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Manq

Ringraziamenti (pt.2)

Come l’ultima volta e spero per l’ULTIMA volta, eccomi qui a concludere la stesura della tesi con i ringraziamenti alle persone che l’hanno resa possibile.
Il primo grazie va sicuramente ai miei genitori, a cui ho dedicato tutto questo lavoro. Il loro aiuto ed il loro supporto sono stati costantemente presenti ed anche nel momento delle scelte importanti, come ad esempio il trasferirmi in Germania, il loro appoggio non è mai mancato. Grazie di tutto.
Il secondo grazie va sicuramente ad Elena, per gli insegnamenti i continui stimoli che mi hanno aiutato a crescere durante tutto il periodo che ho passato nel suo gruppo. Il brutto di questo lavoro è che non c’è mai un punto di arrivo, ma solo nuovi punti di partenza, perché avrei fatto volentieri dell’AG Rugarli il mio traguardo.
Poi c’è la Polly, ovviamente, trasformatasi negli anni da collega, ad amica, a fidanzata a futura sposa. Non credo ci sia molto da scrivere riguardo una persona con cui sono felice di passare (letteralmente) ogni singolo minuto della mia giornata. Averla vicina è stato fondamentale per arrivare alla fine di questa esperienza, quindi grazie mille anche a lei.
Per finire poi, un ringraziamento doveroso va a tutti i miei colleghi passati e presenti. Il team di Milano: Andrev, la Popi, la Ryan, Möni, Ianlu, Pit, Paolina e (quasi)tutti i ragazzi del Besta per i fantastici momenti trascorsi assieme, in laboratorio come soprattutto fuori. E poi il nuovo team teutonico: Jette, Esther, Eva, Sabrina, Sara, Fede, Dominic e i nuovi arrivati. A loro va il ringraziamento per avermi fatto sentire un po’ meno distante da casa. Una menzione speciale va anche al gruppo Langer ed allo stesso Thomas, per il costante supporto, lo scambio di idee ed alcune cene molto apprezzate.
Chiudo con un gigantesco grazie a tutti gli amici veri, presenti oggi che sono a 900 km di distanza esattamente come lo erano quando si viveva nello stesso isolato. Insieme ai miei, la ragione che mi rende impossibile fare questo lavoro ovunque non sia Milano. Vi voglio bene.
Ok, avrei detto tutto, però voglio togliermi un piccolo sassolino dalla scarpa.
Nessun ringraziamento per chi rende la ricerca in Italia impossibile o quasi, per chi costringe ragazzi come me a scegliere tra il lavoro e gli affetti, per chi cerca di boicottare il talento o lo costringe a scappare lontano, per chi lavora quotidianamente nel tentativo di privare i giovani di un futuro. Soprattutto, nessun ringraziamento per chi ha reso possibile che il mio Paese non fosse più qualcosa a cui essere grati dopo il conseguimento di un risultato come può essere il dottorato di ricerca.

Il peccato.

