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Manq

Wanna Marchi

Girando qua e la per la rete mi sono imbattuto in un post su Bioetica che rimandava a sua volta ad un altro paio di post apparsi su Blog(0).
In tutte queste pagine si parla di omeopatia, dell’assenza in questa pratica di qualsivoglia fondamento scientifico e del fatto che una multinazionale francese abbia deciso di querelare, o meglio intimidire, un povero blogger reo solamente di aver ribadito ancora una volta questo concetto.
Tempo fa io e la Polly avevamo combattuto una battaglia simile scrivendo una lettera ad Ok Salute in cui chiedevamo cortesemente di smetterla di dare spazio ad articoli sull’omeopatia in cui si lasciava intendere come questa potesse davvero essere considerata come alternativa alla farmacologia classica.
La rivista ci aveva risposto, dicendo che in realtà avevano anche pubblicato articoli che chiarivano il fondamento non scientifico della disciplina omeopatica. Noi quegli articoli non li abbiamo mai trovati, ma almeno la risposta era stata garbata.
Il punto della questione è che chi fa un mestiere come il mio o anche solo ha delle basi di medicina, farmacologia o scienza in generale, non può tollerare un certo tipo di disinformazione, perchè si gioca con la salute della gente.
Partendo dal presupposto secondo cui ognuno è libero di curare il proprio corpo come meglio crede, io non sono contrario al poter trovare in commercio prodotti omeopatici, così come non sono contrario ai viaggi a Lurdes o a Medjugorje. Ognuno è libero di credere quello che vuole e comportarsi di conseguenza.
A darmi fastidio sono le operazioni di marketing che sfruttano l’ignoranza per generare profitti.
Chiariamo quindi la questione anche su queste pagine, nella speranza di poter essere utili a qualcuno. Cercherò di semplificare, sperando di non commettere imprecisioni.
I rimedi omeopatici si basano sul concetto di diluizione. La teoria alla base sostiene che diluendo un principio attivo in maniera estrema non si vada ad inficianre l’effetto curativo, ma anzi, lo si possa addirittura accentuare. Tradotto significa prendere un farmaco e diluirlo all’ennesima potenza (si parla se non erro di centinaia di diluizioni centesimali consecutive) fino ad ottenere, tenetevi forte, acqua. Esemplifico: avete mal di testa? Sciogliete una bustina di nimesulide nella vostra piscina comunale e poi bevete un bicchiere dell’acqua in essa contenuta.
Basterebbe solo utilizzare un minimo di razionalità per comprendere come il meccanismo scricchioli, ma non è così che la farmacologia smentisce le pratiche omeopatiche.
La base su cui la farmacologia si fonda è il controllo in cieco che paragona un farmaco ad una sostanza inerte chiamata placebo.
La regola aurea, in soldoni, è questa: se la sostanza in esame cura più persone del placebo è possibile definirla come farmaco. Altrimenti no. Nel caso dei rimedi omeopatici questa differenza non c’è.
Questo significa che nessuna persona curata con il rimedio omeopatico (o col placebo) guarisce dalla malattia? Assolutamente no. In molti casi si raggiunge comunque la guarigione anche senza essere stati adeguatamente trattati con farmaci. Se si assume un farmaco però le possibilità di guarire crescono.
Esemplifico ancora. Prendiamo trenta malati di influenza. Ne trattiamo dieci con un anti influenzale, dieci con un rimedio omeopatico e dieci con acqua. Alla fine del trattamento, 7 delle persone trattate col farmaco saranno guarite, mentre solo tre delle persone trattate con l’acqua o con il prodotto omeopatico raggiungeranno lo stesso risultato. Ovviamente la questione è numericamente e teoricamente più complessa di così, ma spero l’esempio aiuti a capire.
La cosa sbagliata dell’omeopatia (e di altre pratiche che non menzionerò di nuovo per non far arrabbiare troppe persone con lo stesso post) sta nel fatto che questo principio non viene spiegato.
Per questo motivo, credo e spero, in Italia è addirittura illegale pubblicizzare prodotti omeopatici.
Ok, spero di aver spiegato la faccenda in maniera chiara, precisa ed esaustiva.
Mi prendo le ultime righe essenzialmente per precisare due cose:
1- I rimedi naturali NON sono da considerare omeopatici e non deve essere fatta confusione in merito. Esemplifico: bere una camomilla per calmarsi non è un rimedio omeopatico. La camomilla contiene un principio attivo che, a certe concentrazioni, è scientificamente provato dare l’effetto desiderato. Quindi il concetto è se assumere tot mg di principio attivo sotto forma di bevanda dal sapore piacevole, o in pastiglia. La concentrazione di principio attivo però NON CAMBIA. Differente sarebbe dirvi di mettere una bustina di camomilla nella piscina di cui sopra, berne un bicchiere e dichiararne gli stessi effetti curativi.
2- Io e questo blog supportiamo non solo la causa dell’informazione onesta e completa sui rimedi omeopatici, ma soprattutto i privati cittadini che solo per averne parlato in maniera critica, ma con cognizione di causa, vengono attaccati ed intimoriti da aziende multinazionali.
Il manganello, brandito da avvocati in giacca e cravatta, non è meno pericoloso.

