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Musica

Facciamo quello che ci viene dal cuore

Ieri sera sono andato a vedere i Derozer al Nautilus di Cardano al Campo.
Lo stesso posto dove, qualche mese fa, sono andato a vedere gli Shandon. Suonavano con altri due gruppi. Il primo l’ho rimosso, il secondo erano i Gerson, band di cui sento parlare da anni e che inspiegabilmente non mi era mai capitato di beccare live. Inspiegabilmente non tanto perchè siano una band imperdibile, quanto perchè mi pare siano in giro da un po’ e per i posti che frequento non averli mai incrociati è strano. Al banchetto regalavano un CD raccolta di pezzi tra 2002 e 2007. L’ho preso e prima o poi magari lo ascolto anche, ma non mi spingerei oltre. Di loro comunque ricorderò la cassa drittissima in tutti i pezzi, una cosa alienante.
Ad ogni modo, questo post vuole parlare dei Derozer e quel che c’è stato intorno conta pochino. Ah no, ecco, un’ultima nota a margine la voglio scrivere. Prima del concerto il DJ del Nautilus ha passato un miniset pop-punk composto da pezzi abbastanza vari, anche recenti e senza mettere gli Offspring. Visti i commenti della scorsa volta, mi sembra giusto sottolineare questa positiva variazione sul tema. Detto questo, parliamo dei Derozer.

I Derozer sono la miglior band punk-rock italiana di sempre e per sempre, nei secoli dei secoli. Non ho ben chiaro da quanto fossero fermi, non ricordo l’ultima volta che li ho visti suonare. Forse era ad un Indipendent Day a Bologna o forse in un posto sotto un cavalcavia della Milano-Torino. Sicuramente tanti anni fa. Beh, li ho trovati in formissima. Han fatto un set tirato, con tantissimi pezzi, suonato con una carica disumana e a dei volumi smodati. Smodati. Ho cantato e gridato per tutta la sera e ci son stati momenti dove ero a tanto così dal correre sotto il palco. Dito alzato sempre, pelle d’oca spesso. E l’accoppiata “Vento” + “Lungo la strada” è stato un momento sublime. Come sempre Sebi compostissimo e Mendez geniale, con le sue gag sugli astemi, le pastiglie, il fumo e tutte quelle cose che dice da dieci anni a tutte le date. Facendo ridere sempre, ovviamente.
Concerto bellissimo, che spero di replicare a breve e che allevia un po’ il fastidio dell’essere rimasto fuori a Seregno un mese fa. Venerdì sera c’era la festa del Bloom di Mezzago e sarei potuto andare anche lì. Era gratis e suonavano mille gruppi di cui forse due li avrei visti volentieri. Ci sarà sicuramente stata una montagna di gente e avranno suonato la metà dei pezzi. Insomma, meglio così.
Chiudo con una nota sulla foto che ho messo qui sopra. Kekko, quello di questo blog e non di quest’altro, ha dato vita ad una nuova iniziativa che si chiama Pressappoco e consiste nell’andare ai concerti e scattare un’unica foto, bene o male che venga. Già che c’ero, col mio cellulare NON smartphone ho fatto lo scatto qui sopra e gliel’ho mandato. Robi col suo telefono ha fatto addirittura il video di “Murruroa”, ma avendolo girato di fianco a me, sarà una sorta di karaoke version. Coming soon on youtube.

Katy Perry is Fucked up.

