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2007

Flashback

Si parla sempre più spesso di dare più soldi alla ricerca e alle Università italiane.
In linea di principio credo nessuno possa avere da ridire su un proposito del genere.
Ebbene io voglio proprio spendere due parole in merito visto che oggi, tutti insieme, mi sono tornati alla mente i molti motivi che mi hanno portato ad odiare il sistema Universitario del nostro Paese.
Oggi si è tenuta la prova orale del mio concorso di dottorato.
Non mi vengono altre parole per definire lo spettacolo cui ho assistito se non “pagliacciata”. Non ho voglia di addentrarmi nei particolari perchè è un pomeriggio che li racconto e ne sono decisamente nauseato, tuttavia un piccolo aneddoto voglio riportarlo.
Dopo aver spiegato all’inizio del mio discorso la funzione della proteina su cui verteva il progetto da me proposto allo scritto (perchè la domanda della prova orale era “raccontare quanto esposto nella prova scritta”), tre dei quattro commissari hanno pensato bene di richiedermelo, in diversi momenti del colloquio. Il terzo ad essere onesti non l’ha nemmeno chiesto a me, ma si è girato verso un suo collega e ha chiesto: “Ma sta proteina che proteina è?”.
Ora, tralasciando che l’unica mansione del professore in quel momento era stare ad ascoltarmi e che sarebbe stato apprezzabile l’avesse svolta, ma mi chiedo: se proprio non hai prestato la minima attenzione al mio discorso e alla fine ti sorge una domanda, non ti sembra almeno il caso di farla direttamente a me e non al tuo collega seduto affianco?
Avrei voluto alzarmi ed andarmene in quel momento.
Sto mentendo.
Avrei voluto alzarmi, mandarli affanculo e andarmene.
Ora io non so se verrò ammesso oppure no. I posti sono quindici e noi eravamo diciassette, potrebbe pure capitare di essere preso.
Oltretutto non ho certo velleità di accaparrarmi un posto con borsa, quindi pure quindicesimo andrebbe bene.
Che secca è il modo in cui sono stato trattato.
Non ho mai pensato che le graduatorie dei dottorati venissero stilate in base alla prova d’ammissione, tuttavia credo che ci sia modo e modo anche per falsare un concorso.
Analizzando il concorso di dottorato tipo, ci sono tre posizionamenti possibili:
1- progetto con borsa “chiuso”
2- progetto con borsa “aperto”
3- posto senza borsa
Nel primo caso un professore mette a disposizione dell’Università dei suoi fondi personali per pagare un ragazzo per tre anni affinchè svolga quel determinato progetto. In questo caso trovo l’attuazione di un concorso quantomeno ridicola. Mi pare sacrosanto che un professore “assuma” a lavorare per lui chi meglio ritiene, dovendolo pagare coi suoi soldi. Lo Stato però impone un concorso anche per queste posizioni e di conseguenza questi concorsi vengono falsati perchè alla fine vinca il prescelto dal professore. Ridicolo, ma accettabile.
Nel secondo caso lo Stato da dei soldi all’Università per costituire delle borse di studio che andranno a pagare i vincitori per i tre anni in cui questi ultimi lavoreranno presso l’Università. In questo caso il meccanismo del concorso è legittimo perchè i più meritevoli dovrebbero poter ambire a quei soldi e quindi essere pagati dallo Stato per continuare a svolgere l’attività di ricerca senza gravare sulle casse dell’Università o sui fondi dei vari professori. Ciò che accade però è che questi soldi fanno gola a tutti i docenti, poichè consentono di avere manodopera “gratuita”, e quindi ogni anno queste borse vengono fatte ruotare tra tutti gli ordinari. In sostanza se un concorso ha quattro borse “aperte” ci sono quattro professori che ne usufruiranno. Questo fa si che questo tipo di posizione alla fine non sia più molto diversa dalla precedente, poichè ogni professore farà in modo di far avere la sua borsa al proprio candidato, che non necessariamente sarà poi il più meritevole in fase di concorso. Risultato: anche in questo caso si da un’aggiustatina alle graduatorie e tutto si sistema.