Il post demagogico-populista

A quanto pare, finanziariamente, in giro c’è un gran casino.
La crisi.
Sta cosa della crisi è il fenomeno mediatico più longevo che io ricordi. Ha seppellito guerre, tsunami, terremoti e pandemie varie. Resta sempre lì, in prima pagina, alternando giorni in cui tutti dicono che non c’è o che è finita a giorni in cui dicono che siamo tutti spacciati.
Io, in economia, sono ignorante come una capra. Davvero, non ci capisco nulla. Però mi pare di non essere il solo a vivere la cosa con forse eccessivo distacco.
Insomma, mi pare ci sia un baratro tra il paese reale che vive, produce e consuma, rispetto agli indici di borsa con i loro più e meno.
Non lo so. Sarà che l’altra sera ho visto “Capitalism: a love story” di Michale Moore. Che poi lo so anche io che quel film va preso con le pinze, che racconta una verità e non LA verità e via dicendo, ma mi resta fortissima la percezione di presa in giro costante cui tutti i giorni mi sento sottoposto.
Tipo oggi, Tremonti che si presenta ai giornalisti e dichiara che il metodo migliore per uscire dalla merda è, in sostanza, esasperare i principi che nella merda ci hanno buttato. Mercato ancora più libero, mercato del lavoro ancora più flessibile, tasse sproporzionate alle entrate (che in italia diventano addirittura opzionali per chi supera un certo reddito) e via dicendo. Sarà veramente che non capisco un tubo, però mi pare la tattica di chi usa tequila come anti-sbornia.
Ad ogni modo la situazione che mi dicono essere crollata in questi giorni a me non pareva rosea nemmeno prima. Ricordo addirittura che quando questa storia della crisi è incominciata la gente mi diceva: “Cazzo, non è possibile, non assume più nessuno. Solo contratti a termine, neanche fossimo utensili.” e io, scienziato wannabe, pensavo: “Scusate, ma che cazzo è cambiato? Benvenuti nel mio mondo.”.
Poi però cos’era cambiato l’ho capito guardando in giro e vedendo quante aziende, piccole e grandi, hanno iniziato a marciarci sopra a questa situazione generando un rinculo decisamente più dannoso del colpo che l’ha causato. Di punto in bianco la gente si è sentita in diritto di non pagare i fornitori dicendo che: “Ehhh, c’è la crisi”, oppure di lasciare a casa metà dei dipendenti in cassa integrazione per far fare gli straordinari all’altra metà (che tanto di avere ancora uno stipendio dovevano essere solo che grati). Il capolavoro vero lo facevano quelle aziende che riuscivano a non pagare le tasse, non pagare i fornitori e far pagare allo Stato una parte degli stipendi senza avere il benchè minimo passivo, se non sulle proiezioni di bilancio. Che tradotto vuol dire, faccio il cazzo che mi pare perchè avevo previsto di chiudere a +11% ed invece probabilmente chiuderò a +5%. Sarà la mia ignoranza nel campo, ma a me pare comunque un guadagno chiudere a +5% e se io fossi nella posizione di decidere non lascerei che dipendenti venissero lasciati a casa solo per poter incrementare l’attivo ai livelli delle aspettative.
Mi piacerebbe davvero qualcuno mi spiegasse A) cosa sta succedendo e B) se davvero non c’è modo di evitare che chi ha causato il casino lo incrementi ulteriormente.
Ad ogni modo tutto questo fa da sfondo al mio tentativo di trovare un lavoro. Forse avrei potuto scegliere un momento migliore, o forse no visto che come accennavo per me la situazione è sempre stata una merda. E mi fermo qui, perchè se penso a cosa deve fare uno per ottenere anche solo uno di quegli schifidi contratti, beh, mi viene il voltastomaco. Prima ti pagavano per lavorare. Poi si è passati a farti lavorare gratis. Poi c’è chi ha iniziato a chiederti di pagare per lavorare (viva i master e gli stage a pagamento.). Ora pare che si debba addirittura pagare solo per poter sostenere un colloquio. Lo dico adesso, se dovessi finire sui quotidiani per aver massacrato di pugni in faccia un ventenne laureato in, chessò, filosofia/sociologia/cazzivari che seduto di fronte a me forte della sua laurea triennale pretende con supponenza (perchè son supponenti sti pezzi di merda) di poter valutare le mie capacità nello svolgere il mio lavoro, beh, gradirei mi venissero perlomeno concesse delle attenuanti.
Su tutte l’esasperazione.
Chi non si esaspera invece pare essere la gente che, proprio per via del fatto che questa crisi è immensa sui giornali, ma ancora (sottolineo ANCORA) quasi impalpabile per gran parte della popolazione, se ne resta tranquilla in casa.
Magari smadonna quando legge il menù del risotrante del Senato ed i relativi prezzi, quando si parla di casta e di costi indecorosi della politica, ma ancora non ha la convinzione necessaria a raccogliere i tasselli del proprio parquet o i bulloni della propria cassetta del bricolage e partire per Roma all’idea di lanciarli uno ad uno in faccia alla feccia che esce dal parlamento.
Che poi io spero che quel momento non arrivi mai, perchè inutile girarci intorno: la mia vita è meglio adesso che in un ipotetico scenario da guerra civile o rivoluzione armata che dir si voglia. Però ecco, sarà che l’odio ormai è viscerale, ma un po’ della mia serentià la sacrificherei per vedere i forconi alla gola di un ministro dell’economia che spara le dichiarazioni di oggi.
“Si formula anche l’ipotesi di tagliare gli stipendi dei dipendenti pubblici. Anche questo non è detto debba essere oggetto dell’attività di Governo.”
Sono loro, i dipendenti pubblici di cui si parla?