Qui ultimamente si fa un gran parlare di twitter come nuovo strumento di vita on line. Io l’account ce l’ho da un bel po’ (non abbastanza da arrivare prima di Zdeněk Haták, ma da ben prima che ne parlasse La Repubblica, per intenderci), causa la mia abitudine a registrarmi a qualunque tipo di social senta nominare salvo poi dimenticarmene per anni. Eppure non l’ho mai utilizzato perchè mi sembrava una roba piuttosto inutile. Le cose son cambiate recentemente, forse da cinque o sei mesi, quando mi sono finalmente reso conto che se usato in maniera intelligente può essere un veicolo fantastico di informazione e, con le dovute virgolette, di politica orizzontale. Viva twitter, quindi, ma non è di questo che volevo parlare.
Volevo invece dire che, grazie all’uccellino blu, oggi sono venuto a conoscenza di una discussione agguerritissima tra Damian Abraham, il cantante barbuto e di sana e robusta costituzione dei Fucked Up, e la fanbase di Katy Perry. La diatriba, se vogliamo così definirla, riguarda l’ultimo video della cantante, “Part of me”, che metto per benino qui sotto nel post così A) fornisco tutti i presupposti necessari per seguire la discussione e B) tiro un po’ di visite.

La questione verte sull’opportunità o meno di prestarsi, da parte di Katy Perry, ad un maxi marchettone in favore del corpo dei Marines. Perchè il succo del video, che ho visto solo una volta e senza audio, è: “La mia vita sentimentale è una merda? Bene, io divento una soldatessa e sfogo tutto il mio rancore.” Uno spot all’arruolarsi che, l’avessero fatto direttamente i Marines, non sarebbe mai stato così efficace. Bene, la questione viene sintetizzata dal buon Damian in questa maniera:

Ecco, forse non passerà alla storia come esempio di diplomazia, ma se ne accorge da solo e rettifica:

Meglio così? Mica troppo, ma il punto non sta lì. Mi sembra invece che la questione sia, nel suo essere mal posta, sicuramente interessante. A me Katy Perry piace, mi fa anche simpatia, ma non posso condividere il messaggio del video nè lo scopo per cui è stato ideato. Vero che millemila prodotti, tra videogame, film, etc. sono spesso oltre il confine dello spot alla vita militare e considerando a chi sono rivolti, a pensarci la cosa disgusta non poco, ma effettivamente è opera talmente diffusa che rifletterci sopra non capita spesso. Grazie dello spunto.
La cosa tragica però, son stati i milioni di commenti e risposte da parte della fanbase della cantante. Roba così:

Del tipo, chissenefrega del concetto, tu non puoi criticare perchè sei meno famoso. Nello specifico, tu non puoi dire nulla contro Katy perchè non conti un cazzo. Signori e signori, la regina delle argomentazioni idiote.
Non mi sono informato più di tanto su eventuali risposte della cantante in prima persona, magari la questione ha preso poi risvolti diversi con (ipotizzo) la stessa Perry che spiega la sua estraneità ad intenti pro arruolamento, oppure con un flame violento tra i due. Non mi interessa, onestamente.
Il punto è che finchè la gran parte dei ragazzini reagisce ad un commento come quello di Damian con questo tipo di argomentazioni, diventa davvero legittimo pensare che video ed operazioni simili a “Part of me” possano influenzare le scelte dei giovani e portarli a scelte di vita radicali.
In estrema sintesi: la risposta dei fan, secondo me, prova la tesi del cantante.
Così è deciso, l’udienza è tolta.