In questi giorni si è discusso dell’ennesimo attacco da parte del Vaticano alla fecondazione assistita, definita a questo punto senza se e senza ma autentico peccato (NdM: in merito consiglio il bel pezzo di Gilioli sull’argomento, anche se per l’opinione pubblica è probabilmente un altro caso di strumentalizzazione). Quando ho letto la notizia, la mia prima reazione è stata pensare a tutte le cose che, evidentemente, per la chiesa invece peccato non sono o che quantomeno non meritino da parte sua una condanna forte e decisa quanto l’orribile pratica sopra menzionata. L’elenco ottenuto è piuttosto lungo e, all’inizio, sarebbe dovuto essere il protagonista di questo post.
Poco dopo, però, Facebook mi ha messo a conoscenza di un filmato, questo, tratto da una trasmissione di Radio Maria circa i tragici fatti giapponesi. Siccome incrementare il tasso di tumori e leucemie nei bambini fa parte della lista cui questo post sarebbe dovuto essere dedicato, ho pensato di deviare un minimo la rotta e commentare il video in questione. Non so quanto il filmato resterà on-line, quindi cito e commento per iscritto i passaggi che secondo me meritano analisi.
A parlare è tal Roberto de Mattei.
“Dice monsignor Mazzella che in primo luogo le grandi catastrofi sono una voce terribile, ma paterna della bontà di Dio che ci scuote e ci richiama col pensiero ai nostri grandi destini, al fine ultimo della nostra vita che è immortale. Infatti se la terra non avesse pericoli, dolori, catastrofi la terra eserciterebbe sopra di noi un fascino incredibile. Non ci accorgeremmo che essa è un luogo di esilio e dimenticheremmo troppo facilmente che noi siamo cittadini del cielo.
Ma in secondo luogo, osserva l’arcivescovo di Rossano Calabro, sono talora esigenza della giustizia di dio della quale sono giusti castighi. Infatti alla colpa del peccato originale che tocca tutta l’umanità, si aggiungono nella nostra vita le nostre colpe personali. Nessuno di noi è immune dal peccato e può dirsi innocente e le nostre colpe possono essere personali o collettive. Possono essere le colpe di un singolo o quelle di un popolo. Ma mentre dio premia e castiga i singoli nell’eternità è sulla terra che premia o castiga le nazioni, perchè le nazioni non hanno vita eterna, hanno un orizzonte terreno. Nessuno può dire con certezza se il terremoto di Messina ieri o quello del Giappone oggi sia stato un castigo di dio. Sicuramente è stata una catastrofe e, scrive monsignor Mazzella, la catastrofe è un fenomeno naturale che dio ha potuto introdurre nel suo piano di creazione per molteplici fini degni della sua sapienza e bontà. Ha potuto farlo per raggiungere un fine della stessa natura, ottenendo per mezzo di una catastrofe un bene fisico più generale, come quando con una tempesta di venti che produce danni si purifica l’aria. Ha potuto farlo per un fine di ordine morale, per esempio come acuire il genio dell’uomo e sollecitarlo a studiare la natura per difendersi dalla sua potenza distruggitrice e così determinare il progresso della scienza. Ha potuto farlo per uno dei fini per i quali la fede ci dice che talora l’ha fatto come sarebbe quello di infliggere alla città un esemplare castigo. Ha potuto farlo per un fine a noi ignoto. Per quale fine in concreto dio ha operato in un caso speciale? Per quale fine Messina e Reggio sono state distrutte? Chi potrebbe dirlo? E’ possibile fare delle congetture, non è possibile affermare alcuna cosa con certezza. Intanto per noi basta la sicurezza che le catastrofi possono essere e talora sono esigenza della giustizia di dio. E aggiungiamo questo concetto che dio talora si serve delle grandi catastrofi per raggiungere un fine alto della sua giustizia, si trova in tutte le pagine della sacra scrittura. Che cosa furono il diluvio, il fuoco che cadde su Sodoma e Gomorra e quello che non si abbattè su Minive se non castighi di dio? Però, si dice, eh la catastrofe è cieca. Punisce il colpevole, ma colpisce anche l’innociente. Come si conciliano con la provvidenza queste stragi dell’innocenza e della virtù che avvengono per esempio in un terremoto? E la rispostna è che dio non potrebbe fare in modo che un terremoto colpisca il colpevole e rispetti l’innocente, se non attraverso la moltiplicazione di miracoli, attraverso una profonda modifica del piano della creazione divina. Ora è chiaro che dio può salvare e talvolta salva l’innocente operando un miracolo, ma dio non è obbligato a moltiplicare i miracoli o a rinunciare al piano della sua creazione per salvare la vita di un innocente. E poi dio è padrone della vita e della morte di ognuno, misura i giorni dell’uomo sulla terra e stabilisce l’ora e il modo della morte di ciascuno. Quindi l’innocente che muore sotto una catastrofe generale che punisce i colpevoli si trova nelle stesse condizioni nella quale si trovano tutti gli innocenti che sono sorpresi dalla morte. Per loro questa morte non è un castigo di colpa personale, ma è l’esecuzione di un decreto di colui che è padrone della vita e della morte. Ogni giorno noi vediamo fanciulli innocenti, uomini virtuosi che muoiono di morte naturale o violenta. Perchè meravigliarsi quando poi vediamo molti fanciulli innocenti o uomini virtuosi morire sotto le rovine di un terremoto? La loro morte, presa isolatamente, non è diversa da quella di tanti uomini innocenti e virtuosi che sono vittima di un accidente e muoiono ad esempio schiacciati da una macchina o investiti da un treno.
Ma c’è un terzo punto. Le grandi catastrofi non sono solo spesso atti di giustizia di dio, ma sono altrettanto spesso una benevola manifestazione della misericordia di dio. Abbiamo detto infatti che nessuno, mettendosi la mano sulla coscienza, potrebbe dare a se stesso un certificato di innocenza. Nessuno può dire io sono innocente e non lo può dire nè per il peccato originale che lo macchia, nè per i propri peccati personali. E un giorno, quando sarà sollevato il velo che copre l’opera della provvidenza e alla luce di dio vedremo quello che egli avrà operato nei popoli e nelle anime, ci accorgeremo che per molte di quelle vittime che oggi compiangiamo il terremoto è stato un battesimo di sofferenza che ha purificato la loro anima da tutte le macchie, anche le più lievi, e grazie a questa morte tragica la loro anima è volata al cielo prima del tempo perchè dio ha voluto risparmiarle un triste avvenire. Scrive monsignor Mazzella, noi pensiamo con raccapriccio ai momenti terribili passati da loro tra la vita e la morte sotto le rovine, ma forse appunto in quei momenti discese su quelle anime il torrente di una speciale misericordia di dio sotto forma di profonda contrizione e rassegnazione. Chi può dire ciò che è passato tra quelle anime e la misericordia di dio negli ultimi momenti. Chissà con quali slanci dio misericordioso e buono nelle terribili sofferenze ha toccato i loro cuori per unirli a lui. Chi potrebbe in una parola scandagliare l’abisso di espiazione, di merito e di doni di dio che in quelle anime fu scavato per occasione del terremoto. E non si tratta di pie illusioni, perchè sta scritto che nella tribolazione dio rimette più facilmente i peccati e versa più abbondantemente i suoi doni. E sta scritto che dio manda la morte prematura agli innocenti per liberarli da un triste avvenire. Per comprendere l’azione della provvidenza che da una ragione a tutto ciò che avviene, anche ai terremoti, bisogna però avere una prospettiva soprannaturale. La prospettiva di chi crede in un dio creatore e remuneratore della vita eterna. Chi nega dio, gli atei, i laicisti militanti, ma anche coloro che pur non professando l’ateismo vivono di fatto nell’ateismo pratico , eh costoro non possono concepire l’idea della provvidenza.”

