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2009

Si parla pur sempre di geni

Ieri, in piscina, mi sono ascoltato “Coaster”.
No, non frequento una piscina particolarmente punk, ma Polly mi ha regalato l’mp3 subbaqquo e quindi ora in vasca trovo il tempo per ascoltarmi i CD.
Invenzione suprema.
Anyway, “Coaster” è il nuovo disco dei Nofx.
I Nofx sono stati per lungo tempo qualcosa più del mio gruppo preferito. Erano i gloriosi anni novanta ed io ero un glorioso teenager che cercava la sua strada per uscire dal seminato. Da anni tuttavia ho semsso di seguirli con l’ardore che avevo in gioventù. Si cresce, ci si evolve, i gusti non è che cambino, però per una persona che ascolta tanta tanta musica è normale sentire il bisogno di rinnovare il tipo di ascolti, perchè per forza di cose dopo un po’ un certo suono inizia a risultare ripetitivo.
Dopo “The Decline” (1999) ho pian piano preso le distanze dai miei idoli, aiutato anche da un disco, “Pump up the Valuum” (2000), che reputo ancora oggi uno dei loro peggiori prodotti. Così devo ammettere di aver concesso ben pochi ascolti a “The War on Errorism” (2003) e ancora meno a “Wolves in Wolves’ Clothing” (2006), giunti entrambi in un momento in cui l’HC melodico era stato da me rinchiuso per gran parte in un cassetto.
Oggi le mie orecchie sono state ampiamente detossificate da quel tipo di suono e sulla scia di un certo revival che ultimamente la fa da padrone nei miei ascolti ho deciso di approcciare “Coaster” con la voglia di sentire un disco Nofx con l’attenzione che gli avrei dedicato anni ed anni fa.
“Coaster” è veramente un disco osceno.
Cerchiamo di capirci: il previa citato “Pump up the Valuum” è un brutto disco per i Nofx degli anni novanta, per il gruppo che in tre anni ha prodotto tre caploavori come “Punk in Drublic”, “Heavy Petting Zoo” e “So long… and Thanks for all the Shoes”.
“Coaster” è un brutto disco e basta.
A mio avviso gli mancano più o meno tutti i marchi di fabbrica che hanno da sempre scandito le opere di Fat Mike e soci. Dodici tracce che stancano, suonano vecchie al primo ascolto e, soprattutto, risultano prive del benchè minimo mordente. E’ vero che, come dice il BU, la musica non la si dovrebbe valutare col metronomo, però cazzo, questo disco proprio non “tira”. Ascoltandolo ho avuto come unico momento di piacere l’analisi del testo di “Blasphemy (The Victimless Crime)”. Mi sono tornati in mente tutti i CLlini che quando ero giovane ascoltavano i Nofx perchè faceva figo, perchè come predica Facchinetti il punk è radicato in CL. Mi piace immaginarli così, mentre mi guardano con sdegno per un moccolo scivolatomi di bocca e si allontanano fischiettando “Blasphemy, want some more? Mother Mary, the virgin whore…”. D’altra parte la coerenza non è mai stata a casa loro.
Il post potrebbe anche essere concluso qui, ma così non è.
Già perchè a me la voglia di ascoltare i Nofx dopo anni è rimasta anche più alta di prima alla fine di “Coaster” e quindi ho rispolverato il mai ascoltato “Wolves in Wolves’ Clothing” per cercare di placare questo mio istinto.
Avrei dovuto immaginarlo.
I Nofx non sono band da toppare completamente due dischi di fila ed infatti il mai considerato disco in questione da subito mi riporta alla mente i fasti del passato.
“60%” è una open track fighissima, “USA-Hole” è tutto quello che chiedo ad una canzone dei Nofx e “Seeing Double at the Triple Rock” è un’autocitazione troppo raffinata per non essere colta da un fan di vecchia data. E poi via con le tracce seguenti, tutte esattamente come dovrebbero essere, o almeno come io vorrei che fossero.
In conclusione, per quel che mi riguarda l’ultimo disco dei Nofx ha la copertina gialla e suona dannatamente anni ’90.
Pare che anche quest’anno di avere buoni dischi in uscita non se ne parli.
Al momento le due canzoni appena uscite che più mi hanno colpito sono “If U Seek Amy” di Britney Spears e “Per Dimenticare” degli Zero Assoluto.
Oh, gran pezzi secondo me, però cazzo…

