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L’italia è una merda.

Il post in cui Manq rivaluta Matteo Renzi

E’ giunto il momento di parlare come si deve delle primarie del Partito Democratico e, per farlo, non posso partire che da una premessa. Scrivo questo blog da quasi otto anni. In questo lungo lasso di tempo ho attraversato diverse stagioni politiche e ideologiche, ognuna delle quali ha avuto radici e motivazioni che se anche non ho saputo chiarire qui sopra, per me avevano in quel momento tutto il senso del mondo.
Mi reputo, da sempre, “di sinistra”.
L’ultima versione del Manq soggetto politico tuttavia incarnava una radicata e non certo sopita vena di disgusto per la classe dirigente del suo Paese. In toto. No, niente antipolitica. L’antipolitica è una mistificazione, l’ennesimo tentativo di scaricare le responsabilità da parte del reale oggetto delle imputazioni. Non c’è una guerra alla politica, ma a CHI l’ha mal praticata e non c’è nulla di meno antipolitico che combattere questa guerra. Il nodo della questione è capire come.
Nel recente passato la mia posizione era l’annullamento della scheda, unico modo che mi consentisse di far presente l’assenza di una rappresentanza che sentissi eleggibile. Pur non rinnegando nulla, oggi la mia posizione potrebbe cambiare e tornare ad essere quella di un soggetto votante. Fortissima discriminante in questo percorso sarà l’esito delle primarie del PD perchè, poco ma sicuro, tornerò ad esprimere una preferenza se sarò nelle condizioni di esprimere un voto PER qualcuno e non CONTRO qualcun altro.
Ieri quindi mi sono registrato alle liste per le primarie e oggi provo a spiegare perchè Domenica 25 Novembre voterò per Matteo Renzi.
Prima di iniziare però, è bene che chi si appresti a leggere quanto segue sia a conoscenza del programma su cui tutto si fonda. Qui infatti non si tratta di quanto bene io vi venda le mie motivazioni, ma della base sulla quale ho deciso di fondarle.
Dopo vent’anni di Berlusconismo è impossible, purtroppo, approcciarsi alla politica senza partire dall’uomo, ovvero dal soggetto che rappresenta ed incarna il progetto che espone. Io ne farei volentieri a meno, forte dell’idea per cui le persone cambiano, ma il progetto deve andare avanti, però a quanto pare non si può discutere di politica nel nostro paese senza dare una valutazione personale dei candidati. Io, paradossalmente, ho più simpatia per Renzi che non per l’interezza del suo programma di eventuale governo. Il punto chiave, tuttavia, è che non sarà per questo che lo voterò.
E’ ovvio che quanto scritto possa apparire insensato o confuso, quindi adesso cercherò di spiegarmi. Ho letto con attenzione il programma che ho linkato qui sopra e ho anche avuto modo di sentire alcuni interventi di Renzi in tv, non ultimo quello dell’ormai famoso confronto a cinque. Per come sono fatto io e per le mie radici ideologiche è difficile sposare in toto il progetto Renzi e poi illustrerò magari le cose di cui sono poco convinto. Prima però è necessario chiarire cosa mi ha convinto.
In primo luogo è vitale sostenere Renzi alle primarie, paradossalmente ancor più che alle politiche, perchè se vogliamo credere ancora alla possibilità che il PD possa dare qualcosa all’Italia è mandatorio dare un segnale netto, definitivo ed incontrovertibile che tutto quello che è stato fatto fino ad ora NON VA BENE. E consegnare le primarie a Renzi è quel segno. Il concetto lo spiega bene Enrico Sola in questo post, ma mi piace riprenderlo. E’ ora di dire basta a chi ha come primo obbiettivo vincere le elezioni e dare spazio a chi vuole provare a guidare un paese. Sembra una frase fatta, ma è realmente lo specchio della questione. Cercare di vincere tirando dentro alleanze che a priori si sa non potranno convivere è rifiutarsi di puntare a governare. E io voglio provare l’ebrezza di vedere il mio voto sopravvivere ad una legislatura intera.
Quindi bene l’approccio, ma vediamo i contenuti. Del programma di Renzi mi piace molto la visione europeista, vera chiave contro le derive nazionaliste che stanno cavalcando un po’ tutti i paesi investiti dalla crisi. Si fa un gran parlare degli Stati Uniti, cercando di imitarli in tutto quello che di pessimo possono offrire, senza mai riflettere sul fatto che sono, appunto, Stati UNITI e che in quello, forse, c’è da ricercare parte del loro successo.
Mi piace molto, moltissimo, come suona il progetto di una ricerca finanziata per merito, con non solo più investimenti, ma soprattutto target più meritevoli per i suddetti e per quanto possa aver capito io della cosa, mi piace anche l’idea che c’è alla base di una riforma sanitaria volta all’eccellenza.
Ritengo enormemente importanti i punti riguardo la fecondazione assistita e le civil partnership.
Da ignorante trovo buoni anche i punti in termini di giustizia e lotta all’evasione.
E allora perchè all’inizio ho detto che non ho completa simpatia per il progetto Renzi? E’ semplice, perchè io vorrei di più. Io vorrei ad esempio che per le coppie omosessuali si potesse parlare di matrimonio e di figli. Vorrei una politica del lavoro che non debba scegliere chi inculare tra giovani e meno giovani. Vorrei un rapporto diverso tra Stato e confindustria (o anche solo tra stato e Fiat). Vorrei che non si pensasse mai alle banche come strumento per garantire un’istruzione elitaria a chi non ha i mezzi economici per farcela da solo. Vorrei una riforma della politica che non privi “i ricchi” della possibilità di entrarci, ma che garantisca ai “non ricchi” di poter fare altrettanto (e questa era l’obbiezione di Vendola durante il confronto TV cui tu, caro Matteo, non hai risposto se non rigirando la questione).
Poco più di un anno fa scrivevo questo post.
Evidentemente ho cambiato idea, anche se poi entrando nel merito neanche più di tanto.
Oggi però ho in mano un programma e, leggendolo, mi son trovato costretto ad ammettere di condividerne buona parte.
Per il Manq di oggi è evidentemente abbastanza. Renzi non è il mio candidato ideale quanto l’Italia non è il mio paese ideale. Però è qui che vivo e forse Renzi può far fare al Paese mezzo passo in avanti.
Io di rinunciarci sulla base del fatto che è troppo poco non me la sento.

