Concerti
Surreale
Ieri sera sono andato all’ultima data del reunion tour degli Shandon.
Quando dici Shandon le possibili reazioni dell’interlocutore sono essenzialmente due. La prima prevede il classico e se vogliamo legittimo: “E chi cazzo sono?”. Chi li conosce invece tende a rispondere: “Ah, quelli di Questosichiamaska!”. Ecco sì, sono proprio loro che, dopo diversi anni, hanno deciso di tornare a suonare insieme dodici date, un po’ per i fan rimasti orfani, un po’ forse per loro che avevano voglia di farlo.
C’è stato un tempo, un’estate di diversi anni fa, per cui senza farlo apposta io e i miei amici ci si trovava sistematicamente in posti in cui stavano suonando gli Shandon. Non lo si faceva apposta, non era una cosa voluta, semplicemente qualsivoglia locale o sagra di paese cui si decideva di andare li vedeva on stage. A qualcuno piacevano di più, ad altri meno, ma nessuno s’è mai lamentato della cosa.
Molti anni dopo, abbiamo quindi deciso di partecipare alla “festa” della reunion e di andare ad assistere all’ultima data, ieri sera appunto, in quel del Nautilus di Cardano al Campo.
Ieri sera gli Shandon hanno suonato più di un’ora ripescando pezzi un po’ da tutti i loro dischi. Io, alla fine, conoscevo in tutto sette pezzi. Non avendoli seguiti per metà abbondante della loro carriera, mi pare un bilancio comunque positivo.
Tra questi pezzi non c’è Questosichiamaska. Non l’hanno suonata. Il motivo, probabilmente, è quello spiegato nel video qui sotto, tratto da una delle prime date del tour.
Personalmente a me quella canzone lì non è mai piaciuta. Io, ieri sera, speravo di sentire altri pezzi: Vampire girl, Noi-Oi!, L’Informazione e la sempre ottima “My sun”, unica che hanno suonato. Però ecco, un po’ mi ha spiazzato come scelta. Mettiamola così, un reunion tour di questo tipo credo abbia la valenza che ha il sedersi con gli amici e guardare le vecchie fotografie. Tenere nel cassetto quelle a cui son collegati più ricordi è una scelta che non comprendo appieno. Insomma, se una band dopo anni decide di smettere di suonare il suo pezzo più conosciuto a me la cosa non sconvolge, ma ho avuto l’impressione che questa decisione facesse un po’ a cazzotti con lo spirito del tour.
Ad ogni modo il concerto è stato gradevolissimo, divertente, con tanti pezzi che come detto non conoscevo, ma che mi son sembrati buoni (uno dovrebbe intitolarsi qualcosa tipo “Novembre” ed un altro invece, se ho capito giusto, è un pezzo dei The Fire). Mi sono divertito.
A fine set, come vuole la regola, tutti in pista a ballare la selezione di pezzi scelta dal DJ resident del Nautilus.
Si parte con un pezzo dei Rage Against the Machine, si passa a “The kids aren’t allright” (che avevano già messo appena prima dell’inizio del concerto) e “Self esteem”, poi arrivano “Aca toro e “Cannabis””, di nuovo i RATM con “Killing in the name” (anch’essa già messa prima) e per finire “Toxicity” (terzo bis del pre concerto). A quel punto ce ne siamo andati.
Dico, ma è possibile che ancora oggi, nelle discoteche rock, ci sia sempre la stessa cazzo di scaletta che c’era nel 1998? Neanche gli stessi artisti, che già sarebbe incomprensibile, ma proprio gli stessi pezzi. C’è gente che è quindici anni che tutti i sabati va a ballare la stessa musica. Le stesse venti canzoni. Perchè io me ne sono andato, ma scommetto che la scaletta è continuata con “Beautiful people”, “Rollin'”, “Smells like teen spirit”, “Tutti in pista”, “Cheope” e via dicendo.
Mi chiedo, ma c’è davvero chi paga un DJ per mettere la stessa scaletta ad oltranza? Ma chi li gestisce questi posti? Lo capisco che per far ballare la gente, se sei scarso, hai bisogno dei pezzi che la gente conosce. Però puoi fare lo sforzo di cercarne altri, altrettanto noti, e di intervallarli con qualcosa di personale, qualcosa che magari in pista conoscono in pochi e che susciti la curiosità di chi ascolta.
Quindi nella stessa sera, nello stesso locale, son passato da una band che pur nella volontà di festeggiare un tempo che non c’è più ha deciso di metterci la personalità e la faccia e proporre una scaletta quantomeno figlia del loro gusto attuale, per arrivare a un DJ (che chiamare tale fa ridere) che ripropone con ottusa determinazione da quindici anni le stesse canzoni.
La combinazione, fidatevi, è stata surreale.
Manq’s Awards 2011
Di solito questa cosa delle classifiche la butto fuori gli ultimi giorni dell’anno perchè non voglio perdere neanche un minuto di quelli a disposizione per collezionare materiale, valutare e decidere di conseguenza.
Quest’anno però ho deciso di pubblicare tutto in largo anticipo, convinto del fatto che quasi certamente non vedrò, leggerò o ascolterò nulla di nuovo in queste ultime due settimane. Oltretutto, dal mio rientro in patria non è detto io abbia una connessione internet disponibile nel breve, quindi il tutto rischia di saltare. Certo, potrei scrivere il post e programmarne la pubblicazione per fine anno, ma non vedo l’utilità di attendere sconnessa dalla possibilità di implementare.
