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One more time

Se è giusto che la Meloni risponda di quel che combina Giambruno e che il Milan risponda di quel che combina Tonali, a me tocca rispondere di quel che combinano i Blink.
E’ un ruolo che mi sono in qualche modo auto-ritagliato in maniera semi involontaria, ma ormai tocca viverci dentro. Quindi prendiamo come sempre un pretesto e infiliamoci di testa in questo nuovo capitolo della rubrica: “Non ho più voglia di scrivere dei Blink”.

Ancora una volta, one more time. Vale per loro e vale per me.
Mi sono già sentito tutto il disco un paio di volte e la sensazione principale è che ci siano dentro più pezzi del necessario, quindi forse un modo interessante per scriverne è fare il track by track e vedere alla fine cosa resta. Poi magari tiro due somme.
Iniziamo.

ANTHEM PT. 3: togliamoci subito il primo sasso dalla scarpa dicendo che il Travis produttore fa largamente più danni del Travis batterista, cosa che non pensavo possibile. I suoni sono tutti sbagliati, il mix fa schifo. Il pezzo però è buono. Ci sono le strizzatine d’occhio, ma sono ben dosate e nel suo complesso funziona. Come opener per me fa ampiamente il suo mestiere.

DANCE WITH ME: non avrei mai pensato potesse succedere, ma nel 2023 i Blink hanno tirato fuori un singolo pazzesco, che per quanto mi riguarda non ha nulla da invidiare agli episodi di punta della loro carriera “mainstream”. Suonato dritto, con un bel tiro e un ritornello killer, ma soprattutto con quella capacità di farmi prendere bene ogni volta che lo sento e che di massima è il motivo per cui io voglio bene ai Blink. Non pretendo possa piacere a chi i Blink non li ha mai amati, ma non ho capito in che misura il loro parere possa o debba essere rilevante. Diciamo che fino a qui il disco vola tre ordini di grandezza oltre ogni ragionevole aspettativa.

FELL IN LOVE: purtroppo tocca andare avanti e ridimensionarci. Brutta? Per me sì, ma in senso assoluto non è questa la traccia filler con cui avere dei problemi.

TERRIFIED: “Ehi ChatGPT, scrivimi un pezzo dei Box Car Racers”. La storia vuole sia una traccia rimasta nel cassetto dai tempi e può anche essere, ma probabilmente l’avevano segata perchè è un patchwork di tre tracce che nel disco ci erano finite. Sentita oggi pare uno di quei canali YT che coverizza i pezzi “in the style of…” e, se me lo chiedete, non ha la minima dignità di esistere.

ONE MORE TIME: qui la questione si fa complicata, perchè mettersi a parlarne come di una canzone non ha il minimo senso. E’ una roba nostra, affari di famiglia, non vi riguarda. Mollateci, che ci è finita una bruschetta nell’occhio.

MORE THAN YOU KNOW: a me non fa impazzire, quel ritornello con la doppia cassa a nastro mi urta parecchio, ma è di nuovo un pezzo che riflette una volontà compositiva più che il tentativo di accontentare qualcuno con il fan service, quindi per me va bene.

TURN THIS OFF!: “Ehi ChatGPT, scrivimi un pezzo per Short Music For Short People”. Inutile ed irrilevante.

WHEN WE WERE YOUNG: Rispetto a TERRIFIED qui almeno il tentativo di riprendere certi aspetti dei BCR è ben dosato e si può anche far apprezzare. Non dico debba piacere, ma può avere un suo senso.

EDGING: semplicemente la cosa più orrenda mai incisa da quei tre lì, il che a suo modo è un traguardo ragguardevole. Per me però è giusto metterla tra quelle che si salvano perchè quantomeno ha una personalità. Orrenda ed indifendibile, ma propria.

YOU DON’T KNOW WHAT YOU HAVE GOT: “Ehi ChatGPT, scrivimi la Adam’s Song di questo disco”. Sarebbe stato bello l’AI avesse risposto: “Anche no.”

BLINK WAVE: vale un po’ il discorso di FELL IN LOVE. Mi disgusta profondamente, ma in un disco dei Blink può starci perchè, che mi piaccia o meno, parliamo di una band che ha 25 anni di carriera dopo Dude Ranch con cui tocca fare i conti e che per tanti è inspiegabilmente stata rilevante.

BAD NEWS: esercizio di stile, filler dimenticabilissimo, ma non sarà certo questa la traccia di cui mi lamento.

HURT (INTERLUDE): “Ehi ChatGPT, scrivimi un pezzo degli AVA, magari meno brutto della media dei pezzi degli AVA.” “Non riesco, scusa. Posso al massimo allinearmi allo standard”. “Eh, va beh, ok.”

TURPENTINE: vale un po’ il discorso fatto per MORE THAN YOU KNOW. Non mi piace, ma può stare nel disco e quantomeno posso credere sia una cosa uscita dalla loro voglia di esprimersi piuttosto che da un algoritmo.

FUCK FACE: “Ehi ChatGPT, scrivi un pezzo punk per come lo intende Tom.”

OTHER SIDE: c’era sto gruppo nel giro della Monza punk-rock che si chiamava Videoneve. I loro pezzi li scrivevano Dani e Roby Burro e bastavano i primi tre accordi per capire chi dei due lo avesse fatto perchè quelli di Roby erano tutti iper riconoscibili. Ecco, con Mark è la stessa cosa e dopo trent’anni non trovo davvero il modo di poter dire qualcosa di nuovo.

CHILDHOOD: brutta che più brutta non si può, ci porta in fondo alla discesa continua che è questo disco, che forse ha nell’aver settato le aspettative così in alto coi primi due pezzi il suo problema principale. Mi piace immaginare Tom e Mark in studio che sul finire delle incisioni del pezzo e del disco dicono a Travis: “Ok, fai un po’ quello che cazzo vuoi adesso” e se ne vanno mentre lui inizia a sbrodolare sulla chiusura della traccia, nel disinteresse collettivo.

Questo è quanto.
A conti fatti il nuovo disco dei Blink sarebbe potuto essere di 12 tracce, certamente non tutte memorabili, ma con almeno un senso d’essere. Le ho messe insieme in una playlist e, se davvero vi interessa il mio parere, è quel che dovreste ascoltare se davvero avete voglia di un nuovo disco dei Blink 182 nel 2023.
Io, di mio, non so se lo farò. Sarei un ipocrita però nel negare che da qualche settimana in macchina con mio figlio cantiamo OLE’ OLE’ OLE’ OLE’ ogni volta che ne abbiamo la possibilità e che questa cosa mi fa stare davvero bene.
Che poi, non vorrei ripetermi, ma se non è per stare bene allora per cosa andrebbero ascoltati i Blink?


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