Machete

Ieri sera, causa impegni di lavoro, mi sono ritrovato a casa in modalità single e ho deciso di sfruttare l’occasione per guardare finalmente Machete di Rober Rodriguez. Per chi non lo sapesse, l’idea di questo film nasce anni fa ai tempi di que capolavoro assoluto che è Grindhouse, in cui appariva come uno dei trailer disseminati nella pellicola. Lo dico giusto per la cronaca: per me Grindhouse resta un film unico composto da Planet Terror, Death Proof e i vari trailer. Solo così ha senso, spezzettarlo come è stato fatto in due film separati secondo me toglie molto all’opera.
Ad ogni modo, il trailer di Machete tra tutti era certamente uno dei più riusciti e così si è deciso di farne un film vero e proprio tenendo comunque al suo interno le scene già presentate nel trailer. L’operazione, lo disco subito, non è particolarmente riuscita. Uno perchè le scene del trailer sembrano davvero incollate dentro al film in maniera spesso troppo evidente, due perchè il tutto poteva essere realizzato molto, ma molto meglio.
Insomma, le trashate attese ci sono tutte, con picchi di genio tipo [SPOILER] lo sbudellamento di un tizio e la fuga dalla finestra del quinto piano usando il di lui apparato digerente a mo di liana [/SPOILER], però il tutto tende a diventare ripetitivo troppo in fretta, togliendo entusiasmo in chi guarda e soprattutto gusto per la possibile sorpresa. Insomma, decisamente molti i passi indietro rispetto a Planet Terror.
Nel finale, non si sa se per goliardia o con reali intenti cinematografici, si apre la porta a due possibili sequel, intitolati con somma genialità “Machete kills” e “Machete kills again”. Wikipedia li presenta come già scritti dal buon Rodriguez e quindi c’è forse da aspettarsi di trovarseli di fronte, prima o poi, auspicandoci che vengano realizzati con un po’ più di cura e, perchè no, creatività anche a livello di trama. Insomma, ci si aspettava qualcosa di meglio da sta baracconata che ritorna sui livelli posticci di roba tipo “C’era una volta in Messico”. Che poi, diciamocelo, è anche lì che sta il genio di Rodriguez. Perchè se io provassi a scrivere film così e proponessi di farli recitare a, chessò, Rober De Niro o Johnny Depp, probabilmente mi internerebbero.
Quindi bravo lui e discorso finito. Ah, certo, se nell’ipotetico film da me scritto ci fosse anche [SPOILER] una donna nuda infingarda che tradisce il protagonista e avvisa i cattivi estraendo da se stessa un cellulare [/SPOILER], beh, altro che manicomio…

