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Fotografia

La scienza è arte

Neuroni?Non si può non rimanere estasiati di fronte a certe cose.
Proprio non si può.
A fianco è possibile vedere neuroni del tronco encefalico fotografati in fluorescenza tramite microscopio confocale. Questo, questo, questo, questo, questo, questo e quest’altro sono altri esempi di fotografie realizzate con diverse tecniche di microscopia, tuttavia quella che ho messo qui a lato è la mia preferita. Non vedrei nulla di male se qualcuno decidesse di farci su una bella mostra, magari al MoMA, perchè trovo queste immagini di una bellezza esagerata. Per altro non credo nemmeno che chi si è inventato il modo di fare microscopia a fluorescenza a questi livelli sia meno degno dell’appellativo di artista rispetto a Monet, per fare il nome di chi i neuroni avrebbe benissimo pututo disegnarli come sono raffigurati in alcune di queste foto, se solo li avesse mai visti.
Purtoppo la qualità delle immagini che si trovano sui lavori non consente di farci delle gigantografie da appendere in casa, perchè altrimenti credo che alla testa del mio letto queste immagini troverebbero sicuramente spazio.
Hanno la capacità di attirare la mia attenzione, di farsi guardare ininterrottamente, come fossero quadri di qualche artista moderno/contemporaneo. Quelle opere che fissi per minuti pur se non hanno senso alcuno, solo perchè sono belle da guardare, cosa che per un quadro non è certo da sottovalutare. La cosa straordinaria è che qui invece un senso c’è. Eccome se c’è e a mio modo di vedere è estremamente affascinante.
Quasi quasi metto mano a qualche immunofluorescenza fatta da me e ci ricavo fuori un pannello di un paio di metri. Non saranno mai a questi livelli, i mezzi a disposizione non sono paragonabili, però magari qualcosa di decente lo riesco a tirar fuori.
Qualcosa alla Warhol magari.
Impressionante.

