Vai al contenuto

Linea 77 – Dieci

Nel tentativo di adempiere al primo dei due propositi che mi sono posto mi prendo qualche riga per commentare il nuovo disco dei Linea 77.
Dieci.
I Linea 77 sono uno di quei gruppi di cui, pur stimandoli, non sono mai riuscito ad apprezzare un album per intero. Ogni disco, a suo modo, contiene gran pezzi. Ma grandi sul serio eh, roba che al sottoscritto piace un sacco, però di contro c’è anche sempre qualcosa che proprio non va. Di conseguenza il mio approccio alla band di Torino è una classica “raccolta di singoloni” (dai primordiali “Moka”, “Ketchup suicide”, “Touch” e “Potato Music Machine” a roba più recente come “il Mostro”, la ruffianissima ma in fondo figa “66” [forse apprezzavo particolarmente il video perchè follemente innamorato della tipa bionda che compare al minuto 2:38?? Che poi come al solito verrà fuori che è un uomo…] e la chicca “Fantasma”) in mediaplayer, ma zero CD in libreria.
E’ cambiato qualcosa con questo nuovo disco?
In realtà non moltissimo, perchè effettivamente ci sono tracce fighe e tracce che non mi convincono, però se interrogato a bruciapelo direi che invece questo nuovo album dei Linea 77 mi piace proprio e che potrei anche decidere di comprarlo.
Lo scopo di questo post quindi è cercare di sviscerare i motivi che mi portano a fare questo tipo di affermazione ed una teoria in merito io ce l’avrei anche.
Ho sempre ritenuto i Linea 77 una band HC.
Questo faceva sì che nei primi dischi, quando il suono si faceva palesemente nu-metal, mi girassero non poco i coglioni.
A quei tempi forse la mia definizione dei cinque di Tornino poteva risultare azzardata (e quante discussioni che ho avuto, qua e la, in questo senso), ma in mio soccorso arrivò “Horror Vacui”, il disco che si apriva con “The sharp sound of blades”, pezzo che sembra scritto a venti mani con i Comeback kid. Ok, ok, nello stesso disco ci sono un pezzo interessante scritto con Tiziano Ferro ed uno abominevole che potrebbe essere benissimo una cover degli Articolo 31 post degenero, ma non divaghiamo.
Sta di fatto che da lì i passi si son mossi in una direzione che io ho apprezzato molto e che mi porta a definire i Linea 77 di “Dieci” come una band post-hc e, a mio modesto parere, siamo sui livelli più alti toccati dai cinque in questione.
Prendiamo “Il Senso” per esempio. Secondo me è un pezzo della madonna.
Come dicevo anche questa volta ci sono i pezzi che mi convincono meno e facendo un conto sul numero di tracce forse quelle molto belle e quelle meno belle si dividono l’abum in parti uguali (“Muezzin”, “Il Senso”, la rivisitazione del gioca giuè di “Aspettando meteoriti”, “La notte” e “Au revoir” tra le prime Vs. il singolo “Vertigine”, “Tank!”, “l’Ultima volta”, “A noi” e “Vipere”), ma per una volta anche le tracce “no” alla fine il loro motivo d’essere ce l’hanno e non infastidiscono quasi mai il mio orecchio. Oltretutto la scelta del cantato italiano per tutti i pezzi da un senso di continuità al lavoro che mancava da un bel po’.
Insomma io il nuovo disco dei Linea 77 lo consiglio e mi prendo questo post farcitissimo di link a video per omaggiare una band che pur non essendo tra le mie super favorite sicuramente merita rispetto, attenzione e riconoscimento del tanto lavoro svolto in dieci anni di carriera.
Che poi io non sia nessuno e che questo mio omaggio non conti un cazzo, beh, quella è un’altra storia.

2 commenti su “Linea 77 – Dieci”

  1. Dufresne, conosco ma non apprezzo più di tanto.
    Dal vivo spaccano, almeno quando li ho visti io hanno spaccato, ma su disco mi paiono uguali a tante altre band che ascoltavo prima di loro. Non ho mai approfondito troppo, in ogni caso.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.