Adesso parlo io

L’ho detto.
Ora aspetto che Vespa mi chiami per una puntata di tre ore di “Porta a Porta” senza contraddittorio alcuno.
Non credo accadrà.
Allora mi prendo questo spazio perchè, pur non essendo parte dei “blog alla moda” citati da Ferrara nè della “stampa controllata dalla sinistra” descritta dal premier, ho bisogno di dire la mia ai quattro venti e senza filtro.
Il mach Silvio vs. Veronica mi ha ampiamente rotto il cazzo.
I deliri di un vecchio che cerca di ostentare mascolinità per mascherare i probabili effetti dell’intervento alla prostata che ha subito pochi anni orsono e gli sfoghi di una moglie che ha deciso di smetterla di fare la figura della stordita e, soprattutto, di farsi pagare un bel tot di alimenti non sono e non saranno mai ciò che io ritengo “importante” riguardo la politica del paese in cui vivo.
Eppure pare che io sia il solo a pensarla così, visti gli ascolti da record che la puntata sopracitata dello show di Vespa ha realizzato.
Lasciando stare il tema trattato però, la cosa sconcertante è il modo in cui tutto questo è stato messo in piedi.
E’ sembrato di vedere uno degli show televisivi di Castro a Cuba, o di Chavez in Venezuela.
Una cosa che in un paese civile, moderno e democratico dovrebbe far rabbrividire la popolazione tutta.
Il Premier, proprietario di un colosso mediatico incalcolabile tra televisioni e carta stampa, si costruisce uno spazio di ore sulla televisione nazionale e parla alla nazione senza che nessuno gli faccia domande, senza un contraddittorio, senza nulla che non fosse la sua parola.
Già questo dovrebbe dare molto da pensare.
In più durante questa trasmissione parla, anzi vaneggia, di stampa controllata dalla sinistra e di un’operazione svolta da quest’ultima sulla povera Veronica da leggere come circonvenzione di incapace.
Ora, se parli di tua moglie come di un essere incapace di intendere e di volere, privo di raziocinio e raggirabile da chiunque come cazzo puoi pensare che lei non venga colta dal desiderio di lasciarti?
Indipendentemente dalla questione veline, come può una donna stare con te se dimostri di continuo di non avere per lei il benchè minimo rispetto? Ok, hai i miliardi, ma credo che anche con gli alimenti lei non faccia fatica a campare e quindi una lieve perdita economica vale bene il potersi guardare allo specchio senza provare pena per se stessi, no?
Ma il rispetto per il prossimo proprio non è parte della cultura del premier che parlando delle sue foto alla festa di Noemi dice di essere solto al concedersi foto con le persone umili.
Persone umili?
Io non pretendo non esista il classismo in Italia, per carità, ma non lo accetto dal Presidente del Consiglio.
Decisamente non lo accetto.
E non dovrebbero accettarlo nemmeno le “persone umili” che lo hanno votato.
Di tutta questa faccenda mi resterà solo la gioia di aver aderito all’iniziativa molto simpatica creata da Dietnam e ormai celebre.
L’idea di essere finito con la mia faccia su Repubblica e sul Corriere della Sera in un operazione di ludibrio nei confronti di Silvio Berlusconi mi da abbastanza soddisfazione.

*Ecco il mio capolavoro.

Google Hit List [Aprile 2009]

Ho appena fatto quasi settanta chilometri in bici.
Voglio morire.
Ecco la classifica.