La figura della donna

Oggi leggendo la Repubblica mi sono imbattuto nella notizia riguardante l’ennesimo manifesto “colorito” del negozio Giallo Oro di Bari. Il manifesto è quello riportato qui a lato e la notizia in questione è linkata al manifesto. Questa questione offre talmente tanti spunti di riflessione che credo farò fatica a sviscerare tutto, ma voglio provarci perchè c’è tutto un movimento di pensiero che al sottoscritto ha ampiamente rotto il cazzo.
Andiamo tuttavia con ordine.
Il manifesto in questione è stato rimosso perchè ritenuto oltraggioso, teniamoci forte, per la figura della donna.
Che il manifesto sia di suo insensato se si pensa strettamente al messaggio pubblicitario di un negozio che compra e vende oro non ci vuole certo una laurea per comprenderlo. L’unico risultato che può ottenere è strappare un sorriso a qualcuno, ma nessuno credo possa capire o anche solo intuire guardando il manifesto per strada, cosa stia reclamizzando. Intimo? Creme Solari? Centri di bellezza? Boh, a me un negozio di compravendita d’oro è l’ultima opzione che verrebbe in mente.
E allora mi chiedo: perchè mai un negozietto di Bari dovrebbe spendere una fortuna per ingaggiare una nota modella (su cui tornerò in seguito) e piazzarla su un cartellone che alla fine non pubblicizza la sua attività?
Semplice: perchè l’italia è piena di idioti che vedono una cosa del genere e iniziano a berciare di femminismo, di donna-oggetto, di se non ora quando (sempre, CRISTODDIO, sempre! Non ora. Fine inciso.) e il manifesto finisce sulla home page di Repubblica. Calma però, non è che ci finisce questa storia sulla home di Repubblica, ci finisce proprio il manifesto. Dico io, se devi proprio sfasciare i coglioni con menate senza senso (poi torno anche sul perchè sta storia non ha senso, altrimenti perdo il filo) limitati a raccontare i fatti. Citi lo slogan e descrivi il cartellone. Cazzo, saprebbe farlo un bambino delle elementari. E invece no. Tirare click a quanto pare non fa schifo nemmeno ai paladini delle donne e, di conseguenza, ecco il cartellone in bella mostra. Dite che sono maligno? Può essere, ma intanto andando al link dell’altro caso di pubblicità ritenuta offensiva effettuata dallo stesso negozio, in cui si tirava in ballo niente meno che dell’ex Papa, la foto del cartellone non c’è.
Ad ogni modo è chiaro che il negozietto di Bari ha capito come farsi pubblicità sul serio e in tutta la nazione e io non credo abbiano fatto nulla di male. E ora spiego il perchè di questa mia affermazione e anche il perchè ritengo questa storia senza senso. L’analisi del cartellone è semplice: c’è una bella ragazza con una frase magari di cattivo gusto o semplicemente più esplicita del lasciato intendere di centomila altri spot che finiscono su cartelloni, tv e giornali. Se ci si riflette, il messaggio che si vuole demonizzare è la possibilità che un uomo, guardando quella ragazza, provi del desiderio sessuale. Pare non sia lecito pensare a dove si vorrebbe metterlo ad una così. Cazzo, ma stiamo scherzando? Sta a vedere che adesso sono machista, maschilista o irrispettoso nei confronti della donna se provo del desiderio sessuale nei suoi confronti. Ma stiamo dando i numeri? Quel pensiero può colpirmi mentre guardo quel cartellone così come mentre guardo i cartelloni di Yamamay o le ragazze al mare. Non è che se c’è scritto sul cartellone ci penso, mentre se ci fosse stato scritto: “compro oro” avrei meditato sulla palma che fa da sfondo. Insomma, la frase di per se non può essere causa dello scandalo.