Verso il voto 2.0

Ieri ho scritto un post infinito sulle prossime elezioni.
Ho clikkato su “pubblica” ed in quel momento il database di aruba è andato giù, cancellando per sempre le mie riflessioni.
E’ stato un brutto momento.
Oggi, non so perchè, mi sento di provare a riscrivere qualche riga sull’argomento. Di solito non riscrivo mai testi che per qualche ragione vanno perduti prima di finire on-line, tuttavia per questa volta voglio fare un’eccezione.
Il succo del discorso era ed è la mia ormai arcinota incapacità di trovare qualcuno in grado di rappresentarmi alle prossime politiche. Questo è strano in un paese in cui nasce un partito ogni trentaquattro millisecondi, ma forse è perchè io sono talmente in minoranza da non poter avere nessuno che voglia rappresentarmi all’infuori di me stesso.
Se dovrò quindi scegliere tra tante opzioni più o meno distanti da ciò che cogito ergo da ciò che sum, ritengo di dover selezionare non solo la meno lontana, ma anche quella tra le vicine che più abbia possibilità di portare avanti quelle idee per cui ho deciso di schierarmi. Questo si traduce nel votare ualcuno che abbia la possibilità concreta di governare. Oltre a questo, c’è da considerare che da quando ho diritto di voto, la maggior parte delle volte ho mio malgrado usato la croce per far perdere qualcuno, piuttosto che per far vincere qualcun altro.
Sono l’emblema del voto contro.
A sto giro però mi sono stancato e ho deciso che il mio voto o sarà per qualcuno, oppure non sarà del tutto ed annullerò la scheda.
Per questo sto cercando di seguire il più possibile questa campagna elettorale, nella speranza di trovare almeno un motivo per votare il centrosinistra e giustificare il mio ennesimo voto contro come fosse un voto pro.
Ieri Veltroni ha provato a darmi questa motivazione ed io avevo quasi abboccato.
Ovviamente sto parlando della questione De Mita.
La mossa di non candidare il buon Ciriaco per via del fatto che è 45 (qua-ran-ta-cin-que) anni che sta in parlamento all’inizio mi ha quasi fatto gridare al miracolo.
Spazio al nuovo che avanza.
Poi però ho riflettuto un attimo. De Mita è un democristiano. Cosa cazzo ci fa un democristiano nel PD con tutti i partiti di centro che ci sono? Questo avrebbe dovuto far riflettere Veltroni, non l’età. Walter avrebbe dovuto dire: “Caro Ciriaco, è vero che come diceva sempre il nonno di Manq voi democristiani non morirete mai, tuttavia vi sarei grato se vi schiodaste dalle poltrone cui vi siete abbullonati e vi sciacquaste fuori dai coglioni, vecchi e giovani, perchè con la sinistra, per quanto moderata, voi non c’entrate niente.”. Invece a Veltroni De Mita faceva comunqe comodo, non tanto da non rischiare di perderlo per realizzare un’abilissima mossa mediatica, ma abbastanza da proporgli di restare nel PD con incarichi “che per essere svolti non richiedono la presenza in parlamento”. Per il leader del centrosinistra l’ideale sarebbe stato tenerselo, e con lui i suoi voti, dicendo in giro che però per la vecchia politica non c’era più posto.
All’atto pratico quindi la mossa è positiva, ma non tanto da essere motivo di voto.
E ci sarebbe da dire anche riguardo alla questione Radicali, tuttavia ora non ne ho più voglia.
In sostanza quindi continuo a restare alla finestra e ad attendere un segnale che valga i due tratti della matita copiativa che ho a disposizione.
Oggi ho perfino valutato l’idea di votare Di Pietro sulla base del fatto che nell’ultima legislatura si è comportato bene.
E poi sta col PD e quindi sarebbe un voto contro Berlusconi.
Credo questo basti a chiarire il livello di delirio che ho raggiunto.
Bene, direi che è tempo di chiudere. Per farlo sparo giusto un paio di bombe nella più classica e Moschiana tradizione:
1- Domenica sera si è deciso di andare a cuba 10 giorni a fine Giugno. Martedì Castro lascia il potere. Coincidenze?
2- Si avvicina un wend dal sapore retrò: Venerdì sera cena coi compagni del liceo, Sabato pomeriggio in sala col gruppo del liceo, Sabato sera Bloom di Mezzago a sentire i Canadians e Domenica trasferta a Chivasso per torneo.
Sta sera son preso bene e ho deciso che mi piace molto questa mia foto (by Max).
Non so quale delle due cose sia più sconcertante.