1 – carboidratos personas gordas
2 – come fare un teschio scrivendo con la tastiera
3 – etchette simpatiche per bottiglie vino
4 – frase da scrivere al proprio capo ufficio rientrato a lavoro
5 – giovedi di pasqua
6 – istruzioni montaggio isola dei pirati lego
7 – kris roe vecchio
8 – ma come cazzo suoni
9 – mi e’ successa una cosa simpatica
10 – vendo ray ban a goccia senza lenti

Nota: aggiornata la sezione “musica”

Ossimoro scampato

E’ un tot che volevo scrivere questo post.
Gli argomenti principali sono due: Harry Potter e Dexter.
Avendoli decisi da tempo, ho già messo i tag al post in questione: TV e libri, un ossimoro che non apprezzo, quindi allargo il campo e senza uscire dal tema introduco anche i film.
Tutto questo perchè i post che scrivo dopo una certa ora della notte devono essere contorti, impulsivi, contraddittori e convulsi.
Parto da Dexter. Mi sono visto tutta la seconda serie del telefilm che tanto mi aveva appassionato agli inizi del 2008 e, tagliando subito corto, ne sono rimasto un po’ deluso. Il motivo è che in questi “nuovi” dodici episodi Dexter Morgan non è più lui. Gli autori l’hanno fatto uscire dal personaggio (loro diranno di averlo portato ad una naturale evoluzione, ma non è così) ed io, che sono cresciuto con la cultura tipica del GdR in cui lo stare adesi al personaggio è tutto, questa cosa non la posso sopportare. Guardando la nuova serie mancano tutte le lucide deviazioni psicologiche del personaggio che perde gran parte del suo essere psicopatico e diventa quasi normale, come se fare a pezzi la gente non fosse più una stravaganza.
Dexter Morgan con delle emozioni, per assurde che siano, non è Dexter Morgan e questo non mi è piaciuto.
La serie resta molto avvincente, grazie ad una trama abbastanza intricata e personaggi secondari con spessore e sfaccettature difficili da trovare in altri serial. Credo che, da questo punto di vista, l’essere stato tratto da un libro aiuti molto.
Io il libro l’ho comprato per scoprire se questa mia ipotesi è vera.
Lo leggerò a breve.
Non lo sto già leggendo perchè sono impegnato con la scalata alla saga di Harry Potter, cosa che mi sta dilaniando.
Per leggere i primi tre libri, i più corti, ci ho messo quasi quattro mesi.
Di questi tre libri non me n’è piaciuto uno. Lenti, prevedibili, monotoni, ripetitivi, prolissi e perfino diseducativi, se considerati letteratura per l’infanzia. Ai libri sto anche affiancando i film, in modo da fissare i concetti e andare avanti nella lettura.
Cinematograficamente parlando i primi due capitoli sono di gran lunga peggio in pellicola che non su carta stampata.
Domani, se tutto va da programma, vedrò il terzo. Intanto mi sono portato a casa “Harry Potter e il calice di fuoco”, che alla sola vista mi incute un certo timore dall’alto delle sue 600 pagine. Di sicuro prima di approcciarlo leggerò “La mano sinistra di Dio” (alias il previa citato libro da cui è stata tratta la prima serie di Dexter) e “Nero a Manhattan”, due libri che mi aspetto scorrano via in fretta e mi restituiscano la voglia di leggere.
Ok, ho detto quel che dovevo dire.
Visto e considerato che ho aggiunto l’etichetta film a questo post, mi prendo qualche altra riga per dire che, a diversi anni dalla visione di “Lady Vendetta”, Sabato sera mi sono sparato “Old Boy”.
Film pazzesco.
Assurdo, ma veramente figo.
Ricordo che anche “Lady Vendetta” mi era piaciuto, ma non saprei oggi dire minimamente di cosa parlasse.
Credo di dovermelo riprocurare e riguardare.
Ovviamente dopo aver visto “Mr. Vendetta”, ovvero il titolo che mi manca per chiudere la trilogia.
Ho pensato al titolo del post.
Secondo me potrebbe essere utilizzato anche per un piatto esotico e ricercato, chessò uno scampo avvolto in una fetta di lardo e rosolato al cognac.

