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Manq

Anche lui, alla fine, ha fatto pure cose buone…

Tipo morire.
Battute a parte, oggi gira in rete questo filmato di un discorso di Hitler del 1932.

Con questo io non sto facendo un parallelismo tra Grillo e Hitler, nè tra M5S e Partito Nazista.
Il mio punto è solo che certi discorsi, in momenti di crisi e difficoltà, fanno certamente presa ed è facile cavalcare un risentimento popolare diffuso ed eterogeneo per far leva e guadagnare consenso. Bisogna fare attenzione, da ambo i lati. Chi si propone con questo atteggiamento deve in primis stare attento a non eccedere nel delirio di onnipotenza, nel totalitarismo (di cui il voler per forza governare da soli è un brutto sintomo) e trasformarsi in qualcosa che, ne sono sicuro, non è quello per cui si è iniziato a far politica. A tenere gli occhi aperti, però, deve essere soprattutto il popolo che segue questo tipo di leader carismatico. Sono i seguaci che danno il potere, gli elettori, e quindi sono loro i primi in obbligo di tirare il freno.
PS: Ma ci sono i discorsi di Hitler su youtube? E’ normale?

Italia, un Paese buono per i test nucleari

La vignetta, profetica, del sempre geniale Makkox qui a lato è un po’ la base di questo post, fatto essenzialmente di commenti che inevitabilmente per molti odoreranno di senno del poi. Ad onor del vero però, io non credo che Bersani questa volta possa far sua la classica giustificazione del “dopo son buoni tutti”, perchè, se avesse ascoltato bene, che le cose stessero andando maluccio qualcuno aveva iniziato a dirglielo ben prima di ieri. Si potrebbero fare molti esempi, ma credo che tutti possano essere raccolti dall’appello di Crozza a Ballarò e quel suo: “avete ancora un mese per riuscire a perdere le elezioni, pensate di farcela?“.
Sì.
Ad ogni modo, questo post non vuole parlare del PD nè delle cause della sua sconfitta. Una bella analisi sul voto io questa mattina l’ho letta ed è quella pubblicata su I hate Milano. Mi preoccupa di più parlare di ciò che viene adesso. Sostanziale parità PD-PDL, ingovernabilità di fatto, M5S primo partito con tutte le implicazioni del caso. Che si fa? Ecco, gli scenari che vedo sono essenzialmente due:
1- Il PD propone accordo a Grillo, che non essendo scemo rifiuta. Motivo: a parte che tutta la campagna grillina si basa sull’essere altro e quindi difficilmente si assisterà ad un alleanza formale, il M5S non ha alcun interesse nel fare parte di un governo ora. Ha ottenuto ciò che voleva, ovvero la morte della “vecchia politica” che, oggi, non è in grado di gorvernae il Paese. Si nascondono dietro il “voteremo le idee” senza dire (o in alcuni casi senza sapere, secondo me) che per avere delle idee da votare serve un governo e che per avere un governo servono i numeri. Che non ci sono. Quindi prima di poter votare le idee serve che qualcuno formi un governo, cosa che senza di loro, apre all’unica possibilità del punto 2.
2- L’asse PD-PdL. Leggi anche il chiodo che manca per chiudere la bara. Io già le sento circolare queste voci, al grido di responsabilità e bene del Paese. In realtà l’intento, ormai davvero impossibile da non vedere, è l’autoconservazione. Cercare in tutti i modi e con tutte le forze di non darla vinta a Grillo, il quale, lungimirante e per nulla fesso, auspica proprio uno scenario di questo tipo che, di fatto, gli consegnerebbe l’Italia. Un maxigoverno oggi, oltre a privare Pd e PdL di qual si voglia credibilità (Ok, solo il PD, perchè il PdL ha dimostrato di poter sopravvivere a tutto), avrebbe durata molto molto limitata se non a patto di restare nell’immobilismo che condurrà senza se e senza ma alla deriva.
Comunque vada, insomma, Grillo vince.
Il punto quindi è decidere come. Leggevo su Twitter una proposta di Civati (di cui ho già avuto modo di dire male in passato, ma che riconosco essere una delle personalità più avanti, oggi, nel PD) di un governo di minoranza PD, concetto che onestamente mi è poco chiaro, che possa traghettare l’Italia al voto previa riformulazione della legge elettorale e altre cose. Volendo ancora una volta credere all’intenzione seria di riformare una legge elettorale che dal 2006 è sopravvissuta a qualunque tipo di maggioranza, io penso che la soluzione sia davvero in quella direzione. Un governo ad interim, a questo punto con grossa partecipazione M5S, che si prefissi l’attuazione di due o tre punti in un anno, uno dei quali dovrebbe proprio essere la riformulazione della legge elettorale. Questa, pensandoci, è la cosa più vicina al votare le idee. Ci si accorda a tempo determinato per fare qualcosa che possa portare l’Italia a votare in condizioni decenti tra un anno. Alla fine, rifare la legge elettorale e tagliare i parlamentari sono proposte centrali del progetto di Grillo, quindi non vedo perchè dire di no. A meno che l’intenzione non sia fare il bene della nazione, ma solo il proprio tornaconto, cosa che poi andrebbe comunque spiegata ai propri elettori. Mi spiego: se ci fosse la possibilità di attuare due punti del programma, una risposta del tipo: “Non lo facciamo perchè vogliamo farlo solo se possiamo farlo da soli, senza allearci con nessuno” a me elettore di Grillo non andrebbe giù. Poi oh, io Grillo non lo voto quindi posso anche sbagliare.
Insomma, la questione adesso è aperta e nel mio piccolo voglio sperare che l’intento di tutti gli aventi diritto sia arrivare ad avere un governo che faccia qualcosa, perchè dopo vent’anni di immobilismo è anche ora di dire basta. In quest’ottica io sarei disposto anche a dare a Grillo una chances di dimostrare sappia davvero ciò che fa e non sia solo uno strillone.
Chiudo il post con la considerazione da cui tutto è partito, titolo compreso. Io ieri, quando ho visto i sondaggi attribuire il 37% al PD ero comunque basito per il 30% di Berlusconi. Trentapercento. Io posso accettare tutto, ma c’è una soglia oltre cui non si può andare. Ora potrei anche star qui ad elencare tutti i motivi per cui rivotare Berlusconi nel 2013 vuol dire avere la merda nella scatola cranica, senza se, senza ma e con un sonoro fanculo a chi ritiene questa esternazione poco democratica, ma non ne vedo davvero più l’utilità.
Settimana scorsa Bastonate si preparava alle elezioni con la settimana grindcore e io ho voluto dare il mio contributo con un video.
Le mie indicazioni di voto.
Dai, provate a dirmi che avevo torto.