Titolo ad effetto

Avere un blog vuol dire prendersi del tempo, ogni tanto, per sedersi ad un tavolo e scrivere al computer.
Nel mio caso è sempre stato più sdraiarsi sul letto e scrivere al computer, ma il concetto non cambia moltissimo. Avere un blog come il mio vuole anche dire non scrivere nulla di particolarmente interessante, non avere velleità informative, non avere pretese di essere sul pezzo di qualunque pezzo si stia parlando e, soprattutto, non avere il minimo senso del “pubblico”. In anni di attività, qualcuno da queste parti c’è anche passato e ci ho scambiato due chiacchiere volentieri, ma se penso alle rare volte in cui, invece che scrivere per me, ho provato a scrivere per chi legge, a dare un servizio, beh, la realtà mi ha ricacciato subito al mio posto lasciando cadere spunti di discussione o inviti alla partecipazione clamorosamente e immancabilmente nel vuoto.
Perchè quindi io mi senta sempre a disagio durante i frequenti e più o meno lunghi periodi di mancato aggiornamento, è un grosso e grasso mistero.
Con gli anni questo diario ha perso per strada quell’aura emotiva ed introspettiva che aveva un tempo. La versione ufficiale è che crescendo una persona diventa più matura e non ha più bisogno di una valvola di sfogo on-line, ma in realtà ho l’impressione che crescendo io sia diventato semplicemente più riservato. Problemi e disagi non son certo finiti, ma adesso, non so neanche perchè, non reputo più necessario metterli nero su bianco. E se da un lato è vero che parte di quel ruolo se l’è preso la ragazza che ho sposato e che mi dorme affianco, dall’altro ci sono una serie di questioni per cui mia moglie non potrà mai sostituirsi completamente ad un interlocutore invisibile da cui non si cercano risposte, ma solo tacito ascolto, e a cui si può parlare senza il timore che si preoccupi per te.
Anyway, questo post era nato con l’idea di aggiornare il blog con le solite quattro vaccate, ma come ogni tanto succede ho iniziato a scrivere e tutto ha preso una piega diversa.
Evito quindi di iniziare adesso a buttar giù una disamina approfondita (!) sul valore legale della laurea e la correlata iniziativa del ministero che chiede ai cittadini un parere in merito. In sintesi: idea buona, ma quesiti troppo complessi per poter rispondere in maniera secca e senza compromessi. Più o meno in tutte le categorie, ogni risposta si presta ad argomentazioni a favore e a punti contro. Insomma, complicato. Però l’iniziativa di chiederci un parere è lodevole e io la pubblicizzo volentieri, perchè è sempre bello quando la gente può esprimere le proprie opinioni a chi governa. Nota polemica: per votare ci si deve registrare. Per registrarsi va fornito il titolo di studio. E niente, il MIUR non sa cos’è un PhD.
Evito anche di scrivere del fatto che oggi compie dieci anni “Tell all your friends”, primo disco dei Taking Back Sunday. Non è uno dei dischi della vita, ma contiene una delle canzoni della vita, questa qui, quindi merita che ne parli sul blog, ma non credo meriti un post tutto suo sullo stesso. Fa un po’ ridere, perchè l’ho ascoltato sicuramente più volte di “Nevermind” e probabilmente anche di “Hanno ucciso l’uomo ragno”, ma tant’è. Tanto nel 2014 faranno vent’anni “Smash” e “Punk in drublic” e io giassò che me ne dimenticherò senza colpo ferire dimostrando che tutto questo celebrare, in realtà, non ha mai avuto un gran senso. Escluso il ricordarti che stai diventando vecchio, ovviamente.
Mi risparmio anche di spender tempo a scrivere di quanto dissociato devo essere per apprezzare una canzone il cui video è la roba più brutta mai creata da essere vivente e la cui voce su di me ha l’effetto piacevole che avrebbe una lama rovente rigirata nelle carni.
Il post potrebbe pure finire qui.
Io, però, ancora non ho capito se questo blog stia soccombendo sotto i colpi di twitter, come sta succedendo a facebook, sotto i colpi della montagna di serie TV che guardo, come sta succedendo al mio tempo dedicato alla lettura, o sotto i colpi del mio avere, definitivamente, una vita da adulto in accezione quasi squisitamente negativa.

EDIT: Dopo aver riletto il post sento l’irrefrenabile bisogno di specificare a chi si fosse preoccupato leggendo, che va tutto bene. E questa riga esemplifica le prime trenta in maniera sublime.

Non proprio sul pezzo #2 – Jonathan Inc.

Ok, lo so anche io che “avere una rubrica” prevederebbe serialità, scadenze precise e alternanza con altri argomenti. Io però sono un blogger atipico e non particolarmente dotato, quindi facciamo che rilascio il secondo e con tutta probabilità ultimo appuntamento di “non proprio sul pezzo” direttamente dopo il primo. A bruciapelo. Tanto, se anche volessi fare un post simile tra qualche mese, è molto probabile che mi dimenticherei di intitolarlo così e la magia della rubrica svanirebbe nel nulla. Ad ogni modo, oggi parlo del disco di (dei?) Jonathan Inc. e per prima cosa vi do la possibilità di ascoltarlo, che poi è quello che davvero interessa.