Berlino

Lo so, non ho aggiornato il Disco del Mese.
A voler essere precisi anche le liste di concerti e link sono immutate, addirittura da Novembre.
Questo perchè tutto ciò che questo blog è ed è stato per tre anni presto finirà.
Non è però il momento di dilungarmi a riguardo, indi passerò al resoconto del viaggio a Berlino.
Berlino è una città assurda.
Ci ho messo un po’ per adeguarmici, necessitavo di metabolizzarla. Il motivo principale è che non è una città come io intendo il termine. Il suo essere così ricca di storia ed al contempo quasi completamente priva di segni tangibili di quella stessa storia la rende unica tra le città che ho avuto modo di visitare.
Unica.
Non migliore, nè peggiore.
Il mio carico di aspettative era molto alto, va detto, e questo forse ha contribuito all’insorgere iniziale di una cocente delusione. In un primo momento tutto mi è sembrato finto, irreale, costruito nell’ottica di enfatizzare cose che non hanno certo bisogno di essere enfatizzate, con l’opposto risultato che porta così a sminuirle e farle apparire come “souvenir per turisti”. Checkpoint Charlie con il suo fintissimo accampamento americano, i ragazzotti in divisa militare sovietica e statunitense dell’epoca ed il baracchino che per qualche euro rilascia al turista un finto visto per l’attraversamento mi è parsa più una ricostruzione adatta a Gardaland che non a quello che è stato il fulcro della guerra fredda. Stessa cosa vale per il muro, quasi totalmente eliminato e cancellato dalla città se non per qualche frammento riposizionato da tutt’altra parte rispetto a dove fu smantellato e quindi più simile ad una qualche scultura di arte moderna che non ad una scheggia del confine che fu tra comunismo e capitalismo.
In alcune zone della città però in ricordo della barriera è stato segnato il terreno con una striscia di mattoni. Una di queste zone è Postdamer Platz e vedere il segno di quel limite che fu invalicabile al centro di quella che è la zona più trafficata e popolata di Berlino mi ha colpito non poco.
Anche dalla visita al Jüdisches Museum non ho tratto particolare appagamento. Direi esattamente cosa ho pensato nel vederlo, ma non voglio prestare il fianco a stupide ed insulse accuse di antisemitismo.
Mi limito a dire che chi come me ha potuto visitare Auschwitz non ha bisogno di essere chiuso in una stanza buia o di calpestare delle facce di metallo per percepire l’angoscia di ciò che è stato l’olocausto.
E aggiungo che chi invece ad Auschwitz non c’è stato, beh, è bene che ci vada invece di andare a perder tempo in un posto finto, pacchiano ed autocelebrativo (nell’accezione più squisitamente vittimista del termine) qual’è il Jüdisches Museum.
Ok, alla fine ho detto ciò che non volevo dire.
Pazienza.
Potrei anche spendere due righe riguardo l’architettura ultramoderna che riempie la capitale tedesca, edifici a volte molto belli (grazie alla Bri e alla sua guida architettonica credo di averli visti tutti. Tutti.), ma a mio avviso incapaci di coesistere e conferire un’identità alla città, favorendo ulteriormente le sensazioni di freddo e di distacco già rafforzate dal clima e dal fatto che quasi ovunque le strade siano deserte, dando l’impressione di essere in qualche remota parte della periferia anche se ci si trova a cento metri dalla Porta di Brandeburgo.
Insomma, ci sono un sacco di motivi per cui Berlino all’inizio mi è andata di traverso.
Le mie impressioni sono radicalmente cambiate dopo aver passato una notte intera a vagare per la città cercando senza risultato un locale dove andare a ballare la techno. Sono cambiate dopo aver fatto quaranta minuti di coda per entrare in un club gay da cui ci hanno escluso perchè etero. Sono cambiate dopo aver conosciuto in quella circostanza dei ragazzi simpaticissimi (uno dei quali è il genio che quando ho detto di essere di Milano mi ha risposto: “Ah, Plastìc!”), gente che ha provato a resistere alla discriminazione che stavamo subendo pur non essendone toccata in prima persona.
Le cose sono cambiate sulle metropolitane notturne, nelle stazioni in cui alle cinque di mattina ancora c’era chi di andare a dormire non aveva voglia.
Le cose sono cambiate quando ho provato a smettere di visitare Berlino ed ho tentato di viverla.
In quelle circostanze la città ha saputo conquistarmi.
Ho fatto delle foto durante questo viaggio. Non ne sono particolarmente soddisfatto perchè ho tentato di giocare un po’ con la mia macchina e a mio avviso lei ha avuto la meglio sulle mie velleità di fotografo.
Chi le ha viste dice che non sono poi così male.
Eccetto me, intendo.
Ah, dimenticavo, il memoriale dell’olocausto è la cosa più bella che ho visto in 5 giorni.

Photos Manaudou naked – foto della Manaudou nuda

Per tantissime ragioni trovo assolutamente doveroso divulgare una pagina con tutte le foto compromettenti della Manaudou (grazie a Dietnam, as usual).
Provo ad elencare i principali:
– E’ Francese.
– Questo alzerà credo non poco le visite al mio blog.
Detto questo preciso che a mio avviso la Manaudou è un cesso.
Prossimamente su queste reti il resoconto della mia breve ed intensa esperienza a Napoli nonchè le classifiche musicali del 2007 che volge al termine.
Chiudo con il link.

