Oggi ho compiuto 39 anni.
Mia moglie è riuscita a farmi un fantastico regalo, i miei figli mi hanno coccolato, abbiamo mangiato una pizza in videoconferenza con la famiglia allargata e poi ci siamo bevuti una birretta online con gli amici di sempre.
Potrebbe non essere il peggior compleanno della mia vita nonostante le premesse, non fosse che ogni compleanno ormai è destinato ad essere il peggiore della mia vita, COVID-19 o meno.
Per il buon umore, provate a ripassare domani.
Ho bisogno di staccare.
Solo quello.
All’inizio era dura perché tutto era diverso, ma quella necessità di adattarsi alla situazione riempiva la giornata di qualcosa. Era devastante, a volte, ma aveva uno scopo.
Ora siamo routine.
Ora siamo tutto sommato ok con la nostra quotidianità da reclusi. Rassegnati. Potrebbe durare ancora una settimana o un mese e non cambierebbe nulla.
Ci siamo abituati all’asocialitá, abbiamo trovato una quadra e tutto sommato le persone che ci mancano sono molte meno di quelle che eravamo costretti a incontrare nostro malgrado. A me, quello che stiamo diventando, spaventa.
Quindi, per favore, datemi una prospettiva. Non una data, voglio qualcosa a cui tendere.
Ultimamente non dormo benissimo.
Da anni le situazioni di stress hanno come primo effetto su di me quello di levarmi il sonno. Non sono ai livelli di insonnia vera che ho toccato in passato (e che spero di non rivivere mai), però faccio piuttosto fatica a prendere sonno.
Ieri notte quindi, diciamo in un momento non meglio definito tra le 3:00 e le 4:00, ho finito The Big Bang Theory.
Avevo mollato tutto alla fine della decima stagione. L’avvento dei servizi streaming a pagamento mi ha tolto completamente la voglia di cercare roba pirata in giro per il web e calcolando che ormai TBBT lo guardavo unicamente per abitudine, mollare il colpo fu una delle prime conseguenze. In questo periodo di lockdown però Infinity TV offre due mesi di servizio gratuito, così mi sono abbonato e ho soddisfatto la mia piccola ricerca ossessiva di completezza guardandomi gli ultimi 48 episodi.
Non mi ero perso niente.
Nelle due stagioni recuperate si ride giusto una volta, nell’episodio con Mark Hamill, e pure tutto il finale è veramente un polpettone anonimo e buttato via. Oltretutto l’ultima stagione (ma forse la serie in generale, non ricordo e di certo non voglio verificare) è un bel po’ reazionaria quando si mette ad affrontare argomenti come la maternità o le questioni di genere. Non che la cosa mi interessi più di tanto, mi fa sorridere che ci sia tutta una letteratura in rete (ref.) che accusi Friends di non avere la sensibilità richiesta oggi ai prodotti televisivi (una serie chiusa nel 2004 e iniziata nel 1994, quindi parliamo di roba pensata e trasmessa tra i SEDICI e i VENTISEI anni fa), ma non abbia mai sentito nessuno lamentarsi di TBBT, che pure è uno degli show più visti di sempre, ma è decisamente più recente e quindi “colpevole”.
Va beh, sta polemichetta ha annoiato me che la scrivevo, figuriamoci chi legge.
Anche se ormai abbiamo preso il ritmo della convivenza forzata i Lunedì restano un giorno complicato da gestire perchè i bambini, soprattutto Olivia, non riescono bene a comprendere perchè io e Paola si debba lavorare, con tutte le lamentele e i pianti che ne conseguono.
Nel cercare un pezzo per oggi mi sono reso conto che quasi tutte le canzoni che mi vengono in mente sui Lunedì ne parlano grossomodo bene. Per una frazione di secondo ho addirittura valutato di postare Vasco (Giuro [e comunque da piccolo sono stato in fissa per Fronte del Palco, facevo le elementari. Poi sono passato ai Queen. Poi sono guarito.]), ma alla fine metto questo video dei Crummy Stuff perchè non ho idea di cosa dica il testo.
E va bene così.
(Senza parole).
Oggi ho provato a fare le bbq ribbs come da tradizione americana.