Anche questo disco fa parte di quelli ricevuti da Arctic Rodeo e che ho ascoltato in maniera non abbastanza approfondita ai tempi. Ripreso in mano in questi giorni però ho avuto una specie di folgorazione e ho deciso di dedicargli uno spazio qui sopra.
Essendo roba non proprio consueta per i miei ascolti (oddio, neanche così distante, se vogliamo) mi son letto un po’ di definizioni a caso in giro per la rete. Si parla di dream pop, beard core, sleep folk. Dirvi che le previa citate etichette mi suggeriscano qualcosa sarebbe mentire, però la prima se vogliamo è abbastanza suggestiva e mi piace assai. Per quanto mi riguarda è un ottimo disco d’atmosfera. Mi rilassa, mi calma e mi fa davvero viaggiare leggero con la testa, soprattutto in certe occasioni. “Road noise”, per esempio, che qui ho linkato in una versione semiacustica fighissima, ma che in originale ha quelle trombe lì che, boh, mi spaccano in due. Come dicevo, non saprei fare accostamenti perchè non è che ascolti poi così tanta roba di sto tipo. A me vengono in mente alcune cose degli ultimi Mae, ma è proprio questione di suggestioni più che di suono.
Null’altro da dire, vostro onore, quindi il pezzo lo chiuderei qui.
Tra i CD arrivatimi da Arctic Rodeo non c’è veramente null’altro di cui valga la pena scrivere. Ci sarebbe giusto il disco di Kevin Devine, ma quello lo conoscono tutti e, per inciso, non vale i due che ho selezionato neanche alla lontana. Oltretutto secondo me è pure un disco di cover, quindi non capisco come possa piacere così tanto. A me, intendo. Va beh, dicevamo che i recuperi fuori tempo massimo sponsorizzati dalla Arctic Rodeo son finiti qui. Adesso ci sarebbe da colmare qulla lacuna per cui non ho mai ascoltato nemmeno una nota dei Wilco e di Bon Iver, cosa che pare sia ampiamente ingiustificabile ai tempi nostri. Magari lo farò a breve, magari no. In ogni caso, credo non ne scriverò in forma “Non proprio sul pezzo” perchè il gioco è bello quando dura poco.

Non proprio sul pezzo – vs.ROME

Sicuramente la mia età dell’oro come recensore di dischi l’ho vissuta nei due anni in Germania.
Non perchè abbia scritto chissachè o su chissà quali riviste, ma perchè dopo aver recensito il disco dei Far e intervistato Jonah Matranga ho allacciato un buon rapporto con la Arctic Rodeo. La cosa ha avuto come principale risvolto il fatto che mi spedissero tutti i dischi in uscita. Senza che io li chiedessi e, anzi, nonostante avessi detto loro che molti di questi non li avrei mai recensiti (tendo ad essere onesto e sincero, io.).
Ad ogni modo, dei tantissimi dischi che mi hanno spedito molti sono imbarazzanti, alcuni sono semplicemente lontani dai miei ascolti abituali e qualcuno è degno di nota. In questi giorni, sfruttando il tragitto in macchina che mi sparo per andare al lavoro ogni mattina, sto riprendendo in mano quelli che mi erano sembrati meglio e mi sono reso conto che tra questi c’è anche un disco che vale davvero.
Il gruppo si chiama vs.ROME, ed è composto da cinque ragazzi di Dusseldorf che cantano (e suonano) in inglese. Il CD è intitolato “The end is important in all things” e questo basta e avanza per capire di che genere di suono stiamo parlando. Purtroppo documentandomi per scrivere questo post ho scoperto che la band ha già smesso di vivere a causa di “mancanza di tempo” (riporto spiega ufficiale), ma il disco esiste ancora e sarebbe buona cosa per molti dargli un ascolto.
A corollario del pezzo avrei voluto mettere la traccia numero 6, “It’s home where I am not”, ma in rete si recupera poca roba e quella non è tra il materiale disponibile. Posto quindi “All ending”, che ad onor del vero sarebbe comunque stata la mia seconda scelta.