Rivelazione

PanneloQuesto è quanto in questi giorni ho prodotto in Photoshop. In realtà questo pannello è solo una parte della produzione, ma è la cosa che più mi piace. Il tutto è nato dalla volontà di cimentarmi con il noto programma di foto ritocco e si è poi evoluto al tentativo di fare qualcosa di bello.
Per quanto possa valere il mio parere, a me piace.
A tal punto che ho pensato addirittura di poter utilizzare qualcosa di simile come testata di quello che sarà il mio futuro letto. Non avendo voluto comprare un letto vero e proprio, ho necessità di qualcosa che stia sulla parete in testa alla coppia rete/materasso e che arredi l’ambiente in vece di un vero e proprio mobile.
Non so bene cosa mi affascini di quest’opera. Forse è l’accostamento di colori, forse è l’idea, forse sono i soggetti, più probabilmente è solo che si tratta di una mia opera.
Non sono sempre sufficientemente critico con me stesso.
Sta di fatto che dopo aver accennato a questo lavoro nel post precedente, mi è sembrato giusto mostrarlo quantomeno per chiarezza, anche se temo qualche caustico commento tipo: “Se stai sveglio di notte per fare ste schifezze, è meglio che dormi!”.
Tuttavia a me piace.
Restando in tema fotografia, stasera sono uscito a cena con mio cugino Valerio. La scelta è ricaduta sulla cucina giapponese e così abbiamo prenotato in un bel locale di via Eustachio, in zona Abruzzi. Posto bello, sushi e maki ottimi, prezzi discreti e buona compagnia.
Uno degli argomenti su cui ci siamo soffermati a discutere è stato il fotoritocco. Mi è molto piaciuta la definizione di fotografia che Valerio mi ha dato: una foto è la realtà come il fotografo la vede. Io ho sempre ritenuto dovesse essere la realtà come tutti la vedono ed è stato spiazzante sapere che non può essere così, che macchine e ottiche distorcono ognuna a proprio modo ciò che è l’oggettività.
Questo potrebbe portarmi a sviluppare un diverso approccio nei confronti delle manipolazioni digitali. Citando sempre Valerio un fotografo scatta immaginandosi ciò che vuole la sua foto illustri, introducendo in partenza la possibilità di utilizzare alcuni ritocchi per meglio esprimere la sua visione del soggetto.
Questo anche ai miei occhi potrebbe essere un bene.
Continuando a parafrasare, scattare foto senza idee ben precise e tentare poi con l’ausilio di un PC di cavarci qualcosa di buono è invece un approccio profondamente sbagliato che quasi mai conduce a buoni risultati.
E’ stato istruttivo.
Oggi ho anche comprato un tostapane.
Un tostapane poserissimo.
Un tostapane che abbrustolisce le fette decorandole con un teschio.
Un oggetto di culto.

Fotografia soprattutto, ma anche altro

Ieri sono andato a fare una gita fotografica insieme a Bazzu e Max. La scusa per la scampagnata l’ha data proprio il primo dei miei due soci, che ha deciso di acquistare una Canon 350D per provare a coltivare questa sua passione. Max è già da un po’ invece che possiede lo stesso strumento, tanto da avere addirittura due ottiche diverse. La pecora nera del gruppo in sostanza ero io, l’unico dotato di compatta.
Esticazzi.
La mia macchina infatti ha dato prova di se già in diverse occasioni e quindi ho pensato bene di poter aderire all’iniziativa senza alcun timore reverenziale. Il pomeriggio è stato molto divertente e, grazie a mio cugino Valerio, anche abbastanza profiquo. Fosse stato per noi infatti, il soggetto più interessante emerso sarebbe risultato essere una centrale dell’AEM che, con tutto il rispetto, non era certo bellissima. Valerio invece ci ha consigliato qualche meta più interessante, tra cui abbiamo scelto Trezzo e Crespi d’Adda. Approfitto anche per ringraziare i miei zii che ci hanno ospitati in casa nonostante l’improvvisata, offrendoci deliziosi stuzzichini e ottimo vino friulano.
Le foto che ho realizzato ieri le ho aggiunte all’album on-line di questo sito, qui.
A me piacciono.
Anche ai miei colleghi piacciono e siccome anche loro si dilettano in maniera del tutto amatoriale con la macchina fotografica, stiamo meditando di presentare qualche scatto ad un concorso indetto dalla Fnac. La voglia di competizione è grande in me un po’ in tutto quello che faccio, ma soprattutto non facendo il fotografo per vivere posso permettermi di sentirmi dire: “Lei è un incapace.” senza sentirmi un fallito.
Parlando della pagina dedicata alla fotografia di manq.it ho deciso di spostare il link alla suddetta più in alto nella sidebar, in attesa di trovare una sistemazione ancora migliore. così comunque dovrebbe risultare un po’ più visibile.
Aggiornare il template di questo sito è ormai impresa titanica. L’operazione richiede diversi minuti e spesso si conclude con un lavoro approssimativo e contenente diversi errori. Per questo ho deciso che il “disco del momento” diverrà “disco del mese”, così da permettermi di rinnovare l’ambiente ogni trenta giorni senza che la cosa disturbi il mio senso di coerenza.
Direi che è tutto.
No, non lo è.
Ho finalmente realizzato il test che misura quanto la gente mi conosce.
Dieci domande sono effettivamente troppo poche per valutare in maniera corretta, ma almeno il tutto risulta veloce e divertente.
Forse l’ho fatto un po’ troppo difficile.
Io, rifacendolo, ho ottenuto un punteggio di 98 su 100.
Enjoy!