Allora forse lo è l’immagine. E qui c’è veramente tanto da dire. Avete rotto il cazzo con sto perbenismo da domenica mattina. La pubblicità deve attirare l’attenzione. Una bella donna, come un bell’uomo, attira l’attenzione e la gente la guarda. Punto. Non c’è morale o etica, trattasi di natura. E non mi si dica che è una questione italiana o femminile, perchè il pacco di Beckam ce lo siamo sorbiti per anni senza dire un cazzo. E nessuno pensa che Beckam stia mercificando il suo essere uomo. O meglio, nessuno pensa che faccia male a farlo o faccia torto a qualcuno. Certo, su quel cartellone non c’è scritto “E tu a uno così cosa gli faresti?”, però non sono così idiota da bermi la balla secondo cui il problema stia nell’esplicitare. Queste sono battaglie vuote e isteriche di chi non sa più per cosa cazzo valga la pena lottare veramente. Sveglia. Lo scandalo non è che le belle facciano pubblicità, porcamerda, ma che facciano carriera grazie alla bellezza in ambiti dove la bellezza non dovrebbe contare. Quello è il problema e per quello bisogna combattere, ma smettiamola di rompere i coglioni a pubblicità, riviste e televisioni perchè ci si rende ridicoli e, di conseguenza, si lede all’importanza delle cause vere. Il probelma della TV non è qualche ragazzina che mostra il culo ammiccante, il problema è che intorno a quella ragazzina non c’è nulla. Non ci sono più contenuti. Non si può pensare di negare che la bellezza apra delle porte, bisogna puntare sull’educare a non volersi limitare a quelle poche opzioni e provar a puntare anche, soprattutto su altro per raggiungere i propri obbiettivi. E’ per quello che tutte le ragazzine vogliono diventare veline, perchè manca l’educazione. Perchè una volta non tutte volevano diventare Heter Parisi, o le ballerine del varietà, eppure per i tempi la figura era la stessa. Non è che le scegliessero cesse all’epoca. Una volta però le mamme e i papà dicevano alle bambine e ai bambini di andare a scuola e fare l’università, così avrebbero fatto una bella vita lavorando e vivendo di quello che realmente loro piaceva. Oggi mandare i figli all’università è se non inutile quasi controproducente, perchè li si ritrova a trent’anni senza un lavoro e con le aziende che, se devono proprio assumere, assumono gente di venti “da plasmare”. E allora c’è poco da lamentarsi se una ragazzina di quindici anni magari vede il fratello di venticinque che dopo anni di 30 e lode lavora da schiavo al McDonald e decide di puntare sulle tette. La colpa non è di Striscia la Notizia, ma di uno Stato che non da alternative. Perchè la bella e scema che nella vita non può puntare ad altro che non ad apparire su un cartellone del genere ci sarà sempre. L’obbiettivo è evitare che ci finiscano (se non per scelta loro) le belle, ma con potenzialità per fare altro.
In Italia le donne hanno vita difficile in molti ambienti lavorativi e, ultimamente, la cosa si sta aggravando con esempi al limite del nauseabondo. Bisogna focalizzare l’attenzione su quello e smetterla di rompere la minchia con la questione dell’immagine della donna, perchè tra le due cose c’è la stessa relazione che intercorre tra i giovani killer e la musica metal (ovvero nessuna, preciso perchè chissà mai che Alberoni stia leggendo).
Altrimenti ci si rende ridicoli e si perde di credibilità, rovinando anche il lavoro di chi per le reali necessità delle donne (e dei gay e di chiunque altro) combatte sul serio e in modo sensato.
Che poi dai, sta vicenda è veramente ai limiti del paradossale. La Carfagna definisce il cartellone “Volgare”. Questa frase, di per se, già sembra una battuta di satira. La protagonista dello spot incriminato, tale Barbara Montereale, pare sia una di quelle del giro ciuccia-premier. Ora, davvero vogliamo associare ad una così l’immagine della donna? Io direi di no, quindi al più con quello spot ha offeso la sua, di immagine.
E chissenefrega, aggiungerei.