The universe window

Tempo fa avevo scritto del mio tentativo di approccio a Fringe fatto, sostanzialmente, della visione dell’intera prima stagione. Avevo anche scritto che quella mi era bastata per decidere di mollare tutto e dedicarmi ad altro.
Son passati anni e vuoi per il continuo sentire più o meno da tutti che avevo mollato troppo prematuramente, vuoi per l’hype generato dalla messa in onda del season finale, io e la Polly abbiamo deciso di imbarcarci di nuovo nell’impresa e ci siamo recuperati, in una ventina di giorni, tutti i restanti episodi della serie.
Oggi, dopo la visione dell’ultimo atto, non posso che sedermi, tirare le somme, e ringraziare chi mi ha spinto ad andare avanti. Fringe è una serie bellissima, che nei momenti più alti forse risulta addirittura inarrivabile e che, pur non priva di moltissimi difetti, si fa apprezzare anche per la volontà di chiudere tutto.
E qui, il parallelo non può che essere con Lost.
Andiamo però con ordine. La prima stagione mi aveva fatto schifo essenzialmente per due ragioni. Uno: l’andamento era troppo procedurale a scapito di una trama orizzontale potenzialmente interessante, ma eccessivamente diluita credo anche a causa del fatto che gli autori stessi non sapessero dove andare a parare (vedi Massive Dynamics che, al principio, sembrava davvero dover’essere la causa di tutti i mali). Due: ci ho visto un atteggiamento “stronzo” nei confronti della fantascienza e della scienza in generale, fatto spesso di espedienti spicci e giustificazioni sommarie che io proprio non riesco a digerire. In questo la serie è migliorata tanto con l’andare delle stagioni (non sto a fare noiosi esempi), dimostrandosi più accurata nelle basi su cui fondare le proprie teorie fantascientifiche e quindi più gradevole per chi la guarda con il mio approccio. Dal punto di vista ideologico resta comunque difficile sorvolare sulla demonizzazione costante di scienza e scienziati, immortalati nel corso delle stagioni in tutte le loro possibili derive malvagie fino a diventare, nella stagione conclusiva, addirittura artefici di una dittatura. Come per altri telefilm (o film, musica, ecc…) tuttavia, un messaggio di base del tutto non condivisibile non pregiudica il mio apprezzamento al prodotto e quindi non mi ha impedito di amare ciò che alla prima stagione è seguito.
Il momento migliore di Fringe, se di momento si può parlare, per il sottoscritto va dall’episodio finale della season one a circa metà/tre quarti della terza. In questo arco di tempo viene fuori davvero il meglio del prodotto, sia in termini di personaggi, che di archi narrativi. L’antagonismo tra universo blu ed universo rosso, la caratterizzazione di tutti gli alter-characters, la magistrale prospettiva data allo spettatore che si immedesima nell’abitante dell’universo blu e percepisce come “nemico” l’universo rosso, seppure a conti fatti quest’ultimo non abbia mai fatto nulla di ostile nei confronti del primo e, anzi, stia collassando proprio a causa di quelli che questo taglio sublime ci porta ad identificare come i buoni.
Tutto molto bello.
Con la fine della terza stagione però arrivano i primi guai, intesi come momenti non proprio altissimi. Il finale della season three è credo il punto più basso toccato dallo show, tra incongruenze evidenti (o perlomeno percepite come tali) e personaggi alla Sam Wise messi lì unicamente a giustificare svolte narrative inspiegabili. Tutto confuso, tutto tirato assieme in malo modo. E’ un po’ uno spartiacque visto che da lì in avanti lo show si concederà diverse infrazioni alla sacrosanta regola dell’acquario (cit. Darth Von Trier), che riporto di seguito:

Da appassionato di fantascienza ho sempre notato che una costante dei buoni lavori del genere, vuoi letterari e fumettistici o cinematografici, è la coerenza deterministica degli assunti dell’opera, per tutta l’opera e indipendentemente da quanto possano essere assurdi: se stabilisci delle regole quelle sono e rimangono per tutta la durata della faccenda. Un po’ come in un acquario, in cui l’ecosistema è chiuso e perfettamente auto-sufficiente, a prescindere da quanto siano strane le cose che ci stanno dentro, palombari di plastica e casse del tesoro compresi. Un buon acquario, oltre ad essere bello, deve anche avere la sua coerenza interna, altrimenti i pesci muoiono. Allo stesso modo in un buon progetto di fantascienza, nel mondo inventato di sana pianta che racconti, non devono esserci falle di ragionamento o sospesi non desiderati, sennò sei Lindelof.

Appunto.
Con la questione viaggi nel tempo, le timeline gestite a volte come veri e propri universi paralleli e a volte no e mischiando a piacimento le due più accreditate teorie sul viaggio nel tempo (Terminator e Ritorno al futuro, per intenderci), quello che ne esce è spesso un mezzo pastrocchio. Come fu per Lost quindi, la fortuna dello show è che questo casino succede a serie inoltrata, quando le storie dei personaggi son già molto radicate nel cuore di chi guarda e quindi con un po’ di puntate di assestamento e qualche taglia e cuci privo di apparente logica, il plot può essere rimesso sui binari senza troppi danni e senza smantellare la passione di chi sta seguendo. Così dopo i primi episodi della quarta stagione, il tutto riprende quota e pur non arrivando ai picchi precedenti, si assesta comunque su livelli assolutamente discreti. Ad onor del vero ho apprezzato moltissimo anche il drastico cambio di rotta per la stagione finale, che sposta tutto da un piano più investigativo, ad uno più action. Non sembrerebbe quasi nemmeno la stessa serie, le dinamiche vengono completamente stravolte, ma l’effetto per me è stato comunque molto interessante e piacevole.
La cosa però che più di tutto va riconosciuta a Fringe è il tentativo di chiudere i cerchi. Bene o male che fosse, con scelte condivisibili o meno, io ho visto un grande sforzo degli autori nel tentare di non lasciare nulla in sospeso, di tirare i fili della continuity e chiudere quindi senza che lo spettatore avesse voglia di mettere loro le mani in faccia.
Tutto quello che è mancato a Lost, insomma.
Quindi niente “Chissenefrega delle spiegazioni, l’importante sono i personaggi”, ma invece una gestione del tutto più attenta, volta a dare all’intera opera e non solo alle parti più easy da manipolare una chiusura dignitosa. Poi le scelte possono piacere o meno, sia chiaro, perchè il punto non è lì. Non lo è mai stato.
Per chiudere, quindi, Fringe è una serie bellissima con tanti difetti e chiunque dovrebbe guardarsela tutta.
Soprattutto “White tulip“.

