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Manq

Fang-bangers and microwave fingers

Come sarà più o meno chiaro a chi segue questo blog, da quando sto in Germania ho iniziato a nutrirmi di serie televisive. Ne seguo parecchie, ma dopo la full immersion di Lost e la prima folgorante stagione di Game of Thrones ho faticato veramente nel trovare qualcosa che mi prendesse davvero. Ok, mi sono visto tutto Prison Break, continuo a seguire i vari Dexter, House, The Big Bang Theory e compagnia. Ho anche scoperto e recuperato tutti gli episodi di How I met your mother, traendone molto divertimento, ma ancora non ero riuscito nell’impresa di recuperare una serie che mi desse quello che davvero stavo cercando. A questo scopo, ho iniziato a seguire qualche sito specializzato e a parlare con amici ben più preparati di me in materia, ma i consigli arrivatimi si son quasi sempre rivelati fallimentari. Fringe l’ho mollato dopo aver a stento finito la prima serie, Breaking Bad mi ha stracciato le palle dopo quattro episodi, 24 ha ottenuto lo stesso risultato in sei mentre a The Wire è bastato il pilot per farmi gettare la spugna.
Poi, più o meno una settimana fa, la folgorazione.
True Blood è entrato di botto nella mia vita e, in sette giorni, io e la Polly ci siamo sparati tutte e quattro le serie fino ad ora uscite. Ma roba da addiction vera, con tanto di rientro a casa in pausa pranzo per poter vedere un episodiuzzo anche a metà giornata. Totale.
Ora, per chi non conoscesse la serie in questione, vado a fare una piccola introduzione. Prendete “Sogni d’amore”, la spero nota a tutti telenovela piemontese, e trasponetene le trame in un mondo in cui i giapponesi hanno inventato il sangue sintetico e, di conseguenza, i vampiri non sono più costretti a nascondersi e possono uscire allo scoperto e tentare di integrarsi con la popolazione che, ovviamente, li disgusta e li discrimina. A condire questo canovaccio, una serie infinita di scene di sesso molto esplicite intervallate da massacri splatter fuori d’ogni raziocinio. Esempio? Cose così. Ma questa è solo la punta dell’iceberg. Sotto si trovano kamikazee cristiani che si fanno esplodere ai ritrovi per vampiri, mutaforme, stalker non morti (Idolo vero, Franklin), licantropi, streghe e fate, inseriti a forza e senza alcun ritegno in trame da “classic drama” come l’amore, il tradimento, le famiglie disagiate e i problemi di alchol e droga. Un mix nonsense che avvinghia fin da subito con le sue storyline, sempre sull’orlo della caricatura di genere, ma soprattutto con i suoi personaggi.
Perchè alla fine, True Blood come gran parte delle serie, è essenzialmente fatto di personaggi. E qui ce ne sono davvero a bizzeffe (qualcuno dice troppi), tutti ben caratterizzati e quasi tutti protagonisti di una certa evoluzione lungo l’andare delle puntate. Il mio preferito è decisamente Eric, il protagonista del filmato linkato qui sopra, che nel tempo vira da Claudiano a Sawyer e che riesce sempre a tenere vivo l’interesse. A corollario troviamo poi i vari Bill, Sookie, Jason, Tara, Sam, Lafayette, Jessica e compagnia, intrecciati in continue storie che servono essenzialmente da copertura al reale scopo degli autori: farli accoppiare tra loro come ricci. E’ tipo un Dawson Creek splatter e con la gente che, oltre a struggersi, scopa abbestia. L’ho detto io, che è una cosa TOTALE.
La quarta serie l’ho finita oggi a pranzo e dovrò attendere fino alla prossima estate per avere nuovi episodi. Inutile dire che sono già in astinenza, anche perchè succedono più cose nell’ultima metà dell’ultimo episodio, che nei restanti undici e mezzo.
In sostanza, questo è quello che cerco da una serie tv. Pure entertainment.
Basta con questi drama veramente troppo drama. Basta presi male che mi fanno prendere ancora peggio. Basta show pretenziosi che si sgonfiano come palloncini dopo pochi episodi. Datemi sesso, sangue, intrighi amorosi e qualche momento di puro delirio e io sarò con voi per sempre.