Toc!

“Se ci sei, batti un colpo!” è un modo di dire che non ho bene idea da dove nasca. So che è diffuso, però, e quindi è da lì che voglio cominciare.
Questo post, col suo titolo onomatopeico, è il mio tentativo di dare un segnale di presenza on-line che vada oltre le tonnellate di cazzate che quotidianamente riverso su Twitter o su Facebook. I social network. Strumenti del demonio che con la loro semplicità e immediatezza ti spolpano della voglia di argomentare. La vita ridotta ad una serie di battute flash, istintive, immediate. Zero spazio per fermarsi a riflettere e costruire un discorso, per mettere in piedi un concetto che abbia non solo un senso, ma una struttura. Non c’è tempo, nè per chi scrive, nè per chi legge. E’ il 2.0 che avanza ed io, che ultimamente (eufemismo) mi percepisco oltremodo vecchio, lo soffro. Perchè è vero che “non è la pistola che uccide, ma chi spara”, però è difficile resistere ad un meccanismo di semplicità così ammiccante, perlomeno per il sottoscritto, e così ogni volta mi ci ritrovo schiacciato, complice la mia proverbiale pigrizia.
Esempio.
Settimana scorsa ci sono state le presidenziali americane. Obama, Romney, l’health care, l’alternanza, i tentativi di boicottaggio del voto, la situazione politica americana fatta essenzialmente di due fazioni quasi perfettamente sovrapponibili, l’aberrante concetto “Non importa per chi voti, l’importante è votare”, la riconferma a mio avviso quasi scontata, il reale peso del presidente più potente del mondo sulla gestione dello stato che presiede, l’interesse di tutto il mondo, le reazioni discutibili nel nostro paese. Questi sono alcuni dei punti che comporterebbe trattare volendo parlare dell’argomento. Invece no, usiamo 140 caratteri, e quel che ne esce non può che essere un’opinione sciapa, incompleta, vuota.
Fine esempio.
Oggi, mentre mi districavo sapientemente nella selva di inutilità proposta dai SN, mi sono imbattuto in un post di Luca riguardo la mobilitazione europea, gli scontri, la chiave di lettura degli eventi e il concetto di protesta ai giorni nostri. Il pezzo, questo qui, oltre che ben scritto e interessante presenta un’analisi che gioco forza necessita di argomentazioni, di parole, di spazio e tempo. Ed è questo ciò di cui c’è bisogno. Condivisibile o meno l’analisi, sottoscrivibile o meno il messaggio, è il caso di riprendere a riflettere sulle cose. La società sta cambiando e la stiamo costruendo sulla superficialità, sulle prime impressioni, sulle scelte d’istinto.
Ci stiamo svuotando.
E questa cosa si vede anche e soprtattutto in situazioni estreme come quelle degli scontri. E’ bellissimo il paragone che Luca fa con l’assedio medioevale, davvero bello, ma a differenza sua io più che valutare gli effetti di questo fenomeno, mi preoccupo delle cause. Gli scontri tra polizia e manifestanti da “effetto collaterale” sono diventati il target della cura. Ed è tremendo perchè c’è chi è disposto a prendere un sacco di botte per uno scopo che ha completamente perso di vista.
Uscendo di casa, prima della piazza, qualcuno si pone la domanda “Ok, se la polizia non dovesse bloccarci e caricarci, se semplicemente si facesse da parte o, ancora meglio, non si presentasse proprio, noi cosa faremmo?”? Che foto girerebbero su FB o Twitter il giorno dopo? Certo, qualcuno magari prenderebbe a sassate qualche vetrina e darebbe fuoco a qualche macchina comunque, ma gli altri?
Avere un blog è questo: fermarsi e riflettere sulle cose. E io perdo sempre più l’occasione di farlo buttando alle ortiche un’opportunità gigantesca. Non che non ne senta la necessità eh, perchè mi basta niente per sfogare il mio malcelato bisogno di analisi. Non fosse così, non si spiegherebbero fenomeni come il tirare 200 commenti su Serialmente trasformando una recensione sugli zombie in una discussione sulle società civili. E’ che scrivere non è facile. Quando ti ci metti non puoi poi distogliere lo sguardo se quel che vedi non ti piace. Non puoi far finta di niente, smettere di ascoltare o iniziare a pensare ai cazzi tuoi. O meglio puoi farlo, ma a quel punto il pezzo diventa una bozza abbandonata che non riprenderai in mano mai più e che sarà, inevitabilmente, un’altra occasione persa per chiarirti le idee.
E se tutto questo non vale per voi, beh, vale per me.
Ci ho messo diverse ore a scrivere questo post e l’ho fatto nei ritagli di tempo al lavoro. Dovrei rileggerlo, perchè sono del tutto sicuro sia sconnesso e poco lineare, ma correrò il rischio di farlo dopo la pubblicazione.
Come sempre, è stato un processo utile.
Forse dovrei rifarlo, nel breve.
Magari costringendomi a scrivere delle primarie del PD.
Di “Papa Giovanni
No ecco, di quello è meglio non scrivere.

PS: Sì, la sensazione che io abbia usato questo post anche come maxi riassunto di tutti i post che non ho scritto di recente è legittima.