Nights, where post happens

Zapping.
Guardo un video su MTV, a quest’ora c’è Brand New. Il video è figo, parecchio, il pezzo non male.
Alla fine scopro che sono i Floggin Molly e penso: “Cazzo, se il BU scopre che mi piace sono finito.”
Forse è il caso di cambiare canale, ma Orlando-Philadelphia non è ancora iniziata e sullo stesso canale parte il video dei Kings of Leon. Questo è un gran pezzo, quindi aspetto.
“Use Somebody” è il genere di canzone che, in momenti come questo, amplifica le emozioni.
Non ho sonno, anzi ne ho parecchio, ma non voglio andare a letto.
Domani non lavoro, sono ospite ad un matrimonio, e spero di poter usare la mattina per pulire casa.
Casamia attualmente fa schifo.
Finisce anche il pezzo dei Kings of Leon, partono i Prodigy e cambio canale.
Non c’è veramente un cazzo in tele. Non ci sono più neanche le pubblicità zozze, quindi piuttosto che porta a porta, matrix o ancor peggio the club, mi guardo coming soon che è sicuramente il programma migliore del palinsesto.
Oggi ho ufficializzato il mio futuro. Chiunque mi conosce sa di cosa parlo e chi non mi conosce credo vivrà bene anche senza ulteriori precisazioni. Scelta più o meno obbligata, ma pesante ripercussione emotiva già dall’arrivo a casa.
La mia casa.
Alla fine, le tue cose ti possiedono.
Questi sono stati anche i giorni in cui ho piazzato una delle mie classiche uscite, una di quelle che creano scompiglio, malumeore, risentimento, ma intanto risolvono problemi che, altrimenti, sarebbero restati tali per chissà quanto tempo.
Sono abbastanza soddisfatto di come ho gestito la cosa, anche se forse qualche ulteriore precisazione andrebbe fatta di persona a chi di dovere. Se capiterà l’occasione lo farò, ma se ho capito come vanno le cose da queste parti in 28 anni, penso che con tutta probabilità nessuno dirà nulla e si andrà avanti come niente fosse successo.
As usual.
E’ iniziata la partita e dai primi giochi Orlando mi sembra imbarazzante. Al momento è sotto di sei in casa con i 76ers, in una serie che sulla carta avrebbe dovuto dominare. Vediamo come evolverà.
Orlando vs. Philadelphia.
Se tutto va come spero le vedrò entrambe tra qualche mese, ma anche da questo punto di vista non è che arrivino tutte ste buone notizie quindi meglio chiudere qui la parentesi per evitare malumori.
La regione Lombardia oggi ha approvato la legge anti kebab.
Io amo il kebab.
Non mi soffermerò sulla ridicolaggine della cosa, perchè è una legge targata Lega e questo dice già tutto.
Le cose che mi fanno riflettere sono due: la prima è che questa legge fa parte di un pacchetto “sicurezza”, la seconda è che alla lega gli immigrati probabilmente danno in culo sia se non lavorano, sia se lavorano tanto.
E poi rompono il cazzo a me se, guardando una partita, mi accanisco con la madre di Balotelli.
Per carità, non è elegante agurarsi saltellando la morte di un giocatore di pallone, per quanto irritante, ma credo che in quanto a razzismo io abbia ancora veramente tanto da imparare da chi mi governa.
Orlando è sopra di tre.
Vado a guardarmi la partita.
Chissà se questa notte i miei Hornets espugneranno Denver…