Vabbè, non c’è neanche da stare a commentare.
Le cose sono due: o tutta sta gente che sostiene di parlare per bocca di dio dice cazzate (e allora sarebbe anche ora di liberarsene, invece di stare a pensare al sosia di Santana), oppure dio ai miei occhi sarà sempre qualcosa che è difficile non dico venerare, ma anche solo stimare.

L’unica bandiera alla mia finestra ha sette colori.

Siamo in guerra. Ancora. Per l’ennesima volta abbiamo deciso di appoggiare l’esportazione di democrazia tanto cara all’occidente. Caso vuole, ancora una volta il bersaglio di questa azione è, coincidentalmente, un paese ad ampia disponibilità petrolifera. Mu’ammar Gheddafi infatti non è un dittatore sanguinario da ieri, bensì dal 1969. Non solo, a volerla dire tutta non è nemmeno l’unico nè il più pericoloso (se mai fosse possibile stilare una classifica). Da ieri però le truppe alleate hanno deciso di intervenire, come un sol uomo, per porre fine al suo regime di violenza. “Anche l’Italia, non vuol essere da meno, anche lei ha il suo vagone da attaccare in fondo al treno” recitavano cinque ragazzi che a volte, in quanto ad occhio lungo, han fatto seria concorrenza ai temibilissimi Maya. Però questo giro non è così semplice salire sul carrozzone. Il problema, neanche a dirlo, l’ha causato il tale che nella foto a margine mostra il culmine della sua opera in termini di “gestione della questione libica”. Il risultato è che ora siamo in guerra, siamo i più vicini al nemico e, quando ci sarà da spartire, non conteremo una beata proprio in virtù degli ostentati rapporti di amicizia con il colonnello. Senza voler scomodare paragoni illustri, credo che un neonato in termini di politica internazionale avrebbe potuto fare meglio. Vedremo ora cosa succederà, quanto realmente lampo sarà questa guerra (magari si può chiedere un parere in merito al popolo afghano o ai nostri soldati spediti in loco) e quanti morti causerà, da entrambe le parti. Già perchè il raiss, dopo aver lanciato razzi sul suo popolo, ha deciso di utilizzare gli scudi umani a riprova che forse, pazzo come un cavallo, non lo è diventato in un paio di settimane. E se me ne ero accorto io che non ci ho mai parlato, i dubbi su chi l’ha ospitato in casa son più che legittimi. Molti amanti del compianto Benito sottolineano che il suo unico errore furono le amicizie sbagliate. In quest’ottica, direi che Silvio “salvaci tu e difendi la democrazia” Berlusconi non ha imparato proprio nulla, anzi, forse riesce a fare pure peggio.
Non resta che sperare che l’occidente civilizzato e baluardo dei diritti umani non decida mai di fare il passo più lungo della gamba e puntare ad un altro paese sotto dittatura, sempre in zona medio-orientale, ricco di petrolio e combustibili fossili e autoproclamatosi possessore di armi di distruzione di massa. Già perchè a differenza dei suoi sfortunati colleghi e predecessori, Mahmoud Ahmadinejad i mezzi per fare danni pare averceli sul serio. Questo fa sicuramente di lui il dittatore più pericoloso, ma grazie a Dio forse anche l’ultimo sulla lista di quelli da andare a sposdestare.