E noi abbiamo Cassano

Oggi, tramite l’ormai indispensabile strumento che è Twitter, sono venuto a conoscenza di una notizia riportata da il Post.it. La storia, riassunta in breve, scaturisce da una risposta del delegato democratico del Maryland Emmet C. Burns Jr. alle esternazioni del giocatore dei Baltimora Ravens Brendon Ayanbadejo in materia di matrimoni gay. Nella fattispecie Ayanbadejo pare essersi pubblicamente schierato, più volte, in favore della concessione di questo diritto alle coppe omosessuali.
La presa di posizione di Burns nei confronti delle esternazioni del giocatore è stata espressa sotto forma di lettera, direttamente alla dirigenza dei Ravens. Questo il testo:

Molti dei miei elettori e molti dei vostri tifosi sono inorriditi e sbalorditi dal fatto che un membro di una squadra di football possa esprimersi in merito a una questione così controversa e cercare di influenzare l’opinione pubblica in un senso o nell’altro. Molti dei vostri tifosi non sono d’accordo con le sue posizioni e pensano che non debbano avere posto nello sport, che è fatto per il tifo, l’intrattenimento e l’entusiasmo. Penso che Ayanbadejo dovrebbe concentrarsi sul football ed evitare di dividere i suoi tifosi.
Richiedo pertanto che lei prenda i necessari provvedimenti, come proprietario della squadra, per impedire altre dichiarazioni di questo tipo da parte dei suoi dipendenti, e che ordini a Ayanbadejo di smetterla con questo comportamento ingiurioso. Non sono a conoscenza di altri giocatori che abbiano fatto quello che fa Ayanbadejo.

(La versione originale della lettera del delegato Burns è visibile qui)
Questa lettera, che effettivamente si commenta da sola, ha tuttavia suscitato la reazione di un altro giocatore della NFL, Chris Kluwe dei Minnesota Vikings, che ha deciso di dire la sua scrivendo una lettera di risposta direttamente al delegato. Il testo della contro replica è decisamente degno di segnalazione, tanto per il contenuto, quanto per lo stile diciamo non propriamente elegante. Stando a quanto sostiene Kluwe, infatti, l’utilizzo di espressioni colorite e forti non solo faciliterebbe l’arrivo del messaggio, ma dovrebbe anche fungere da “cartina tornasole per quelli che sanno vedere il contenuto di verità di un messaggio invece che fermarsi a guardare la confezione con cui quel messaggio è consegnato”.
Di seguito riporto la versione tradotta e “ripulita” del testo. Non perchè mi siano particolarmente indigeste le volgarità, quanto perchè è l’unica traduzione che ho trovato senza dovermela fare da solo. Qui, tuttavia, la versione originale del documento:

Caro Emmett C. Burns Jr.,
Trovo inconcepibile che lei sia stato eletto come delegato dello stato del Maryland. Il suo livore e la sua intolleranza mi imbarazzano, e mi disgusta pensare che lei sia in qualsiasi modo e a qualsiasi livello coinvolto nel processo di formazione delle politiche sociali.
Le posizioni che lei abbraccia ed espone non prendono in considerazione alcuni punti fondamentali, che illustrerò con dovizia di particolari (potrebbe esserle necessaria l’assunzione di uno stagista che la aiuti con le parole più lunghe):
1. Come sospettavo, non ha letto la Costituzione, quindi le vorrei ricordare che il Primo, primissimo emendamento di questo fondamentale documento si occupa della libertà di parola, e in particolar modo delle limitazioni di tale libertà.
Utilizzando la sua posizione istituzionale (facendo riferimento ai suoi elettori in modo da minacciare implicitamente la gestione dei Ravens) per dichiarare che i Ravens dovrebbero «scoraggiare dichiarazioni di questo genere» da parte dei loro dipendenti – nello specifico Brendon Ayanbadejo – non solo lei sta chiaramente violando il Primo Emendamento, ma dimostra di essere una narcisista macchia di merda.
Che cosa mai l’ha fatta diventare così stupido? Mi sconcerta che un uomo come lei, che fa affidamento sullo stesso Primo Emendamento per coltivare i propri studi religiosi senza timore di ritorsioni da parte dello Stato, possa giustificare il soffocamento del diritto alla libertà di espressione di qualcun altro. Chiamare “ipocrita” un uomo come lei sarebbe mancare di rispetto alla parola. “Osceno, assurdo ipocrita del cazzo” è un po’ più appropriato, forse.
2. «Molti dei vostri tifosi non sono d’accordo con questa presa di posizione e ritengono che [questi argomenti] non debbano avere posto nello sport, che dovrebbe riguardare il tifo, l’intrattenimento, l’entusiasmo e nient’altro». Santo cielo, quante stronzate. Ha sul serio detto questa roba, lei che è stato «attivamente coinvolto nelle task force del governo che si sono occupate delle conseguenze culturali e sociali della schiavitù in Maryland» (come recita la sua voce di Wikipedia, ndt)? Non ha mai sentito parlare di Kenny Washington? Di Jackie Robinson? Nel 1962 la NFL prevedeva ancora la segregazione razziale, che è stata spazzata via grazie a atleti e allenatori coraggiosi che hanno osato esprimere il loro parere e fare la cosa giusta. E nonostante tutto questo lei è capace di dire che la politica e le questioni politiche «non dovrebbero avere un posto nello sport»? Non so neanche da dove cominciare per immaginare la dissonanza cognitiva che con ogni probabilità sconvolge in questo momento la sua mente confusa e marcia, e la ginnastica mentale con cui il suo cervello si è contorto fino a produrre una dichiarazione così assurda da meritare una medaglia d’oro olimpica (il giudice russo sicuramente le darebbe 10, per “bellissimo repressivismo”).
3. Questo è più un mio dubbio personale. Ma perché odia la libertà? Perché odia il fatto che altre persone vogliano avere la possibilità di vivere le loro vite ed essere felici, anche se la pensano in modo diverso dal suo, o si comportano in modo diverso? In che modo, in che forma, la riguarda il matrimonio gay? In che modo influisce sulla sua vita? Teme che se il matrimonio gay diventasse legale, lei comincerebbe all’improvviso a pensare al pene? «Oh merda, il matrimonio gay è stato approvato, devo subito correre a farmi sfondare di cazzi!». Ha paura che tutti i suoi amici diventino gay e non vengano più la domenica a vedere le partite da lei? (Comunque è improbabile, dato che anche ai gay piace guardare il football).
Posso assicurarle che il matrimonio gay non avrà alcun effetto sulla sua vita. I gay non verranno a casa sua a rubare i suoi figli. Non la trasformeranno magicamente in un lussurioso mostro mangiacazzi. Non rovesceranno il governo in un’orgia di edonistica dissolutezza soltanto perché all’improvviso avranno gli stessi diritti del 90 per cento della nostra popolazione – diritti come le indennità della previdenza, agevolazioni fiscali per chi ha figli, i permessi familiari o i congedi per malattia per prendersi cura dei propri cari, e l’assistenza sanitaria estesa a coniugi e figli. Sa che cosa farà ai gay il fatto di avere questi diritti? Li renderà cittadini americani a tutti gli effetti, proprio come tutti gli altri, con la libertà di perseguire la felicità con tutto ciò che questo comporta. Le dicono niente le battaglie per i diritti civili degli ultimi 200 anni?
In conclusione, spero che questa lettera, in qualche modo, la porti a riflettere sulla dimensione del colossale casino che lei ha spudoratamente scatenato ai danni di una persona il cui solo crimine è stato esporsi per qualcosa in cui credeva. Buona fortuna per le prossime elezioni, sono certo che ne avrà bisogno.
Cordialmente,
Chris Kluwe
P.S. Mi sono dannatamente esposto sulla questione del matrimonio gay, quindi può anche prendere il suo «non sono a conoscenza di altri giocatori della NFL che abbiano fatto quello che fa Ayanbadejo» e ficcarselo nella sua piccola boccaccia priva di empatia, strozzandocisi.
Stronzo.