Non sono morto

Non ancora, perlomeno.
Sono tuttavia stato malaticcio, ovviamente proprio a cavallo del dì di festa, per dirla alla Leopardi.
Temperatura corporea di Manq il 24 Aprile alle 22.30: 39° C.
Ecco, forse senza l’aiuto di Rooney sarebbe stata 38 ° C, ma tant’è.
Di passare a casa la festa della liberazione proprio non avevo voglia e così ho comunque deciso di prendere parte alla grigliata organizzata (egregiamente, per altro) da Bazzu in quel di Vimercate. Nella mia testa due tachipirine, quattro o cinque morettoni ghiacciati, un paio di hamburger ben grigliati, qualche lancio di freesbee ed un po’ di vita all’aria aperta avrebbero dovuto costituire un sano e vigoroso rimedio al malanno.
Temperatura corporea di Manq il 25 Aprile alle 16.00 (dopo la grigliata, insomma): 38.5° C.
Come brillantemente previsto, la cura ha dato i suoi frutti. Il problema di questo rimedio sta prettamente nell’impossibilità di perpetrare il trattamento oltre la singola giornata, ovvero nel non poter prendere parte alle 4 grigliate necessarie a riportare la mia temperatura sui 36,5° C. Oggi ho provato con un rimedio sostitutivo, somministrandomi 8 comode ore di lavoro, ma questa volta la situazione non ha subito miglioramenti.
Così, a causa febbre, ho dovuto perdermi il live dei Lagwagon. Nulla di mai visto, per carità, ma pur sempre qualcosa che fa bene agli occhi, alle orecchie e al cuore. Sicuramente dopo la scandalosa prova di Sabato al Rainbow dei Rise Against avrei apprezzato molto. I Rise Against mi hanno rubato 15 euro. Concerto molle, sciapo, suonato male e cantato peggio, incapace di coinvolgere chiunque badi alla musica oltre che ad alzare il pugnetto. Per chi come me ha avuto i Good Riddance, i Rise Against sono decisamente superflui. In versione live, quantomeno, perchè su disco qualcosa la sanno regalare e questo va loro riconosciuto.
Ora però è bene che me ne torni sotto la copertina, perchè stare qui a scrivere mi ha messo freddo.
Il fatto che chiunque intorno a me sia mezzo nudo e imprecante per il caldo da una chiara immagine del mio stato di salute.
Appena starò meglio voglio andare in giro per Brugherio di notte e scattare delle fotografie.