EDIT: ho scritto a Gilioli e a Repubblica per avere un parere in merito. Vediamo se e cosa dicono.

Google Hit List [Luglio 2011]

Mia moglie compie gli anni tra un’oretta. Auguri.

1 – il calcio è metafora della vita
2 – comunemente detta puttana
3 – berlusconi capelli finti
4 – per essere nerd cosa si deve fare
5 – dottorato di ricerca dungeons & dragons
6 – capezzoli di katy perry
7 – quando ho scelto di non scegliere…non ho mai scelto meglio..
8 – magliette tamarre
9 – ristampa scontrino ikea
10 – due chitarristi “i love you”

Manq on air

Internet è figo perchè ti permette di fare più o meno tutto. Oggi per esempio ho scoperto che esiste un sito, Spreaker.com, che permette di andare in onda con un proprio programma radiofonico. Io, che di musica ne ho sempre ascoltata un bel po’, il sogno di fare lo speaker radiofonico ce l’ho sempre avuto un po’ nel cassetto e quindi ho colto al volissimo l’occasione e ho deciso di metter su un programmino mio.
Non sentendomi particolarmente originale, l’ho chiamato “Manq on air”. Il sito è abbastanza semplice: si ha mezz’ora a disposizione, intervallata ai venti minuti da un minispot pubblicitario e si può andare in diretta parlando o mettendo musica. A dirla tutta c’è anche la possibilità di inserire effetti sonori o mixare le tracce, ma al momento mi sono fermato al livello base. Ho quindi creato una scaletta di possibili pezzi e ho fatto questa prova.
Mi sono divertito un sacco.
Ovviamente, risentendomi, si notano milioni di pecche tremende (mancanza di ritmo, tosse, discorsi confusi e via dicendo), però mi pare che con l’andare del programma le cose siano migliorate e quindi spero di poter fare ulteriori improvement nella seconda puntata.
Ho deciso infatti che la cosa si ripeterà. L’appuntamento penso sarà settimanale, almeno per il momento, e l’orario è fissato per Mercoledì sera alle ore 20.00. Avendo mezz’ora a mia disposizione e volendo comunque essere un programma di musica, metterò più o meno cinque o sei pezzi alla settimana. L’idea di fondo è cercare di essere eterogeneo all’interno dei miei ascolti, spaziando un po’ per tutti i generi che mi piacciono e quindi cercando di evitare di fare una cosa completamente inascoltabile. Non mi pongo tuttavia il problema di valutare se un pezzo possa o meno piacere a chi ascolta perchè alla fine se va in onda è perchè a me piace e tanto basta.
Cercherò anche di spaziare da roba appena uscita o in via di pubblicazione a roba vecchia o comunque più datata, perchè è quello che vorrei facesse un programma radiofonico che mi piace. Oggi ho passato il singolo d’anteprima del nuovo disco di Fabrizio Coppola, “Ancora vivo”, la open track dell’ultimo disco dei Thursday, “Fast to the end”, i Murder, we wrote con “Falling Down”, i Poison the well con “Lazzaro” e, come pezzo richiesta, i Righeira con “L’estate sta finendo”.
Avevo un pezzo richiesta perchè ho beccato Ale-BU in skype mentre facevo la scaletta e quindi ho chiesto a lui.
La prossima volta il fortunato sarà qualcun altro.
Come detto spero di poter migliorare un po’ la qualità complessiva del prodotto, anche se le mie abilità di speaker credo necessitino di qualcosa di più di un semplice rodaggio, comunque sia sono soddisfatto dell’esperienza.
Mi sono davvero divertito un bel po’.