Io strumentalizzo

In Giappone è successa una tragedia di dimensioni epocali. Un popolo che ha fatto tutto quanto gli era possibile per prepararsi alle sfide che la natura geografica della sua terra gli sottopone si ritrova in ginocchio per il semplice fatto che fare tutto il possibile al meglio non sempre è sufficiente. In certe circostanze, purtoppo, non ci sono garanzie. Condurre una vita sana, fare sport, mangiare bene, non bere e non fumare non garantisce di campare sani fino alla vecchiaia. Le vita è fatta di imprevisti e questi, spesso, sono legati a quegli aspetti che l’uomo suo malgrado non può controllare.
In queste ore un paese tecnologicamente avanzato come il Giappone è sul baratro di una possibile, per quanto indesiderabile, catastrofe nucleare. Non parlarne oggi, a tre mesi dal Referendum che chiamerà il popolo italiano ad esprimersi in merito alla questione energetica, per quel che mi riguarda è uno sbaglio. Chicco Testa mi definirebbe probabilmente uno sciacallo e la cosa non mi turba, specie se si pensa a come potrei definire io lui. L’ipocrisia tutta italiana per cui quando succede una tragedia non è lecito parlarne o meglio, non è lecito utilizzarla allo scopo di riflettere sulle questioni che l’hanno causata al sottoscritto è andata in noia da tempo.
Una tragedia resta tale in ogni caso, non trarne insegnamento al solo fine di “non strumentalizzare” sarebbe renderla ancor più grave. Il fatto che siano necessari diecimila e forse più vittime e lo spettro di una catastrofe atomica per accendere nel popolo italiano l’interesse alle questioni che lo riguardano in prima persona è uno schifo che illustra al meglio lo schifo di Paese che siamo. Indiscutibile. Vanificare persino quest’ultimo e tardivo barlume di interesse nel nome del perbenismo intellettuale sarebbe troppo persoino per noi.
Quindi eccomi qui, pronto a strumentalizzare, ad usare le immagini terribili che arrivano dal Giappone per porre la domanda: “Siamo sicuri di volere aggiungere un fattore di rischio alla nostra vita?”. Sì, io sono disposto ad usare la paura che la tragedia nipponica ha scatenato in ognuno di noi e non me ne vergogno. La paura fa bene, non va ignorata, non va criminalizzata. Concordo nel dire che non si debba lasciarle in mano le redini della nostra vita, ma è altrettanto vero che le persone che non hanno paura solitamente campano poco.
Chi non teme o è pazzo o è ignorante.
Personalmente ritengo ci fossero molti spunti su cui riflettere in termini di nucleare anche prima del terremoto di settimana scorsa.
Perchè dovremmo puntare su una tecnologia che il resto del mondo sta cercando di soppiantare con alternative tecnologicamente più avanzate?
Perchè, alla luce di come vengono costantemente gestiti gli appalti in Italia, non dovremmo preoccuparci di chi e soprattutto come costruirà le centrali nucleari nostrane?
Perchè, consci del fatto che la camorra imbottisce la nostra terra di qualunque genere di rifiuto, vogliamo metterci nelle condizioni di darle in mano anche le scorie nucleari?
Queste ed altre domande sarebbero sufficienti ad innescare un dibattito interno all’opinione pubblica di qualunque paese.
Da noi no.
Da noi servono i morti, le catastrofi. Servì Chernobyl come porbabilmente servirà Fukushima. Siamo fatti così.
Ora non resta che aspettare e vedere se il quorum verrà raggiunto.
Nel mio piccolo cinismo personale, la cosa che più mi colpisce però è pensare che saranno stati necessari innumerevoli vittime ed il collasso di una Nazione per bloccare il legittimo impedimento.