Insomma, le classifiche le faccio oggi perchè l’unica cosa che mi premeva era finire un paio di serie TV, cosa che ho fatto.
Ok, il gioco è quello di sempre, quindi bando alle ciance e via con le classifiche, che tra categorie e spieghe di materiale da buttar giù ce n’è in abbondanza.
Migliori dischi
1 – Murder, We Wrote – Life
2 – Thrice – Major/minor
3 – Defeater – Empty days & sleepless nights
4 – Crash of Rhinos – Distal
5 – Face to Face – Laugh now, laugh later
Spiega:
Dal basso. I F2F buttano fuori nel 2011 un disco anni novanta come nulla fosse, come se ad essere fuori posto fossimo noi che siamo andati avanti, e certa arroganza va premiata. I COR fanno più o meno la stessa cosa, ma usando due bassi e centomila linee vocali, quindi step up. I Defeater pubblicano un disco violentissimo ed emozionante dalla prima all’ultima traccia, nonchè l’unica cosa urlata ascoltata quest’anno che non mi sia sembrata inutile. I Thrice sono la miglior band post-hc oggi in circolazione e mettono a referto undici prove documentate che avvalorano questa tesi. I MWW registrano “Falling Down” dopo dieci anni che la aspetto e avrebbero vinto a prescindere contro chiunque.
Peggiori dischi
5 – Blink 182 – Neighborhoods
4 – New Found glory – Radiosurgery
3 – Silverstein – Rescue
2 – Aiden – Some kind of hate / Disguise
1 – Get up kids – There are rules
Speiga:
Dall’alto. Dopo tutto quello che è stato (e che non gli perdonerò mai) nessuno sentiva il bisogno di una reunion, figuriamoci di un disco dei Blink182. Il disco dei NFG non contiene un solo pezzo che si incolli in testa, il che lo priva dell’unico suo possibile significato. I Silverstein hanno semplicemente fatto un disco dei Silverstein e tanto basta. Gli Aiden fanno peggio dei Silverstein perchè addirittura di dischi ne fanno due a distanza di otto mesi e li riempiono pure di cover offensive. I GUK sono stati rapiti dagli alieni e rimpiazzati da dei cloni biorobotici malvagi che, non informati dello scioglimento, hanno buttato fuori un disco raccapricciante facendo crollare la loro copertura e salvando il mondo dalla loro stessa minaccia. Nota a margine: girando per youtube in cerca degli orrendi video per questa categoria ho scoperto “Hoppus on music”, programma di interviste condotto da Mark Hoppus e decisamenete carino. Motivo in più per deprecare la scelta di continuare a fare dischi. Nota a margine 2: Matt Pryor, quello vero, smaschera definitivamente i replicanti.
Migliori libri
Premessa: quest’anno ho letto pochissimo, meno di un libro al mese. Da Novembre mi sono imbarcato in “A Dance with Dragons” in inglese e la cosa si sta rivelando più dura del previsto. Non che io abbia scuse eh.
1 – Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte – Mark Haddon
2 – Belve – Don Winslow
3 – God hates us all – Hank Moody
Spiega:
Dal basso. Io amo Californication e questo libro/tributo dovevo proprio leggerlo, visti questi presupposti poteva essere molto peggio. Don Winslow è il capo. Il libro di Haddon è la cosa più tenera e commuovente che possa portare un uomo a riflettere su condizioni diverse dalla propria.
Peggiori libri
3 – Un po’ più in la sulla destra – Fred Vargas
2 – Cavie – Chuck Palahniuk
1 – American tabloid – James Ellroy
Spiega:
Dall’alto. Il secondo capitolo della trilogia degli evangelisti di Vargas non è all’altezza degli altri due e l’averlo letto per ultimo non lo ha aiutato. Siccome a Palahniuk voglio bene, mi sento in dovere di dirgli che nello specifico ha scritto una cagata. Ellroy non lo commento nemmeno, non avendo superato il traguardo delle cento pagine prima di sassarlo lontano dal mio comodino.
Migliori serie TV
Premessa: anche quest’anno ne ho viste tantissime, molte delle quali ho scoperto in ritardo e ho recuperato in corsa. In questi casi la valutazione non si attiene solo all’ultima serie, ma a tutto il prodotto che per me è di conseguenza interamente targato 2011.
1 – Game of throne stagione 1
2 – Homeland stagione 1
3 – True Blood
4 – How I met your mother
5 – Romanzo criminale
Spiega:
Dal basso. Le storie della magliana sono un vero capolavoro nostrano e vanno segnalate. “HIMYM” l’ho scoperto tardi, ma fa riderissimo (anche nelle ultime controverse stagioni). “True Blood” è LA droga. “Homeland” unisce terrorismo, complotti, follia, e impulsi anti americani e fa recitare il tutto all’attore di Life. “GOT” vince perchè se aprissero delle cliniche per riabilitare i Martin-dipendenti, io sarei il loro paziente incurabile.