A bad day for Die Hard

Se molteplici indizi fanno una prova, credo di aver capito dove sta il problema.
Non sanno più scrivere i film d’azione. Il problema è solo quello, a pensarci bene, perchè i mezzi ci sono, gli attori pure e nella maggior parte dei casi c’è anche un certo stile nel costruire le scene fracassone. In questo film, ad esempio, le scene di inseguimento, sparatoria e esplosioniglobbali son fatte più che discretamente. Anzi, son proprio belle. Però a vederle mi viene il forte dubbio che chi ha realizzato questo film si stia prendendo gioco di me e quindi alla fine, pensandoci, tendono a farmi incazzare. E non perchè siano inverosimili, quello non è mai stato un problema, ma perchè danno proprio l’idea di essere quello su cui si fonda il film. L’idea alla base, secondo me, è questa: “Chi viene a vedere Die Hard nel 2013 vuole vedere i botti, quindi diamogli i botti, ma senza prenderci la briga di contestualizzare. Botti di per sè stessi e lo portiamo a casa.”. E invece un cazzo.
[NOTA: da qui potrebbero entrare spoiler come piovesse. Non credo guastino nulla, ma meglio avvisare] Prendiamo la sequenza che in sostanza apre il film, quella dell’inseguimento in piena Mosca. Come sequenza io non credo ci sia nulla da eccepire. Non sono un tecnico, ma secondo me è una roba gigante, con un sacco di botti ed esplosioni e spari e testacoda e altri scontri. E pure che John McClane con una cazzo di jeep fa ribaltare un blindato grosso cinque volte e venti più pesante non c’è problema, già dal passato episodio il buon detective di New York da eroe per caso s’è trasformato in una sorta di Superman e quindi non sta davvero lì la questione. Il problema è che nel centro di mosca, senza sapere cosa sta succedendo, Bruce ruba prima un camion e poi una macchina gettandosi in una mischia di cui non sa nulla. Manca anche una minima idea di base per cui tutto possa succedere senza che il pubblico si chieda: “Ma che cazzo succede?”. Non ci hanno neanche provato a fare un film. A me Die Hard 4 era piaciuto parecchio perchè pure con un poliziotto al limite del pensionabile ferma un’organizzazione criminale addestrata e senza scrupoli praticamente da solo, c’era una storia. Semplice, lineare, di contorno ad elicotteri abbattuti a colpi di utilitarie, ma pur sempre una storia con un capo ed una coda che potesse avere un senso, estrapolata da quello che ci succede dentro, e che tutto sommato aveva anche buoni rimandi ai capitoli precedenti. Il furto mascherato da terrorismo, McClane che ci si trova in mezzo per puro caso, grandi classici del marchio contestualizzati quella minima per dare alle esplosioni quell’alone di verosimiglianza che basta a sospendere l’incredulità. A questo giro invece c’è un Bruce Willis che parte apposta per Mosca con intenzioni dubbie (nel senso che sono probabilmente bellicose, ma non si capiscono perchè gli arrestano il figlio e lui va senza un’idea di che cazzo fare una volta lì. Farlo evadere? Salutarlo? Ucciderlo? Mah.), scende dall’aereo e si trova in mezzo ad un inseguimento e da lì tutto prende il via. Pure il plot twist, se vogliamo definirlo tale, è non solo ovvio, ma pure completamente decontestualizzato e privo di qual si voglia senso. Non entro nei dettagli che non c’è davvero bisogno e, comunque, è difficle spiegare una roba che non sta in piedi, comuqnue il grosso, enorme problema di sto film è che non è un film. E io scrivo sta cosa essenzilamente per dire che me ne sono accorto e che non mi si compra con un dito medio fatto lanciandosi da una finestra mentre un elicottero guidato da una passera in vena kamikaze si schianta dentro il palazzo. E’ una scena che apprezzo, ma non mi ci vendi il film. Perchè non sono un coglione. Anzi, inzio a pensare che chi non capisce sei tu che questo film l’hai scritto convinto di aver centrato l’obbiettivo solo perchè hai messo insieme delle buone sequenze action e del basso fanservice ammiccando a The Last Boyscout in un paio di sequenze.
Vai affanculo, va, che mentre scrivo mi sto proprio incattivendo.
Chiudo dicendo che prima del film ho visto il trailer di Gangster Squad. Quello che ho colto è che han fatto il remake degli Intoccabili.

Indicazioni di voto

Mi si segnala questo test facile e veloce che dovrebbe più o meno indicare da che parte ci si trova, in termini programmatici, rispetto ai partiti che si presentano alle prossime elezioni politiche. L’ho trovato interessante e quindi ve ne parlo.
Poi magari nei prossimi giorni scrivo un post sulle mie intenzioni di voto, ma magari no.
Sicuramente scriverò un post su Fringe e sul suo avermi privato di qual si volgia tempo libero.

THX to: Voi Siete Qui.

