. Stunned Guys – Bim Bum Bam

Rileggendo la lista, direi che il rock non è che mi piaccia poi molto…

Io c’ero. Cazzo.

E’ difficile commentare una serata come quella di ieri sera.
Per tanti motivi, non tutti necessariamente belli.
Certo è che mancare sarebbe stato imperdonabile.
Ieri sera dentro al Bloom di Mezzago tutto era come sarebbe dovuto essere.
Tutto.
Tanta commozione, tanti bei ricordi, tanta emozione al cospetto di un mare di istantanee di anni che ho amato.
E allora dito alzato e fuori la voce, per cantare ogni pezzo come fossi ripiombato nel 1997. E sicome nel 1997 ero giovane, via libera anche a qualche salto nel “pogo” trascinato da “Astronave” e “La ragazza che io amo”.
Il miglior concerto a cui ho assistito negli ultimi anni. Per molti versi il più bello di sempre.
Una festa.
Non credo solo per le Gambe, ma per tutti coloro che vedendole suonare hanno riportato alla mente una realtà che ha caratterizzato la seconda metà degli anni novanta.
A questo punto non mi resta che ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile questa serata.
E’ stata magica.
Non so se ci sarà mai più occasione di assistere ad una cosa del genere.
E’ bello pensare di sì.
E se sarà nel 2017, come simpaticamente preannunciato ieri sera, io ci sarò.
Indipendentemente da dove sarò o come sarò, perchè avrò sempre caro nel cuore ciò che sono stato.
Con orgoglio.

GAMBEdiBURRO@BLOOM – Senza via di scampo

Non sono morto

Non ancora, perlomeno.
Sono tuttavia stato malaticcio, ovviamente proprio a cavallo del dì di festa, per dirla alla Leopardi.
Temperatura corporea di Manq il 24 Aprile alle 22.30: 39° C.
Ecco, forse senza l’aiuto di Rooney sarebbe stata 38 ° C, ma tant’è.
Di passare a casa la festa della liberazione proprio non avevo voglia e così ho comunque deciso di prendere parte alla grigliata organizzata (egregiamente, per altro) da Bazzu in quel di Vimercate. Nella mia testa due tachipirine, quattro o cinque morettoni ghiacciati, un paio di hamburger ben grigliati, qualche lancio di freesbee ed un po’ di vita all’aria aperta avrebbero dovuto costituire un sano e vigoroso rimedio al malanno.
Temperatura corporea di Manq il 25 Aprile alle 16.00 (dopo la grigliata, insomma): 38.5° C.
Come brillantemente previsto, la cura ha dato i suoi frutti. Il problema di questo rimedio sta prettamente nell’impossibilità di perpetrare il trattamento oltre la singola giornata, ovvero nel non poter prendere parte alle 4 grigliate necessarie a riportare la mia temperatura sui 36,5° C. Oggi ho provato con un rimedio sostitutivo, somministrandomi 8 comode ore di lavoro, ma questa volta la situazione non ha subito miglioramenti.
Così, a causa febbre, ho dovuto perdermi il live dei Lagwagon. Nulla di mai visto, per carità, ma pur sempre qualcosa che fa bene agli occhi, alle orecchie e al cuore. Sicuramente dopo la scandalosa prova di Sabato al Rainbow dei Rise Against avrei apprezzato molto. I Rise Against mi hanno rubato 15 euro. Concerto molle, sciapo, suonato male e cantato peggio, incapace di coinvolgere chiunque badi alla musica oltre che ad alzare il pugnetto. Per chi come me ha avuto i Good Riddance, i Rise Against sono decisamente superflui. In versione live, quantomeno, perchè su disco qualcosa la sanno regalare e questo va loro riconosciuto.
Ora però è bene che me ne torni sotto la copertina, perchè stare qui a scrivere mi ha messo freddo.
Il fatto che chiunque intorno a me sia mezzo nudo e imprecante per il caldo da una chiara immagine del mio stato di salute.
Appena starò meglio voglio andare in giro per Brugherio di notte e scattare delle fotografie.

Enter Shikari

Meditandoci un po’ il live è stato enorme.
Musicalmente ottimi.
Tecnicamente validi.
Padronanza del palco egregia.
Matti furiosi.
HC tirato intervallato da tesissimi interludi techno.
Ho comprato una finger-light della band, merchandise ufficiale.
Ognuno di loro ne aveva una durante il concerto.
Delle circa cinquanta persone presenti al live, il 100% ne aveva almeno una all’uscita.
Sono anche degli ottimi managers.
La mia è blu e ha tre tipi di luce: intermittente veloce, intermittente lenta e fissa.
Decisamente tamarra.
Ora volo alla ricerca del CD.
Al rientro dal concerto mi sono fermato al Libra con Aledoni e abbiamo incontrato Ciccio.
Abbiamo parlato soprattutto delle nostre esperienze newyorkesi e ne è emersa una sola verità: Starbucks rules.

Call me elettro-hc

Se non scrivo è perchè tutto il tempo che ho da dedicare a questo blog lo uso per sistemare le foto e metterle on-line.
Tutte le pagine fino ad ora prodotte sono accessibili dall’archivio.
Ho aderito alla cieca al concerto degli Enter Shikari propostomi da Aledoni.
Ho aderito perchè me li ha definiti così: elettro-hardcore a due voci.
Dopo aver accettato, mi sono documentato.
Questo video spacca.