Give it a name

Lo dico subito: per una volta, la prima volta forse, è valsa la pena di farsi lo sbattimento.
Alla luce dei fatti quindi posso smetterla di darmi del coglione poichè non è vero che un festival con diverse band di questo tipo debba forzatamente venire fuori una merda.
Un festival di questo tipo può anche venire bene, con dei buoni suoni e delle buone performance.
Questo inevitabilmente aggrava molto i giudizi (peraltro già non fantasmagorici) sulle manifestazioni precedenti, ma almeno mi dimostra che crederci e partire per un concerto alla distanza complessiva di 450 km non è una pirlata a priori.
Ok, questa pera di autoconvinzione era doverosa, ora posso commentare il concerto.
Give it a name II @ Estragon (Bologna).
Taking Back Sunday, Underøath, Thursday, Escape the Fate, Emery, InnerPartySystem e Your Hero.
30 sacchi di ingresso (senza prevendita), 23 di casello, 40 di benzina e 5 di piada del voncione con annessa acqua.
Ok, la riga qui sopra cozza un po’ col mio tentativo di smetterla di darmi del pirla, but who cares?
Sono partito da Milano alle 16 in punto sperando di evitare il traffico qui e possibilmente anche quello sulla tangenziale bolognese. Il piano può dirsi riuscito poichè anche a destinazione non ho praticamente mai fatto coda e così alle 17.50 ero già in fila alla biglietteria dell’Estragon.
Viaggiare da solo in macchina per qualche ora è sempre una bella esperienza. Musica in sottofondo, strada sgombra e tanto tempo per stare con sè stessi sono una situazione che, ogni tanto, mi concedo volentieri.
Giunto in loco ho incontrato Safebet ed un suo amico di cui non ricordo il nome, anche loro profughi da Milano, nonchè Uazza il geometra. Con loro tre ho passato poi l’intero live e si sono rivelati una gradevolissima compagnia.
La prima band ad esibirsi sono gli Your Hero, italiani (credo di Roma). Bravi, c’è da riconoscerlo, e nemmeno troppo musicalmente ruffiani visto il contesto in cui erano inseriti. Personalmente li ho apprezzati anche nella parentesi di cordoglio per le vittime del terremoto, mi è parso tutto genuino e quindi da applausi. Fossero stati a Domenica In forse avrei recepito in maniera diversa.
Forse però son solo pippe mentali mie.
I loro venti minuti procedono veloci, trascorrono bene e lasciano la voglia di sentire un altro paio di pezzi quando il set è concluso. Promossi.
I secondi sono gli InnerPartySystem e qui il giudizio cambia, si accorcia: una merda. Oltre ad essere inadatti al contesto mi son sembrati proprio scarsi. Potrei non dico apprezzarli, ma almeno non odiarli se li vedessi live una sera al Plastic, per dire, ma non ne sono nemmeno sicuro. In sostanza venti minuti che durano un’eternità. Bocciati.
Terzo giro, tocca agli Emery. Non li avevo mai visti dal vivo e non li ho mai cagati nemmeno su disco. Alla luce dei fatti non ne sono affatto rammaricato. Mi è parso il classico gruppo nu-emocore come ce ne sono tanti, con l’onestà di chi questa roba la fa più o meno da quando è nata, ma con anche l’aggravante di non lasciare nulla a chi ora, con un background che non sia proprio zero sull’argomento, li sente per la prima volta. So per certo che ai fan di vecchio corso, Safebet è uno di questi, non sono affatto dispiaciuti quindi probabilmente il set non è stato male. A me però non hanno detto niente. Ad essere onesti anzi li ho trovati un po’ vuoti di suono e di voce, ma non credo di avere materiale a sufficienza per valutarli. Senza voto.
E’ il turno degli Escape de Fate. Io li odio essenzialmente perchè la loro presenza ha reso l’intero festival una gigantesca puntata di TRL. Io non ho nulla contro le mode dei giovani, anzi, però trovo questa nuova ondata di ragazzini confezionati nei jeans aderenti onestamente inguardabile. Ecco, il gruppo in questione incarna in pieno il giudizio espresso sul suo pubblico. Prima ancora che iniziassero a suonare, già trovavo irrispettoso il fatto che loro, a metà della scaletta del festival, si permettessero di arredare il palco con scenografie da far impallidire gli Iron Maiden (che almeno queste tarrate se le fanno ai live dove sono headliner). Una roba imbarazzante, se si pensa ad un gruppo che si limita a fare peggio di altri un genere che ha iniziato a stufare già da diversi anni. Il fake metal modaiolo è già di suo un genere discutibile, persino quando a proporlo sono i gruppi che l’hanno inventato, figuriamoci se a suonarlo son quattro ragazzini. Oltretutto, musicalmente