Questo lo trovo già meno corretto, perchè la borsa statale dovrebbe essere un’opportunità per un giovane ricercatore di continuare il suo sogno professionale, non per un professore di piazzare i suoi figliocci.
Che però le cose nel bel Paese vadano in questo modo non è certo una sorpresa per nessuno e quindi passiamo oltre.
Il caso della posizione 3 è quello che fa più sorridere.
Chi “vince” un dottorato senza borsa in sostanza vince l’opportunità di lavorare tre anni gratis. Gratis. Le borse sopra citate sono di 10.561,54 euro LORDI annui e si potrebbe pensare che anche vincendola uno lavori pressapoco aggratisse. Tuttavia assicurandosi un posto in quest’ultima categoria ci si accaparra l’opportunità di lavorare in un laboratorio di ricerca privi di qualsiasi stipendio. Zero. Nemmeno i ticket restaurant per la piada di mezzogiorno o il rimborso delle spese di trasporto. Un cazzo.
La necessità di un rigido concorso per attribuire un posto di cotanto lusso è ovvia.
Per evitare di campare di sogni e speranze un dottorando senza borsa deve quindi girare per i laboratori e chiedere se qualche anima pia è disposta a dargli uno stipendio per i tre anni necessari a conseguire l’agoniato titolo.
Più spesso però questi posti se li giocano coloro i quali già lavorano per un capo laboratorio (NON necessariamente professore) che li paga indipendentemente dal dottorato. Io sono una di queste persone. Quelli come me hanno spesso un contratto o una borsa di studio fornita dal loro capo e cercano di far fruttare gli anni che comunque spenderebbero nel fare ricerca, ricavandoci un ulteriore attestato.
Che io entri o meno in graduatoria, il mio futuro lavoro sarà lo stesso, così come il posto dove lo porterò a termine.
La domanda ora è: che interesse ha l’Università a negarmi la possibilità di un posto senza borsa?
La risposta è: nessuno.
Se facessi il dottorato all’Università non costerei un euro. Non ci sono professori da pagare per i corsi perchè non ci sono corsi. Ad essere onesti ce n’è uno di inglese, ma si terrebbe comunque per gli ammessi con borsa e qindi che lo frequenti anche io a loro non cambierebbe nulla. Non ci sono nemmeno costi di reagenti/strumentario perchè lavorerei fuori dall’Univerità e pagherebbe anche quelli il mio capo. Ad essere onesti anzi, io sarei una fonte di guadagno perchè a differenza dei vincitori delle borse, sarei tenuto a versare 885 euro all’anno per l’iscrizione. Negandomi un posto senza borsa l’Università sputa su 2700 euro scarsi che io sarei disposto a regalare in cambio unicamente di un attestato che riconosca un lavoro triennale che svolgerò indipendentemente dal rientrare o meno in graduatoria.
Più soldi alla ricerca nelle Università? Cazzo, ma se non li vuole da chi glieli regala perchè deve chiederli a terzi?
A questo punto una considerazione è d’obbligo: devo essere proprio un coglione a farmi il sangue marcio per un concorso in cui se vinco va a finire che prendo una mensilità in meno per tre anni.
Probabile.
Resta che coglioni come me meriterebbero almeno un briciolo di rispetto.