TicketOne.it is the new Merda

Come abitudine, io i biglietti in prevendita da TicketOne.it non li ho mai presi. Un po’ perchè per gli eventi a cui solitamente partecipo pagare la prevendita è abbastanza inutile, trovando sempre o quasi disponibilità sul posto, un po’ perchè proprio come filosofia trovo TicketOne.it una roba contro cui schierarsi a priori e senza necessità di reali motivazioni. E’ tuttavia capitato che mi ritrovassi per le mani due voucher da 25 euro l’uno proprio da utilizzare sul portale in questione e così ho dovuto farmi forza, infrangere quasi tutti i miei preconcetti morali ed etici, e acquistare sul sito.
Tutto questo ha portato ad un’unica conseguenza positiva: ora posso continuare a parlare male di TicketOne.it, ma posso farlo con cognizione di causa. Da lì, la decisione di estendere a tutti una mia analisi in merito.
Andiamo con ordine, per punti.

1 – Decido di regalare due biglietti per un evento all’Arcimboldi ai miei genitori, per Natale. In questo caso il modo più semplice e veloce per procurarmeli è proprio TicketOne.it e quindi decido di interfacciarmi con il loro sistema e provare ad utilizzare questi fantastici voucher.

2- Vado sul sito e procedo a selezionare l’evento e i posti. Mi accorgo che parte un conto alla rovescia di tot minuti, una quindicina, entro cui dovrò per forza di cose completare tutta la procedura di acquisto. La cosa mette un po’ di ansia e di pressione e non ne capisco minimamente l’utilità, ma non è una particolare tragedia.

3- Arrivato al momento di effettuare il pagamento, il primo scoglio. Non è possibile inserire più di un voucher per ogni acquisto. Se volessi usare due voucher, dovrei comprare i due biglietti separatamente, pagando due volte le spese di spedizione. Questa cosa è abbastanza un’inculata, oltre a non essere prassi su moltissimi altri siti di acquisti online. Amazon, ad esempio, ti fa inserire tutti i voucher che vuoi in un singolo acquisto. E ci mancherebbe pure, essendo un voucher a tutti gli effetti denaro. La cosa assurda è che non puoi usare più voucher nemmeno se acquisti più biglietti per lo stesso evento e, probabilmente (non ho provato), nemmeno se acquisti più biglietti per più eventi, ma in un unico ordine.

4- Pensando ingenuamente di sbagliare qualcosa io, sospendo l’acquisto e decido di contattare il servizio clienti on-line per avere spiegazioni in merito. Visto il conto alla rovescia, chiudo proprio tutto e non se ne parli più fino ad ottenuto chiarimento. La risposta mi arriva dopo 2 giorni lavorativi e dice solo: “Non si possono cumulare voucher all’interno dello stesso ordine”. Beh, grazie.

5- A questo punto decido di usare un solo voucher per l’acquisto del regalo dei miei genitori. Scopro però un concerto che mi interessa ad una settimana di distanza. Prezzo 20 euro in cassa, poco meno di 25 con prevendita. Vabbè, pur di non averci più a che fare, decido di fare questi due ordini, smaltire i buoni e buttare via soldi in prevendita per un concerto che sicuramente non sarebbe andato sold out. Torno sul sito TicketOne.it, avvio il procedimento, parte il timer, inserisco i dati e procedo all’inserimento del voucher. Codice Voucher non valido. Bestemmio. Provo un paio di volte, ma niente. Penso quindi che forse l’averlo inserito in quell’ordine mai concluso fatto giorni prima possa aver invalidato il codice. Provo col secondo codice, quello del secondo buono. Nulla. Non va. “Codice non valido”. Essendo Sabato decido di non contattare di nuovo il servizio on-line, ma vado direttamente ad uno sportello a chiedere spiegazioni. Mi dicono che, ovviamente, loro sono solo punto vendita e che non sanno come aiutarmi visto che i voucher, da loro, non li si può usare. Valgono solo on-line. E va bene.

6- Torno a casa e decido di chiamare il servizio clienti a pagamento (1 euro al minuto iva esclusa). Come al solito musichette e menù interattivi a cascata fino a che riesco a parlare con un operatore, a cui riferisco il problema. Risposta: scriva al servizio clienti on-line. What? Sì, loro non sanno come aiutarmi e si fanno pagare un euro al minuto per dirmi di usare il form on-line gratuito. Ormai le bestemmie non si contano più.

7- Ho un’illuminazione. Penso che possa magari essere un problema di browser, così rifaccio tutta l’operazione usando Chrome invece che IE. Sto giro il codice risulta valido e così acquisto i biglietti per i miei (ci torniamo dopo).

8- Decido di usare il secondo voucher per il concerto cui volevo andare, ma ormai siamo a Lunedì ed essendo il live Mercoledì le prevendite sono chiuse. Quindi nisba. Ok, questo non è imputabile a TicketOne.it nello specifico, però se tutto fosse andato via liscio io avrei potuto acquistare senza problemi. Invece no, il voucher mi resta in mano per un futuro evento. Evviva.