Il numero di Playboy con Stephanie Seymour

Esce oggi, per celebrare i vent’anni di Nevermind, Il numero di Playboy con Stephanie Seymour. Questo libro (perchè effettivamente sembra un libro vero) vuole essere una sorta di tributo all’album dei Nirvana che, un po’ per tutti anche se per tutti con una motivazione differente, è stato importante. Siccome è un’idea che apprezzo molto (e siccome ci ho scritto sopra due righe pure io [anche se la seconda motivazione è diretta conseguenza della prima]) mi pare valga la pena di segnalarlo.
La cover è di Giudit, la retrocopertina è di Tostoini, mentre l’impaginazione è soprattutto opera di Barabba.
L’idea da cui tutto è nato e di conseguenza la regia del progetto è di Bastonate.
Hanno contribuito, in rigoroso ordine alfabetico: Accento Svedese, Alex Grotto, Andrea Bentivoglio, Andrea Mancin, Arianna Galati, Aurelio Pasini, Bart Cosmetic, Capra – Gazebo Penguins, Daniele Funaro, Daniele Piovino, Daniele Rosa, Davide Bolzonella, Diego Peraccini, Elena Marinelli, Emiliano Colasanti, Enrico Veronese, Enzo Baruffaldi, Federico Bernocchi, Federico Guglielmi, Federico Pucci, Federico Sardo, Francesca Fiorini, Francesco Farabegoli, Francesco Russo, Germana Maffucci, Giampiero Cordisco, Giovanni Pontolillo, Giuditta Matteucci, Giulia Blasi, Giuseppe Mancuso, Irene Musumeci, Jacopo Cirillo, Livia Fagnocchi, Luca Benni, Marco Braggion, Marco Caizzi, Marco Delsoldato, Marco Kiado, Marco Manicardi, Marco Pecorari, Marina Pierri, Massimo Fiorio, Matteo Cortesi, Matteo Zuffolini, Mattia Meirana, Nicola Berto, Paolo Barbieri, Paolo Belardinelli, Paolo Grava, Paolo Morelli, Pop Topoi, Ramona Norvese, Ray Banhoff, Renato Angelo Taddei, Roberta Ragona, Roberto Bargone, Roberto Recchioni, Robertz Vinx, Simone Rossi, Solo Macello, Tatiana Traini, Tito Faraci, Tommaso Belletti, Valerio Spisani, Vanessa Carmicino.
Cliccando sull’immagine a sinistra è possibile scaricare il pdf, per l’epub il link è invece questo.
Buona lettura.

A bad day

Si son sciolti i Rem.
Non sono mai stato loro fan, ma onestamente mi vengono in mente poche, per non dire nessuna band che oggi o tra vent’anni, lascerebbero un buco paragonabile nel panorama musicale mondiale annunciando la loro dipartita.

A wise man once said: “the skill in attending a party is knowing when it’s time to leave.”

La classe non gli è mai mancata.

L’Italia peggiore (cit.)

Facendo colloqui ti convinci di essere uno stronzo.
A furia di parlare con gente che ti fa sentire inappropriato, che ti tratta come se stesse facendoti un favore anche solo a starti a sentire, alla fine sei portato a pensare che quella sia la realtà. Così quasi quasi ti senti in colpa se non trovi giusto lavorare gratis. Li guardi e annuisci quando ti dicono che, in fin dei conti, fino ad oggi non hai mai lavorato DAVVERO. Sorridi. Parli con gente che non ha idea di che lavoro andrai a fare, ma le credi quando ti dice che non sei abbastanza qualificato per farlo. E, soprattutto, entri nell’ottica che la concorrenza serrata per quel posto sarà sbaragliata non con le credenziali e le capacità che dimostrerai di avere, ma solo con la disponibilità a volare più basso degli altri.
Nessuno sta cercando il migliore.
Questo è un bene, pensi, perchè tu certo non lo sei. Però magari hai qualcosina in più degli altri, qualcosa che ti qualifica sopra un certo standard. Sopra la mediocrità. E allora devi liberartene, pregarli di non tenerlo in considerazione, di non discriminarti per via di quell’handicap che può essere un titolo di studio più prestigioso o un salario di partenza meno prossimo allo zero..
Se ci riesci. Se dimostri di essere uguale agli altri, ma di avere meno pretese degli altri, sei l’uomo giusto. E cazzo se ci provi, ad esserlo, perchè hai trent’anni e in futuro vorresti avere una famiglia. Dei figli. Una stabilità economica minima che possa garantirti di essere semplicemente sereno. Non aneli ricchezza, gloria o una carriera gratificante.
Elemosini un briciolo di serenità.
Applichi per centinaia di posizioni, le più svariate, per lavori potenzialmente interessanti come per lavori che sai fare schifo. Invii CV a pioggia perchè sai in partenza che nella gran parte dei casi nessuno ti richiamerà.
Ed è così che pian piano ti convinci di essere il gradino più basso della società. L’italia peggiore.
Poi però arriva il giorno in cui, quasi per sbaglio e solo per tenere aperto anche l’ultimo spiraglio, decidi di applicare per fare il TUO lavoro. Per fare ricerca in Università.
Mandi due curriculum e ti richiamano per entrambe le posizioni.
Fai un colloquio di venti minuti e ti senti apprezzato per le tue capacità. Ti vengono riconosciuti i tuoi meriti. Realizzi che l’interesse che hanno nei tuoi confronti è unicamente correlato al lavoro che dovrai andare a fare e alle tue possibilità di successo.
E allora smetti di sentirti stronzo.
Ovviamente pensi ancora alla famiglia, al futuro, al fatto che il TUO lavoro nel TUO paese non abbia futuro. E a quel punto devi decidere cosa fare conscio che la scelta non sarà semplice.
In ogni caso però, almeno per qualche giorno, capirai che l’italia peggiore è un’altra.