Non proprio roba nuova, ma suonata con cognizione, passione e una certa qual freschezza. Poi oh, si son sciolti immediatamente e la cosa in ambito emocore da un sacco di valore aggiunto.
Questo è quanto. Per una volta volevo provare l’ebrezza di segnalare ai lettori che non ho un gruppo che non gli piacerebbe. Lo fanno tutti i blog che seguo e io, come la musica che ascolto, tendo ad essere derivativo.
Il titolo del post potrebbe dare l’idea di una sorta di rubrica e magari così sarà. Alla fine la musica che scopro con lustri di ritardo è il 96% di quella che ascolto, quindi di spunti per nuove puntate non dovrebbero mancarne.

Surreale

Ieri sera sono andato all’ultima data del reunion tour degli Shandon.
Quando dici Shandon le possibili reazioni dell’interlocutore sono essenzialmente due. La prima prevede il classico e se vogliamo legittimo: “E chi cazzo sono?”. Chi li conosce invece tende a rispondere: “Ah, quelli di Questosichiamaska!”. Ecco sì, sono proprio loro che, dopo diversi anni, hanno deciso di tornare a suonare insieme dodici date, un po’ per i fan rimasti orfani, un po’ forse per loro che avevano voglia di farlo.
C’è stato un tempo, un’estate di diversi anni fa, per cui senza farlo apposta io e i miei amici ci si trovava sistematicamente in posti in cui stavano suonando gli Shandon. Non lo si faceva apposta, non era una cosa voluta, semplicemente qualsivoglia locale o sagra di paese cui si decideva di andare li vedeva on stage. A qualcuno piacevano di più, ad altri meno, ma nessuno s’è mai lamentato della cosa.
Molti anni dopo, abbiamo quindi deciso di partecipare alla “festa” della reunion e di andare ad assistere all’ultima data, ieri sera appunto, in quel del Nautilus di Cardano al Campo.
Ieri sera gli Shandon hanno suonato più di un’ora ripescando pezzi un po’ da tutti i loro dischi. Io, alla fine, conoscevo in tutto sette pezzi. Non avendoli seguiti per metà abbondante della loro carriera, mi pare un bilancio comunque positivo.
Tra questi pezzi non c’è Questosichiamaska. Non l’hanno suonata. Il motivo, probabilmente, è quello spiegato nel video qui sotto, tratto da una delle prime date del tour.

