Lo so, parlare di tamponi COVID è una roba fuori tempo massimo, ma in questi giorni ho scoperto come funzionano davvero e sono rimasto abbastanza folgorato perché, di massima, sono una truffa.
Due premesse:
1) mi riferisco SOLO ai tamponi rapidi fai da te, quelli che in 15′ ti danno un risultato.
2) quello che sto per spiegare è con ogni probabilità già noto a chiunque, ma io l’ho scoperto solo ora perché avendo una formazione scientifica davo per scontato funzionassero in maniera diversa. Diciamo attendibile. Quindi lo scopo qui non è darvi chissà quale rivelazione, ma spiegarvi perché sono un sistema insensato per l’uso che se ne è fatto.
Partiamo dalle basi: come funzionano questi tamponi?
Sono certo che chiunque ne abbia fatto almeno uno nell’ultimo anno, ma facciamo le cose a modino e mettiamo un piccolo sunto.
Si prende il tampone, lo si caccia in ambo le narici, quindi lo si immerge in una soluzione per qualche secondo prima di versare alcune gocce della soluzione stessa sul test. A quel punto la soluzione bagna una membrana e compaiono delle bande: quella di controllo (C) e quella del test vero e proprio (T). Se compaiono entrambe si è positivi, se compare solo C negativi e se non compare nulla il test non è valido e andrebbe rifatto.
Facile e intuitivo.
La domanda che non mi ero mai posto però è: cosa controlla la banda di controllo?
Qui è dove subentra il mio bias scientifico. Per me era indubbio C fosse data da una reazione di controllo con un antigene presente nella mucosa nasale, che per semplicità chiamerò col nome di fantasia CACCOLA. Metti il tampone nel naso e, ravanando, raccogli sicuramente CACCOLA e, se c’è, anche COVID. Quindi quando poi fai il test la banda C verifica che tutto sia andato per il verso giusto: non solo che il test abbia funzionato, ma che tu abbia effettivamente raccolto il campione. La tua mucosa può essere con o senza COVID, ma deve per forza avere CACCOLA.
In questo modo il controllo è un reale controllo sperimentale e il test ha tre risultati netti e chiari:
– Nessuna banda. Devi rifare il test perché o non ha funzionato, oppure non hai raccolto il campione come si deve. In ambo i casi non è possibile determinare un risultato.
– Solo la banda C. Hai fatto le cose per bene, il campione è stato raccolto, ma non contiene antigene COVID. Sei negativo e puoi gioire.
– Doppia banda C+T: ce l’hai nel culo hai fatto le cose per bene e purtroppo sei positivo.
Tutto chiaro?
Perfetto, solo che non funziona così.
Con mio sommo stupore, la banda C in realtà è unicamente correlata al corretto funzionamento della membrana, quel che penso si possa definire un “controllo strumentale”. In pratica ti dice solo che il test non è difettoso e, di conseguenza, compare sempre. Anche se il tampone nel naso non ce lo metti, per dire.
Attenzione però, il mio punto qui non è tirarvi un pippone protogrillino sull’onestah e menate del genere (so di aver scritto truffa ad inizio post, ma era solo per spingervi a leggere), la questione è un’altra. Farsi un tampone nasale in maniera accurata, o anche farlo a terzi, è un’operazione difficile. Il rischio di non essere sufficientemente invasivi è tutt’altro che remoto, al netto della malafede, perché ci si scontra da un lato con il fastidio/dolore e dall’altro con la non competenza nel farlo non essendo stati formati allo scopo.
Di conseguenza un tampone costruito in questa maniera è ok(ish) se ne vincoli l’utilizzo in farmacia o comunque in mano a personale specializzato, perchè il rischio di mancata raccolta del campione scende drasticamente, ma diventa completamente folle se viene messo in mano al pubblico. Perchè è vero che questi tamponi non hanno mai avuto valore legale (passatemi la semplificazione), ma tantissime persone li hanno usati per determinare se, in presenza di sintomi, fosse davvero necessario sentire il medico e farsi un tampone serio.
Non è un’accusa eh, il tutto è stato gestito proprio per spingere ad un approccio del genere, ma di nuovo al netto della malafede in questo modo abbiamo lavorato contro il contenimento per un sacco di tempo, lasciando che persone ignare di essersi fatte un tampone male andassero in giro convinte di essere sane come pesci.
Anche perchè, non bastasse, sono tamponi molto biricchini in cui la banda del controllo appare quasi immediatamente, mentre quella della positività può impiegare fino a 15′. Quindi in tantissimi casi scommetto che alla comparsa della prima banda sia susseguita un’esultanza unita al lancio del test nel cestino, con buona pace dei 14′ restanti e dell’effettiva validità del risultato.
Ricapitolando, quindi, abbiamo messo in mano alle persone dei tamponi:
– Poco sensibili
– Difficili da interpretare in modo corretto (differenza di tempo nella comparsa delle due bande)
– Privi di un controllo sperimentale interno (il discorso su CACCOLA di cui sopra)
E abbiamo detto loro di usarli come strumento contenitivo della pandemia.
Alla luce di questa cosa, l’ondata di contagi a cavallo tra 2021 e 2022 mi pare pure piccola.
Ultimo paragrafetto un po’ nerdy per chi fosse arrivato fin qui: perchè non hanno fatto i tamponi con un controllo come quello che pensavi tu?
Non posso garantirlo, ma credo sia una questione di costi. Non lavoro nel settore quindi vado preso molto con le pinze in quanto segue, ma è facile ipotizzare che produrre una membrana in cui anche il controllo è relativo ad una reazione antigenica costi probabilmente il doppio. Senza contare i costi di sviluppo e ricerca per arrivare a creare un test di quel tipo. Quindi sarebbe stato probabilmente possibile farli così, ma certamente non sarebbe stato conveniente. Il problema però, a costo di ripetermi, subentra più che altro quando metti in mano lo strumento al pubblico, cosa che è avvenuta ben dopo lo sviluppo della tecnologia.
Quindi, se lo chiedete a me, avrebbe dovuto pensarci la politica ad arginare il problema. Poi certo, andrebbero fatte analisi approfondite di costo-beneficio (ad esempio: senza i test rapidi in casa quanto avremmo incasinato le farmacie e gli ospedali più di quanto non si sia già fatto? Probabilmente tantissimo.), però siamo ad un livello ulteriore di analisi. Forse per contenere quel problema si sarebbe dovuto pensare ad una soluzione diversa dal liberalizzare uno strumento evidentemente incompatibile con l’utilizzo casalingo.
Avremmo potuto fare tante cose meglio, nella gestione di questa pandemia, ma ho l’impressione che in certi casi non ci si sia neanche resi conto di aver sbagliato e questo è uno di quei casi.
Questo post nasce dalla segnalazione di un amico che citerò col nome inventato di Davide, reo di avermi messo di fronte al problema. Grazie Davide, spero un giorno tu esca da questa tua dipendenza da tampone e possa tornare ad una vita felice e spensierata.