parlando, gli Escape the Fate sono veramente quattro (il cantante non lo considero nemmeno) incapaci. Suoni osceni, assoli fuori tempo e basso praticamente inesistente fusi in una performance che avrei ritenuto opinabile anche al concerto annuale delle scuole monzesi. La chicca però era il secondo chitarrista: un trentenne nascosto dietro la scenografia credo perchè non sufficientemente poser per essere ammesso di diritto nella band. Vabbè, il giudizio è scontato: bocciati, anzi espulsi proprio dalla scuola. Vederli dal vivo ha fatto poi sorgere in me una considerazione. Questi gruppi per teenagers in america vanno fortissimo e fino a qui nulla di nuovo. Vanno fortissimo anche in Italia, talmente forte da sdoganarsi come musica e come look perfino a MTV. Perchè allora i gruppi italiani che son voluti salire in corsa su questo treno si son presi solo il fattore estetico? Perchè i teen-emo-posers italiani, abbigliamento escluso, sono rimasti musicalmente inchiodati al pop anni sessanta? Perchè testi e arrangiamenti dei Lost, per fare un nome, potrebbero essere benissimo farina del sacco di Dodi Battaglia? Gli Escape the Fate almeno, pur risultando credibili quanto Krusty il Clown che recita Shakespeare, cercano di proporre la musica che oggi si rispecchia in quella moda. Mah, disgustorama.
Thursday. Standing ovation.
Devo ammettere che anche in questo caso la mia considerazione nei loro confronti è sempre stata pressochè nulla. Conscio si trattasse di uno tra i capistipiti della corrente musicale nu-emocore gli ho sempre preferito altre band per una mera questione di gusti. L’opportunità di vederli dal vivo però mi incuriosiva e devo ammettere che riponevo su di loro un bel po’ di aspettativa. Mi hanno impressionato. Una potenza di suono indescrivibile, una pulizia difficilmente eguagliabile, voci e cori sempre precisi e puntuali ed una presenza scenica non indifferente: semplicemente perfetti. Con ogni probabilità, la band del New Jersey a fine anno si collocherà tra i migliori live del 2009. Promossi a pieni voti e con la particolare lode di aver dimostrato all’audience cosa vuol dire suonare dal vivo, con buona pace dei ragazzini finto metallari di prima.
A questo punto mancano all’appello due band, quelle per cui mi sono fatto la trasferta.
I primi a presentarsi sul palco sono gli Underøath. 55 minuti di violenza, acustica e visiva, suonati tutti di fila e senza tregua alcuna per lo spettatore. Rispetto all’ultima volta in cui li ho visti, i suoni mi son sembrati più impastati all’interno del caos generale e meno definiti, tuttavia trattandosi di un certo tipo di suono la cosa non guasta. La title track dell’ultimo disco vista live è impressionante, così come “Writing on the walls”, ma nel complesso non c’è stato un solo minuto sottotono all’interno del set. Esattamente come me li ricordavo, esattamente come me li aspettavo: promossi.
Siamo alla fine e, pur dovendo ancora suonare il gruppo che più mi piace tra tutti i presenti, sono già molto soddisfatto.
I Taking Back Sunday si presentano sul palco a chiudere la serata, forti di un nuovo chitarrista (che sul momento mi è sembrato poter essere il buon vecchio Nolan, con conseguente mezzo infarto per la commozione, e che oggi invece ho appreso essere nuovo di pacca), di un nuovo disco in prossima uscita e di un precedente live all’Estragon difficilmente peggiorabile. Forse anche per questo mi sono piaciuti, perchè non mi aspettavo nulla di buono. Adam Lazzara è oggettivamente un incapace, tuttavia il nuovo chitarrista sopperisce bene ed il suono è decisamente vivo, rispetto alla mosceria della precedente occasione. Suonano anche loro un’oretta, proponendo una scaletta che pesca in pari proporzioni da tutti e quattro i dischi, se si conta anche il quarto in uscita. Promossi anche loro, quindi.
Così il concerto finisce e io me ne ritorno a Milano con la mia schiena capricciosa che inizia a dolorare, le orecchie che fischiano e “Una vita nuova” di Fabrizio Coppola che mi tiene compagnia lungo la strada, rilassandomi senza addormentarmi.
Sabato pensavo di aver fatto una stupidata a perdere il live di Joey Cape acustico a Parma, ma con il senno del poi è stato meglio così. Credo che infondo se ci fossi andato non avrei apprezzato appieno, come invece ho fatto ieri sera.
Soprattutto, se ci fossi andato, ieri sera con ogni probabilità sarei stato a casa.
Come sempre più persone mi dicono, sto decisamente invecchiando.