Personalmente a me quella canzone lì non è mai piaciuta. Io, ieri sera, speravo di sentire altri pezzi: Vampire girl, Noi-Oi!, L’Informazione e la sempre ottima “My sun”, unica che hanno suonato. Però ecco, un po’ mi ha spiazzato come scelta. Mettiamola così, un reunion tour di questo tipo credo abbia la valenza che ha il sedersi con gli amici e guardare le vecchie fotografie. Tenere nel cassetto quelle a cui son collegati più ricordi è una scelta che non comprendo appieno. Insomma, se una band dopo anni decide di smettere di suonare il suo pezzo più conosciuto a me la cosa non sconvolge, ma ho avuto l’impressione che questa decisione facesse un po’ a cazzotti con lo spirito del tour.
Ad ogni modo il concerto è stato gradevolissimo, divertente, con tanti pezzi che come detto non conoscevo, ma che mi son sembrati buoni (uno dovrebbe intitolarsi qualcosa tipo “Novembre” ed un altro invece, se ho capito giusto, è un pezzo dei The Fire). Mi sono divertito.
A fine set, come vuole la regola, tutti in pista a ballare la selezione di pezzi scelta dal DJ resident del Nautilus.
Si parte con un pezzo dei Rage Against the Machine, si passa a “The kids aren’t allright” (che avevano già messo appena prima dell’inizio del concerto) e “Self esteem”, poi arrivano “Aca toro e “Cannabis””, di nuovo i RATM con “Killing in the name” (anch’essa già messa prima) e per finire “Toxicity” (terzo bis del pre concerto). A quel punto ce ne siamo andati.
Dico, ma è possibile che ancora oggi, nelle discoteche rock, ci sia sempre la stessa cazzo di scaletta che c’era nel 1998? Neanche gli stessi artisti, che già sarebbe incomprensibile, ma proprio gli stessi pezzi. C’è gente che è quindici anni che tutti i sabati va a ballare la stessa musica. Le stesse venti canzoni. Perchè io me ne sono andato, ma scommetto che la scaletta è continuata con “Beautiful people”, “Rollin'”, “Smells like teen spirit”, “Tutti in pista”, “Cheope” e via dicendo.
Mi chiedo, ma c’è davvero chi paga un DJ per mettere la stessa scaletta ad oltranza? Ma chi li gestisce questi posti? Lo capisco che per far ballare la gente, se sei scarso, hai bisogno dei pezzi che la gente conosce. Però puoi fare lo sforzo di cercarne altri, altrettanto noti, e di intervallarli con qualcosa di personale, qualcosa che magari in pista conoscono in pochi e che susciti la curiosità di chi ascolta.
Quindi nella stessa sera, nello stesso locale, son passato da una band che pur nella volontà di festeggiare un tempo che non c’è più ha deciso di metterci la personalità e la faccia e proporre una scaletta quantomeno figlia del loro gusto attuale, per arrivare a un DJ (che chiamare tale fa ridere) che ripropone con ottusa determinazione da quindici anni le stesse canzoni.
La combinazione, fidatevi, è stata surreale.