Peggiori serie TV
5 – Grey’s Anatomy stagione 7
4 – The wire stagione 1
3 – Dexter stagione 6
2 – Fringe stagione 1
1 – Breaking bad stagione 1
Spiega:
Dall’alto. “Grey’s Anatomy” è sempre uguale a se stessa, quindi fa sempre schifo ed è al momento l’unico lato negativo del mio matrimonio. “The wire” parla di Baltimora e questo legittima il disinteresse. “Dexter” è diventato un “True Blood” che ha la pretesa di non essere affatto come “True Blood” (sì, il link è uno spoilerone enorme, sorry, è che voglio il male per questa serie). “Fringe” è il modo sbagliato di fare fantascienza. “Breaking bad” prende veramente troppo male.
Migliori film
Premessa: quest’anno, a sorpresa, ne ho visti un bel po’. Giusto per dire che per una volta ho potuto scegliere chi escludere dalle classifiche.
1 – Fast Five
2 – Boris il film
3 – RED
4 – Drive
5 – C’è chi dice No!
Spiega:
Dal basso. Da ricercatore precario, mi piace autocommiserarmi, quindi apprezzo film come “C’è chi dice no”. “Drive” è un film assurdo con una colonna sonora epica e delle scene splendide. “RED” mi ha gasato. “Boris il film” riporta il prodotto ai livelli della prima serie. “Fast Five” è, dopo il primo, il migliore della saga.
Peggiori film
5 – Transformer III
4 – True Grit
3 – Machete
2 – Super 8
1 – Pirati dei Caraibi oltre i confini del mondo
Spiega:
Dall’alto: “T3” è meglio del secondo, ma ancora troooooppo lungo per non stracciare i coglioni. “El Grinta” l’ho visto al cinema in lingua originale e non c’ho capito mezza parola, pur cogliendo la trama appieno. “Machete” è peggio del trailer. “Super 8” ricorda al mondo che Spielberg dovrebbe fare il pizzaiolo e che JJ Abrams, a conti fatti, ci prende meno volte di quante scazza. L’ultimo capitolo dei “Pirati dei Caraibi” l’ho mollato dopo venti minuti e mi sento di avergli già concesso troppo.
Miglior concerto
Premessa: quest’anno ho visto solo tre concerti. Tre. Credo non avvenisse dal 1993.
Millencolin @ E-werk (Koeln)
Spiega:
Tutto “Pennybridge pioneers” dal vivo rende. Poi però è saltata corrente.
Peggior concerto
Persiana Jones @ Carroponte (Sesto S. Giovanni)
Spiega:
Spiace dirlo eh, perchè gli ho voluto bene, ma rivisti oggi il giudizio è impietoso.
Ed eccoci quindi alla fine. A scrivere tutto sto post, con tutto che le classifiche fossero praticamente già pronte, ci ho messo delle ore. Il risultato però mi appaga. Ora posso finalmente andare a letto.
Taking Back Sunday @ Luxor (Cologne)
Alla fine non mi va di scrivere il report del live di ieri sera.
O meglio, non mi va di scrivere un report vero e proprio che possa essere pubblicato su groovebox.it perchè concerti come quello di ieri per il sottoscritto vanno analizzati oltre l’oggettivo resoconto della serata.
La cronaca perfetta del concerto potrebbe farla la Polly, presente all’evento con un bagaglio culturale che non andava oltre i tre pezzi. Lei alla fine ha commentato così: “Non si capiva un cazzo. E il cantante è un cane.”.
Undici parole scolpite nella pietra che da sole bastano per fare una cronaca precisa e puntuale dell’evento. Il bello ed il brutto di certi concerti però è che il lato squisitamente tecnico della faccenda non sempre è centrale alla questione. Per me infatti il concerto di ieri è stato figo un bel po’ fermo restando l’analisi fatta da chi mi accompagnava.
Innanzi tutto perchè vedere John Nolan dal vivo è una cosa che aspettavo da dieci anni e lui ha saputo tener fede alle aspettative in maniera eccelsa. Poi perchè durante il concerto ho realizzato come i Taking Back Sunday abbiano all’attivo una quantità spaventosa di pezzi eclatanti. Di sta cosa sentendo i dischi non ci si accorge tantissimo, ma dal vivo traspare in maniera netta.
Ora parliamo di Adam. Io non so chi gli abbia consigliato quest’ultimo look da motociclista, ma l’effetto è che vederlo esibirsi rimanda immediatamente a scene tipo questa togliendo qualsivoglia credibilità al tutto. Come al solito le sue abilità canore rasentano lo zero, ma in quanto a cinema resta un passo avanti a tutti. Non avendo spazio a sufficienza per lanciare il microfono ovunque come suo solito si limita a passare gran parte del set tra la gente, cantando in faccia a ragazzine in lacrime e limonando presenti di ogni età, sesso e confessione religiosa. La cosa risulta ancora più geniale alla luce dei due fonici che si trovano cotretti a stare in mezzo al macello (c’era un pogo pesissimo nel pit ieri) per sorreggere e far scorrere l’infinito cavo del microfono in modo che il buon Adam non si sentisse limitato nelle sue scorribande.
Per ovviare ad un frontman che canta si e no due parole ogni pezzo, i volumi di tutto il resto erano estremi. La cosa a me ha dato parecchio gusto un po’ per via del fatto che in Italia volumi così non si trovano manco a piangere, un po’ perchè mi risultava impossibile non finire completamente trasportato dai pezzi in mezzo ad una piccola folla di gente che all’unisono cantava e urlava con una foga ed un trasporto che poche volte.