9- Dicevo dell’acquisto del regalo dei miei. E’ il 16 dicembre e sul sito TicketOne.it non c’è una previsione di consegna dell’ordine. Nulla. Niente stime, neanche spannometriche. Il niente. Io, spinto da ingenuità cronica, ritengo che 9 giorni per stampare due biglietti e recapitarli via corriere espresso siano sufficienti e così ordino, fiducioso di poter avere il regalo per natale. In quest’ottica, inserisco come luogo di consegna l’ufficio dei miei suoceri, così che il corriere trovi sicuramente qualcuno al momento della consegna. Inoltre seleziono tipo 3 euro di “Confezione Regalo”.

10- Ovviamente nulla arriva per Natale. L’ordine viene preso in carico diversi giorni dopo l’acquisto on-line. Va bene, ok, non garantivano nulla (in realtà proprio non dicevano nulla per potersi orientare) quindi mea culpa. La spedizione parte dopo Natale e il corriere arriva a consegnare. Quando? Il 31-12 alle 16.30. Chiaramente trova chiuso, perchè non dico tutti, ma la maggior parte degli uffici fa mezza giornata il trentuno di Dicembre. Per carità, ancora niente di grave, ma giusto per sottolineare l’ingegno con cui lavorano.

11- Siamo alla conclusione. La consegna avviene i primi giorni di Gennaio ed io ho i miei bei biglietti nella loro fantastica e non proprio economicissima confezione regalo. Vado dai miei e do loro il regalo di natale, scusandomi per il ritardo. Loro aprono la confezione e, come per magia, ecco due bei biglietti con stampato sopra a caratteri cubitali il prezzo.

Ecco, questo è il resoconto dettagliato della mia prima esperienza di interazione con TicketOne.it. La personalissima morale che ho tratto da questa vicenda è che se pure siano meritevoli di disprezzo anche solo per le percentuali assurde di diritti di prevendita che applicano ai biglietti, questo è nulla in confronto alla scarsità del servizio che offrono.
Per queste ragioni, caro il mio bel TicketOne.it, per quanto mi riguarda devi morire male.

Django Unchained

  • Manq 
  • Film

Ieri sera sono andato a vedermi il nuovo film di Quentin Tarantino, che si intitola “Django Unchained” e la cui locandina è qui a fianco.
Sono tutt’ora un po’ dubbioso.
Nel senso, il film è un film grosso così e su questo non ci sono dubbi, però boh, sono uscito dalla sala senza la convinzione di aver visto una cosa irripetibile o sconvolgentemente bella. Convinzione che finito “Inglorious Basterds”, ad esempio, era subito lì scolpita sulla mia faccia inebetita. Il motivo è che forse sono troppo ignorante, cinematograficamente parlando, ma per una volta ho visto un film di Tarantino che mi ha dato l’idea di essere “solo” quello che avevo visto. Non so come spiegarmi.
Faccio il parallelo coi Basterds perchè è il concorrente diretto. Lì ho visto un film sui nazisti che però era un metaforone facile e diretto sull’arte del cinema che salva il mondo dalla violenza. E poi era un film sui nazisti che però era un western travestito, con gli scalpi, gli indiani e via dicendo. Insomma, c’era tutto un sottotesto facile facile da cogliere che però dava uno spessore al film che qui, secondo me, manca un po’.
Questo film è esattamente quello che si vede on screen: un film sulla schiavitù degli afroamericani nell’america del far west. O almeno, a me è arrivato così.
Per cui è facilmente il miglior western che io abbia mai visto, però ti resta quella sensazione di “tutto qui?” quando finisci di vederlo che non s’è mai accompagnata ad un film di Tarantino. Non che io ricordi, quantomeno.
Da lì i piccoli dubbi all’uscita della sala.
Però, chiariamolo bene, a me questo film è piaciuto tanto tanto. Ci sono un tot di attori che mettono lì interpretazioni gigantesche, tutti i principali protagonisti in effetti, con punta massima probabilmente in un Di Caprio fenomenale nei suoi denti grigi e sporchi.
Ecco, sta cosa mi si è incollata in testa e non conterà nulla forse, ma io non potevo ogni volta non notare che Di Caprio in questo film ha i denti marci e come lui tutti gli attori. I denti sporchi sono un tocco di classe, secondo me, in un western dove tutti masticano tabacco e/o fumano tabacco.
Ad essere onesti, dopo una prima visione, forse mancano anche un po’ i dialoghi rispetto ai predecessori, ma dovrei rivederlo per esserne sicuro.
Di contro, la scena del KKK è credo il momento in cui ho riso di più all’interno di un cinema nella mia vita, roba da male ai reni.
Insomma, Django è un film di quasi tre ore che si guarda senza il minimo problema e senza dare neanche l’impressione di essere lungo. Succedono cose, tante, e anche quando i tempi e le atmosfere si fanno un po’ rarefatte (credo per volontà d’omaggio allo spaghetti western, ma è un parere da ignorante il mio) non si ha mai la sensazione di stanca. E poi, di solito, appena dopo arriva sempre una sana sparatoria a tirare in pari tutto. E’ un western e ci sono le sparatorie, questo è fuor di dubbio.
Non sto ad entrare nel merito delle polemiche sulla violenza o sul razismo, perchè boh, mi sembrano davvero cose fuori dal mondo. A meno che la questione sia davvero quante volte si dice “negro” indipendentemente dal contesto in cui lo si dice, che è quello di un film sulla schiavitù, ma non voglio davvero credere si possa discutere di una cosa del genere.
Bon, queste le mie impressioni.
Avrei voglia di rivederlo, magari in lingua originale, per vedere se viene fuori qualcosa di più.
Intanto, ho scritto il mio parere, che prima di rileggere ho il forte dubbio sia venuto fuori sconnesso come poche altre volte.