Giovedì di Pasqua

Ogni anno, da tradizione, il Giovedì di Pasqua io sdogano il pantalone corto.
Questa mattina non ci ho creduto. Pensavo facesse troppo freddo, che fosse troppo presto.
Mi sbagliavo.
Ho quindi rimediato.

* i jeans stretti non sono l’ideale da risvoltare. E nemmeno i gambaletti blu da impiegato.

Il suono della linfa

Il suono della linfaCome promesso agli autori, mi appresto a scrivere qualche riga riguardo a “Il suono della linfa”, primo lavoro su lunga distanza dei Seventy Times Seven, o 70t7, che dir si voglia.
Per prima cosa devo ammettere che l’oggettino in se è veramente ben fatto. Ok, la copertina è un po’ troppo “tool” per i miei gusti e forse anche per il contenuto musicale del disco, però le grafiche interne mi piacciono: pulite, lineari e con dei bei colori. Molto figa anche l’idea di inserirmi nei ringraziamenti, se devo essere onesto.
Dopo averlo guardato per benino è però giunto il momento dell’ascolto. Degli ascolti, anzi, prima in macchina e poi a casa. Sentire il disco di una band che hai sempre visto dal vivo è strano. L’impatto coi pezzi ti lascia spiazzato perchè il tutto sembra troppo pulito e quindi meno “carico”, ma è solo una prima impressione. Al secondo ascolto la qualità del lavoro fatto in fase di registrazione e mixaggio viene fuori tutta e quindi il disco prende la forma di ciò che è e non di ciò che si è già sentito ai concerti. La parola che mi viene in mente ascoltando “Il suono della linfa” è cura. Cura nei particolari di tutti i suoni. Ogni accordo, ogni riff, ogni coro è esattamente dove deve stare ed ha un perfetto senso nel contesto. Bello. Anche quando le scelte non coincidono con il mio gusto, con i suoni a cui sono più familiare. Capita, ascoltando i dischi, di sentire passaggi e pensare “io qui avrei usato suoni diversi”. Se si ascolta un disco rock con il mio orecchio, abituato da sempre alla sporcizia sonora, è normale trovare questi dieci pezzi troppo poco ruvidi. E’ tuttavia unicamente un problema di abitudine e si risolve con gli ascolti, cosa a cui sto già provvedendo. Tra l’altro, rispetto all’EP uscito un paio d’anni fa, mi pare siano stati fatti in questa direzione dei passi giganteschi poichè l’aggressività, quando serve, questi pezzi ce l’hanno e la tirano fuori bene. Una pecca, a voler essere pignolo, sono i volumi delle voci che a volte rimangono troppo imprigionate nella musica e non risaltano a sufficienza. Sempre personalmente parlando, s’intende. In sostanza a me il disco piace parecchio. Dieci tracce tra cui non saprei ancora scegliere una preferita, nè indicarne una che non mi piaccia. “Asfalto Bagnato” è un bel singolone e si fa cantare sempre, “Time to explode” e “All inside my head” suonano decisamente bene ad alto volume, “Scivolo piano” credo sia il pezzo più rappresentativo del disco e pur non avendola mai sentita prima già mi piace un bel po’, così come “Piove su di te”. “Dance of the shadow” è un pezzo che non può non piacermi, con archi e tastiere a manetta e “Cenere e anima” ha un minuto finale da pelle d’oca. Restano da commentare “Il suono della tua linfa” e “Too much paranoid” per cui credo di necessitare di qualche ascolto in più e “Burning again” che è ormai una certezza, pur essendo il pezzo che più soffre la trasposizione palco/stereo.
Il mio giudizio quindi è decisamente positivo: il disco mi piace, non mi stanca e continua a regalarmi qualcosina ad ogni nuovo replay.
Ecco, questo è il mio parere in merito.
Ah, ascoltato in cuffia è un’atra cosa, rispetto alla macchina.

