Diario dall’isolamento 2: day 5
Oggi, per la categoria OK BOOMER trattiamo un argomento che mi sta molto a cuore e che al tempo stesso mi classifica come uno di quei fastidiosi spaccacazzo di cui mi lamento sempre pure io, quelli che devono agitare il ditino e dire “gne gne gne non è divertente”.
Però questa è una questione che mi sta parecchio a cuore e di cui ho scritto altre volte, quindi ci torno su e vi beccate il pistolotto.
Ieri ha iniziato a circolare questo tweet (lo metto come immagine, poi spiego perchè, ma se cliccate c’è il link):
Come facile immaginare, ha iniziato subito a girare parecchio, con tante persone che lo riprendevano e lo commentavano con reazioni che andavano, come sempre, dalla battuta ironica allo sdegno totale. Come spesso accade, mi ci sono infilato pure io, ma fortunatamente senza prendere la cosa sul serio perchè, in ogni caso, come sarebbe stato possibile?
La roba fastidiosa però non è tanto quella, ma la supponenza con cui un tizio pensa di poter fare un’operazione del genere, cambiando il proprio nome, il proprio avatar e scrivendo un tweet privo di qualsiasi indicazione possa trattarsi di una sparata satirica, con l’unico intento di trarre in inganno un certo numero di persone per poi riderne. Un esperimento sociale come possono essere gli scherzi telefonici fatti a tredici anni.
Ci ho ripensato, mi correggo, a farmi rodere il culo non è neanche il tizio in sè. Non lo stimo, penso non solo che non sia divertente, ma che le persone come lui (da quelle che gestiscono account fake di profili pubblici cambiando un’unica lettera e replicando il resto in modo identico, a quelli che circolavano meme tipo questo) siano tra i primi tre problemi che hanno reso internet da possibile mezzo rivoluzionario a discarica tutto sommato socialmente inutile, ma c’è un aspetto della vicenda che è ancora più irritante.
La bolla social.
Sto tipo ha qualcosa come 13K follower. Ieri erano tutti gongolanti intorno a lui a dargli pacchette virtuali sulla spalla e a dirgli quanto fosse stato bravo a “trollare” il prossimo, sulla base del fatto che i restanti 59.987.000 italiani che non lo conoscono e non hanno modo di mettere il tweet in prospettiva, potessero averlo preso sul serio risultando degli stupidi boccaloni. Per fare un esempio, è come se il sindaco di un paese come Gessate andasse in TV a dire “I negri puzzano” per poi darsi di gomito coi compaesani al mercato che lo conoscono e sanno che in realtà non è mica razzista davvero. Che era evidentemente una gag, dai, lo sanno tutti che il sindaco è in prima linea per l’integrazione.
Solo io ammattisco pensando all’idiozia alla base del ragionamento?
Oltretutto, e qui forse è dove faccio il passo più lungo della gamba, io credo che ci siano un posto ed un luogo dove la satira deve stare, un po’ come le moto che dovrebbero correre solo in pista.
Se Giorgio Montanini, su un palco, fa un monologo sullo scoparsi le minorenni (magari disabili) io che lo vedo, anche senza conoscerlo, capisco che sta facendo un certo tipo di cosa nel posto giusto e nel modo giusto, e allora prendo il contenuto e lo processo, magari rido e magari no (io rido, il pezzo linkato per me è CLA-MO-RO-SO), ma posso dargli il giusto peso ed il giusto valore. Insieme al monologo, mi fornisce gli strumenti. Se lo stesso pezzo Montanini lo facesse al bar sotto casa mia sarebbe legittimo prenderla in tutt’altra maniera. Lo stesso identico testo, esposto nello stesso identico modo. Sapere che è Montanini magari aiuterebbe qualcuno a mettere tutto in prospettiva ed evitare di gridargli: “Ma che cazzo dici?”, ma non potrebbe essere la base per legittimare quel gesto, che resterebbe secondo me fuori luogo a prescindere.
L’ho detto, che era un pistolotto da scopa nel culo.
Oggi giornata di lavoro con poco o nulla da segnalare. Si tira dritti col lockdown, si discute online di vaccini che forse arriveranno e forse no, di trattamenti farmacologici che forse aiuteranno a gestire la mancanza di vaccini e via dicendo. Finchè i bimbi vanno a scuola, onestamente, è tutto abbastanza gestibile. Certo, mancano gli affetti, il contatto, lo svago, ma rispetto anche solo a settimana scorsa we’re living in a dream.