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2006

Let’s talk about me

Facendoci caso, è un po’ di tempo che non scrivo se non di concerti.
Sarà che ne sto vedendo molti, ma pare quasi che non ci sia null’altro di cui parlare.
Voglio parlare un po’ di me.
Voglio parlare della mia quotidianità senza però lasciar galoppare il pessimo umore generale che mi porto dietro dall’inizio di questo non proprio entusiasmante anno nuovo.
Vediamo se ci riesco.
In questi giorni sto studiando molto a causa di uno scritto di Chimica Farmaceutica molto anticipato rispetto a quelli che erano i miei programmi. La materia non è affatto male e i problemi attualmente da risolvere non sono di comprensione. Sono assolutamente mnemonici. Si tratta di riuscire a mandare a memoria una serie considerevole di formule di struttura e nomi di principi attivi. Vedremo.
Il lavoro in laboratorio intanto procede, se per “procede” si intende il fatto che continuo a passare le mie giornate al sesto piano di via Temolo n°4 tra cellule, batteri, eltettroforesi, PCR ed enzimi di restrizione. In realtà infatti di progressi non se ne stanno facendo. I saggi sul promotore continuano a non dare mezzo dato utile e questo non è proprio buono visto che il mio progetto verte su quello. Forse nei prossimi giorni riuscirò ad occuparmi di un altro aspetto della faccenda tramite un esperimento piuttosto semplice e relativamente immediato che potrebbe ridarmi un po’ di entusiasmo, oltre a qualche buon dato. Il problema è che per farlo servirebbe un vettore plasmidico che il mio capo pensava di avere e che invece non ha. Vedremo.
Esaminati i principali componenti della mia esistenza attuale non resta molto altro di cui disquisire.
Sto ascoltando un sacco di metal.
Me ne vergogno anche un po’, ma devo ammetterlo.
Ovviamente mi sto occupando prettamente del lato più poser del metal attuale, tutto quel filone metalcore fatto troppo spesso di occhi pittati e smalto alle unghie. Atreyu, Caliban e Bullet for my Valentine sono alcuni esempi di quel che passa il mio iTunes in queste ore. Nulla a che vedere col metal anni ’80 o con quei filoni risibili provenienti dal buio nord Europa, ma pur sempre metal.
Io lo odio il metal.
Non posso negare il fatto che vedere gente makeuppata che canta di sangue, vampiri et similia mi disturbi abbastanza, tuttavia se mi limito a valutare l’aspetto prettamente musicale della cosa ne sono abbastanza affascinato. “The Curse” secondo me è proprio un bel CD.
A mia parziale discolpa posso dire di stare ascoltando anche “Caution” degli Hot Water Music consigliatomi dal bell’uomo. Non mi prende tantissimo, la voce e alcune linee mi ricordano troppo i Grade che però sono un’altra cosa, almeno dal mio punto di vista. Non sto dicendo che sia male, semplicemente non mi entusiasma.
Ieri era S. Valentino.
Io, da bravo alternativo, non ho festeggiato evitando di dare forza a questa opera vuota e commerciale.
D’altronde quando sto con la Bri è sempre festa.
Yeah.

La pagina di Ze

Ed eccomi a riscuotere il premio.
Non temete, comunque, non parlerò d’altro che del blog stesso, in un certo senso.
In questo spazio, aperto potenzialmente ad un’audience mondiale, non ha importanza quale sia l’origine del tuo nick, Manq. Esso sussiste in quanto tale. E dunque cosa significa la parola “manq” in quanto tale?
Vediamo un po’ di fare un breve viaggio attraverso i suoi significati.
Poniamo di iniziare il nostro viaggio dalle parti del medio oriente. Più esattamente, andiamo nel Nord della Siria, molto vicini al confine con la Turchia. Per i più pignoli (o per quelli che vogliono controllare con GoogleEarth), siamo a 36° 31′ 10N e 37° 3′ 30E, ad un’altitudine di 488 s.l.m.
Ebbene, qui c’è Manq. E’ un paese della Siria non lontano dalla storica Aleppo, nello stato del Muhafazat Halab. Però è abbastanza sperduto, e poi in questi giorni è nuvolo. Lunedì ci ha addirittura piovuto. Andiamo altrove, a cerare un po’ di sole. Ad esempio in Egitto, sulle isole Abu Manq? Ottime per fare immersioni: sono nel Mar Rosso, a due passi da Hurghada, mica male, no?