Le ho condite ieri sera con le spezie (rub) e le ho lasciate tutta la notte ad insaporirsi, poi questa mattina ho impostato l’affumicatore a 110° e le ho cotte per 3 ore, prima di laccarle con la salsa bbq (fatta da me) e ripassarle in cottura diretta. Sono stato dietro alla cosa grossomodo cinque ore.
Ero davvero carico a pallettoni, ma ho cappellato la cottura perché in 3 ore senza um passaggio in cartoccio (foil) vengono cotte, ma non abbastanza da sciogliersi in bocca. C’è un metodo per capire se la costina bbq è cotta ed è il cosiddetto “bending test”: se sollevi la fila di ribbs da un lato non deve piegarsi per il peso, ma sfaldarsi.
Non l’ho superato.
Al gusto erano davvero molto soddisfacenti, però. Paola ha preparato anche l’insalata di cavolo (coleslaw) che insieme alle ribbs è il contorno perfetto e ci siamo tirati un numero di Poretti APA che non preciso per puro pudore. Ho sempre pensato tutte le cinquanta sfumature di luppolo di Poretti fossero una cagata, ma questa 9 luppoli APA devo dire che il suo lo fa.
Da quando siamo in isolamento compro solo birra italiana. Lo facevo anche prima, non per ideologia, ma perché in casa mia entra praticamente solo moretti. Adesso invece spazio tra tutto quel che trovo al Gigante: Ichnusa, Menabrea, Poretti, Moretti. Le artigianali no perché se sono al Gigante più di tanto artigianali non possono essere e pagare il doppio per un prodotto comunque industriale mi pare insensato. Questa mia posizione potrebbe essere stupida.
Tornando alle ribbs, devo assolutamente riprovarci. Oggi sono partito smargiasso e ho fallito, serve più umiltà.
Ho sentito che Salvini vuole riaprire le chiese per Pasqua, da lí la scelta del pezzo.
Porca troia mi sono dimenticato il blog. Doveva capitare prima o poi.
Scrivo ora prima di andare a letto, che tutto sommato è la fine della giornata, poi retrodato la pubblicazione perché tanto il blog e mio e faccio un po’ come mi pare.
Se mi sono scordato è essenzialmente perché son tornato sotto a Baldur’s Gate e mi sono completamente menato via tra sfere planari e draghi d’ombra. Gioco clamoroso.
Oggi siamo stati sempre in giardino, spero si possa replicare domani.
Vivere al sole ci ha fatto pensare a che ne sará delle nostre vacanze (già pagate), ma non è il momento di aggiungere anche quella preoccupazione. Sarei pure disposto a smenarci i soldi se avessi la garanzia che tutto finisca bene. E son parecchi soldi eh. Va beh, meglio davvero non fasciarsi la testa con mesi di anticipo.
L’evento principale di oggi è che dopo 48 ore a imprecare verso ignoti (e verso il cielo) abbiamo scoperto che la palla non era mai uscita dal giardino, si era incastrata nel fitto della siepe.
Io quando faccio pensieri negativi sul prossimo e vengo poi smentito dai fatti mi sento sempre una merda epocale, anche quando il prossimo non è una persona definita. Scusate tutti, per quel che vale.
Ritrovata la palla, abbiamo festeggiato stile Luglio 2006.
Una cosa bella di questo periodo disastroso sono gli artisti che fanno live sui social e suonano un po’di pezzi, spesso in acustico.
Andare ai concerti è una delle poche attività sociali a cui pur invecchiando non ho rinunciato e devo dire che è una cosa che mi manca tanto. Sono stato ben più di un mese senza andarci, ovviamente, il problema non è l’astinenza forzata, ma se devo pensare a un modo per buttarmi alle spalle tutto sto casino e sfogare tutto quello che mi si è accumulato tra le viscere, non ce n’è uno migliore che accalcarsi sotto ad un palco e cantare tutti insieme urlando come matti.
Oggi Simon dei Biffy Clyro ha fatto un po’ di live su FB in acustico. Ha suonato l’ultimo singolo, che chitarra e voce viene fuori benissimo e si dimostra ampiamente meglio di grossomodo tutto Ellipsis e pure Christopher’s River che aspetto di sentire dal vivo da più o meno sempre.
Ci siamo visti il concertino tutti e quattro, coi bimbi un po’ rapiti e un po’ intenti a ballare musica che avevano in testa e che non aveva tanto a che fare con quel che usciva dallo stereo.