Sarà pure il mio essere insitamente frocio*, ma i testi dei Taking Back Sunday sono la cosa più bella da gridare al cielo. Quindi una situazione in cui i volumi sono come detto illegali e tutti ci si ritrova ad urlare frasi come “the truth is you could slit my throat and with my one last gasping breath I’d apologize for bleeding on your shirt”è impossibile non constatare come il tutto valga assolutamente la pena di essere vissuto.
Momento più alto della serata sicuramente “Ghost man on third”. Momento più basso forse quando Adam decide di cantare anche “Existensialism on prom night” invece che lasciarla a Nolan. Anzi no. Momento più basso quando decidono di suonare un pezzo richiesto da un ragazzo su twitter nel pomeriggio, io mi bagno come una ragazzina convinto stiano per sparare quella “Head Club” che gli avevo prontamente richiesto il pomeriggio su twitter ed invece piazzano “Set phasers to stun”.
Chiunque tu sia, richiedente misterioso, ti odio dal profondo del mio cuore.
Non c’è molto altro da aggiungere. Avrei voluto la maglietta blu con la scritta gialla, ma avevo solo quindici euro in tasca. Avrei voluto scattare delle foto, ma non mi han fatto passare la macchina. Avrei voluto evitare di sentirmi il gruppo di spalla ed invece me lo son beccato tutto. Sta cosa poi aprirebbe di per sè ad un analisi: si trattava di cinque maltrainséma che suonavano male pezzi fotocopia ai primi TakingBackSunday/BrandNew facendo vergognare me per loro. Erano tedeschi. Qui supportano la scena locale. Sempre. Anche quando sarebbe meglio evitare.
Un’altra piccola lezione da prendere e portare a casa.
Ok dai, il “report” direi che può finire qui. Alla fine ho scritto più del previsto.
Volendo chiudere con un messaggio, direi che sarebbe qualcosa tipo: “I Taking Back Sunday sono una delle peggiori live band esistenti, quasi esclusivamente per via del loro frontman. Però in un contesto di club o piccolo locale l’esperienza ne guadagna a pacchi”.
Manq’s awards 2010
Eccoci qui, come alla fine di ogni anno, a stilare un po’ di classifiche sul meglio ed il peggio di quello che mi è passato per le mani in questi dodici mesi. Per alcuni aspetti l’anno che volge alla conclusione è stato decisamente prolifico: ho letto tanto e visto molte serie TV, ad esempio, ma per altri si è trattato di dodici mesi di magra. Un dato su tutti: credo di aver visto solo quattro film usciti in quest’anno.
Come di consueto le classifiche riporteranno non solo il meglio, ma anche il peggio perchè io le ho sempre intese così e come di consueto a margine delle scelte ci sarà la classica spiega.
Ah, se qualcuno si chiedesse come mai le mie classifiche non fittino mai, ma proprio mai, con le opinioni della blogosphera (di solito abbastanza compatta nei giudizi), la risposta è che, probabilmente, io sono una brutta persona.
Via
Migliori Dischi 2010
1° Envy – Recitation (recensione)
2° Far – At night we live (recensione)
3° My Own Private Alaska – Amen (recensione)
Speiga:
Il primo, secondo me, è un disco perfetto nel suo mix di post-rock, screamo e post-hc. E poi è in giapponese, cazzo, totale. Il secondo per quello che mi riguarda è il miglior disco emocore uscito quest’anno ed è una bella cosa che una band del calibro dei Far si sia riunita per tirar fuori qualcosa di onesto, genuino e “fedele alla causa”. Soprattutto se si guarda a cosa stanno combinando i Get Up Kids. Il terzo è il disco più interessante dell’anno. Acerbo e seminale quanto si vuole, però interessante e, a tratti, colossale.
Peggiori Dischi 2010
3° Comeback kid – Symptoms + Cures (recensione)
2° Weezer – Hurley (recensione)
1° Rufio – Anybody out there (recensione)
Spiega.
Per i Comeback kid la colpa principale non è tanto l’aver fatto un disco pretenzioso, quando da loro mi aspetto solo e soltanto punk-hc a settecento all’ora, ma l’averlo fatto male. Sui Weezer c’è poco da dire, hanno rotto il cazzo. Grossissima delusione invece per quel che riguarda i Rufio, band che ai tempi avevo amato e che torna insieme dopo anni per dare alla luce un disco di cui si poteva ampiamente fare a meno. Peccato, perchè il tutto inizia con un riff di chitarra che lasciava ben sperare.
Migliori Concerti 2010
1° Joey cape + Tony Sly + Jon Snodgrass @ Underground – Koeln
2° Scooter @ Palladium – Koeln
3° Fine Before You Came + Minnie’s @ Bloom – Mezzago (MI)
Spiega.
Nel primo caso è stata veramente un’esperienza super emozionante, uno di quei concerti che se ne vedono pochi. Il secondo è stata una di quelle robe che, una volta nella vita, bisogna vedere. Il terzo l’ho apprezzato per l’atmosfera che c’era al Bloom, una roba veramente anni novanta.
Peggiori Concerti 2010
3° Nofx @ Festival Radio Onda D’Urto – Brescia
2° Fightstar @ Blue Oyster – Koeln
1° HORSE the band @ Essigfabrik – Koeln
Spiega.