A me, tutta questa faccenda, ha chiaramente ricordato le esternazioni di Cassano all’Europeo.
Il punto però non è tanto che ci siano omofobi in Serie A, perchè nella NFL ce ne sono sicuramente di più. La questione è: quando, in Italia, un calciatore proverà ad usare la notorietà per combattere delle battaglie sociali?

Leggere prima di firmare è buona norma

Chi scrive è notoriamente favorevole e legato al mezzo referendario. Da sempre, tanto da considerarlo spesso l’unica vera arma rimasta al cittadino italiano per esercitare il suo ruolo democratico.
In questi giorni si legge in giro di una raccolta firme volta a promuovere un referendum in grado di abrogare la diaria per gli stipendi dei parlamentari. Lo si sta chiamando in vari modi, da “referendum anti-casta” a “taglia privilegi”, e la campagna portata avanti è spesso legata ai mezzi di informazione alternativi quali blog e social network. Come sempre accade in Italia però nessuno ne parla, non si da modo al cittadino di capirne i contenuti o venirne a conoscenza se questi non è particolarmente volenteroso o motivato, e si tende a portare avanti il tutto unicamente a colpi di slogan.
Io, scoperta la raccolta firme in questione, sono andato in comune a sottoscriverla insieme alla Polly. A Gessate eravamo i numeri 24 e 25, se non erro.
Oggi però, ascoltando “Tutto esaurito” ho realizzato di aver firmato senza le adeguate basi conoscitive, rischiando nel migliore dei casi di aver firmato un foglio senza utilità.
Innanzi tutto ho scoperto che le raccolte sono in realtà due, distinte. La prima, promossa dal Partito dell’Unione Popolare e la seconda invece promossa dal Comitato del Sole. Ho così deciso di andare un po’ più a fondo nella questione.
Per prima cosa, io non ho idea di quale delle due raccolte abbia sottoscritto. Già questo è sufficiente a farmi girare non poco le balle. In questo articolo infatti si spiega come i due referendum pongano richieste molto diverse. Stando ai dati riportati e a quanto diceva questa mattina in radio un esponente del Movimento 5 Stelle, il referendum proposto dall’Unione Popolare chiede unicamente l’abolizione della diaria, portando ad un risparmio generale neanche sufficiente a coprire le spese per il referendum stesso (credo, a logica, basandosi sul risparmio per l’anno in corso e non considerando comunque l’impatto degli anni a venire, ma comunque la cosa fa riflettere). I punti del Comitato del Sole invece sembrerebbero molteplici e meglio studiati, portando ad un risparmio decisamente più alto.
Altra faccenda importante, se non cruciale, è la “scadenza” della raccolta firme e la sua presentazione. Se nel caso del Comitato non risulterebbero vincoli temporali di sorta, la sottoscrizione dell’Unione reca limiti precisi, anche se non facili da reperire in giro con chiarezza, e questo forzerebbe la presentazione del quesito referendario per l’anno venturo, il 2013, annullandone immediatamente la messa in essere pechè impossibile effettuare referendum nell’anno delle elezioni politiche. La norma è spiegata per bene nell’articolo citato prima, non sto a riportarne il contenuto.
Pare quindi che questa raccolta firme sia, a tutti gli effetti, una grossa perdita di tempo.
Per finire, giusto per riportare in comletezza tutti i dubbi e le questioni che ho reperito in ambito, sulle liste dell’Unione Popolare c’è chi sospetta addirittura il tentativo di truffa. L’inammissibilità di quella raccolta firme, dovuta ai problemi già visti, non sarebbe infatti dovuta sfuggire a chi si prefige di ottenere un risultato usando il referendum e questa cosa presterebbe il fianco al sospetto che in realtà il vero fine di queste firme sia avere del materiale buono da copiare e riciclare per la presentazione delle future liste elettorali, alimentando i casi tristemente noti di firme false come ad esempio quello che vede imputato il presidente della regione Lombardia Roberto Formigoni.
Se anche quest’ultimo dubbio fosse eccessivamente complottista, almeno a mio parere e nonostante quanto di peggio abbia già messo in mostra il nostro Paese in certe circostanze, resta la certezza di una scarsissima informazione riguardo una raccolta firme fondata su un insindacabile risentimento popolare nei confronti dei politici (che la si finisca di dire antipolitica. Il problema sono gli uomini.), che però rischia di veder disperse le energie lasciando ancora una volta i cittadini con l’amaro in bocca.
Come detto io ho firmato.
Non sapere cosa nè con che utilità l’ho fatto mi fa sentire male e questo post spera di poter essere utile a chi ancora sta decidendo se fare altrettanto o meno.