Dieci anni, oggi

Di post e articoli in memora dell’11 Settembre del 2001 se ne sono letti e scritti tanti.
Nessuno potrà mai cancellare quello che è successo, indipendentemente dalle disquisizioni sul come o sul perchè sia successo.
La disperazione palpabile di chi, imprigionato nelle torri, si lanciava dalle finestre è una cosa che non potrò dimenticare mai.
Detto questo, quello che pochi fanno è commemorare e riflettere su quanto successe il 15 Settembre 2001.
In quella data, quattro giorni dopo l’attentato, Balbir Singh Sodhi diventava la prima vittima dell’odio americano verso i mussulmani.
Il primo obbiettivo centrato dal desiderio di vendetta.
La triste ironia, vuole non fosse nè arabo, nè tantomeno mussulmano.
Non si deve dimenticare nulla di quanto accaduto l’11 Settembre 2001, ma nemmeno ciò che accadde dopo e che ancora accade oggi per via di quei terribili eventi.
E le vittime innocenti vanno commemorate tutte.

Blogfest 2011

E’ con grande sorpresa ed un pizzico di emozione che segnalo che anche quest’anno manq.it non è candidato in nessuna delle categorie dei Macchianera Blog Awards.
In una vita in cui stilare classifiche è uno dei miei hobby preferiti però non posso che sostenere l’iniziativa che porta a votare e premiare i migliori blog della rete e quindi, essendo io Italiano, vorrei dare alcune indicazioni di voto a chi si trovasse a leggere.
Prendeteli come consigli, come una scusa per andare a buttare un occhio ai blog in questione. Magari potreste trovare roba che vi piace.
Tipo come blog o sito televisivo io fossi in voi voterei Serialmente.
Tra i blog cinematografici voterei i 400 calci. Anche Memorie di un giovane cinefilo non è male, ma io metà delle recensioni non le capisco, quindi al ballottaggio scelgo Nanni Cobretti e soci.
Nella categoria “miglior sito/blog andato a puttane” ci sarebbe da sbizzarrirsi, ma sarei dispiaciuto se vincesse il Pensatoio di Selvaggia Lucarelli perchè a me i suoi pezzi alla fine piacciono.
Ci sono mille altre categorie, ma non me ne interesso granchè. Specie per quanto riguarda la musica, dove di tutti i blog in classifica non ce n’è uno che seguo. Scelta libera quindi, mi affido alla vostra coscienza.
Ah, metto anche qualche indicazione di NON voto perchè, essendo italiano, sparlare del prossimo mi da gusto.
Su tutti, mi piacerebbe nessuno votasse Repubblica.it come miglior testata giornalistica perchè sta scadendo oltre l’inimmaginabile. Di contro spererei anche in una sconfitta di TGcom, più che altro per non dover assistere all’ulteriore decadimento che Repubblica.it intraprenderebbe sulla scia dell’emulazione.
Ok, questo è quanto. Per votare basta andare qui.
Inutile precisare come una montagna di blog che mi piacciono non siano in lista, perchè l’assenza tra i candidati di manq.it è di per sè esplicativa del livello del concorso.