I Nofx non hanno colpa, perchè sfoderano una prestazione eccellente con una scaletta favolosa. Però ascoltare un concerto dei Nofx a quei volumi rovina tutto. Tutto. E, vista la premessa, il giramento di cazzo è doppio. I Fightstar si sono rivelati sorprendentemente mosci e non hanno suonato “Mono”. Direi che basta e avanza per punirli. HORSE the band imbarazzanti.
Miglior Film 2010
The expendables – I Mercenari.
Spiega.
Non serve, direi, però preciso che se anche avessi visto “The social network”, “Inception”, “Toy Story 3” e via dicendo la scelta non sarebbe cambiata. Ecco,resta il dubbio “Machete”.
Peggior Film 2010
Twilight – Eclipse
Spiega.
Non serve, colpa mia che mi ostino.
Migliori Serie TV 2010
1° Californication serie 3
2° House serie 6
3° Big Bang Theory serie 2
Spiega.
Tengo fuori dal podio, ma devo menzionare, la serie completa di Friends che ho finalmente visto per intero, e che becca il premio alla carriera. Per il resto direi che la prima posizione vince con discreto distacco, anche se sia House che la seconda serie di BBT (la terza è pessima) meritano parecchio. Avessi iniziato prima a guardarlo forse ci sarebbe stato spazio per Lost, perchè la seconda serie è veramente bella. La terza tuttavia mi sta deludendo, quindi sospendo il giudizio.
Peggiori Serie TV 2010
3° Dexter serie 4
2° Boris serie 3
1° Life serie 2
Spiega.
Come detto avrei voluto punire anche la terza serie di Big Bang Theory, rea di aver perso di vista le nerdate per dare spazio ad una sorta di friends meno riuscito, ma queste tre cose si son rivelate ancora peggio. La quarta di Dexter, esclusi gli ultimi 5 minuti, butta di nuovo in merda il personaggio. La terza di Boris non fa ridere e la seconda di Life è qualcosa di indescrivibile. Ok che a metà hanno deciso di sospenderla e di conseguenza hanno dovuto rigirare tutto per concludere, ma ne è uscito qualcosa di abominevole.
Migliori Libri 2010
1° L’inverno di Frankie Machine – Don Winslow
2° Vedi di non morire – Josh Bazell
3° Io sono il tenebroso – Fred Vargas
Spiega.
Il primo è il mio scrittore preferito e si prende il premio che avrebbe dovuto vincere anche l’anno scorso con “Il potere del cane”. Il secondo è veramente un libro geniale. Il terzo è forse il miglior giallo/noir letto quest’anno.
Peggiori Libri 2010
3° La Dalia nera – James Ellroy
2° Il simbolo perduto – Dan Brown
1° La trilogia degli Avatar – Richard Awlinson
Spiega.
Ellroy mi ha fracassato i coglioni, Dan Brown ha fatto peggio. Il primato tuttavia va a quella monnezza tratta da D&D che, non so neanche come, m’è venuto in mente di leggere.
Miglior Videogame 2010
Uncharted 2
Spiega.
Ben fatto e appassionante, veramente un capolavoro.
Peggior Videogame 2010
Assassin’s creed
Spiega.
Un’imensa rottura di cazzo, che ti fa ripetere per milioni di volte la stessa identica dinamica di gioco.
Mi pare di aver detto tutto. Ovviamente i commenti sono a disposizione di chi volesse replicare o far sapere le sue scelte.
Il concerto punk
Sta sera all’Arena Parco Nord di Bologna suonano i Blink 182.
Unica data italiana.
Chissenefrega, io sto in Germania posso andare quando suonano qui.
No. O meglio, avrei potuto non fossi stato in Italia quando suonavano qui. Quindi, ironia della sorte, io sono stato in Italia quando i Blink suonavano in Germania e sono in Germania mentre suonano in Italia. Questo però non sarebbe bastato a fermarmi dall’andare a sentirli, perchè io i chilometri per i concerti li ho sempre macinati volentieri. Non fosse che Germanwings ha deciso di mettere delle tariffe al limite del proibitivo per questo week-end e, conti alla mano, spendere quattrocento euro per volare a Milano, guidare da solo fino a Bologna, vedere il concerto, guidare di nuovo all’insù e riposarmi quattro ore prima di rivolare a Colonia mi è parso eccessivo.
Anche per i Blink.
Lo so, lo so, mai avrei pensato di rinunciare a questa cosa eppure l’ho fatto. Ho provato a coinvolgere gente per essere costretto ad andarci, ma ho fallito e quindi mi sono ritrovato con la scelta dipendente unicamente da me. E ho paccato.
La versione ufficiale quindi è il problema economico.
Quella ufficiosa è che oggi come oggi per i Blink forse non sono più disposto a fare follie.
Ad ogni modo quello di cui volevo scrivere sono le indicazioni che Indipendente ha messo sul suo sito per preparare i partecipanti all’evento.
Ho trovato tutto veramente punk.
Sia la parte in cui si consiglia di portare crema solare, cappello, felpa, impermeabile e scarpe brutte (che così anche se si rovinano chissenefrega), sia quella in cui si esplicita che il concerto non è luogo dove usare droghe o alchol.
Ma la chicca sicuramente è il suggerimento di portare tappi per le orecchie in modo da non guastarsi l’udito.
Cazzo.
Sarò io che sono vecchio, ma il tutto mi è sembrato di una tristezza sconfortante.