EDIT: LA SECONDA PUNTATA ANDRA’ IN ONDA VENERDI’ 29 LUGLIO ALLE ORE 20:00.

Teaser

Giusto perchè il video del mio viaggio di nozze sarà il “Chinese Democracy” dei video amatoriali e giusto perchè non si dica che non ci ho nemmeno provato, ecco una piccola anticipazione di quel che sto facendo.
Lo so, qui di video non c’è nulla, son solo foto, ma questa cosa mi serviva per familiarizzare un po’ coi vari After Effects e Premiere. Il difficile, ovviamente, arriverà adesso.
Ovviamente va visto in HD.

Up all night

Uno dei momenti più attesi e temuti dal sottoscritto è arrivato.
I Blink 182 hanno rilasciato un pezzo nuovo dopo tipo otto anni. E’ senza vergogna che ammetto di aver avuto i Blink a pilastro della mia adolescenza musicale, ritenendoli tutt’ora uno dei miei gruppi chiave. Non erano certo più bravi di altri, non avevano certo i pezzi più belli, ma per me significavano tanto. Poi vabbè, tutto ha iniziato lentamente ad andare in malora anche a causa di un inaspettato botto da cui non si sono mai ripresi. Dopo “Enema of the state” infatti la storia li ricorda in confusione totale.
Step 1: proviamo a rifare tutto uguale e vediamo se la gente se la beve. Esce “Take off your pants and jacket”. Escono tre singoli copia dei tre singoli del disco precedente (ma copia vera: il primo con Mark che canta e loro che fanno casino in giro, il secondo con Tom che canta e loro vestiti da pagliacci ed il terzo su un pezzo dall’attitudine drammatica.), il disco è una mezza cagata e l’effetto clown sulle folle svanisce. Butta maluccio.
Step 2: Tom inizia a dire che nelle vesti di punk-rocker idiota non ci si sente più tanto a suo agio. Per testare un po’ l’ambiente butta fuori un disco pseudo side project (tipo lui e Travis con Mark in produzione) a nome “BoxCarRacers” e inizia a darsi le pose da emocorer vero mettendo “Fugazi” in qualsiasi frase pronunciata di fronte ad un microfono. Il disco in questione è una mezza bomba, a mio avviso, ed in giro la gente giusta ne parla abbastanza bene. L’operazione “i Blink 182 sono maturati” viene quindi avvallata e il gruppo butta fuori il “self titled” (ovviamente, quando una band ritiene di essere alla svolta, butta fuori un self titled. A caldo, direi di non avere nessun self titled nella lista dei miei dischi preferiti.). Io, per come ho vissuto i Blink, ad un disco del genere non ero per nulla pronto. A me non frega una sega dell’evoluzione artistica. Per me i tre di San Diego erano il gruppo di pirla di riferimento nel periodo in cui anche io ero pirla un bel po’. Veder crescere loro era come ammettere (leggi constatare. Leggi anche rendersi conto) di dover crescere a mia volta. Inaccettabile. Ad ogni modo anche all’interno della band qualcuno doveva vederla un po’ come il sottoscritto, tant’è che le cose vanno a puttane definitivamente e il gruppo va in pausa. Non si sciolgono perchè sanno già, in quel momento, che prima o poi serviranno altri soldi “facili”.