Taking Back Sunday @ Luxor (Cologne)

Alla fine non mi va di scrivere il report del live di ieri sera.
O meglio, non mi va di scrivere un report vero e proprio che possa essere pubblicato su groovebox.it perchè concerti come quello di ieri per il sottoscritto vanno analizzati oltre l’oggettivo resoconto della serata.
La cronaca perfetta del concerto potrebbe farla la Polly, presente all’evento con un bagaglio culturale che non andava oltre i tre pezzi. Lei alla fine ha commentato così: “Non si capiva un cazzo. E il cantante è un cane.”.
Undici parole scolpite nella pietra che da sole bastano per fare una cronaca precisa e puntuale dell’evento. Il bello ed il brutto di certi concerti però è che il lato squisitamente tecnico della faccenda non sempre è centrale alla questione. Per me infatti il concerto di ieri è stato figo un bel po’ fermo restando l’analisi fatta da chi mi accompagnava.
Innanzi tutto perchè vedere John Nolan dal vivo è una cosa che aspettavo da dieci anni e lui ha saputo tener fede alle aspettative in maniera eccelsa. Poi perchè durante il concerto ho realizzato come i Taking Back Sunday abbiano all’attivo una quantità spaventosa di pezzi eclatanti. Di sta cosa sentendo i dischi non ci si accorge tantissimo, ma dal vivo traspare in maniera netta.
Ora parliamo di Adam. Io non so chi gli abbia consigliato quest’ultimo look da motociclista, ma l’effetto è che vederlo esibirsi rimanda immediatamente a scene tipo questa togliendo qualsivoglia credibilità al tutto. Come al solito le sue abilità canore rasentano lo zero, ma in quanto a cinema resta un passo avanti a tutti. Non avendo spazio a sufficienza per lanciare il microfono ovunque come suo solito si limita a passare gran parte del set tra la gente, cantando in faccia a ragazzine in lacrime e limonando presenti di ogni età, sesso e confessione religiosa. La cosa risulta ancora più geniale alla luce dei due fonici che si trovano cotretti a stare in mezzo al macello (c’era un pogo pesissimo nel pit ieri) per sorreggere e far scorrere l’infinito cavo del microfono in modo che il buon Adam non si sentisse limitato nelle sue scorribande.
Per ovviare ad un frontman che canta si e no due parole ogni pezzo, i volumi di tutto il resto erano estremi. La cosa a me ha dato parecchio gusto un po’ per via del fatto che in Italia volumi così non si trovano manco a piangere, un po’ perchè mi risultava impossibile non finire completamente trasportato dai pezzi in mezzo ad una piccola folla di gente che all’unisono cantava e urlava con una foga ed un trasporto che poche volte.
Sarà pure il mio essere insitamente frocio*, ma i testi dei Taking Back Sunday sono la cosa più bella da gridare al cielo. Quindi una situazione in cui i volumi sono come detto illegali e tutti ci si ritrova ad urlare frasi come “the truth is you could slit my throat and with my one last gasping breath I’d apologize for bleeding on your shirt”è impossibile non constatare come il tutto valga assolutamente la pena di essere vissuto.
Momento più alto della serata sicuramente “Ghost man on third”. Momento più basso forse quando Adam decide di cantare anche “Existensialism on prom night” invece che lasciarla a Nolan. Anzi no. Momento più basso quando decidono di suonare un pezzo richiesto da un ragazzo su twitter nel pomeriggio, io mi bagno come una ragazzina convinto stiano per sparare quella “Head Club” che gli avevo prontamente richiesto il pomeriggio su twitter ed invece piazzano “Set phasers to stun”.
Chiunque tu sia, richiedente misterioso, ti odio dal profondo del mio cuore.
Non c’è molto altro da aggiungere. Avrei voluto la maglietta blu con la scritta gialla, ma avevo solo quindici euro in tasca. Avrei voluto scattare delle foto, ma non mi han fatto passare la macchina. Avrei voluto evitare di sentirmi il gruppo di spalla ed invece me lo son beccato tutto. Sta cosa poi aprirebbe di per sè ad un analisi: si trattava di cinque maltrainséma che suonavano male pezzi fotocopia ai primi TakingBackSunday/BrandNew facendo vergognare me per loro. Erano tedeschi. Qui supportano la scena locale. Sempre. Anche quando sarebbe meglio evitare.
Un’altra piccola lezione da prendere e portare a casa.
Ok dai, il “report” direi che può finire qui. Alla fine ho scritto più del previsto.
Volendo chiudere con un messaggio, direi che sarebbe qualcosa tipo: “I Taking Back Sunday sono una delle peggiori live band esistenti, quasi esclusivamente per via del loro frontman. Però in un contesto di club o piccolo locale l’esperienza ne guadagna a pacchi”.