Un po’ come la reunion di una band che a vent’anni adoravo e che ora suona non solo per soldi, ma anche dandosi le pose da “gruppo rock”.
E la cosa non può che peggiorare con l’avvento dei dischi nuovi che paiono voler mettere in cantiere.
La verità però è che mi gira il culo per non esserci andato.
Sarà per la prossima volta, quando torneranno a presentare il nuovo disco che sicuramente mi farà cagare e che con ogni probabilità toglierà dalla scaletta dei live tonnellate dei pezzi che vorrei risentire.
Essì, mi gira proprio il culo.
Nota: aggiornata la sezione “Itinerari”.
I heard they play louder live!
Vacanze finite, ma ferie ancora in atto.
Fermo a Milano per una settimana di pseudo relax prima del rientro al lavoro non è ancora tempo per me di scrivere riguardo il viaggio, le foto, il surf e tutto il resto.
Per quello ci sarà modo nei prossimi giorni, quando la routine della vita dell’emigrante sarà totalmente ricostituita e sarà davvero necessario fare un po’ il punto delle vacanze 2010.
Mentre il PC è impegnato a rippare tonnellate di CD che mi piacerebbe sentire anche oltre confine (lo so, potrei scaricarli, ma sono un idiota) mi prendo qualche minuto per scrivere del concerto dei NOFX cui Martedì sera ho preso parte in quel di Brescia.
I NOFX sono i Rolling Stone della mia generazione. Punto.
No, non sto esagerando e se qualcuno non lo capisce o non è parte della generazione di cui sopra, oppure semplicemente non se ne è ancora reso conto.
Non si parla di gente che si è limitata ad inventare un genere, qui siamo molto oltre. Qui si parla di una band che ha creato un qualcosa di così trasversale che è difficile anche solo parlarne per renderne l’idea.
I Nofx sono oltre le mode, oltre le ondate, oltre il revival. Piacciono a chi ascolta punk-rock dal ’94, a chi ha smesso di ascoltare punk-rock nel ’95 e a chi ha iniziato nel 2009. Piacciono a chi a trent’anni ancora mette all-star e pantaloni corti come a chi adesso si trova molto più a suo agio in giacca e cravatta. C’è chi va a sentirli coi figli e chi ci va coi genitori. Tutto questo senza essere mai, MAI, stati nell’hype, inteso ovviamente come quel momento in cui la gente che conta decide che tu sei un prodotto che va bene vendere. Sulla cresta dell’onda vera invece, quella che definisce coloro che hanno successo indipendentemente se è stabilito o meno che ne abbiano, Fat Mike, Melvin, Hefe e Smelly ci sono da quasi vent’anni e non pare proprio siano destinati a scenderne.
E questa non è l’unica cosa figa. Il top è che non ci saranno mai due concerti dei Nofx uguali perché non ci sono i singoli. Non c’è la classica scaletta pre fatta di pezzi che se non li suoni la gente si incrista e rivuole i soldi del biglietto. Tolta forse “Linoleum” non c’è una canzone che io ricordi come suonata in ogni loro live. Ogni volta pezzi diversi e ogni volta qualcuno del pubblico andrà in visibilio per la traccia che aspettava di sentire da anni e che finalmente gli viene regalata.
Martedì mi hanno fatto “Falling in love”, la mia preferita di sempre. Chi se l’aspettava? E chi si aspettava “We Threw Gasoline On The Fire And Now We Have Stumps For Arms And No Eyebrows” presa direttamente da Punk-o-rama vol.3?
Dai, non c’è storia e non c’è competizione, sono i Rolling Stone della mia generazione con buona pace di tutti gli altri.
Aspettiamo vent’anni e sarà chiaro a tutti.
Nota a margine.
I Nofx l’altra sera hanno suonato alla festa di Radio Onda d’Urto al prezzo di quindici euro. Le considerazioni in merito sono le seguenti. In primis ci sarebbe da riflettere su quante volte mi sono stati inculati i soldi per farmeli vedere dal vivo, quindi plauso onesto all’organizzazione dell’evento. In secondo luogo ancora una volta ho assistito ad un concerto all’aperto in un posto che più fuori dal centro abitato c’è solo l’Amazzonia, ma a dei volumi che dire ridicoli è eufemistico.
Se in centro abitato la questione è mascherabile con il rispetto della quiete pubblica, in posti come quello di Martedì (o come il Magnolia di Milano) anche quella facciata cade e si rivela l’aggressione a mano armata che la classe dirigente di questo bel paese di merda cui tanto sono legato (mannaggia a me) mette costantemente in atto nei confronti della cultura, di qualunque forma e sostanza questa sia fatta.
Il messaggio ai pezzi di merda che quotidianamente lavorano per sopprimere tutto ciò che loro non capiscono (e visti i soggetti si parla di una quantità incalcolabile di cose) è sempre lo stesso: per quanto ci proviate, non riuscirete mai a togliere chi la cerca, la gioia di vivere.
Bastardi.
Ignorance is bliss
Non mi è mai piaciuta la musica colta.
Da sempre ascolto quello che mi piace e che mi diverte, senza badare troppo alla situazione culturale e sociale che mi circonda. Non sono uno di quelli che si spara gli eventi cool per essere cool, per dirla chiara, ma semplicemente uno che ci può capitare nel momento in cui quello che gli piace diventa in qualche modo trandy. Questo mi porta ad ascoltare ed apprezzare un monte di roba che probabilmente mi taglia fuori dal giro giusto, ma mi da anche modo di vedere spettacoli di indubbio valore artistico e socio-culturale.