È stato bello, quindi oggi chiudo il post coi Biffy Clyro e mi gioco un pezzo che dice circa così:
I am hopin’
Through the dark clouds
Light shall break and
Bring a bright sky
Oggi Giorgio ha buttato la palla fuori dal giardino, in strada. Di solito la butta nel giardino di un appartamento invenduto in cui riesco ad intrufolarmi per il recupero piuttosto facilmente.
Oggi invece è finita nella via pedonale in cui affaccia il nostro giardinetto e ci è rimasta una ventina di minuti prima che potessi uscire a prenderla. Ero in call.
Forse è vero che in giro non c’è nessuno, ma la palla è sparita ed è molto probabile il motivo sia che qualcuno se l’è portata a casa. Da qualche tempo ho deciso di non augurare più male al prossimo, neanche per scherzo. Non ne faccio una questione di karma, è più un tentativo di essere una persona meno rancorosa. Quindi non mi lascerò andare a facili inviti al Coronavirus di andare e colpire duro, davvero. Però che è una persona di merda mi sento di dirglielo.
Non per la palla in sé, in un altro momento mi sarebbe fregato zero. Fortunatamente ricomprare una palla non impatta sul mio bilancio familiare. Però comprare una palla in questo momento è semi impossibile e la palla ogni giorno ci regalava una mezz’ora di tregua vera, che in casa nostra è semplicemente oro.
Il pezzo di oggi doveva essere dei Funtains of Wayne per ovvi motivi (RIP), ma da quando è sparito il pallone ho in testa un motivetto dei Green Day.
Mi rendo conto di avere sbalzi di umore.
Un giorno va tutto malissimo, quello dopo scorre senza problemi. Un giorno i bambini che giocano mentre cerco di lavorare sono insopportabili, il seguente non mi danno problemi e, anzi, mi strappano più di un sorriso.
Sono sempre io, il contesto è sempre quello, ma il mio umore è più altalenante che mai.
Oggi mi sono arrivati due pacchetti.
Il primo da una collega inglese che ha mandato piccoli passatempi e qualche cioccolatino ai miei figli. Un gesto semplice, ma inaspettato, una pera di buon umore da un ambito, il lavoro, che ultimamente non contribuisce a farmi stare sereno. Ed è assurdo, onestamente. Una cosa però è il lavoro, un’altra sono le persone e nella mia azienda ci sono tante belle persone.
Il secondo me lo ha mandato callmewine che è il mio pusher ufficiale per il vino quando non riesco ad acquistare in cantina. Il vino mi piace, ma di solito a casa non ne bevo. Un po’ perché mangiamo spesso di corsa e un po’ perché aprire una buona bottiglia in due è spesso fastidioso. Il vino che compro lo bevo nei weekend se vado a cena o invito qualche amico. Questo isolamento forzato però da un lato ci ha dato molto più tempo per cucinare e dall’altro ci ha praticamente eliminato ogni remora sul bere e così ero rimasto senza vini bianchi in cantina.
Ho rimediato.
Nell’ordine ci dovrebbe essere anche il mio regalo di compleanno, che Paola per evidenti limiti logistici ha pensato di fare su quello stesso portale accorpando le spedizioni. Ho una mezza idea di cosa abbia preso, ma non dico nulla.
Giornata positiva, zero idee per la canzone. Anche quello di scegliere un pezzo al giorno sta diventando un lavoro stressante. Mi gioco una carta che avrei probabilmente usato la prossima volta in cui l’umore sarebbe finito sotto i piedi. Mi sparo la cartuccia a monito, per pensare positivo: a Luglio suonano a Bologna e bisogna crederci fortissimo.
Una ragazza a Messina è stata ammazzata dal convivente in casa.
Il rettore dell’università per cui lavoravano entrambi ha sostenuto si tratti di un “Dramma della convivenza forzata”. Riporto le virgolette perché le ha messe Repubblica.
Non so perché ogni volta si debba andare a cercare spiegazioni che spostino il piano dell’analisi dal fatto che il tipo è un assassino. Intendiamoci, questo non vuol dire che non sia vero che la convivenza forzata possa aver portato a questa tragedia, vuol dire che anche fosse la responsabilità resta al 100% sulle spalle di chi ha concepito l’omicidio come possibile soluzione al problema, razionalmente o meno poco importa.