Epos

[…]
Poi la madre di Benedetta concluse con il suo classico “quei maiali comunisti” e a quel punto la mia lingua fu più svelta del mio buon senso, benché anche il mio istinto di sopravvivenza di certo voleva sapere chi fossero questi pericolosi individui per evitarli, e infatti dalla mia bocca uscì un ingenuo: “Vorrei proprio sapere chi sono, questi odiosi comunisti”.
Calò un lunghissimo istante di gelo.
Benedetta non ebbe nemmeno la forza di tirarmi un calcio sullo stinco da sotto il tavolo, forse perchè questa volta avrebbe desiderato rompermelo, mentre suo padre si sedeva scuotendo il capo.
Invece Enrica Colzani sembrava non aspettasse altro e mi inondò come un fiume in piena.
Così appresi che per la madre di Benedetta comunisti erano tutti i magistrati, quasi tutti i giornalisti, la maggioranza degli insegnanti, tutti i docenti universitari, buona parte degli scrittori, i giornali stranieri e in modo particolare il Financial Times, il presidente degli USA Barack Obama, gli immigrati russi perchè “vengono da un paese da sempre comunista” nonostante gli sforzi del povero Putin, il settimanale Famiglia Cristiana, tutti i teologi, tutti i vescovi, specialmente la Cei, il quotidiano Avvenire, naturalmente i catto-comunisti, quasi tutti i parroci, Gianfranco Fini, la famiglia Agnelli, Lady Diana, Luca Cordero di Montezemolo, gli immigrati, in modo particolare quelli clandestini, i massoni, Emma Marcegaglia che in quel momento pareva ricoprisse il ruolo di Presidente di Confindustria, La7, i presidenti dei seggi alle elezioni, le prostitute tra cui sicuramente Patrizia D’Addario, che non avevo mai sentito nominare, Licio Gelli – sebbene il tizio si fosse sempre pubblicamente dichiarato fascista -, ovviamente i partigiani, gli americani e in generale tutti gli alleati che li appoggiarono durante la seconda guerra mondiale, gli studenti tranne quelli di destra, la Siberia, il Tg3, le formiche, gli Appennini, gli ebrei dei kibbutz, l’Islam, tutti i cantautori italiani, il Giappone (ma forse si trattava di un refuso e probabilmente Enrica Colzani intendeva la Cina), le banche, la Cgil, l’Arcigay e tendenzialmente tutti gli omosessuali, tutti i Presidenti della Repubblica Italiana, e infine il mostro di Lock Ness, quest’ultimo per motivi che, per la verità, mi sembrarono un po’ fumosi.
[…]