Google Hit List [Marzo 2009]

Con una prima in classifica del genere, non serve scrivere null’altro.
Sono commosso.

1 – sprazzi di quotidiana libidine italiana
2 – leggere in alternativa alla televisione
3 – non ho la forza di oppormi
4 – accoppiare cravatta e camicia
5 – alternativismo
6 – righe regimental
7 – chi sono i giovani d’oggi?
8 – frase acida x msn
9 – prodotti farmaceutici per eliminare le occhiaie
10 – new era si lascia etichetta?

Nota: aggiornata la sezione “musica”

Manq @ Vans Warped Tour?

Non sono morto.
Sono stanco, quello sì, ma è solo per quello che la mia attività di blogger sta subendo dei ritardi gigantoscopici.
Potrei fare di questo post, il post delle parole inesistenti.
Ma anche no.
Userò questa pagina per parlare del primo obbiettivo della mia esistenza in questo momento: la florida.
Pur non essendo affatto sicuro che riuscirò ad andarci, alla fine, ormai sono proiettato in quel di Miami.
La frommer è arrivata e da un primo sguardo ci sono già un monte di cose che rientrano nella lista degli appuntamenti imperdibili.
Alcuni esempi:
– Cape Canaveral
– Il circuito di Daytona
– Walt Disney World
– Everglades (ovvero il parco naturale dove si gira in hovercraft per vedere gli alligatori)
– Miami
– Lo stadio dei Dolphins a Miami
– Miami Beach
– Le tipe in rollerblade a Miami Beach
Questo solo dopo un primo sguardo alla guida.
Quello che sulla guida non c’è scritto è che dal 24 al 26 Luglio in florida sosterà il Vans Warped Tour.
Per me questo ha l’importanza che potrebbe avere per un credente sapere che nei giorni in cui sarà in vacanza in un certo luogo, comparirà la Madonna.
Il Vans Warped Tour è stato per tantissimi anni il sogno nel cassetto, il desiderio segreto e la fantasia proibita.
Tutto insieme.
Solo l’idea di poterci andare mi rende euforico.
La cosa buffa è che non ho la più pallida idea di chi potrebbe suonarci, quest’anno.
Chissenefrega.
Io ci vado uguale.
Anzi, mi sa che mi prendo il biglietto del VWT prima ancora del biglietto aereo.
Alla peggio, ho buttato 30 dollari.
Riuscire a piazzare il concerto all’interno del tour della florida è ormai il mio primo obbiettivo, con buona pace della Polly che fino a ieri doveva lottare contro il precedente capolista: il noleggio di una cabrio.
Adesso torno a guardarmi la seconda serie di Dexter, che guardacaso è ambientato a Miami.
Ho visto il primo episodio e già sono in dipendenza.