Manq, per te l’avventura DIMET…

…continua!
Prova scritta dell’esame di dottorato passata.
Giovedì sarà il momento dell’orale, il momento in cui tutto può essere riscritto da raccomandazioni e spintarelle del caso.
L’altro giorno, dopo lo scritto, parlando con il mio capo c’è stato un simpatico siparietto.
Capo: “Ma qualcuno in commissione sa che lavori qui da me?”
Manq: “Io non ho detto niente.”
Capo: “Beh, da curriculum dovrebbe vedersi.”
Manq: “In effetti sul curriculum è scritto.”
Capo: “Speriamo che vedendo questa cosa non ti gambizzino.”
Manq: “…”
Personalmente non faccio una malattia dell’entrare o meno in dottorato, mi piacerebbe ottenere il più possibile a livello di riconoscimenti dal lavoro che sto facendo, ma non è certo quella la molla che mi spinge a proseguire.
Insomma, vediamo un po’ cosa ne esce.
Ora, mentre l’idraulico si appresta a finire i lavori della mia casa, io mi appresto a partire per Bologna.
Stasera suonano gli Used e io non ho intenzione di perdermeli.
Questo si traduce come al solito in 400 chilometri di pura solitudine, immerso nei miei pensieri e imbottito di caffè come nemmeno un pocket cofee.
Se suonano Tragic Poetry piango.
Non credo ci sia pericolo.
Come sempre quando mi appresto ad una trasferta di questo tipo ho necessità di selezionare con cura la musica che mi accompagnerà.
Questo mi porta a poter riflettere sulla mia scaletta per il cofanetto. Faccio subito una precisazione: per me gli anni novanta sono andati dal maggio 1996 al maggio 2001 e sono stati anni ignoranti.
In rigoroso ordine di ascolto.

01 – The Offspring – Genocide
02 – Nofx – Release the hostage
03 – Derozer – No Surf!
04 – Millencolin – Lozin’ must
05 – Persiana Jones – Cosa pensi
06 – GAMBEdiBURRO – La ragazza che io amo
07 – The Ataris – I won’t spend another night alone
08 – No Use For a Name – Not your savior
09 – Blink 182 – Josie
10 – Strung Out – Gear Box
11 – Propagandhi – Middle finger response
12 – Fenix TX – All my fault
13 – Lagwagon – Alien 8
14 – Diesel Boy – Titty Twister
15 – Useless ID – Out of tune
16 – Murder, We Wrote – Look inside my heart

Rileggendola ho un solo aggettivo: settoriale.
Grazie ad Ale e Federico per aver partecipato.
Attendo The O, perennemente in ritardo, e Manowar, impegnato a far nascere il primogenito.
Ah, l’altra volta l’ho dimenticato, ma inserirei anche Fili tra gli autori del cofanetto.
Spero si produca in una bella lista.

