Ogni tanto mi piace mettere qui sopra delle ricette. Di solito lo faccio quando, dopo innumerevoli tentativi, definisco il protocollo migliore per il piatto in questione e lo cristallizzo. A quel punto la ricetta diventa GIUSTA e mi piace metterla a disposizione di chi fosse interessato.
Ad oggi credo di averlo fatto quattro volte in quindici anni, quindi il mio non è propriamente il blog di Benedetta Parodi, però dai feedback che ho tirato insieme le ricette sono state apprezzate e questo mi fa piacere.
Oggi tuttavia non posterò una ricetta GIUSTA, ma il frutto di un esperimento volto a definire il miglior modo di cuocere un cotechino, che ha dato certamente qualche risposta, ma che non ha ancora definitivamente chiuso la questione.
Se sei tra quelli che pensano che il cotechino si debba fare unicamente bollito, forse continuare a leggere qui sotto può aprirti un mondo.
Ah, precisazione stupida, ma forse necessaria: qui si parla di cotechini crudi, non di quelle porcate precotte da scaldare che trovate nei cesti da 0,99 euro.
Non fatemi bestemmiare.
VERSIONE 1: El Clásico
Bollire il cotechino non è l’unica via, ma è certamente la più comune e tradizionale, anche perchè parte di uno dei pilastri della nostra cucina: il bollito misto. Ciò nonostante è incredibile quante persone non siano in grado di farlo.
Per cucinare il cotechino bollito bisogna avere una gran pazienza.
Si prende il cotechino, lo si buca con uno stuzzicadenti in più punti, lo si immerge in acqua fredda non salata e poi lo si mette sul fuoco. Quando l’acqua sobbolle, si abbassa la fiamma al minimo e lo si lascia andare per circa due ore e mezza.
A quel punto, si spegne il fuoco e lo si fa raffreddare nella sua stessa acqua di cottura fino ad una temperatura che ne permetta il servizio.
NOTA 1: Il tempo di cottura dipende dalle dimensioni del cotechino, qui io faccio riferimento a cotechini standard diciamo lunghi sui 25 cm e dal diametro intorno agli 8 cm. Se fate una bogia mantovana probabilmente vi servirà molto più tempo.
NOTA 2: Alcuni macellai consigliano di avvolgere il cotechino nella stagnola e legarlo, prima di bucarlo e metterlo in acqua fredda. Io non lo faccio.
VERSIONE 2: New Era
Questa versione, come le prossime, prevede un cambio drastico nel metodo di cottura, passando dall’acqua bollente alla brace. Il motivo principale per portare il cotechino nel bbq è la possibilità di affumicare.
Per intraprendere questa nuova via è necessario avere un minimo di basi nella cucina al bbq di tipo americano, ovvero essere in grado di:
– Cuocere in modalità indiretta, quindi con l’alimento non a diretto contatto col calore derivante dalla brace.
– Stabilizzare un dispositivo bbq, ovvero impostarlo perchè rimanga ad una temperatura costante che stia tra i 100° C e i 120° C per tutto il tempo necessario
– Affumicare, ovvero avere a disposizione un bbq chiuso in cui si possa aggiungere legna bagnata sul fuoco e generare fumo che resti a contatto con gli alimenti conferendo il tipico aroma affumicato. Per i cotechini ho usato del legno di ciliegio, che oltre ad essere molto indicato per il maiale conferisce un bel colore rosso vivo alla carne.
La seconda versione del mio cotechino è stata quindi cotta nel weber in due fasi. La fase iniziale di affumicatura è durata 30′ con il cotechino “nudo” in cottura indiretta. Al termine di questi 30′ ho avvolto il cotechino nella carta stagnola e proseguito per altre due ore. L’obbiettivo della stagnola era fermare il processo di affumicatura, lasciando quindi un gusto più mild, ed evitare che il cotechino seccasse vista l’assenza di liquidi di cottura. Per questo motivo non ho effettuato buchi nel cotechino.
VERSIONE 3: Beer Bong
Sempre utilizzando il bbq ho voluto provare una strategia che viene comunemente utilizzata per la cottura di salsicce e salamelle, ma applicandola al cotechino.
Partito in parallelo alla versione 2, una volta trascorsi i 30′ di affumicatura questo cotechino è stato trasferito in una casseruola di terracotta in cui avevo pre-riscaldato della birra (ho usato la Moretti Rossa). La casseruola, chiusa adeguatamente col coperchio, è stata poi re-inserita nel bbq per continuare la cottura nelle successive due ore.
VERSIONE 4: Hardcore
Qui siamo alla versione più estrema delle quattro, quella in cui il cotechino è rimasto per 2 ore e 30′ nudo in cottura indiretta e senza alcuna protezione/schermo dal fumo presente nel dispositivo. Il processo di affumicatura è quindi coinciso con tutta la durata della cottura.
CONCLUSIONI:
Come detto, i 4 cotechini sono stati cotti simultaneamente per lo stesso tempo e grossomodo alle stesse temperature. Dopo un piccolo riposo di fine cottura che li ha portati ad una temperatura interna di circa 75°, li ho serviti a cinque commensali in modo da raccogliere pareri ed opinioni.
Quello che ha riscosso un maggior successo è stato il New Era. Aver fermato l’affumicatura ha dato al cotechino una spinta in più in termini di gusto, ma senza allontanarlo completamente dalle sue origini. La stagnola ha anche permesso di mantenere l’ambiente di cottura più umido, quindi il cotechino più morbido e simile alla versione classica bollita. Per chi non è abituato ai sapori del bbq è probabilmente il passaggio più facile, ma in qualche modo è anche la versione che riesce a soddisfare i puristi del cotechino bollito, che continuano a trovarci quelli che considerano i trademark del piatto.
La versione Hardcore, comunque apprezzata, porta il cotechino a tutto un altro livello che non ha oggettivamente nulla in comune con la versione classica. Cambio totale di colore, consistenza e gusto. Per me in questa versione la nota affumicata è fin troppo accentuata, anche se non arriva ad essere fastidiosa, perchè trasforma il cotechino in un cugino delle salsicce tirolesi e io non sono particolarmente fan delle salsicce tirolesi.
Delusione totale per la versione Beer Bong. La cottura in umido mantiene certamente il cotechino più morbido e non elimina i toni affumicati presi nello step iniziale, tuttavia il retrogusto amarognolo conferito dalla birra non è di fato un plus, anzi “rovina” il gusto del cotechino. Forse la scelta della birra è stata completamente sbagliata, serviva qualcosa di più morbido e rotondo di una Moretti Rossa, ma a conti fatti è l’unica versione che difficilmente riproporrei.
Su El Clásico invece nulla da dire: messo nel piatto unicamente come benchmark per gli altri tre, resta una pietra di paragone scomoda da superare. Il gusto è probabilmente meno complesso e particolare, ma rimane un piatto per me irrinunciabile.