Un partito democratico

In questi giorni tiene banco la discussione avvenuta in seno al PD riguardo le unioni omosessuali. Che poi “in questi giorni” fa ridere perchè ne parlano da che il PD esiste e non ne son mai venuti a capo, ma diciamo che la questione è recentemente tornata attuale anche per l’opinione pubblica che, in prossimità di elezioni e in concomitanza alla ridiscesa in campo di Berlusconi, mostra giustamente agli italiani cosa succede sull’altra riva del fiume. Come sempre, il timing scelto dal PD per tirar fuori lo squallore di cui è composto è impeccabile, ma davvero non vorrei divagare.
Dicevamo che all’interno del PD si son manifestate per l’ennesima volta posizioni inconciliabili riguardo temi sociali importanti per il futuro di questo Paese. Essendo il partito per definizione democratico, le diverse personalità che lo compongono hanno provveduto ad esprimere legittimamente le loro posizioni, anche discordanti e spesso inconciliabili, perchè alla fine la democrazia è proprio dar voce a tutti. Io questa cosa la apprezzo anche, perchè se avessi voluto sostenere il pensiero unico avrei tranqullamente potuto votare a destra. Quindi ben venga la discussione, ben vengano le diversità che, da sempre, arricchiscono e ben vengano l’apertura ed il dialogo volti a conciliare posizioni diverse nell’interesse del Paese.
Per essere un partito però su qualcosa bisogna concordare. Questo è necessario per scrivere un programma da presentare agli elettori, programma che dovrebbe appunto sancire le basi su cui il partito in questione fonda la sua idea di governo per l’Italia che verrà. Io, quali siano queste basi, non l’ho mica capito. Anzi, non ho ancora mai sentito di un frangente in cui il PD si sia manifestato unito. Ci sarà una cazzo di cosa su cui sono d’accordo, no?
Così ci ho pensato e, gira e rigira, l’ho trovata. Il punto fondamentale del PD, su cui si fonda la sua corsa alle prossime politiche, è continuare ad esistere. Vincere o perdere non conta. Il PD è l’espressione massima de “l’importante è partecipare”. Altrimenti non si spiega.
Io non ne so moltissimo di politica, nè di economia, ma ho la netta impressione che riguardo i grandissimi temi economici e politici, ormai, i governi dei singoli paesi abbiano ben poca voce in capitolo. L’economia e la politica sono ormai globali e che ci governi Tizio, Caio o Sempronio su quelle cose lì c’è poco da fare. Grazie a Dio, perchè fossero stati decisivi i governi dopo vent’anni di Berlusconi vivremmo sulle piante. Se però c’è qualcosa su cui ancora i governi hanno margine decisionale è la politica sociale e in quest’ambito, il PD, non è un partito perchè non avrà mai un programma. Etica medica, diritti civili, ammortizzatori sociali e pensioni sono alcuni dei temi su cui questo insieme di persone non ha mezza base in comune. La cosa drammatica (per il Paese eh, mica per loro) e che non gli interessa. Il loro scopo è raccogliere voti. Per farci cosa non è importante o quantomeno non è un problema da porsi ora. A guidare la politica del partito è un grosso, gigantesco pallottoliere.
La cosa che fa rabbrividire è che ad usarlo però, non son neanche tanto capaci. In primo luogo, se c’è stato uno sconfitto alle precedenti amministrative è stato il centro moderato di stampo cattolico. In che modo la rincorsa alle posizioni recentemente sconfitte e l’alleanza coi recenti perdenti possano o debbano aiutare i numeri del PD, giuro, ma non lo comprendo.
In seconda analisi, è facile a mio avviso constatare come, oggettivamente, il PD sia un partito inutile perchè overlappante posizioni già definite. Non esistesse, con ogni probabilità il 50% dei suoi iscritti starebbe con l’UDC, il 40% con i vari partitucoli di “sinistra” che vanno da SeL all’IdV passando per Grillo, e un buon 10% con il PdL o qualunque altra realtà di destra fosse disposta a dar loro una poltrona. Nessuno si troverebbe scoperto o privo di una realtà capace di portare avanti le i propri ideali con coerenza molto maggiore a quanto il PD saprà mai fare.
E allora fatelo, perdio, disintegratevi. Toglieteci dalla vista sto prodotto indecente e smettetela di provare a far credere che in Italia ci sia un partito di sinistra al 30%.

Commenti a tiepido sulla preview del Rock in IdRho

Qui di seguito, la lista di quelli che sarebbero potuti essere i miei live tweet dal concerto di ieri se solo avessi uno smartphone e se non fossimo in realtà sulla pagina di una roba vintage come può essere un blog nel 2012*.