Spero di non passare per chi strumentalizza la cosa

Spenderò due parole riguardo quanto accaduto oggi.
Parto da quanto so della vicenda: una decina di tifosi di Lazio e Juve si son presi a sberle fuori da un autogril. A rissa conclusa, mentre entrambe le auto erano intente ad andarsene, un poliziotto ha sparato per intimare l’alt colpendo alla nuca uno ragazzo di ventotto anni. Uccidendolo.
Diversi aspetti di questa faccenda mi hanno dato molto fastidio e cercherò di analizzarli brevemente.
Il primo. Come si fa a dire che un colpo che entra nella nuca di un ragazzo seduto in macchina, altezza più o meno 1,5 m, è stato sparato in aria ed è accidentalmente finito in testa al ragazzo? Io non discuto che il poliziotto non avesse alcuna intenzione di uccidere nessuno. Non conosco l’individuo, ma voglio sperare di avere ragione in merito. Tuttavia credo sia doveroso per le autorità riconoscere che c’è stato un errore. Un errore particolarmente grave visto che è costato la vita ad un ragazzo di 28 anni. Un errore ancora più grave se considerato che, vista la distanza da cui è stato sparato il proiettile e la posizione di chi ha fatto fuoco, quel colpo avrebbe potuto ammazzare chiunque si fosse trovato sulla traiettoria lungo le sei corsie dell’autostrada alle nove di questa mattina.
Solitamente quando cose di questo tipo succedono la mia vena anti-istituzionale viene fuori pesantemente, ma in questo caso cercherò di mantenere bassi i toni.
Statisticamente trovo assai improbabile che tra le forze dell’ordine non ci siano dipendenti capaci di commettere errori. Gli errori si fanno, li facciamo tutti sul lavoro. Il problema è che in certi lavori gli errori costano più che in altri. Io non ho nulla di personale contro l’ufficiale che questa mattina ad Arezzo ha sparato, tuttavia mi sembra corretto che si riconosca il suo errore e che si prendano provvedimenti. Invece l’approccio sistematico è quello garantista, che puntualmente sfocia in giustificazioni ridicole capaci solo di far perdere ulteriormente credibilità a chi le formula.
E questo mi porta alla seconda questione. E’ noto che il tifo organizzato non sia prettamente composto da ammiratori della divisa. Per quanto ritengo che troppo spesso gli ultras vengano demonizzati devo a mia volta riconoscere che la loro condotta è spesso ingiustificabile. Oltretutto non stiamo nemmeno parlando di gruppi predisposti al dialogo e alla comprensione. Allora mi chiedo: che senso ha raccontar loro fregnacce a cui non crederebbe nemmeno un bambino e soprattutto, aspettarsi che se le bevano senza le dovute, per quanto esagerate, rimostranze?
Mesi fa un cretino ha ammazzato un poliziotto a Catania. Campionato fermo per chissà quanto tempo, fiumi di parole contro la figura del tifoso in generale, sproloqui giornalistici atti solo a marciare sopra la questione e via dicendo. Tra tutte queste cose insulse però qualcosa di giusto c’era stato: condanna del cretino e cordoglio per la vittima.
A non troppi mesi da questa questione, dopo che negli stadi hanno iniziato ad attuarsi norme severissime per il controllo della violenza (ed era ora), capita che un poliziotto spari ad un tifoso e che questo muoia. Non è forse legittimo chiedere quantomeno che si manifesti il medesimo cordoglio? Non che fermare le partite sia utile a qualcosa dopo quanto successo, ma perlomeno sarebbe stato un segnale del fatto che la morte violenta di un ragazzo di 28 anni è deprecabile anche se non indossa una divisa.
Evidentemente non è così, non per tutti almeno.
Tutto questo per dire che, per quanto non trovi giusto il modo, l’intento dei tifosi di fermare il calcio oggi gode di tutto il mio appoggio.
Così come trovo sacrosanto che venga chiesta giustizia per questo tragico errore.
A giudicare da quanto sto sentendo da tutti i telegiornali però il discorso sta prendendo una brutta piega.
Alla fine infatti, si parla pur sempre di gente che stava facendo una rissa.

Il cofanetto

Oggi Dietnam ha scritto un post geniale. Da una quindicina di giorni io sto lavorando alla stessa cosa sotto forma di una delle mie classiche “compilation”. Purtoppo non sto riuscendo a sfornare un prodotto che sia esattamente come l’ho in mente.
Il post del canadese però mi ha anche fatto pensare a come sarebbe bello chiedere a qualche personalità significativa di fare altrettanto.
Ne potrebbe uscire una sorta di cofanetto modello mediashopping.
Vabbè, buttiamola lì e vediamo cosa ne esce.
La richiesta è semplice: una quindicina di pezzi (più o meno, diciamo tra i dieci e i quindici) che raccontino gli anni novanta per come li si è vissuti. Possibilmente dando ad ogni gruppo/artista un unico spazio nella lista, così da aumentare la varietà.
Lascerò la mia tracklist per la fine.
Le persone che più mi incuriosisce coinvolgere in tutto questo sono quattro: Ale-Bu, Federico A.S., Manowar e The O.
Non è una cosa che costi particolare fatica e secondo me può essere divertente.
Credo che le cinque compilation potrebbero dare origine ad un cofanetto molto eterogeneo.
Ovviamente chiunque altro voglia cimentarsi nella cosa non verrà escluso, ma la mia curiosità è per le selezioni dei nominati.
Bene, vediamo se riesco a ricavarne qualcosa.
Chiudo con una notizia autocelebrativa: mi sono arrivati cucina e letto.
La mia cucina è bellissima.
E’ gialla.

