Ho questo amico con cui giocavo a D&D. Non proprio amico, diciamo amico di amici. Fuori dal tavolo da gioco non ci siamo mai frequentati, quindi a ragion veduta direi più un conoscente.
Qualche anno fa salta fuori che ha la leucemia. Io tendo ad empatizzare molto con le persone che si ammalano. Non ho idea del perché, ma se dovessi scommetterci credo sia il meccanismo mentale per cui mi sento molto fortunato per la vita che ho e di conseguenza tendo sempre a credere che prima o poi mi arrivi un conto da pagare. Se state qui sopra ancora, dopo 33 giorni, fareste meglio a levarvi dalla faccia quell’aria stupita dall’apprendere come ragiono o, peggio, come usi questo blog per buttare in mondovisione i cazzi miei.
Dicevamo: sto ragazzo si ammala di leucemia, la vede brutta, ma poi guarisce. Bella storia.
Tempo dopo però si ammala di nuovo. Non una vera recidiva, una seconda leucemia pare. Scopro che è un fenomeno non rarissimo, ma neanche tanto comune. Soprattutto, scopro che la cosa non ha prospettive tanto buone. E infatti le notizie che arrivano inizialmente sono davvero brutte. L’amico in comune, con cui ho un rapporto migliore, ad una certa ci dice che le condizioni sono molto gravi causa complicazioni, anche perché il tipo (per questioni che evito di stare a spiegare) non ha facilità nel trovare un donatore per il trapianto di midollo.
È grigissima.
La situazione però ad un certo punto inizia a migliorare. Ci sono millemila priblemi, ma iniziano anche i primi segnali positivi. Una percorso lento e lungo, in cui ogni cm conta per dirla alla Al Pacino, e certamente una cosa di cui non aveva bisogno per arrivare in fondo era lo scoppio di una pandemia.
Notizia fresca però riporta che, in barba a tutto, il quadro ora è definitivamente positivo.
Non sarà il mio amico più caro, ma sono comunque felice un bel po’.
Quando rifletto su queste situazioni posso stare ore ad arrovellarmi se sia più sfiga il fatto che queste cose capitino o più fortuna il superarle.
Ci divento matto, a pensarci.