– Rock in IdRho è un nome osceno di suo, diventa surreale se definisce un evento al Carroponte di Sesto. #RockinCarroponte
– Io il mercoledì lavoro, anche per poter cacciare 35 euro per un concerto. Farlo iniziare alle 18.30 è da stronzi. #RockinCarroponte
– 18:45 Lavorando in zona mi fermo a prendere i biglietti. Affluenza scarsa, #LaDispute non male. Vado a mangiare. #RockinCarroponte
– 20:30 Riparto da casa, conscio di essermi perso #HotWaterMusic e #BillyTalent. Spero di perdere anche #TheHives. #RockinCarroponte
– 21:00 Parcheggio nel multisala di fronte al Carroponte. Spero non chiuda, altrimenti ce l’ho nel culo. #RockinCarroponte
– 21:10 Entrando mi offrono un #Jack&Cola di quelli preconfezionati. Lo bevo. E’ una merda. #RockinCarroponte
– 21:12 Realizzo che #TheHives sono SOLO a metà set e la cosa mi dilania. #RockinCarroponte
– 21:16 #TheHives visti tre volte, mai soddisfatto. Sta sera la peggio di tutte. Impresentabili. #RockinCarroponte
– 21:18 Piuttosto che i #TheHives mi guardo il soundcheck dei #Lagwagon. #RockinCarroponte
– 21:27 I #TheHives finiscono con la gag di far sedere tutti in terra. Non mi siedo. Vengo insultato. #RockinCarroponte
– 21:28 Mentre vado verso il secondo palco faccio un analisi della gente presente. #RockinCarroponte
– 21:29 C’è figa. #RockinCarroponte
– 21:30 Si beh, c’è anche, in minima parte, figa. Però ci son più disperate in ballerine. #RockinCarroponte
– 21:32 I #Lagwagon attaccano con “Kids don’t like to share”. #BOMBA. #RockinCarroponte
– 21:33 Che suoni di merda. Una chitarra è muta, l’altra bassa. #Lagwagon #RockinCarroponte
– 21:35 Violins. #Lagwagon #RockinCarroponte
– 21:40 Non capisco chi sta suonando la batteria. #Lagwagon #RockinCarroponte
– 21:41 Island of shame. Shame è la parola più ricorrente dei testi dei #Lagwagon. #RockinCarroponte
– 21:44 I suoni non tendono a migliroare #Lagwagon #RockinCarroponte
– 21:47 After you, my friend. #Lagwagon #RockinCarroponte
– 21:55 Oh cazzo, il batterista è Dave, ma ha i capelli. #ODDIO #Lagwagon #RockinCarroponte
– 22:03 Comunque @joeycape sul palco da sempre il milleXcento. #Lagwagon #RockinCarroponte
– 22:10 Weak, Sleep, Mr. Coffee, Coffee&Cigarettes, Sick, Razor Burn. Che setlist! #Lagwagon #RockinCarroponte
– 22:28 Alien8, Making friends, May16. Nessun pezzo post 1998. Scaletta totale. #Lagwagon #RockinCarroponte
– 22:33 Gli #Offspring si fanno aspettare e qui se va bene vien giù un diluvio. #RockinCarroponte
– 22:35 In rete si dice suonino tutto Ignition. Grande attesa. #RockinCarroponte
– 22:38 Eccoli. Attaccano con un pezzo che boh. #Offspring #RockinCarroponte
– 22:42 All I want secondo pezzo. Sembrano moscetti. #Offspring #RockinCarroponte
– 22:50 Subito Come out and Play. @massimocamoni parte e va in mezzo.#Offspring #RockinCarroponte
– 22:58 Solo singoli, fino ad ora. Temo che di sentire tutti Ignition non se ne parli. #Offspring #RockinCarroponte
– 23:03 Cambi di chitarra e basso dopo ogni pezzo. Neanche gli U2. #Offspring #RockinCarroponte
– 23:07 Mazza se son molli. #Invecchiaremale #Offspring #RockinCarroponte
– 23:11 Ma che cazzo stan suonando? #Offspring #RockinCarroponte
– 23:13 Walla walla? WALLA WALLA? #Andateveneaffanculo #Offspring #RockinCarroponte
– 23:14 Sette pezzi da Americana sono una presa per il culo. Passi i singoli, ma gli altri vuol dire essere stronzi. #Offspring #RockinCarroponte
– 23:18 E ste pasue di silenzio e buio tra un pezzo e l’altro? Cadono i coglioni. #Offspring #RockinCarroponte
– 23:22 Altri singoli, chitarre acustiche, voglia di vomitare. #Offspring #RockinCarroponte
– 23:25 Se ne vanno. Mi illudo che suonino tutto Ignition nell’encore. #Offspring #RockinCarroponte
– 23:30 Rientrano con un pezzo che boh. Vorrei picchiarli. #Offspring #RockinCarroponte
– 23:38 Chiudono con Self Esteem, avessero saltato pure quella davo fuoco al bus. #Offspring #RockinCarroponte
– 23:42 Me ne vado a casa, sconsolato. #RockinCarroponte
– 23:43 Rimugino. Pezzi da Ignition: zero. #Offspring #RockinCarroponte

*Questo doveva essere il titolo del post, ma era effettivamente un po lungo, anche senza il “Qui di seguito” iniziale.