Chiedo scusa in anticipo

La prima maglietta da me prodotta è arrivata.
E’ figa.
Tre delle quattro persone che l’hanno vista me ne hanno chiesta una uguale.
Dovranno pazientare però, perchè alcune cose vanno sistemate e perchè così com’è ce l’avrò solo io.
I miei tre amici non saranno gli unici ad averne una tuttavia, perchè a Gennaio 2009 ne avrò vendute talmente tante da essere ricco.
Molto ricco.
Ho sonno e non ho voglia di andare a letto.
Starò qui a scrivere tutto ciò che mi passa per la testa fino a che riterrò di aver scritto a sufficienza.
Mi piacerebbe che questo post assumesse le forme di un mio eventuale scritto sotto l’effetto di una qualche droga allucinogena.
Acidi, per esempio.
Mi sono sempre chiesto come dev’essere stare sotto l’effetto degli acidi.
Mi sono sempre chiesto un sacco di cose stupide.
Alcuni direbbero che farsi molte domande è sinonimo di intelligenza, tuttavia non riesco ad immaginare una frase in italiano che possa avvalorare questa teoria.
Teorico ed empirico d’altra parte molto di rado portano al medesimo risultato.
Credo questo sia dovuto all’imperfezione insita nella natura umana causa principe dell’imprecisione delle teorie formulate dalla mia specie.
Quest’ultimo concetto nella mia testa si era formulato in maniera molto più chiara rispetto a come ha preso poi forma in questa pagina.
Potrei rileggere e cercare di renderlo comprensibile.
A quel punto dovrei cancellare tutto quello che ho scritto in seguito.
Oppure potrei correggere e lasciare poi il seguito inalterato, creando nel lettore l’amletico dubbio: avrà corretto oppure no?
Dubito un lettore arriverà mai a questo punto del post tuttavia.
I lettori sono spesso pigri.
Io, quando leggo, lo sono.
Così come lo sono quando non leggo.
La conclusione di questa pagina sta per arrivare.
Al momento ne sono abbastanza convinto, ma nulla mi vieta di smentirmi. Capire se sto mentendo per un implausibile lettore giunto a questo punto non credo sarà molto difficile, gli basterà guardare quanto manca alla fine.
Per me è diverso.
Io non so ancora a che punto sarà la fine e questo è abbastanza ironico, visto che io dovrei avere in mente quando concluderò questo sproloquio mentre chi lo sta leggendo non dovrebbe averne alcuna idea. Se tutto questo l’avessi espresso oralmente per il mio interlocutore sarebbe stato molto più difficile regolarsi.
La tradizione orale ha i suoi lati negativi, effettivamente.
A voler essere precisi è proprio il concetto di tradizione ad avere molti punti deboli. Eppure le tradizioni su di me hanno facile presa. L’essere conscio di questo mio limite forse fa di me una persona migliore, tuttavia non esiste un me ignaro con cui confrontarmi e questo limita molto l’attendibilità di quanto ho affermato poc’anzi.
Penso che a questo punto inizi a farsi sentire nel lettore la voglia di darmi un pugno.
Affari suoi.
Non ho certo costretto nessuno.
Questo mi ricorda i tabagisti che chiedono un risarcimento alle multinazionali del tabacco perchè si ammalano a causa del fumo. Le multinazionali del tabacco dovrebbero risarcire tutti coloro che non fumano e si trovano costretti a respirare immondizia, malati e non, ma non vedo perchè dovrebbero fare una cosa del genere nei confronti dei loro clienti.
Beh, ovviamente se si ignora il discorso nicotina e la conseguente generazione dello stato di assuefazione.
Perchè ignorare un punto cruciale della questione? Non mi pare corretto.
Le verità si raccontano tutte intere, altrimenti smettono di essere tali.
Potrei fare esempi per avvalorare questa tesi, ma non ne vedo l’utilità.
Non che il resto di questo mio scritto brilli per utilità (lo so, brutta ripetizione, ma il mio dizionario dei sinonimi [Aldo Gabrielli, Mondadori] alla voce utilità affianca bontà, bene, beneficio, bisogno, interesse, guadagno, efficacia, giovamento, validità e comodità. Nessuno di questi, esattamente come il dizionario stesso, mi pare utilizzabile.), ma questo dipende dal punto di vista con cui si esamina la questione.
A me è servito per sfogarmi un po’.
Il relativismo alla fine governa il mondo, alla facciazza di Ratzinger.
Ok, giustifico il testo, anche se fatico a giustificare me stesso per averlo scritto, e vado a letto.
Cazzofigatetteculo.