Manq’s Awards 2012

Calma gente, non ho certo intenzione di lasciare che il mondo finisca senza che sappiate le mie valutazioni in merito all’anno che sta per concludersi. Si parla di musica, cinema, libri e televisione e come al solito di dice il meglio ed il peggio.
Chiaramente secondo il mio giudizio personale.
Ad ogni categoria corrisponde poi piccola spiega, ma questo ormai dovreste saperlo. Un anno in cui ho visto più film del solito (intesi come usciti nell’anno in corso), ma ho ascoltato meno musica del solito.
Insomma, questo è quanto.
NOTA: tutti i video li sto scegliendo dall’ufficio, ovvero senza audio. Sapevatelo.
Migliori dischi:
Pentimento – Pentimento
The cold harbour – Homebound
Joie de Vivre – We are all better than this
Spiega: Il primo vince perchè è un disco fighissimo pur non essendo mai diventato ufficialmente un disco. Il secondo è un disco HC come ce ne sono mille, ma più bello degli altri novecentonovantanove. Il terzo è “The power of failing” con le trombe. Fa riflettere che la mia top tre in un anno in cui ho ascoltato pochissimo sia composta unicamente da dischi che derivativi è poco. Rimpianto è non aver ascoltato tutto l’esordio dei Bad Ideas perchè i pezzi sentiti mi son piaciuti un sacco, ma il disco intero non sono mai riuscito a sentirlo.
Peggiori dischi:
3° Lostprophets – Weapons
2° The used – Vulnerable
1° Enter shikari – A flash flood of colours
Spiega: vabbè serve? No. E non sto nemmeno a mettere i link che, davvero, è meglio evitare.
Migliori concerti:
Touché Amoré @ Factory (MI)
MxPx All-star + Cancer @ Magnolia (MI)
Derozer @ Nautilus (VA)
Spiega: i primi sono la mia band “rivelazione” dell’anno. Arrivato tardi sui loro dischi, dal vivo sono superlativi. I secondi non li avevo mai visti e per tanti versi son stati un concerto magnifico, anche e soprattutto per l’atmosfera e la band di spalla. I terzi perchè non cantavo così ad un concerto probabilmente dagli anni novanta.
Peggiori concerti:
Converge @ Factory (MI)
Shandon @ Nautilus (VA)
Offspring @ Carroponte (MI)
Spiega: i Converge, dopo i primi venti minuti ad ammirare quanto sono fighi a suonare, mi hanno spaccato il cazzo. Gli Shandon, oggi, non hanno senso. Gli Offspring come gli Shandon, ma con l’aggravante di non essersi sciolti.
Migliori film:
The Avengers
Quella casa nel bosco
Diaz – Don’t clean up this blood
Spiega: The avengers è un film gigantesco dove tutto si picchia e/o esplode. Se andare al cinema ha ancora un senso è per film come questo. Quella casa nel bosco l’ho guardato solo perchè ne ho sentito parlar benissimo in giro e mi son trovato ad ammettere che ciò che avevo letto era vero. Caro Weadon, una doppietta che neanche la Ferrari. Al terzo posto c’è Diaz perchè è un film che va visto. Punto. Per questo toglie il gradino più basso del podio a “End of watch”, che è sempre un film sugli sbirri, ma forse con un’altra prospettiva.
Peggiori film:
Killer Joe
Le belve
J.Edgar
Spiega: Killer Joe, come Quella casa nel bosco, è stato caldamente suggeritomi dal mio amico internet che però, questo giro, secondo me non ci ha preso. Le belve è l’esempio esatto di come si possa fare un film dimmerda partendo da una sceneggiatura fighissima. A sua ulteriore colpa c’è l’averlo fatto credendo di fare un capolavoro. J. Edgar è la più colossale rottura di cazzo vista dal sottoscritto al cinema dai tempi del memorial di 2001: Odissea nello spazio.
Migliri serie TV:
True Blood stagione 5
Homeland stagione 2
Don’t trust the B**** of Apartment 23 stagione 1
Spiega: la prima vince per ampio distacco. La seconda si piazza in alto nonostante il finale. La terza fa riderissimo.
Peggiori serie TV:
Dexter serie 7
The Big Bang Theory serie 5
Californication serie 5
Spiega: la settima di Dexter aveva riportato il livello generale di scrittura su livelli più alti rispetto al passato (soprattutto recente). Restavano i difetti, ma c’era un miglioramento. Il finale, però, merda rara. La quinta di TBBT non faceva ridere. La quinta di Californication non aveva le tette.
Migliori libri:
A tuo rischio e pericolo – Josh Bazell
Tramonto e polvere – Joe R. Lansdale
Un polpo alla gola – Zerocalcare
Spiega: il primo è un libro geniale e pochi cazzi. Il secondo mi ha fatto scoprire un autore che non conoscevo e che mi piacerà approfondire. Il terzo è bello perchè non fa ridere.
Peggiori libri:
Gibuti – Elmore Leonard
Fahrenheit 451 – Ray Bradbury
A dance with dragons – George R.R. Martin
Spiega: il primo è a tratti geniale, ma a tratti pessimo. Sul secondo lo so già cosa state pensando, ovvero che sono un coglione. Io dico solo che l’ho letto, ne comprendo la portata, ma approcciarlo nel 2012 ha comunque un suo peso. E nel 2012 m’ha rotto il cazzo, anche (o forse soprattutto) per come è scritto. Sul terzo non so che dire. A parte “Martin vai a fare in culo”, intendo.
Ecco, direi che ho riassunto tutto.
Il post è stato scritto in parte dopo il pranzo aziendale, imputato della forma quindi è lo sfusaccio della trattoria. Riguardo la sostanza e le scelte, invece, era tutto stato preparato in precedenza.