Google Hit List [Agosto 2011]

Son giorni difficili questi, per stilare una classifica delle googolate. Insomma, ci sarebbero una cifra di cose di cui scrivere e a cui dare maggiore risalto delle chiavi di ricerca che portano a questo blog, ma così vuole la tradizione e alla tradizione non si comanda.
Oltretutto le riflessioni che mi capita di fare in questi giorni tracimano Madonne da tutti i pori, quindi non doverle trasporre in parole inoffensive all’animo di eventuali lettori sensibili al moccolo un po’ mi allieta.
Tra l’altro Agosto s’è rivelato un mese boom per le parole chiave di questo sito. La lista del sempre vigile Google Analitics ne riporta ben 295, cosa che non capitava da un bel po’. La più gettonata è stata la search “Nathalie Goitom” con ben 65 ricerche. Il che dovrebbe garantirmi almeno 65 persone che in tribunale, qualora incontrassi la sopracitata giornalista sportiva, ci provassi e mia moglie chiedesse il divorzio, possano testimoniare il mio essere legittimato a farlo.
Bene dai, è tempo di lasciare spazio alla classifica.
Domani gli Europei di Basket propongono Germania-Italia, qui c’è gente che ci tiene parecchio quindi forza ragazzi!

1 – мозг микроскоп
2 – donna che pensa
3 – e chi ha orecchie per capire inteda
4 – bambino cubano-napoletano una versione quantomai strana
5 – occhiali di thema
6 – immagini cristo divertenti
7 – manifesto giallo oro tette nude
8 – ufa che caldo
9 – come fare un costume da lupo
10 – rihanna da piccola

La mia ricetta per risollevare l’Italia.