Yippie ka yee motherfucker!

Vorrei scrivere qualcosa sugli Europe Music Awards.
Me li sono guardati dalla Bri e non posso che alzare le corna a Snoop Dog e ai Foo Fighters per la conduzione. Ottima. Ho scoperto che il gruppo che ha chiuso lo show sono i Bedwetters e che sono bielorussi. A me sono parsi la brutta copia di Enter Shikari, tuttavia la provenienza da una terra non certo nota per esportare musica un po’ li scagiona.
Spenderei ancora qualche riga per parlare dell’evento musicale di MTV, ma ieri ho preso un impegno ed intendo mantenerlo: parlare di “Die Hard – Vivere o Morire”.
Non sono bravo a commentare i film senza rivelare particolari indi da qui in avanti potrebbero esserci cosiddetti “spoilers”.
Non è un mio problema, io il film l’ho già visto.
E mi è piaciuto.
Devo subito ammettere che difficilmente avrei potuto trovare insoddisfacente un nuovo capitolo della vita di John McLain, sono un suo fan di lunghissima data e per questo assolutamente incapace di oggettività in merito. Se provo ad essere imparziale però mi viene da dire che era da tempo che in sala non si trovava un classico action movie americano come quelli dei bei tempi e che il nuovo Die Hard ha colmato appeno questa lacuna. La trama è la classica della serie: una banda iperorganizzata di pseudoterroristi combina un gran caos al fine di rubare dei soldi e John si ritrova per caso a dover rompere loro le uova nel paniere, riuscendoci. Sparatorie, inseguimenti, scazzottate e ancora sparatorie il tutto esasperato come deve essere in un film d’azione che possa definirsi tale. A dare quel qualcosa in più poi c’è il personaggio di Bruce Willis, da sempre caratterizzato, più che dai muscoli, dalla sferzante ironia. In quest’ultimo episodio John vede accentuata questa sua vena, quasi a fare un passo verso un altro mitico personaggio, il detective Joe Hallenbeck, che alla fine de “L’ultimo Boyscout” spiegava come “Non puoi semplicemente stendere qualcuno con un cazzotto in faccia, devi prima dire una battuta.”. Tirando due conclusioni, direi che aspettavo questo film almeno da dieci anni e che non mi ha per nulla deluso. Nemmeno quando John a bordo di un tir ha la meglio su un F35 che gli spara contro dei missili o quando con una macchina abbatte un elicottero o ancora quando si spara per ammazzare il cattivo alle sue spalle.
John McLain può tutto.
Mi sono gasato come un ragazzino.
Ora spero di procurarmi in fretta tutti e quattro i capitoli per organizzare una succulenta visione in sequenza nella mia nuova casa, se mai verrà pronta.
Maratona Die Hard.
Cazzo, sì.
Per concludere non posso esimermi dal classico discorso che si fa ogni qual volta si vede un film del genere e quindi butto lì la mia idea: secondo me, a Rambo, John McLain lo spezza.

Google Hit List [Ottobre 2007]

Visto che anche oggi non è stata una giornata particolarmente stellare, mi limito alla consueta classifica di fine mese. Mi spiace non scrivere di più, ma non ho voglia di stare a spiegare perchè si è perso il mio stipendio o perchè una volta arrivati i mobili del bagno, l’idraulico ed il muratore si sono accorti di aver sbagliato quasi completamente l’impianto.
Mi limiterò a soffrire in silenzio.
Se solo fossi come John McLain però, avrei meno problemi.
Di lui parlerò domani, ora non ne ho voglia.