Questo preambolo infinito serve ad introdurre il fatto che ieri mi sono sparato il live di Scooter. E mi è piaciuto parecchio.
Vedere un evento techno in Germania è una roba che volevo fare da tempo e ieri questa mia voglia è stata appagata appieno, con annessa dimostrazione di quanto realmente qui siano tagliati per quel genere di storie.
Nell’ambito poi, Scooter è il capo.
Lo so, sono un gruppo di tre persone ed io continuo a parlarne come fosse una sola, ma per me Scooter è il frontman, quello biondo-finto, ed è così dai tempi delle medie quindi non cambierò certo adesso il mio modo di intendere la cosa. E poi, diciamoci la verità, visti live traspare come Scooter sia lui e lui soltanto. Il resto è contorno, per quanto fondamentale.
Lo show si è tenuto al Palladium ed a costo di apparire ripetitivo, ancora una volta Colonia ha dimostrato di avere il locale giusto per l’evento giusto. Questo posto infatti è una sorta di vecchio capannone nel pieno nella zona industriale fuori Colonia, adibito a sede concerti e rave. L’ingresso, la zona bar, il guardaroba ed i bagni sono stati del tutto riattrezzati, quasi in stile teatro, ma la parte dove si svolge l’evento è ancora un capannone in tutto e per tutto, con travi e colonne d’acciaio a sostenere il soffitto, impianti a vista ed muri non verniciati. L’effetto rave è quindi tangibile ancora prima dell’inizio dell’evento.
E c’è un mare di gente.
Scooter attacca pochi minuti dopo le nove e nei primi quindici secondi ridefinisce completamente il mio concetto di “alto volume”. La gente ovviamente esce di testa ed inizia a ballare priva di ogni tipo di controllo, ma io mi soffermo ad analizzare l’aspetto visivo della questione. C’è un impianto luci impressionante, con effetti veramente assurdi. In bilico tra estasi ed epilessia inizio a lasciarmi prendere dalla performance in un tripudio di fuochi artificiali, fiamme che neanche i Ramstein e schermi dalle immagini allucinanti. Rapito da quello spettacolo ho il sospetto di aver appreso come debba essere calarsi dell’acido.
Sul palco, oltre ai “dj”, si alternano i due ragazzi protagonisti di “J’adore hardcore“* e la crew ballerina di “What is the question?“, oltre ad una coppia di cubiste di notevole caratura tecnico-tattica, ma l’attenzione è sempre per lui, il biondone, che salta e si dimena come un pazzo continuando a tirare i cori del pubblico come fosse allo stadio.
La performance dura poco più di un’ora e vengono proposte, oltre alle previa citate, chicche un po’ da tutta il repertorio. Da “Posse” a “Call me manana“, da “Fuck the millenum” a “Stuck on replay“, da “The sound above my hair” (una delle mie preferite) all’acclamatissima “One“, fino alla conclusione lasciata a “Maria“, il pezzo che la gente ha cantato per tutto il tempo dell’attesa per l’inizio dello show.
Ovviamente non è finita qui.
Scooter concede ben due bis snocciolando altre perle come “How much is the fish?“, pezzo durante il quale credo che il Palladium sia stato rilevato dai sismografi di mezza Europa, fino ad arrivare alla conclusione già scritta per l’accoppiata “Hyper hyper” e “Move your ass!“, coronata dalla comparsa di una gigantesca scritta “The end” sui monitor dietro il palco.
Tutto molto divertente. Unico rimpianto è non aver sentito “Faster harder Scooter“, ma non si può avere tutto.
La cosa che invece mi ha sconcertato è stata vedere gente di cinquanta/sessant’anni, dignitosissima all’apparenza, lasciare cappotto e maglione al guardaroba per indossare la maglia del gruppo e gettarsi in mezzo alla folla a ballare. Personaggi impagabili.
Insomma, sarà anche musica ignorante, però gran divertimento.
* al banchetto c’era anche la maglia, fighissima. Non l’ho presa solo perchè volevo qualcosa di più chiaramente riconducibile a Scooter, ma devo ammettere che le mutande con quel logo mi hanno tentato fino all’ultimo…
Esperienza totale
Prendete una spiaggia.
Sì, lo so, non ho mai scritto un post rivolgendomi direttamente a chi legge, però questa sera va così quindi non fate i pignoli e fate quel che dico.
Prendete una spiaggia di notte con un bel falò acceso e le stelle che brillano in cielo.
Mettete duecento, trecento amici intorno a quel fuoco. Chissenefrega se non avete abbastanza amici, fate conto di averceli e metteteli tutti intorno al fuoco con una birra in mano. A questo punto prendete tre chitarre e datele a tre di questi vostri amici d’infanzia che, fortuna vuole, sono anche musicisti che in qualche modo hanno segnato la vostra vita e dite loro di suonare i pezzi più significativi della vostra gioventù in modo che tutti si possa cantare insieme.
Ok, riuscite ad immaginare una situazione di questo tipo?
Io sì, perchè l’ho vissuta questa sera.