Qualche battuta su M^C^O

Premessa d’obbligo: da giorni sento parlare di questa iniziativa senza essermene mai curato fino ad oggi, quando la vicenda è diventata di mio interesse per una serie di ragioni che esulano da cosa sia Macao. Ad ogni modo, riassumendo, quanto accaduto è che un gruppo di persone ha occupato un grattacielo sfitto nei pressi della stazione Centrale di Milano allo scopo di creare un “centro per le Arti di Milano”. L’iniziativa (leggo da varie fonti internet, resto apertissimo a smentite o correzioni) ha il duplice scopo di dare alla città uno spazio culturale sicuramente necessario e utile e di sensibilizzare l’opinione pubblica cittadina e non solo verso una categoria di addetti ai lavori le cui condizioni contrattuali sono spesso indecorose.
Questa mattina, se non erro circa dieci giorni dopo l’occupazione, le forze dell’ordine hanno sgomberato l’edificio. Immediatamente, sui vari social network e su qualche organo di stampa, s’è aperto un mondo di botta e risposta, di riflessioni e, chiaramente, di insulti intorno alla vicenda Macao.
La mia analisi vuole partire da un twitt dei 99 Posse che recita: “Chi sgombera un posto occupato è un fascista. Pisapia giù le mani da #macao”. A me, nel 2012, star qui a discutere di fascismo vs. occupazione fa abbastanza tristezza. Per quanto il movente dell’iniziativa Macao sia condivisibile (e per il sottoscritto, da quando ne è a conoscenza, lo è parecchio) il metodo con cui lo si voleva portare in essere è sbagliato. Occupare per il sottoscritto è un’azione violenta e illecita che non trova mai giustificazione, nemmeno con tutte le grosse attenuanti del caso. La scarsa adesione alla realtà di chi grida al fascismo e accusa il sindaco di Milano oltretutto è disarmante. Lo stabile occupato non è del comune, è della famiglia Ligresti. Fatta richiesta di sgombero al comune e alle forze dell’ordine non resta che prendere atto e agire per far rispettare la legge. Il punto infatti è che occupare i beni immobili altrui è illegale, quindi facendolo si fa un danno alla causa. Oltretutto si accusa Pisapia di “risposta ottusa” quando, stando sempre a quanto leggo, il sindaco si dice disposto ad incontrare i ragazzi di Macao e discutere coi suoi assessori di una possibile risoluzione del problema. Ora, secondo me è dovere di un sindaco porsi in questi termini di fronte ad una evidente necessità dei cittadini, ma non so quanti altri sindaci sentirebero questo dovere in seguito ad un’azione fatta nel pieno diritto e nella tutela della legge.
Personalmente trovo molto meno corretto e giusto l’appoggio che Boeri e la giunta di Milano hanno dato, a parole, all’iniziativa nei giorni precedenti lo sgombero. Avvallare un’iniziativa autogestita che occupa spazi non suoi senza il diritto di poterlo fare è sinonimo di non curanza verso un problema. E’ dire ai cittadini di arrangiarsi. E’ creare ancora più confusione sui piani leciti e illeciti di una battaglia sociale. E’, anche e soprattutto, un tentativo di ottenere il massimo risultato senza sporcarsi le mani. Questo non va bene ed è di questo che si dovrebbe parlare. Verificata l’esigenza di Milano e dei suoi abitanti nell’avere spazi da dedicare alla cultura tu, comune, devi impegnarti per farli saltare fuori. E’ lì che la lotta si deve combattere, spaccando il cazzo in comune, facendosi sentire e portandoli a mantenere gli impegni presi. Altrimenti la società civile muore e si passa alla legge del più forte che, manco a dirlo, contro i Ligresti di turno ci vedrebbe sconfitti comunque.
Lo so, il mio sembra il classico discorsetto di chi se ne sta sicuro dietro la tastiera, ma nel mio piccolo ho provato a relazionarmi con un comune per ottenere spazi e organizzare manifestazioni culturali che vanno al di fuori dell’interesse dei più. Cazzate eh, piccole cose, ma ottenute con grande sforzo e grande lavoro di dialogo, mediazione, interazione e via dicendo. Tutta roba molto più complessa dello sfondare la porta di un edificio abbandonato.
Poi oh, l’Italia è anche questo. Venti persone sgomberate da un edificio e ventimila che protestano su twitter.

Lo schifo

E’ morto un ragazzo di 25 anni.
E’ morto di sport, una cosa che ultimamente accade troppo spesso.
Probabilmente adesso è presto per riflettere sul perchè cose così continuano a verificarsi, ma purtroppo la storia ci insegna che lo spazio per le riflessioni è solo a caldo. Se si lascia alla gente il tempo di metabolizzare, la si lascia dimenticare. Si da modo di distrarsi, di non pensarci, e il problema sparisce.
Almeno fino alla prossima volta.
E’ normale, fisiologico. Pensare alla morte fa male sempre, specie se poi si tratta di ragazzi.
Quindi a mio avviso bisogna stringere i pugni e parlare di questa cosa anche adesso che fa male. Fermarsi, se davvero serve, per riflettere e cercare di capire il perchè. La fatalità lasciamola agli eventi rari.
Qui si parla di numeri spaventosi, di casistiche drammatiche.
Una spiegazione logica, scientifica, è per forza di cose lì fuori da qualche parte e va tirata fuori.
Per farlo però non serve parlare di Morosini.
Non serve parlare della sua vita, dei suoi problemi, scavando fino a trovare il dettaglio che renda il tutto ancora più drammatico. E poi ancora, ancora, senza fine.
Anzi.
Mi fa schifo, profondamente, la corsa al dramma di cui siamo spettatori.
Non voglio i video del malore. Non voglio la diretta del tracollo. Non voglio lo scoop sui soccorsi nè il ricordo in diretta di chi gli ha voluto bene.
Disprezzo profondamente chi genera tutto questo desiderio di portarti dentro il dolore, tanto quanto chi ci si lascia portare.
Tanto rumore e non sappiamo nemmeno concedere il rispetto a chi è crollato, venticinquenne, su un campo di pallone.
Subito a filmare, a fotografare, a rincorrere la possibilità di dare al lettore un’immagine ancor più vicina del fatto.
Come se limitarsi a scrivere che è morto un ragazzo mentre giocava a calcio non fosse abbastanza a sconvolgere chiunque.
Questo non è giornalismo.
E’ merda.
Merda prodotta da gente schifosa, viscida, che ho il sospetto goda nel poter dire: “siamo meglio degli altri perchè noi abbiamo la foto del momento in cui gli si ferma il cuore”.
“Abbiamo vinto, noi abbiamo il video del decesso.”
Non posso credere che a nessuno di questi sciacalli schifosi venga in mente come ci si può sentire ad essere davvero tra quelli che da una tragedia così vengono colpiti in prima persona.
Fermiamo il campionato, che riprenderà tra sette giorni nelle stesse condizioni e con le stesse possibilità che qualcuno non finisca la partita, in nome di un rispetto e di un cordoglio che però non riesce a fermare lo spettacolo becero della caccia allo scoop macabro.
Etica, servirebbe solo etica.
E la capacità una volta per tutte di prendere uno per uno questi scribacchini dei miei coglioni e mandarli per bene affanculo.
Pubblicando poi foto e video in diretta della loro pubblica umiliazione.