1 – cazzi
2 – halloween significato etimologico
3 – macchinette per fare le unghie
4 – dover scegliere il peggio meno peggio
5 – quartoggiaro
6 – cascate per stagnetto
7 – costo chiesa insulso
8 – foto stato primitivo
9 – selia significato nome
10 – psicologia tattica del silenzio

Su Milano

La Milano che amo, ogni tanto, si lascia apprezzare.
Questo accade perloppiù in circostanze anomale e difficilmente riproponibili, ma credo sia la principale ragione per cui, quei momenti, diventano superbi.
Magici.
L’ultima volta che mi sono innamorato della meravigliosa città situata a due passi da casa mia era Maggio, erano le 8.00 di Domenica mattina ed ero in Duomo.
L’ultima volta prima di sta sera.
Esattamente come è capace di farti girare ore tra sensi unici e code alla ricerca di un parcheggio che non sia per residenti o a pagamento, Milano riesce anche a suggestionarti mentre al volante giri per le sue intricate vie del centro.
Servono le condizioni giuste.
Circa un’ora fa io ho creato queste condizioni semplicemente scegliendo un’uscita dal parcheggio sotterraneo che non coincidesse con l’entrata.
Una volta fuori, la sensazione era quella di non essere più nella stessa città di prima.
Ero totalmente spaesato, in balia di ciò che mi circondava e ansioso di ritrovare in questo panorama anche il minimo segnale che potesse indirizzarmi.
Alle 2.00 di notte perso per il centro di Milano mi sono ancora una volta innamorato di questa città.
Le strade erano sgombre e nell’aria si percepiva l’atmosfera della serata che finisce, quella piacevole sensazione che si prova quando la calma scende come un velo sulle frenesie di una città iperaccelerata nel divertirsi quanto nel lavorare.
Non conta se chi era in giro fino a poco prima si sia rintanato nel caldo del suo letto o in qualche locale per tirare mattina, la vita ha comunque abbandonato le vie e le piazze se non in sporadici casi di solito coincidenti con qualche McDonald.
La gente che esce dai fast food quando tutto intorno le insegne sono spente rappresenta appieno il concetto che sto cercando, forse in vano, di esplicitare.
E così io ho girovagato per il centro, senza sapere dove fossi e senza sapere dove andare, ma attento a tutto ciò che mi si parava intorno.
Poche macchine per strada, poche luci, solo la calda tranquillità del mio abitacolo come campione rappresentativo dell’atmosfera circostante.
Musica soffusa e pensieri veloci.
Nessun problema se per qualche minuto ho vagato senza meta, il viaggio si trasforma in scoperta di una Milano che difficilmente sa concedersi.
Ed è stregato da questo paesaggio che sono giunto, non so come nè perchè, in piazza S. Babila.
Alle due di notte, piazza S.Babila è tanto evocativa da apparire surreale.
Avrei potuto fermarmi lì e starci per ore, come in una bolla.
Avrei voluto farlo.
Tornerò in macchina a Milano Lunedì mattina per andare al lavoro. Tutto sarà diverso e la città tornerà a mostrare il lato di se che più spesso esibisce, cercando di farmi dimenticare quello di cui è realmente capace.
Spero non ci riesca.