In questi giorni un po’ tutti si stanno prendendo la briga di dire cosa secondo loro andrebbe fatto per risollevare il paese in un momento come questo. Viene da sè infatti che, salvo chi ancora non vuol propiro utilizzare un minimo di raziocinio, tutti possono facilmente comprendere che non sarà festeggiando il 25 Aprile il 23 che si potranno risollevare i conti.
Bene, in questo marasma generale ritengo di poter benissimo dire la mia anche io, formulando una proposta semiseria su quale potrebbe essere il mio programma se volessi, domani, presentarmi come alternativa alla gestione politica del paese.
Dico semiseria perchè per gran parte delle questioni non sono preparato a sufficienza per poter trovare rimedi reali da solo, quindi accennerò solo le linee di principio sulle quali proverei a costruire un progetto. Per le analisi dettagliate dei singoli ambiti necessito infatti di un team di persone preparate e degne di fiducia con cui poter sviluppare i concetti.
Partiamo quindi con l’enunciare il mio programma.
Innanzi tutto io presenterei una candidatura ad orologeria. Il primo punto del mio programma sarebbe infatti restare in carica unicamente per un tempo limitato, necessario per dare al paese le basi legislative su cui ripartire. Ipotiziamo un anno. Questo punto verrebbe attuato firmando una lettera post-datata di dimissioni. Alla compilazione delle liste elettorali del partito, ogni iscritto firmerà la sopracitata lettera, impegnandosi a lasciare il suo posto nei termini stabiliti.
Questo primo punto avrebbe essenzialmente due risvolti: il primo sarebbe la necessità di lavorare bene e sodo per riuscire ad attuare il programma di governo in un tempo limitato. Il secondo che, sia che ce la si faccia sia che si fallisca, l’Italia non dovrebbe preoccuparsi di noi per più di quel preciso e limitato periodo di tempo. Alla peggio quindi, il paese resterà fermo per 12 mesi. Calcolando che è fermo dagli anni novanta è un rischio che potremmo anche permetterci.
Il secondo punto del programma, diretta conseguenza del primo, è che ogni iscritto alle liste firmerà il consenso al pagamento di una penale salata qualora non presenzi con costanza all’attività di governo. Il che significa calcolare il numero esatto di ferie annuali che ha un qualisasi lavoratore dipendente e concedersi quelle e quelle soltanto. Per riformare un paese serve tempo, la burocrazia è lenta già di suo e quindi bisogna lavorare duro e con impegno. Pare assurdo doverlo mettere per iscritto, ma vista la situazione meglio non dare nulla per scontanto.
Questi primi due punti dovrebbero già di per loro portare alla partecipazione di gente motivata e che non miri ad una poltrona, ma davvero a fare il bene del Paese.
A questo punto spiego anche un paio di criteri con i quali verrebbe effettuata la selezione degli iscritti alle liste. Saranno ben accette candidature di persone tra i 25 e i 45 anni, laureate e disposte a prendersi un anno di aspettativa per poter fare politica al 100% senza distrazioni. Calcolando la quantità di precari qualificati che ci sono in Italia non credo sarà difficile trovare gente in gamba che rispetti questi requisiti. Sia l’età che il titolo di studio saranno altamente vincolanti. Inoltre, non si accetteranno candidature di persone laureate in scienze politiche o discipline non strettamente utili a comprendere i problemi del paese e tentare di risolverli. Definiamola una lista di “tecnici”, intendendo come tali persone che come unica qualifica non abbiano quella di saper andare a Porta a Porta o Ballarò ad imbonire gli Italiani.
Formata la squadra, resterebbe unicamente da gestire la questione del programma vero e proprio, ovvero di quali riforme occuparci.
L’unico programma del mio governo sarà riformare la politica, ovvero legiferare in modo che dopo di noi la classe dirigente sia selezionata in base alla competenza, restituendo il paese agli elettori per una nuova tornata elettorale che possa far ripartire la nazione con alla guida gente capace e motivata.
Quindi, in soldoni, si tratterebbe di:
– Riformare la legge elettorale. Sono convinto che chi prende più voti debba poter governare in santa pace per una legislatura e avere il tempo di fare o non fare quanto progettato. Senza scuse, senza alibi. Di conseguenza mi pare giusto che chi ottiene maggioranza relativa abbia il 55% dei seggi (esattamente come credo sia ora). Non si può certo aspettare che per governare un paese il 55% dei diritti al voto esprima la stessa preferenza. Tuttavia introdurrei: limite di 60 anni per l’eleggibilità, laurea come requisito indispensabile, limite massimo inderogabile di due legislature, eleggibilità in base ai voti raccolti e non alle graduatorie di partito e impossibilità a presentarsi per cariche diverse, in liste diverse o eventualmente anche a nuove elezioni senza aver prima dato le dimissioni dalla posizione politica attualmente ricoperta. Spiego meglio: sei deputato e vuoi presentarti alle europee? Prima ti dimetti. Sei sindaco e vuoi presentarti alla camera? Prima ti dimetti. Sei il presidente del consiglio? Non puoi essere capolista alle regionali se prima non ti dimetti. Mi pare chiaro.
Inoltre, l’elettore sarà tenuto (pena l’invalidamento della scheda) ad esprimere una preferenza non solo per il partito, ma anche per un candidato. Votare è una cosa seria e va fatto seriamente. L’idea è impedire che persone occupino cariche pubbliche senza il consenso popolare, così da responsabilizzarne le azioni. Chiamerei l’insieme di queste riforme “anti-Scilipoti”.
– Ridurre i costi della politica per davvero. Stipendi dei politici proporzionali al PIL pro capite, riduzione drastica non solo del numero dei politici, ma dei benefit agli stessi, comprese pensioni e rimborsi vari. Trasformerei il lavoro del politico in un lavoro ben pagato (perchè trovo giusto lo sia, trattandosi di posti di responsabilità), ma non più sinonimo di privilegi. Una volta ho sentito Zaia in televisione dire che i politici vanno pagati perchè “si deve avere un guadagno nel fare politica, altrimenti uno resterebbe a fare l’imprenditore”. Ecco, per me chi ragiona così è bene faccia altro. Lasciamo la politica a chi ce l’ha a cuore, perchè di gente così ce n’è tanta e di tutti i colori e le ideologie.
Il problema dell’Italia adesso non è la crisi, non sono i bilanci, non è il lavoro nè la sanità nè l’istruzione.
Il problema è una classe politica che di queste cose non è capace di occuparsi e, soprattutto, che se ne frega del fatto di non saperlo fare forte del suo essere intoccabile.
Di conseguenza quindi, è su quest’ultima che bisogna agire.