“Io capisco se in scaletta ci mettono dopo i Pennywise, ma i BoySetsFire?
Chi cazzo sono i BoySetsFire?”
Non so se esistesse davvero una scena punk-rock in Italia tra fine anni ’90 e primi anni ’00, quello che so è che in quegli anni io ed alcuni amici seguivamo alcune band in giro per la Lombardia come fosse un lavoro. Se suonavano da qualche parte ci si andava, che tanto non c’era comunque di meglio da fare.
Una di queste band erano i Persiana Jones.
Erano i primi anni della comunicazione digitale, internet che passava da posto dove cercare le cose a posto dove incontrare le persone. ICQ, MSN, le message board, i forum. Non ricordo bene tramite quale canale successe, ma ad un certo punto a furia di stare dietro ai Persiana Jones avevamo conosciuto Sara, che era una figura all’interno del loro team (non ho idea del ruolo, ricordo che sul telefono avevo il suo numero sotto “Sara Persiana Jones”) e con cui ci si sentiva prima di andare ai concerti, così da passare un po’ di tempo coi ragazzi prima e dopo lo show. Non che fosse necessario avere agganci per fare una roba del genere, l’evento tipo di cui stiamo parlando era una qualsiasi Festa Campagnola di Biassono e i PJ non erano propriamente gli Oasis, però avere una sorta di aggancio per noi era una roba carina.
Ho questo ricordo: fa abbastanza caldo e siamo in un qualche campo brianzolo in cui la giunta comunale ha allestito il classico tendone bianco con i tavoli e la fila per prendere le salamelle, due o tre cessi chimici ed un palco evidentemente sovradimensionato per le band che ci suoneranno sopra. Stiamo bevendoci una birra e a qualcuno di noi viene in mente di dire che andremo anche a Bologna a vederli in un festival grosso, che potrebbe essere il Deconstruction o l’Independent. E’ lì che Silvio un po’ si incazza e tira fuori la frase con cui ho aperto il pezzo. Dice che loro hanno suonato di spalla a tante band e che hanno rispetto per tutti, ma che in Italia muovono parecchie persone e non è giusto che li facciano suonare prima di gruppi americani che non si incula nessuno.
A quel festival ci vado abbastanza prevenuto.
Come si permettono ‘sti BoySetsFire di fare i prepotenti e togliere spazio ai Persiana Jones? Per protesta, me li guardo dalla montagnetta che sta in fondo all’Area Parco Nord. Poi succede che arriva il loro turno, effettivamente piuttosto alto in scaletta, salgono sul palco e attaccano a suonare prendendo a sberle grossomodo tutta la folla presente che, in larga parte, non aveva idea di chi fossero.
A fine set io sono seriamente impressionato, Carlo scende al merch e gli compra tutti i dischi (l’ultimo, in quel momento, era Tomorrow come Today). Qualche tempo dopo me li faccio prestare e li ascolto. Altro tempo dopo li compro pure io. Ancora dopo, diciamo ieri, stavo su twitter a rimpiangere il fatto che di dischi come quelli non ne escano più e che, magari sbaglio, di band come i BoySetsFire non ne esistono più.
Il discorso qui sopra è importante per quel che voglio dire.
Io credo che in questi anni la voglia di dire delle cose, di prendere delle posizioni nette, manchi più delle chitarre distorte nel panorama musicale che ci circonda.
Non tutta la musica deve portare un messaggio, non tutti i messaggi che la musica porta devono essere condivisibili, ma ad oggi mi piacerebbe veder suonare gente che crede nei propri valori quanto ci hanno sempre creduto i BoySetsFire e magari sono io, magari il mio giudizio è viziato dai sentimenti, ma quel fuoco vivo dentro gli occhi prima che dentro ai testi io non l’ho mai visto uguale in nessun altra band.
L’ultima volta che ho visto suonare i BoySetsFire è stato al Transilvania Live nel 2006 (a naso quindi li ho visti solo due volte).
Ricordo che hanno suonato per cinquanta persone mal contate, in un locale che sembrava se possibile ancora più vuoto di quanto fosse. Saliti sul palco ci buttarono lo stesso livello di energia, impegno e attitudine di tre anni prima, per poi saltare giù dal palco e venire direttamente al bancone per passare un po’ di tempo con tutti i ragazzi che ne avessero voglia.
Dopo quel concerto li ho seguiti ancora per un po’, dal brutto incidente capitato a Josh fino a quando decisero di prendersi una pausa. Lì una pausa me la sono presa anche io e per quanto fossi felice di sapere della reunion nel 2010, non sono più tornato ad interessarmi di quel che facessero o di dove suonassero. E’ possibile io abbia recensito il disco post reunion, While a Nation sleeps, non lo ricordo nemmeno brutto, ma è più onesto dire che non lo ricordo proprio.
Come dicevo poco più su, da ieri sono tornato abbastanza in fissa con i loro tre dischi cardine, After the Eulogy, Tomorrow come Today e The Misery Index.
Son tre ottimi dischi, sebbene io mi dimentichi quasi sempre di citarli tra i miei preferiti. Probabilmente è perchè quando penso ai BoySetsFire penso al mio gruppo preferito non per tanto per la musica che ha scritto, ma per le persone che mi hanno sempre dato l’idea di essere.
Anche se, diciamocelo chiaro, hanno scritto una manciata grossa di canzoni incredibili.