Il dannato jet lag mi perseguita

Mi sono svegliato.
Non riesco più a dormire.
Tanto vale sfruttare questo momento per scrivere due righe.
Grazie all’aiuto di Max e di Beo, ho iniziato a lavorare alla sezione foto di questo sito. Ho creato la pagina delle foto di New York, per iniziare a familiarizzare col mezzo. E’ stata un’operazione lunga, ma tutto sommato decisamente semplice. Il problema più grosso è stato scremare le foto per non doverne “uploadare” troppe. Ho deciso che non ritoccherò le foto che pubblicherò in queste sezioni per due essenziali motivi: non ne sono capace e non amo le manipolazioni. A questo punto il difficile sarà creare una pagina in cui ci siano link a tutte le sezioni fotografiche che genererò. L’idea che ho in mente è tutt’ora ampiamente oltre le mie conoscenze informatiche, tuttavia fino a questa mattina lo era anche creare la pagina che ho linkato poc’anzi e quindi è poco logico non essere ottimisti.
Oggi ho ripreso a lavorare e devo ammettere che la vacanza, per quanto fisicamente stancante, ha non poco disteso la mia mente.
Ho ripreso con nuove energie, approcciando un esperimento che fino ad ora non mi è mai venuto. Non so se questa volta le cose andranno diversamente, non credo, però lo spirito è quello dei tempi migliori e questo è già un bel risultato.
Sono quasi alla fine de “Il grande inverno”, secondo libro della saga di R.R. Martin. La faccenda inizia a farsi molto appassionante. Se dovessi esprimere un commento su due piedi direi pollice alto per Tyrion Lannister e pollice verso per Sansa Stark, ma è decisamente presto per formulare delle simpatie. Inoltre vista la facilità con cui i protagonisti muoiono da un momento all’altro, preferirei non affezionarmi a nessuno.
La Bri sul suo blog ha postato una sorta di classifica riassuntiva del viaggio a NY. L’idea mi è piaciuta molto e non è detto che faccia anche io una cosa del genere prossimamente.
La Betta sul suo blog ha postato un link ad un test che ha generato per vedere quanto la gente la conosca veramente. L’idea mi è piaciuta molto e non è detto che faccia anche io una cosa del genere prossimamente.
I post che scrivo di notte sono sempre drasticamente frammentati e sconclusionati.

Back from NY

Eccomi a casa.
I miei sette giorni nella grande mela sono stati fantastici.
Al momento il jet lag mi sta distruggendo quindi andrò a letto senza scrivere molto di quanto è avvenuto oltre oceano.
E’ stato un viaggio perfetto pieno zeppo di imperfezioni.
Un viaggio in cui tutto è andato liscio nonostante milioni di contrattempi.
D’altra parte è di questi continui controsensi che vive NY e quindi se non mi fossi trovato anch’io totalmente immerso in questo clima non potrei certo dire di averla vissuta appieno.
Ancora ho negli occhi immagini incredibili.
Colori incredibili.
Situazioni incredibili.
Persoanggi incredibili.
Tutto si mescola come in una delle opere esposte al MoMA e ciò che ne scaturisce è la gioia di aver fatto questo viaggio esattamente così come l’ho fatto.
Oggi pomeriggio ho guardato la mia parte di foto.
Di alcune di queste sono decisamente fiero.
Una delle mie priorità ora sarà creare una sezione foto su questo sito.
Devo trovare il modo di creare questa benedetta pagina in flash.
Devo decidermi a chiedere al fratello della Bri come abbia creato la sua.
Io la vorrei fare esattamente così, con magari una pagina iniziale tipo questa.
Se ora non vado a dormire però, domani in laboratorio non sarà facile.