Vabbè, ho capito, niente percorsi turistici. Allora facciamo un salto al di là dell’Atlantico?
Sulle Ande vivono gli Aymara, una popolazione autoctona decimata prima dagli Incas e poi dall’uomo bianco. Ciònonostante, gli Aymara hanno mantenuto per 2000 anni le proprie tradizioni, tra cui quella di masticare foglie di coca. Ma non è questo il legame con Manq. In verità, la forte identità culturale degli Aymara ha permesso loro di conservare anche il proprio linguaggio. Manq, nel linguaggio Aymara, è la radice che sta alla base di tutti i termini che riguardano il cibo. Ad esempio, “manq’a” significa “cibo” e “manq’suna” significa “mangiare tutto”. Interessantemente “manqhi” significa “dentro” e “manqhankaña” significa “stare dentro”, il che potrebbe portare a speculare un significato etimologico di “manq’a” come “quel che va dentro”, ma sono mere congetture.
Comunque Manq ha colpito anche qui.

Proseguiamo verso ovest? Superiamo d’un lampo anche il pacifico e approdiamo in Giappone. Prima cosa, un po’ di sano shopping… e cosa vediamo in vetrina in questo trendyssimo posto che vende borselli di plastica? MANQ!!!!! Vedere per credere…

Manq

Insomma Manq è un po’ ovunque e si potrebbe andare avanti ancora un po’, basta seguire questo link ed affidarsi alle cure di San Google (o di Google-San, a seconda delle proprie convinzioni filosofiche).

Ze

1° Premio “Template Contest”

  • Manq 
  • Blog

Come annunciato tempo fa, Ze è stato il primo vincitore del contest inerente la nuova veste grafica di questo blog. In cosa mai avrebbe potuto consistere il premio, se non nella possibilità di pubblicare una propria pagina su questo mio diario?
Ringraziando Ze sia per l’aiuto, che per la disponibilità dimostrata nei confronti di quest’idea, eccomi pronto alla consegna del trofeo.

I wish I was queer so I could get chicks

Concerto memorabile.
La Bloodhound Gang ha stile da vendere.
Evento assolutamente da ricordare.
Uniche note negative gli occhiali rotti di Steps e lo smarrimento di alcuni documenti e di 20 euro da parte di Ale.

Attualità

Se è un po’ di giorni che non scrivo è semplicemente perchè non ho nulla da raccontare.
Se avessi scritto qualcosa sarebbe stato ancora una volta un quadro autolesionista incentrato sulla depressione imperante che mi affligge in quest’ultimo periodo. Il dubbio che più mi tormenta ultimamente è sapere se ho di colpo perso la felicità o mi sono semplicemente reso conto di averla persa già da tempo. Nulla di cui io abbia voglia di scrivere, comunque.
Per questo ho atteso di avere qualcosa di cui valesse la pena parlare, prima di tornare su queste pagine.
L’attualità è venuta in mio soccorso.
A tenere banco in questi giorni sono sostanzialmente due argomenti: quella pagliacciata che è la campagna elettorale per le elezioni politiche italiane e le vignette satiriche danesi raffiguranti Maometto.
Partendo dal presupposto che il mio interesse per entrambi gli argomenti è pari a quello mosso dal curling, dalla filosofia zen e dalla pesca d’altura, sono rimasto letteralmente agghiacciato da quanto si è innescato riguardo il secondo dei due fronti citati.
Folle aizzate dai governi, nel tentativo di convogliare l’odio e l’insofferenza che quella povera gente altrimenti riverserebbe su di loro, verso i propri nemici o semplicemente verso capri espiatori. La cosa è indubbiamente più facile se le folle sono accecate e soggiogate in virtù di un ideale religioso a cui non possono opporsi. Si può contrastare l’uomo che ci governa, ma certamente non si può contestare ciò che Dio ordina. Peccato che ciò che Dio ordina arrivi alla gente tramite l’uomo che la governa e che quindi spesso le due identità vengano a sovrapporsi. La stessa cosa la fece Hitler, che in parole spiccie fece credere al popolo che non c’erano soldi perchè se li intascavano gli ebrei. I governi giocano ad incanalare la rabbia e l’insofferenza della povera gente e la convogliano dove più fa loro comodo.
Banale.
Eppure la gente non se ne accorge.
Il mio discorso non è più legato al solo medio oriente, perchè è così ovunque. In america hanno i terroristi con cui accanirsi se manca la minima assistenza sociale e la povera gente muore di fame, da noi ci sono gli immigrati ed i cinesi da incolpare se c’è crisi economica e si fatica ad arrivare a fine mese. Tuttavia se un ragazzo sedicenne e rincoglionito dalla propaganda spara ad un prete in Turchia per giorni non si parla d’altro, mentre se quattro ragazzi, sempre giovani e sempre storditi dalla medesima propaganda, pestano a sangue un immigrato alla periferia di Milano forse se ne legge su “La Padania” e di certo non in chiave critica.
Ecco una bella sequela di ovvietà.
Tristi ovvietà, oltretutto.
A causa di queste ovvietà mi tocca vivere in un mondo governato dalla violenza figlia, ancora una volta, dell’ignoranza.
Forse nella gara a chi si libererà per primo dal peso delle dittature teologiche l’occidente è un po’ in vantaggio, ma certamente nessuno vede ancora il traguardo. In questa condizione non mi sento di giudicare nessuno. Forse mi sento di giudicarci tutti.
Chiudo con l’immagine presa dalla copertina* di un disco antecedente i fatti di cui sopra e, come giusto, passata totalmente indifferente.
Scandalosa?
* Se i Most Precious Blood fossero stati Iraniani? Se Mosconi fosse stato un imam? Chissà…