In da showa!

Gli H’S’P, nella fattispecie composti da me e Bazzu, hanno preso parte all’iniziativa “Singing in the shower”.
Di cosa si tratta? E’ semplice: cover di pezzi più o meno noti eseguite in combo chitarra acustica e voce e registrate rigorosamente in presa diretta. L’idea del progetto è nata da Robi (Burro) ed ha preso piede violentemente, tanto da incuriosire anche noi.
Esiste un canale youtube, questo, ed ormai le partecipazioni si contano copiose. Tutti bravi, tutti belli.
Ecco, tutti tranne noi, che però non volevamo proprio mancare. Abbiamo così deciso di registrare una personalissima cover di “Sul sedile con te” degli Impossibili e quello che ne è uscito è ascoltabile nel video qui sotto.
Personalmente l’arrangiamento folkeggiante che abbiamo dato al pezzo piace molto. A convincere meno, per usare un eufemismo, sono la qualità di registrazione (più da “singing in the cellar”), l’intonazione del sottoscritto soprattutto nel finale e qualche altro dettaglio non proprio trascurabile.
Però ci siamo divertiti parecchio e, fosse per me, replicherei con altre tracce quanto prima.

Una roba che mi fa realmente incazzare

A Maggio, il 29, si vota per le amministrative.
Il 12 Giugno, due settimane dopo, si votano i referendum. Questa volta il poplo è chiamato a pronunciarsi su tre cosine da nulla come:
1- Il legittimo impedimento
2- Il ritorno al nucleare (!)
3- L’acqua pubblica (!!)
Come ogni volta si crea quindi la classica situazione odiosa del quorum. Il governo, per ovvi motivi che sarebbe ridondante menzionare, non vuole che il referendum passi. Comprensibile. Per farlo, invece di fare campagna educativa sul voto responsabile, adotterà come sempre e come tutte le parti politiche la strategia di incitare la gente al non-voto. All’auto-castrarsi. A rinunciare ad uno dei pochi mezzi rimasti per far sentire la propria voce.
Per aiutarsi nell’opera, butterà addirittura via più di 300 milioni di euro in modo che le due chiamate al voto sopra citate non avvengano in contemporanea, e piazzerà la seconda a scuole finite. Una roba che raccapriccia, a pensarci, ma che purtroppo è specchio ancora una volta del Paese incivile che siamo, della cultura nulla del cittadino e di come non ci stia per nulla a cuore la società in cui viviamo.
Già perchè la mossa squallida proposta dal governo evidenzia una grossa paura del voto, dell’espressione della volontà popolare nella sua forma più pura e costituzionale. Tuttavia se la gente andasse a votare comunque, se la smettesse di sbattersene i coglioni solo perchè “c’è il sole e si può andare al mare”, se iniziasse a realizzare che lo Stato ha speso 300 milioni dei soldi di TUTTI per organizzare la cosa e che quindi l’unico modo per non ritenerli buttati via sia spendere 10 minuti 10 per mettere una croce su una scheda, beh, forse le cose potrebbero cambiare.
E non parlo del referendum in questione, che comunque è di una certa rilevanza, ma del concetto in generale. La classe politica ha fatto una legge apposta per toglierci la possibilità di scegliere chi votare. Non contenta, cerca di sottrarci anche il mezzo del referendum con strategie bieche che fanno perno sull’assenza di educazione civica cui cercano di assuefarci. Parliamoci chiaro, qui non si parla più di maggioranza e opposizione, di destra e di sinistra, ma di politici e cittadini. Perchè l’astensionismo ai referendum è stato propagandato da tutti i colori, così come tutti hanno tratto vantaggio dalla legge elettorale suina.
Purtoppo però temo che rieducare il popolo italiano sia operazione non facile e soprattutto priva di sponsor sufficientemente potenti da poter veramente fare qualcosa.
Ciò nonostante, resta valida la possibilità di opporsi ad un ennesimo spreco di soldi e almeno questa cosa forse si può riuscire a realizzarla. Esiste un comitato per l’unificazione referendum-amministrative. E’ dura, ma possiamo provare per una volta ad essere cittadini. Intanto godiamoci l’italia, un Paese dove c’è talmente tanto lavoro da lamentarsi per un giorno di festa in più ai lavoratori, ma non non ce n’è abbastanza per non lasciarli a casa in cassa integrazione la restante parte dell’anno. Un Paese dove c’è tanta crisi e debito da sospendere tutti i dottorati e gli assegni di ricerca, ma non abbastanza da buttare via 300 milioni di euro.