Summer trip

So di aver passato la maggior parte dell’ultimo periodo a lagnarmi o vantarmi del mio Agosto brugherese.
So di conseguenza quanta incoerenza ci sia nel titolare questo post “Summer Trip” e, soprattutto, nel raccontarci il mio fine settimana in terra di Toscana.
Conscio di tutto questo posso semplicemente dire chissenefrega e iniziare con la narrazione.
Venerdì mattina all’alba, la Bri ed io abbiamo levato le tende con l’intenzione di farci un sano e breve tour enogastronomico.
La destinazione ufficiale era il Castello di Gargonza, dove avremmo pernottato l’unica notte passata fuori città, mentre quelle ufficiose erano Pienza e Montalcino.
L’idea era di dare sfogo alle nostre indoli golose (avrà poi il plurale la parola indole? Mi sa di no…) ingerendo quanto più pecorino, brunello e chinina possibili e magari riuscendo a dare sfogo alla voglia maledetta che mi assillava da quasi una settimana: fegato.
Il viaggio di andata è stato piuttosto dilettevole.
In sottofondo si alternavano i cd delle due playlist* stilate da me e Bri durante il tragitto e la strada scorreva abbastanza agevole in compagnia di un amico olandese al volante di una Porche GT2, che ho seguito da Milano Sud a Bologna Borgo Panigale.
Il tizio, che da buono straniero osservava tutti i limiti dando solo a sprazzi dimostrazioni di forza, si è rivelato molto cordiale e dopo quasi duecento chilometri passati a seguirlo come fossi la sua ombra, mi ha anche salutato mentre percorreva la rampa di uscita dall’autostrada.
Ho ricambiato il saluto.
E’ stato un bel momento.
Siamo arrivati a Pienza poco dopo le dieci della mattina.
Prima di darmi alle gioie del palato però era necessario che testassi il nuovo treno di Bridgestone Potenza montate sulla Yaris il giorno precedente.
Dopo quarantaduemila chilometri era effettivamente il caso di cambiare gomme.
Tra colli e vigneti il collaudo delle nuove coperture ha dato gli esiti sperati.
Una volta parcheggiata la macchina è iniziato il minitour per le vie del paesino che devo ammettere essere molto bello.
La peculiarità del luogo tuttavia resta il pecorino e le piccole botteghe locali che ne permettono l’assaggio libero sono tutte invitanti.
La nostra scelta è ricaduta sull’Azienda Agricola Zazzeri che con due fette di formaggio, una di salame e un bicchiere di buon rosso si è aggiudicata le nostre simpatie.
Questo sottintende che in quella piccola bottega io e la Bri abbiamo acquistato nell’ordine mezza forma di pecorino dolce, mezza forma di pecorino stagionato ed una finocchiona.
Appagati dalla prima tappa siamo ripartiti alla volta di Montalcino.
L’obbiettivo per la seconda sosta era, nemmeno a dirlo, il pranzo con al tavolo una bottiglia del famigerato Brunello.
Al modico costo di venti euro ci siamo così accaparrati una mezza bottiglia di Col D’Orcia per accompagnare i pinci al ragù di carne e funghi di Ambra ed il mio cinghiale con polenta.
A chiudere sono poi arrivati cantucci con moscato e grappa di Brunello Riserva.
Immensa.
Anche in questo caso ripartire senza i dovuti souvenir non sembrava elegante e quindi abbiamo deciso di fare nostre un paio di bottiglie di Brunello di Montalcino ed una mini bottiglia di distillato annesso.
Per le quattro di Venerdì pomeriggio le chiavi della Camera Superiore numero 19 della dimora storica di Castel Gargonza erano nelle nostre mani e noi stazionavamo felici ed infreddoliti ai bordi della sua gelida piscina.
Il pisolino era, a questo punto, un obbligo a cui non abbiamo sentito di sottrarci prima di una doccia ristoratrice ed un aperitivo al bar dell’albergo.
Ora il programma prevedeva la cena.
La Bri, navigando in internet, aveva scovato una piccola trattoria chiamata “La Locanda del Templare”.
Si può rinunciare a un locale con un nome del genere?
No.
Abbiamo prenotato.
La chicca del posto era che con un’aggiunta di un paio d’euro era possibile abbinare al piatto scelto un bicchiere di vino indicato senza dover trovare una bottiglia che andasse bene con tutto.
L’adesione all’iniziativa è stata totale.