Step 3: parte quel calvario che sono i vari progetti indipendenti. Io i CD li ho presi a priori, di tutti, e li ho visti entrambi (i +44 prima ancora di aver sentito anche solo mezzo pezzo) live a Milano. Tom tira in piedi una cafonata colossale chiamata “Angels and Airwaves” mettendo clamorosamente fine al mio sogno di diventare lui. Mark e Travis provano a metter su una robetta pseudo blink ultimo periodo senza le derive intellettualoidi di Tom e ci riescono anche, ma ben presto ricominciano a suonare pezzi dei Blink che furono ai concerti ed il progetto, ufficialmente o ufficiosamente non è dato saperlo, muore. Travis intanto scopre di essere negro* e inizia una carriera hip-hop in cui può masturbare la batteria come e quando gli pare senza l’incombenza di avere altri musicisti per le palle durante i pezzi. Siamo al punto più nero della storia e, apparentemente, serve un miracolo per risollevarsi.
Step 4: arriva il miracolo. Travis si impasta con l’elicottero e ne esce tutto sommato indenne. L’occasione per una reunion strappalacrime in cui lo spettro della morte riavvicina tre amici di lungo corso è troppo ghiotta e così nasce questo progetto Blink182.0. Ormai i tre musicalmente sono affini quanto me, Andrea Bocelli e Dani Filth, ma questo non è importante se devi passare due anni in giro a suonare i pezzi vecchi spillando soldi alla gente. Ovviamente sul palco si vede chiaramente che non sono più loro. Tom canta con delle linee pretenziose che al sottoscritto mettono solo voglia di salire sul palco e picchiarlo a sangue. Travis ogni sacrosanto minuto spruzza lì un interludio autocompiacente e Mark, porello, resiste sul palco pensando che anche per quella sera ha portato a casa la pensione. La cosa dovrebbe durare un anno, riescono a farla durare due. Poi però i fan iniziano a chiedere pezzi nuovi e lì scatta il dramma. Come fare?
Step 5: i Blink182.0 entrano in studio. Da qui in poi mi baso solo su ipotesi personali e su quanto sentito nel pezzo anteprima “Up all night” rilasciato, appunto, ieri. Le chiavi del progetto, a questo punto, vengono messe in mano a Tom che essendo convinto di essere John Lennon potrebbe decidere da un momento all’altro di rimandare tutti affanculo (NdM: volesse iddio!) e andar via col pallone. Mark decide di produrre la cosa per scongiurare che Travis porti in sala mixer tutti i suoi amici negri*. Tutto dovrebbe andare bene e, con un po’ di fortuna, il disco uscirà. Bello o brutto non conta, perchè vendere venderà in ogni caso. Il problema eventualmente ci sarà col disco successivo ma nessuno di loro, credo, confida di arrivarci.
E così eccoci al punto in questione.
“Up all night” è lo specchio perfetto di questa situazione. Tom scrive un pezzo identico o quasi a quello che ritiene essere il suo momento compositivo migliore, ovvero i BoxCarRacers. Mark ci canta dentro una strofa così, giusto per non dare ai fan l’impressione che siano davvero i BoxCarRacers. Travis viene tenuto più o meno a bada con un mixaggio ed una produzione che con il rock (non dico il punk-rock, ma il rock) c’entra ben poco ed il gioco è fatto. Che la canzone sia bella o brutta, credo, non sia importante al momento. E’ importante solo ascoltarla e cercare di capire quanto possa contenere le basi per un progetto che si proclama rinato o quanto invece sia la trasposizione musicale del tanto discusso sondino naso-gastrico.
Il disco nuovo uscirà presto e lì il quadro sarà completo. Ci sarà anche un tour, ma come ho già spiegato, io non credo ci andrò.
Troppa malinconia

* c’è proprio scritto nogro/i.