L’appartamento è quasi totalmente immerso nel buio.
Un’altra torrida estate milanese è ormai iniziata ed in questo periodo le lampadine accese hanno lo spiacevole difetto di innalzare ulteriormente la temperatura oltre a richiamare le zanzare.
Io odio le zanzare.
Spesso mi chiedo quale sia stata la spinta evolutiva che le ha portate ad essere ciò che sono oggi. Il fatto che il loro ciclo vitale si fondi sul prelevare dal mio corpo preziosa linfa non mi crea particolare disagio. E’ irritante, se vogliamo, pensare che questi esseri per vivere non debbano fare altro che succhiare energia dalle creature che li circondano, tuttavia credo che questa cosa faccia particolarmente incazzare perché a noi poveri esseri umani non è concesso di fare lo stesso. Conosco molta gente che vivrebbe volentieri la vita del parassita. Gente che già nel quotidiano cerca, giorno dopo giorno, di attingere il più possibile da parenti, amici, colleghi e perfino estranei pur di risparmiarsi il peso di dover fare da sola. Anche il più dotato degli appartenenti a questa categoria, tuttavia, non arriverà mai a sfruttare il prossimo quanto possono e sanno fare le zanzare.
Per quanto non credo mi abbasserei mai a fare la vita del parassita il solo pensare che questi piccoli insetti possano permetterselo solletica la mia invidia, tuttavia sebbene dall’invidia sovente scaturiscano rancore e di conseguenza odio, non è per questo motivo che provo così tanto risentimento nei confronti dei fottuti insetti succhia sangue. Ciò che mi fa letteralmente impazzire è altro.
Per sopravvivere l’unica cosa che le maledette devono fare è succhiarmi del sangue. Niente di più. Oltretutto essendo migliaia non ho una sola fottuta speranza di impedirglielo, in nessuna maniera. Non c’è rimedio di quelli i cui spot inondano la TV ogni estate che abbia mai dato anche solo l’impressione di essere efficace e per quanto io mi possa impegnare ad uccidere ogni singolo esemplare mi ronzi attorno, ce ne sarà sempre qualcun altro pronto a pungermi nei punti più impensabili. Preso atto di questa sconfitta in partenza e rassegnatomi al dover donare alle bastarde parte del mio sangue come nutrimento, non c’è un solo cazzo di motivo per cui sia giustificabile il fatto che lascino sul mio corpo quegli orribili ponfi urticanti.
Ecco, è questo che non tollero delle zanzare: la beffa che si fanno di me dopo avermi sfruttato.
Ed è per questo che non vedo alcuna ragione evolutiva perché gli insetti che tanto disprezzo debbano aver mantenuto questa peculiarità nel corso degli anni. Trovo addirittura sia loro controproducente ai fini della continuità della specie, essendo il prurito la ragione principale per cui l’uomo tenta da secoli di sterminarle.
Allora perché sono così?
Non avendo una risposta a questa domanda potrei comportarmi come fa la gran parte gli uomini al cospetto di interrogativi privi di ragionevole e logica spiegazione: potrei rifugiarmi nella volontà divina. Se così facessi tuttavia, le zanzare per me non potrebbero rappresentare altro che la prova dell’anima sadica di Dio.
Sbatto le palpebre e torno al qui ed ora.
Dalla cucina del trilocale arrivano delle voci oltre ai tenui raggi dell’unica lampada presente nella stanza. La TV è accesa, ma con tutta probabilità le due persone che gli stanno intorno non la stanno guardando. Nessuno più la guarda, la televisione, eppure ormai qualunque abitazione ha un apparecchio televisivo per locale. Non credo manchi molto a che la gente inizi a farsi installare super schermi al plasma persino al cesso, strappando alla lettura l’ultima delle sue roccaforti.
La finestra del salotto si affaccia sul cortile ed è aperta proprio di fronte a me. La tapparella è alzata e l’immagine incorniciata dagli stipiti potrebbe essere ammirata per ore senza mai stancare, intrisa di una poesia ed una malinconia tali da rapire chiunque sappia apprezzare le cose belle che quotidianamente ci circondano. All’orizzonte il cielo è sereno e risplende di flebili e rade stelle. Per quanto piccolo, questo dannato paesino alle porte di Milano genera fin troppo inquinamento luminoso per permettere agli astri di farsi ammirare al massimo del loro splendore. La luna però, quella è difficile da offuscare, specialmente questa notte. Dritta avanti a me è piena ed arrogante nel suo giallo intenso. Oggi è talmente bassa dall’essere parzialmente coperta da alcuni alberi all’orizzonte e le sagome nere risaltano nella luce riflessa dal satellite generando un paesaggio che mai ci si aspetterebbe di poter vedere in questo buco di culo di area suburbana.
E dire che tempo fa non avrei certamente apprezzato cose come questa e non perché io abbia recentemente sviluppato un maggior gusto estetico. Semplicemente è cambiata l’attenzione con cui osservo ciò che mi sta attorno.
Ho aperto gli occhi.
Tornare a casa dall’ufficio non è più solo la coda in tangenziale. E’ il gioco di luci che il sole crea dietro le nuvole, è il luccichio dei riflessi sulle immense vetrate dei modernissimi palazzi che mi circondano, è il cucciolo di lupo addormentato nel verdissimo prato del mio vicino ed è quanto sto ammirando dalla finestra della stanza in cui mi trovo ormai da diversi minuti.
La bellezza.
Nel salotto di un appartamento quasi totalmente immerso nel buio in cui non ero mai stato prima di oggi sono le 22.17.
Basta cazzate, devo tenere salda l’attenzione su quel che sto per fare.
NdM: quello appena pubblicato è uno scritto che risale a diversi anni fa. Come altri suoi simili se ne stava sul mio PC in attesa di Dio solo sa quale destino, parte di chissà quale progetto nato e morto senza mai uscire un solo istante dalla mia testa. Oggi mi è ripassato per le mani e, a differenza di tutte le altre innumerevoli volte, ho deciso di pubblicarlo. Il nome del file era “pilota”, come si trattasse del primo episodio di chissà cosa.