Io ho preso delle tagliatelle di farina di castagne con funghi porcini accompagnate da un bianco fermo e molto fruttato e, goduria massima, fegatini con patate arrosto accompagnati da un buon rosso.
Ambra invece come primo ha optato per delle tagliatelle al ragù di cinghiale servite con un rosso di media gradazione, seguite da una tagliata di carne chinina a dir poco sublime, accompagnata da un rosso molto più strutturato.
A chiudere, per entrambi, dessert della casa e moscato.
Durante la cena abbiamo fatto la conoscenza di tal Lorenzo Villa, torinese D.O.C. che a cinquant’anni ha deciso di mollare il lavoro per trasferirsi a fare il viticoltore.
Una persona realmente splendida che, dopo averci offerto praticamente una bottiglia di grappa al tavolo, ci ha raccontato di quando allenava alla Berloni Torino, di quando per scherzo in un’amichevole allenò Dawkins e di quando, sempre per scherzo in una partitella contro ragazzini di un college americano in tour in Italia, si era trovato a marcare un giovanissimo Michael Jordan.
Tra cibo, bevande e compagnia la serata non sarebbe potuta essere migliore.
Almeno fino a che ci è stato presentato il conto.
Non perché questo fosse particolarmente salato, tutt’altro, quanto perché in quel momento il mio bancomat (sì, c’è scritto mio perché è quello del mio conto, su cui ci sono i miei soldi. Non è quello della mamma, per intenderci) ha deciso di smettere di funzionare.
In quel preciso istante, i due giorni da Re che ci siamo regalati hanno rischiato seriamente di trasformarsi in qualche mese da carcerato.
Fortunatamente la Bri aveva in tasca poco più del necessario a saldare il conto al ristorante.
Ora il problema restava solamente pagare albergo, casello ed eventuale benzina con i sedici euro che ci restavano in tasca.
Fortunatamente dopo vari tentativi sono riuscito, circa alla una di notte, a far sputare ad un bancomat qualche euro.
Questa mattina, una volta effettuato il check-out, disponevamo per il rientro della spropositata cifra di 52 euro e di un serbatoio pieno solo per metà.
La colazione faraonica fatta in albergo ed una guida paranoica che ha tenuto il motore inchiodato ai 3800 giri per quattrocento chilometri, con conseguente velocità di crociera di centoventi chilometri orari, ci hanno permesso di rientrare con ancora dieci euro in tasca e senza necessità di pranzare.
Sarebbero potuti essere anche trenta, se la non Bri mi avesse persuaso del fatto che la riserva non sarebbe bastata da Piacenza a casa.
Vista la precisione chirurgica con cui avevo guidato fino a quel momento, io avrei creduto all’impresa, ma probabilmente avrei solo costretto il team a restare a piedi sulla est.
Così è finita la mia breve, ma fantastica vacanza.
Domani invece a finire sarà il mio soggiorno nell’appartamentino e con lui, la mia estate.
Di quel che è stato questo periodo di indipendenza però è bene che ne parli in un’altra occasione.
Pur non potendo connettermi per pubblicare immediatamente quanto ho prodotto e valutarne la lunghezza, vedere che si tratta di due pagine di word mi è sufficiente a capire che è il caso che mi fermi qui.
Sono le 22.09 ed io sono a letto.
Per scrivere ho utilizzato il mio portatile, unico oggetto tecnologicamente avanzato di cui ho disposto in questo mese.
Affianco a me, la Bri sta dormendo già da parecchio tempo.
Non posso staccare però senza citare la chiamata che ho ricevuto poco fa dai quattro d’oltre oceano.Inutile spiegare quanto l’abbia gradita.

Ecco le playlist a confronto (Manq vs. Bri):
1- Darkest Hour – Undoing Ruin vs. Poison the Well – You Come Before You
2- Brand New – Your Favorite Weapon vs. Mineral – The Power of Failing
3- The Bled – Found in the Flood vs. The Used – The Used
4- Bloodhound Gang – Hafty Fine vs. Taking Back Sunday – Tell All Your Friend
5- Taking Back Sunday – Where you Want to Be vs. Fightstar – Grand Unification
6- Senses Fail – Let it Enfold You vs. Brand New – Deja Entendu
7- Angels & Airwaves – We don’t need to Wishper vs. Atreyu – The Curse
8- Grade – Under the Radar vs. Mae – The Everglow