Roma 2020 e altre cose di cui avrei potuto scrivere

Oggi pomeriggio al lavoro è noia pesa.
Siccome ho già provato ad impegnare il tempo facendo ogni sorta di lavoro e ho tirato al massimo un’oretta, ho deciso che potrebbe essere un buon momento per aggiornare il blog. Magari con un post vero, non con una di quelle ciofeche da tre/quattro righe che pubblico ultimamente.
Tra tutti gli argomenti che ho a disposizione (e che sono tantissimi), deciso di spendere due parole in merito all’ormai quasi ufficiale veto di Monti ad Alemanno per la candidatura di Roma alle olimpiadi 2020.
Se in Italia parlare di pudore avesse ancora un senso, ci si chiederebbe chi s’è portato via quello del sindaco di Roma che, a pochi giorni dalla manifesta incapacità di gestire qualche centimetro di neve, se ne esce autocandidandosi all’organizzazione dell’evento sportivo mondiale per antonomasia. Una roba tipo Schettino che domani chiama la NASA e si auto-candida per pilotare il prossimo Shuttle. E conta poco che probabilmente nessun comitato olimpico (vado a braccio eh, non ho idea minima di chi sia poi incaricato a scegliere tra le candidate) prenderebbe in considerazione Roma (e l’Italia) sulla scia di quanto stiamo mostrando in giro ultimamente, il NO di Monti sarebbe ampiamente giustificabile anche solo per una questione di dignità. “No, caro Alemanno, oggi come oggi il permesso per farci bocciare l’ennesima volta non te lo do. Stiamocene buoni per un po’ e vediamo se ne usciamo.”
Il dramma vero è che la debacle di Roma nella sua sfida alle intemperie, pur essendo indicazione sufficiente a far nascere legittimi dubbi sulle capacità organizzative della capitale, non è nulla paragonata a quanto verificatosi l’ultima volta che a Roma s’è avuto in gestione un evento sportivo rilevante. Perchè ci ricordiamo tutti vero, quello che è successo in occasione dei mondiali di nuoto 2009? Ora, io non dubito che un alone di corruzione aleggi intorno più o meno a tutti i grandi eventi di questo genere, in tutti i paesi del mondo. Ci sarà sempre chi alle spalle di una macchina miliardaria come l’olimpiade (o i mondiali, gli europei, l’expo e via dicendo) troverà il modo di arricchirsi. Non dovrebbe capitare, ovviamente, ma capita e sono convinto non solo qui nel bel Paese. Il dramma è che da noi il tutto è esasperato. Oggi leggevo in twitter che intorno a Napoli ci sono dei lavori in corso per un’uscita della tangenziale appaltata per Italia ’90. Non mi ci metto nemmeno a verificare se l’nformazione è vera, perchè è credibile e tanto basta. Insomma, c’è un’attitudine italiana alla tangente che già spaventa a priori, c’è il precedente, proprio a Roma, di una situazione analoga, più piccola, e finita malissimo e ci sono un sindaco ed una giunta che dimostrano il loro non essere pronti al minimo inconveniente e il non saper farvi fronte. In aggiunta, come ciliegina, siamo in una situazione economica che dire precaria e puro eufemismo (oggi c’è chi dice che la crisi Greca iniziò con l’olimpiade e, non avendo le basi, non posso nè confermare nè smentire).
Con questi presupposti, il NO di Monti non solo è legittimo, ma auspicabile.
Che poi, Alemanno, è sicuro di avere abbastanza parenti per farsi carico di un evento del genere?
Ecco fatto, il post è scritto e il blog torna, per una volta, sul pezzo.
Giusto per conoscenza, ecco gli altri argomenti che avrei potuto trattare:
Il nuovo singolo di Jovanotti ha una base che è plagio plagissimo della colonna sonora di Drive. Così, a muzzo, senza che io verifichi chi è uscito prima e chi poi.
Il nuovo singolo di Madonna ad un certo punto (minuto 2:20 del video, per apprezzare appieno) piazza un breakdown di chiara matrice hardcore. L’unica spiega plausibile è che nel 2012 i produttori siano gente che ascolta bella musica e questo porterà inevitabilmente ad un mondo migliore. (vedi parentesi al punto precedente).
– Su radio 105 gira un pezzo che pare fatto mischiando insieme tutta la discografia dei Jimmy Eat World. Non avendo uno smartphone dalle mille applicazioni utili, non ho idea di chi siano gli autori. Sono solo sicuro non si trati dei Jimmy Eat World. Nel nome della band potrebbero esserci le parole Pedro o Leon, ma non si tratta dei Pedro the Lion.
– Il PD perde le primarie a Genova e la sindachessa uscente si incazza su twitter dicendo che è tutto dovuto al suo essere donna. Stando al ragionamento, quattro anni fa probabilmente non lo era.
– Google celebra S.Valentino con un cartoon in cui si omaggiano tutti i tipi di coppie. Google non ha mai omaggiato, ne mai omaggerà Giovanardi. Il passato, prima o poi, ci lascerà liberi.
– Si vocifera di una possibile mossa del governo volta a rivedere le esenzioni ICI per i beni immobiliari della Chiesa. Bravi. E’ vero, son gli stessi che provano quotidianamente a cancellare i diritti dei lavoratori, ma un governo normale non fa mai solo cose giuste o cose sbagliate. Quello di Monti è un governo normale. E’ che non ci siamo più abituati.

EDIT: Il pezzo che frulla cinque dischi Jimmy Eat World e finisce per passare in radio è Cough Syrup degli Young Giant. Da li a capire perchè avessi in mente Pedro e Lion ne passa una vita.

Ne parlavamo tanto tanti anni fa


Oggi compie vent’anni “Hanno ucciso l’uomo ragno”.
Tipo che ci sarebbero milioni di cose da dire e scriverci sopra, ma alla fine si può benissimo evitare e limitarsi all’omaggio ad uno dei capolavori di quello che, per me, è e sarà sempre il più grande cantautore italiano. Grazie Max!
E comunque, sembra ieri.