Surreale

Ieri sera sono andato all’ultima data del reunion tour degli Shandon.
Quando dici Shandon le possibili reazioni dell’interlocutore sono essenzialmente due. La prima prevede il classico e se vogliamo legittimo: “E chi cazzo sono?”. Chi li conosce invece tende a rispondere: “Ah, quelli di Questosichiamaska!”. Ecco sì, sono proprio loro che, dopo diversi anni, hanno deciso di tornare a suonare insieme dodici date, un po’ per i fan rimasti orfani, un po’ forse per loro che avevano voglia di farlo.
C’è stato un tempo, un’estate di diversi anni fa, per cui senza farlo apposta io e i miei amici ci si trovava sistematicamente in posti in cui stavano suonando gli Shandon. Non lo si faceva apposta, non era una cosa voluta, semplicemente qualsivoglia locale o sagra di paese cui si decideva di andare li vedeva on stage. A qualcuno piacevano di più, ad altri meno, ma nessuno s’è mai lamentato della cosa.
Molti anni dopo, abbiamo quindi deciso di partecipare alla “festa” della reunion e di andare ad assistere all’ultima data, ieri sera appunto, in quel del Nautilus di Cardano al Campo.
Ieri sera gli Shandon hanno suonato più di un’ora ripescando pezzi un po’ da tutti i loro dischi. Io, alla fine, conoscevo in tutto sette pezzi. Non avendoli seguiti per metà abbondante della loro carriera, mi pare un bilancio comunque positivo.
Tra questi pezzi non c’è Questosichiamaska. Non l’hanno suonata. Il motivo, probabilmente, è quello spiegato nel video qui sotto, tratto da una delle prime date del tour.

Personalmente a me quella canzone lì non è mai piaciuta. Io, ieri sera, speravo di sentire altri pezzi: Vampire girl, Noi-Oi!, L’Informazione e la sempre ottima “My sun”, unica che hanno suonato. Però ecco, un po’ mi ha spiazzato come scelta. Mettiamola così, un reunion tour di questo tipo credo abbia la valenza che ha il sedersi con gli amici e guardare le vecchie fotografie. Tenere nel cassetto quelle a cui son collegati più ricordi è una scelta che non comprendo appieno. Insomma, se una band dopo anni decide di smettere di suonare il suo pezzo più conosciuto a me la cosa non sconvolge, ma ho avuto l’impressione che questa decisione facesse un po’ a cazzotti con lo spirito del tour.
Ad ogni modo il concerto è stato gradevolissimo, divertente, con tanti pezzi che come detto non conoscevo, ma che mi son sembrati buoni (uno dovrebbe intitolarsi qualcosa tipo “Novembre” ed un altro invece, se ho capito giusto, è un pezzo dei The Fire). Mi sono divertito.
A fine set, come vuole la regola, tutti in pista a ballare la selezione di pezzi scelta dal DJ resident del Nautilus.
Si parte con un pezzo dei Rage Against the Machine, si passa a “The kids aren’t allright” (che avevano già messo appena prima dell’inizio del concerto) e “Self esteem”, poi arrivano “Aca toro e “Cannabis””, di nuovo i RATM con “Killing in the name” (anch’essa già messa prima) e per finire “Toxicity” (terzo bis del pre concerto). A quel punto ce ne siamo andati.
Dico, ma è possibile che ancora oggi, nelle discoteche rock, ci sia sempre la stessa cazzo di scaletta che c’era nel 1998? Neanche gli stessi artisti, che già sarebbe incomprensibile, ma proprio gli stessi pezzi. C’è gente che è quindici anni che tutti i sabati va a ballare la stessa musica. Le stesse venti canzoni. Perchè io me ne sono andato, ma scommetto che la scaletta è continuata con “Beautiful people”, “Rollin'”, “Smells like teen spirit”, “Tutti in pista”, “Cheope” e via dicendo.
Mi chiedo, ma c’è davvero chi paga un DJ per mettere la stessa scaletta ad oltranza? Ma chi li gestisce questi posti? Lo capisco che per far ballare la gente, se sei scarso, hai bisogno dei pezzi che la gente conosce. Però puoi fare lo sforzo di cercarne altri, altrettanto noti, e di intervallarli con qualcosa di personale, qualcosa che magari in pista conoscono in pochi e che susciti la curiosità di chi ascolta.
Quindi nella stessa sera, nello stesso locale, son passato da una band che pur nella volontà di festeggiare un tempo che non c’è più ha deciso di metterci la personalità e la faccia e proporre una scaletta quantomeno figlia del loro gusto attuale, per arrivare a un DJ (che chiamare tale fa ridere) che ripropone con ottusa determinazione da quindici anni le stesse canzoni.
La combinazione, fidatevi, è stata surreale.