Giuro che parto per Roma ed è la volta buona che mi arrestano

C’è da allarmarsi.
Io non sono mai stato un attivista, non sono mai sceso in piazza salvo in rari casi e comunque tanti anni fa. Ora però sono disposto ad armarmi di bulloni e partire per Roma.
Il dodici ottobre, con l’unanimità del consiglio dei Ministri, è stato approvato questo disegno di legge.
Una normativa volta a rimuovere dalla rete la gran parte dei siti personali e dei blog, come spiegato in questo articolo di Repubblica. Il succo è che per qualunque sito personale di informazione saranno necessari l’iscrizione al ROC, il pagamento di un bollo, la produzione di carte e certificati pur se il sito in questione sia privo di qualsivoglia fine di lucro.
Pur essendo già questo sufficiente a demolire le possibilità e le aspirazioni del 90% dei ragazzi che scelgono, come il sottoscritto, di aprire un sito in cui parlano del mondo visto con i loro occhi, la coppia Levi-Prodi fa di più ed impone che questi siti abbiano un direttore responsabile appartenente ad una casa editrice ed iscritto all’albo dei giornalisti.
Di tutti i blog che leggo quotidiananmente non ne sopravviverebbe nessuno.
Nessuno.
Non è ancora finita.
Se anche riuscissi a rientrare nelle restrizioni elencate (non so come) il contenuto del mio blog potrebbe risultare non conforme agli standard per quelli che vengono definiti come “contenuti diffamatori” ed io sare passabile di provvedimenti come previsto dagli articoli 57 e 57 bis del codice penale.
CO-DI-CE PE-NA-LE.
Sebbene nessun giornale o telegiornale parli di questa cosa (e come potrebbero, con tutto quello che c’è da sviscerare su Garlasco e sul rilascio della Franzoni?) fortunatamente in rete esistono ancora modi validi per informarsi.
Io devo ringraziare Dietnam e Bazzu che hanno citato questa cosa sui loro siti personali, così come devo ringraziare Beppe Grillo visto che tramite il suo blog ho ottenuto le informazioni necessarie per informarmi sulla vicenda.
Nella precededente frase in realtà credo siano ben chiari i due principali motivi che hanno spinto i nostri esimii ministri a votare questo decreto: internet è l’unica fonte di informazione loro malgrado non manovrabile e Beppe Grillo necessita di essere represso.
A quelle menti eccelse sfuggono però alcuni particolari.
Il primo è che se c’è qualcuno che non verrà certo leso dal provvedimento è proprio il comico genovese. Come lui stesso dice sul suo blog, Grillo non avrà certo problemi a trasferire il tutto in qualche altro stato. Ad eccezione di Cina, Birmania e forse altri due o tre posti, credo non farà fatica ad individuare una nazione meno liberticida della nostra. Lui continuerà come nulla fosse nella sua opera ed anzi avrà un ulteriore argomento da utilizzare per infierire su chi ci governa.
Lui può, perchè è potente.
A prenderla in culo saremo come al solito noi poveracci: ragazzi e ragazze che scrivono le loro vite on-line per motivi che a chi ha scritto questa legge non passano nemmeno per la testa.
Altra cosa che il signor Levi forse non considera è che con questo provvedimento otterrà esattamente l’opposto di ciò che sono i suoi intenti. Se mai questo decreto si tramutasse in legge aiuterà Grillo ad accumulare ancora più consensi e la prova è che io stesso, che mai ho nutrito simpatia nei suoi confronti, inizierei ad aderire alle sue iniziative contro questa nefandezza.
E non solo alle sue.
A tutte quelle di cui verrò a conoscenza e che secondo me potranno portare a cambiare le cose.
Tanto per cominciare quindi, ho inviato una e-mail al sottosegretario.
Non mi aspetto certo che la legga, ma mandargliela è un mio diritto e mi fa piacere poter pensare di non essere stato indifferente di fronte alla cosa.
L’indirizzo a cui ho spedito è questo: levi_r@camera.it.
Avrei voluto riportare qui il testo della lettera, ma appesantirebbe molto il post. Il file word però si può leggere clikkando qui.
Ora non resta che attendere quello che Camera e Senato stabiliranno in merito. La speranza è che la risicatissima maggioranza non sia sufficiente a far passare il decreto, tuttavia credo che in casi come questo non avranno problemi a prendere consensi anche dall’altra parte.
Tutti d’accordo quando c’è da reprimere.
Ultimamente scrivo troppo spesso di cose che non vanno nella società in cui vivo.