La chitarrina

Quella nella foto è la mia nuova chitarra.
Se sarà uno dei miei tanti trip passeggeri ancora non lo so. Le intenzioni sono buone, ma lo sono state altre volte e questo non è garanzia di nulla. Tuttavia voglio crederci. Non saper suonare uno strumento è da sempre uno dei miei rimpianti maggiori, così in questi giorni ho deciso che sarebbe stato da stronzi non provarci nemmeno. Non so dire come mai mi sia mosso proprio ora. Forse è stata l’euforia dell’aver finito la stesura di quella che voglio sperare sarà l’ultima tesi della mia vita, o forse il vedere attorno a me amici che, nelle mie stesse condizioni, hanno deciso di provarci ed iniziare ad imparare.
Forse avevo bisogno di uno stimolo.
Sta di fatto che sta sera sono uscito dal lavoro e sono andato al Music Store di Colonia.
Ho girato per un po’ tra le tantissime chitarre, completamente indeciso non solo su quale acquistare, ma se farlo o meno. Poi ho chiesto aiuto.
Il ragazzo, molto gentile, mi ha indirizzato su una chitarra classica che, a suo dire, per imparare è la meglio cosa. Dal canto mio però, la volevo amplificabile. Non elettrica, perchè non credo ne avrò mai bisogno, ma nemmeno totalmente acustica.
Quella che alla fine mi son portato a casa dovrebbe essere il giusto compromesso. La custodia era omaggio, così come l’accordatore (ausiliario, avendolo la chitarra già incorporato di suo). Ho dovuto solo acquistare i plettri. Ne ho presi tipo cento tutti identici, così, giusto perchè non pensassero che ne capisco qualcosa.
Poi sono arrivato a casa e mi sono sparato le prime cinque lezioni del manuale di chitarra di Massimo Varini. Cinque lezioni non perchè io sia un genio o particolarmente portato all’apprendimento dello strumento, ma perchè nelle prime quattro non c’è molto da imparare. Lui comunque è un idolo.
Nella quinta lezione ho appreso i primi due accordi: Mi minore e La minore. Ok, appreso è un parolone, però diciamo che ho iniziato a far pratica. Ora devo esercitarmi un po’, prima di passare alla lezione successiva. Intanto però, segnalo che sto scrivendo il blog solo usando la mano destra in quanto medio e anulare della sinistra dolgono come poche altre volte.
Sono contento.
Vediamo quanto durerà questa euforia.
Per i bookmakers, la Polly mi da stufo in tre settimane.

Google Hit List [Febbraio 2011]

Ho finito di scrivere la tesi di dottorato.
Ho visto Inception.
Mi sono ricordato di stilare la Google Hit List.
E’ stata una buona giornata.
Ah, la classifica come al solito fa schifo (sto pensando di eliminare questa rubrica), tuttavia per le 47 persone che hanno cercato il sito del mio matrimonio, il link è www.manqepollysposi.it.

1 – come scrivere al ministro della difesa
2 – facce con espressione che minchia vuoi
3 – gli alieni ci invadono
4 – non dormire sereni
5 – perchè in tedesco i sostantivi si scrivono maiuscoli
6 – bazell disinfettante
7 – degluti
8 – immagini promotoriali
9 – 3210
10 – gli amici di robi