Due o tre robe da dire

In aereo, rientrando dal week-end a Colonia, ho pensato che potesse essere il caso di aggiornare il blog.
Avere un blog oggi è cosa complicata, specie se si tratta di un blog come il mio: specchio della mia vita e cassa di risonanza per le mie riflessioni. Le nuove abitudini e la pigrizia infatti spingono perchè io la smetta di scrivere lunghe pagine qui sopra in virtù di lapidari e brevissimi status di Facebook o ancor più trendy Tweets.
E’ così che va il mondo ed è così che credo, prima o poi il mio blog morirà.
Ma non oggi.
Oggi aggiorno, dopo quasi due settimane, dando spazio ad un po’ di pensieri sparsi inerenti a fatti sparsi accaduti in ordine sparso negli ultimi tempi.
– L’FBI ha deciso di chiudere Megaupload e Megavideo. Ora, che quei due siti fossero utilizzati anche in modo illegale è credo incontestabile. Ci sono però un sacco di cose legali che la gente può usare per infrangere la legge senza che l’FBI si metta in mezzo. Tipo: non credo l’FBI chiuda General Motors perchè una parte delle persone che usa le automobili infrange i limiti di velocità. Insomma, mi pare un po’ l’abbiano fatta fuori dalla tazza. Sicuramente chi l’ha presa male son stati quelli dell’Anonimous Group che in prima istanza hanno hackerato qua e la siti di enti governativi statunitensi e di importanti colossi del music and video business e oggi hanno deciso di mettere online, anche simpaticamente (cit.), l’intero catalogo Sony Music. Io, volendo rimanere estraneo a queste lotte, mi limito a chiedermi se non sia forse il caso di rivedere la politica alla base della questione invece di continuare con guerre e rappresaglie che non porteranno mai a nulla. Perchè che di analoghi a Megaupload e Megavideo ce ne sono a bizzeffe non credo sia un segreto.
– Sicuramente l’argomento del momento è il dramma della Costa Concordia. Ora, non volendo entrare nel dettaglio della questione, mi limito a provare una certa pena per la questione Schettino, non tanto per l’uomo che stando a quanto si legge pare abbia sicuramente delle responsabilità, ma per la classica reazione italiana del “tutti fenomeni” per cui anche chi in vita sua non è mai riuscito a tenere a galla un materassino si permette di andarsene in giro a dire come un capitano si dovrebbe comportare e cosa avrebbe dovuto fare nella fattispecie. Io ho sentito la telefonata con la capitaneria di porto e ho visto un po’ di articoli qua e la. Che Schettino probabilmente non fosse il più integerrimo tra gli uomini di mare è una sensazione che difficilmente troverà smentite, tuttavia son sempre dell’idea che il capro espiatorio sia un male colossale perchè riduce problemi seri (la politica delle compagnie di crocere, per esempio, o i rischi di questo tipo di situazioni) alla macchietta di un disgraziato. In sintesi: che ci sia interesse a far finire il tutto in “Schettino era un coglione” mi pare ovvio. Io però verificherei se la cosa è vera e se, anche fosse, sia quella l’unica causa alla base del disastro.
– Venerdì è morta Sarah Burke dopo un brutto incidente mentre si allenava. Io lo capisco che non è Simoncelli e che non è certo il caso di fare a gara di popolarità tra giovanissimi ragazzi morti mentre inseguivano il loro sogno di sportivi, però ecco, due righe sui quotidiani nazionali potevano pure scriverle (Gazzetta esclusa, che ne ha parlato). Ad ogni modo, dispiace tanto.
– Ho visto i primi due episodi di Alcatraz, nuova serie TV in cui c’è lo zampino di JJ Abrams e della Bad Robot. Nonostante le premesse, pare per nulla male. E’ in sostanza identica a Fringe, solo senza le minchiate scientifiche da quattro soldi. Penso seguirò con attenzione. E’ anche iniziata la quinta serie di Californication, ma dopo due episodi non s’è vista nemmeno una tetta e questo non è un buon segno.
– Chiudendo col botto, è di questa sera la release del nuovo disco dei Fine before you came. Si intitola “Ormai” e io non l’ho ancora sentito, ma in battuta penso sia buona cosa per voi scaricarlo (qui) e ascoltarlo.