Niente spiaggia, purtoppo, ma un freddo localino imboscato nel quartiere di Colonia dove vivo. Roba che ci ho messo una buona mezzoretta a trovarlo, il posto, ma alla fine l’ho reputato veramente carino. Prendete uno di quei bar americani con le freccette, il biliardo, il casino e la cappa di fumo. Metteteci poster di band alle pareti ed una porta che da su uno stanzino con un palco in cui possono entrare per l’appunto circa trecento persone. Ecco, l’Underground di Colonia è così. Una roba che a Milano ce la sognamo e non solo per il divieto di fumo nei locali pubblici.
Ad ogni modo in questo piccolo locale questa sera è avvenuto qualcosa di magico perchè, non scherzo, sembrava veramente di essere in mezzo a gente che si conosce da sempre. Sarà che ero da solo e ho conosciuto più gente che in una vita di concerti “single palyer” in Italia, sarà che l’età media era esattamente la mia, sarà che per tutti i presenti andava in scena a grandi linee la colonna sonora della propria vita, ma non mi ero mai sentito così parte di un qualcosa ad un concerto.
Lo so, fa ridere, ma è così.
Mi rendo conto di non aver ancora precisato quale concerto ho visto sta sera.
Si trattava di Jon Snodgrass + Tony Sly + Joey Cape, tutti in versione rigorosamente acustica.
Non sapendo bene come funzionano le cose da queste parti ed essendo io senza biglietto, ho deciso di recarmi in loco con largo anticipo. Arrivato sul posto nel locale non c’è nessuno, tranne i tre showman impegnati nel soundcheck, così entro e mi sento un paio di pezzi in anteprima prima che Joey Cape venga da me a fare due chiacchiere e chiedermi poi dov’è il bagno. Quando realizza che non sono dello staff ride molto. Rido anche io, e ride anche il tipo al mixer che però poi mi chiede di uscire.
Il set vero e proprio inizia dieci minuti dopo le otto e sul palco ci sono tutti e tre gli artisti per suonare insieme i primi tre pezzi, uno dal repertorio di ciascuno. In realtà Joey Cape ne suonerà due perchè durante “Fatal Flu” Jon rompe una corda, la prima di una lunga serie, ma come appare chiaro si tratta di un fuori programma. Anche di questi ultimi sarà costellata la serata. In ogni caso avvio col botto, tra battute e dialoghi col pubblico che definire esilaranti è poco.
Personalmente non conoscevo Jon Snodgrass, nè gli Armchair Martian nè tantomeno i Drag the River (ok, shame on me). Tuttavia il suo set è fantastico. I pezzi voce e chitarra emozionano davvero e lui è un personaggio geniale, ma geniale sul serio. Esegue praticamente solo canzoni a richiesta, almeno finchè le richieste arrivano, ed alla fine cede il posto a Tony Sly. Non che se ne vada, smette semplicemente di suonare per dedicarsi a fare filmati con la sua compatta digitale. La gente apprezza e anche Tony Sly: “Jon is always great. In his set and even in mine.”
La scaletta del leader dei No Use for a Name non la commento neanche, perchè si parla di uno che ha nel plettro più singoli di Vasco e che quindi da dove pesca pesca sicuro. Il clima è fantastico, roba che ad un certo punto TS chiede ad uno del pubblico di aprirgli una birra, per capirci. Esegue anche tre di pezzi dall’album in uscita, quello da solista in acustico che è in giro a presentare. Il primo è molto simile a qualcosa dell’ultimo album NUFAN, il secondo è bellissimo ed il terzo serve a richiamare sul palco Joey Cape che nel disco canta metà della canzone. Questa sera però JC pare proprio non ricordare di cosa si tratti e così, dope due tentativi a vuoto tra le risate generali, Tony Sly lascia il palco.
A differenza del predecessore, il frontman di Lagwagon e Bad Astronaut decide di proporre diversi pezzi della sua carriera da solista, molti dei quali dedicati all’amico scomparso Derrik Plourde. L’atmosfera è carica di emozione e porta Joey ariflettere su come non sia facile essere allegri quando la maggior parte dei propri pezzi parla di suicidio. Per ri-alleggerire l’ambiente decide così di suonare “Beard of shame”, fermandosi nel ponte strumentale per ammettere di non avere mai avuto la necessità di imparare a suonare quella parte. Ormai il tutto procede da due ore abbondanti ed è quindi il caso di portare al termine la serata.
Sul palco tornano i due colleghi per suonare gli ultimi pezzi, ancora una volta pescandone uno per ognuno. La conclusione del tutto è affidata alla cover di “Linoleum” ed è l’apice di una serata spettacolare.
Almeno, vivendolo credevo fosse l’apice.
Poi è successo che i tre se ne sono andati e che la folla li ha osannati per diversi minuti buoni, fino a farli rientrare per un bis che sembrava del tutto imprevisto.
Scelgono un’altra cover: “Boxcar” dei Jawbreaker.
Jon vorrebbe suonare, ma anche filmare con la sua compattina e quindi chiede a uno del pubblico se può riprendere al posto suo. Questo accetta ed il pezzo parte a coronare il reale apice della serata.
Probabilmente questo racconto è orfano di diversi aneddoti che varrebbe la pena ricordare, ma ora sono un po’ stanco e quindi va bene così.
Esperienza totale.
Senza scherzi, credo sia stato il più bel concerto della mia vita.
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