Diario dall’isolamento: day 44
Oggi riflettevo sul fatto che probabilmente la cosa che mi spaventa di più è quanto questa situazione accentuerá l’insofferenza delle persone verso il prossimo.
L’isolamento ci ha reso probabilmente ancora più asociali e potrebbe fornirci la scusa per abdicare alla tolleranza del prossimo. In principio sarà nelle situazioni in cui ci sentiamo violati dalla “maleducazione” altrui, come ad esempio in spiaggia. Il fastidio per quello che ti si piazza (troppo) vicino con l’ombrellone o l’ascugamano avrà un pretesto per affiorare. Avremo un alibi per litigare con chi pensa di essere a casa sua sul bagnasciuga impedendoci di fatto di sentirci come fossimo a casa nostra (questa rileggetela perché ha la pretesa di essere sottile, ma magari mi è uscita a cazzo).
Una volta saltato il freno, il limite della sociopatia non è che si sposta, sparisce proprio e se già era una stronzata l’idea della libertà che finisce dove inizia quella altrui, immaginiamoci uno scenario in cui estendiamo il raggio della nostra libertà a non meglio precisati canoni di social distancing.
È qualcosa che mi spaventa perché purtroppo va nella direzione cavalcata da chi vorrebbe chiudersi dentro quella che sente come proprietà, si parli del giardino di casa o dei confini nazionali.
Io sono per un concetto di società condivisa in cui tutti danno fastidio a tutti, mentre qui si pensa di poter tendere all’utopia del nessuno dá fastidio a nessuno. Il danno è legittimare la pretesa.
In casa siamo diventati addicted di Chef in Camicia. Ci spariamo le diverse ricette e ora abbiamo scoperto il format in cui girano per localini street di Milano come fossero tre piccoli Borghese.
Sta sera abbiamo finto di essere noi i protagonisti. Giorgio ci ha piazzato un panino con mais, peperoncino, carne e mozzarella a 50 euro.
Alla votazione sul prezzo lo abbiamo bastonato.
Ora vado a spararmi la serie Netflix sui Bulls.