In questa storia la convivenza è l’equivalente della minigonna nei casi di stupro.
Tutta Italia è alle prese con la convivenza forzata, non in tutte le case ci saranno omicidi e non perché altrove i contrasti non esistano e i rapporti siano sempre idilliaci, ma perché non tutti sono assassini.
Fine.
La storia di cui sopra mi porta ancora una volta a riflettere sulle mie fortune. Con Paola dopo 24 giorni non solo tutto funziona, ma siamo letteralmente uno l’ancora dell’altra ed è solo grazie a questo che nessuno dei due è ancora imbottito di psicofarmaci.
Perché qui la situazione diventa ogni giorno più asfissiante e finisce che i respiratori serviranno anche a chi il COVID19 non l’ha preso.
Quando ho pensato alla mancanza d’aria mi è venuto subito in mente questo pezzo, ma forse non è proprio in linea con gli altri concetti espressi.
Lavoro in un’azienda che, tra le altre cose, vende reagenti utilizzati per i test COVID19. In questo momento, pur essendo fermi per larga parte del nostro business, stiamo ovviamente ricevendo una quantità di richieste per quei prodotti semplicemente fuori scala.
Qualche ritardato probabilmente pensa che dovremmo regalarli.
Come se la ricerca per arrivare a concepire quel prodotto non abbia avuto un costo iniziale, come se la produzione di quel prodotto non avesse non avesse un costo oggi, come se dal margine tra costo di produzione e prezzo netto di vendita non dipendessero diverse famiglie, ecc. Se l’azienda fosse mia o se potessi decidere io come stare sul mercato in questo momento, forse opterei per abbattere tutto il profitto non necessario e vendere a quel prezzo imposto, ma è probabilmente un’altra faciloneria idiota perchè è impossibile non tenere conto del fatto che, ad esempio, la mia azienda investe la maggior parte degli utili in R&D, che vuol dire che quanto guadagniamo oggi serve a sviluppare prodotti utili a test che potrebbero essere necessari domani e che, senza quei profitti, non avremo mai.
Non voglio stare qui a far passare il concetto di lavorare per un ente benefico, il presidente della mia azienda non è San Francesco d’Assisi, però il tutto è comunque più sfaccettato del semplice “lucrare sulla pandemia” di cui si sciacquano la bocca tante persone.
Sarebbe diverso se la mia azienda, alla luce della richiesta, avesse iniziato a vendere il prodotto a tre, quattro o dieci volte il prezzo che aveva a metà gennaio, come accaduto per esempio in Amazon per amuchina e mascherine. Il fatto che per molti non ci sia differenza è qualcosa che mi manda completamente ai matti.
Nell’economia di mercato ci sarà sempre qualcuno che guadagna dalle situazioni, per quanto brutte, e capisco che questo concetto possa far incazzare. E’ umano inacidirsi pensando che a questa catastrofe corrisponda un qualche “profitto”, ma forse sarebbe il caso di mantenere un briciolo di lucidità e provare a vedere la questione con una prospettiva più ampia.
In soldoni, c’è un monte di differenza tra il discorso di Cairo (un banalissimo spot motivazionale destinato alla propria forza vendite in cui la roba più rivoltante è la parlata alla Berlusconi) e le risate degli imprenditori che commentano il terremoto dell’Aquila, proprio perchè un’imprenditore è legittimo pensi ai profitti che si sviluppano in un contesto favorevole, ma è una persona di merda se non ha la decenza di rendersi conto che la sua fortuna arriva dalla pelle altrui. E Cairo, a mio modesto avviso, quella decenza l’ha mostrata.
Da qualche giorno ormai evito di seguire il bollettino giornaliero, non ho più la lucidità per farlo e sto cercando in qualche modo di prendere un distacco dalla questione. Quando sarà finita, me lo diranno, fino ad allora ho perso lo spirito per mettermi a ragionare su numeri che sono troppo “parziali” per permettermi di cavarne fuori qualcosa. Non con le mie competenze, quantomeno.
Oggi ci ho guardato però perchè gli 812 morti in realtà sono 811 + la mamma del mio migliore amico.
I Jimmy Eat World me li ero già spesi, ma siamo al ventitreesimo giorno e 23 è una canzone troppo bella per essere ignorata.
Non ho idea del perchè questo mio blog usi i cookies, ma li usa quindi vedi tu come muoverti.
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