Silverstein

Eccomi appena giunto dal concerto.
Parlarne è difficile perchè, per certi versi, è stato sicuramente uno dei più brutti che abbia mai visto, tuttavia è da sottolineare che un po’ me la sono andata a cercare.
Sono arrivato alle 20:30 e i ragazzi avevano appena iniziato a suonare “Hear me out”, primo pezzo della scaletta. Cerco di raggiungere una posizione decente sotto il palco. L’operazione è paradossalmente più difficile del solito, poichè lo stuolo di bambine (non lo dico per dire, l’età media sarà stata 15/16 anni) presenti oppone resistenza. Frasi come “Siamo arrivate prima noi”, “Se vai davanti tu noi non vediamo niente” e “Non spingere” mi vengono rivolte per tutto il tempo che impiego a portarmi a ridosso delle transenne, mentre cerco di spiegare che tanto sarei rimasto lì solo per il gruppo spalla e che poi me ne sarei andato.
Arrivato in posizione decente mi ritrovo affianco ad un tizio alto e capellone che salta e si dimena come un pazzo, pogando da solo e rigorosamente a gomiti altissimi.
Forse era meglio stare tra le ragazzine.
Scatto qualche foto e seguo la performance dei Silverstein piuttosto innervosito, oltre che dall’ambiente circostante, anche dal suono che, per quanto ottimale e pulito, non presenta traccia della voce. In tutto suonano otto pezzi, facendo anche un discreto show per essere un gruppo preposto a scaldare gente che non vuole farsi scaldare.
Un po’ deluso dalla scarna esibizione, ma al contempo conscio che avrei dovuto aspettarmelo, mi reco al banchetto del merchandise dove acquisto il nuovo CD nella versione bonus con DVD alla modica cifra di 8 euro.
Onesto.
Sono le 21:05 e potrei benissimo andarmene a casa. Tuttavia decido di provare a sentirmi almeno un po’ del concerto dei Simple Plan, giusto per dare un senso ai 21 euro spesi e alla vasca fattami ber giungere in via Valtellina.
Alle 21:30 il quintetto pop-punk inizia a suonare.
Ebbene, ora posso asserire che i Simple Plan dal vivo non sono malaccio. Occupano benissimo il palco, si divertono, fanno divertire il loro pubblico e non si atteggiano nemmeno tanto. Una buona metà della folla è in delirio. L’altra metà è invece piuttosto annoiata e sconsolata, ma trattandosi di genitori giunti in loco perchè costretti la cosa è comprensibile.
Il cantante è realmente un gran figo, sia esteticamente che come attitudine, e questo fa si che io possa vedere volentieri metà del loro live set senza che la cosa mi pesi troppo.
Intanto faccio due chiacchiere con Josh, chitarrista dei Silverstein passato dall’altra parte delle transenne a godersi una birretta coi pochi fans. Molto simpatico.
Me ne vado intorno alle 22:30, stancato più che dalla musica dei Simple Plan, dai suoni orrendi (echo e alti a volumi improponibili, roba da male ai timpani) e dai continui “grazie/vi amiamo/siete forti/Ok Milano?/Siete molto sexy/…” che il cantante non fa che gridare tra un pezzo e l’altro.
Se dovessi quindi dare una valutazione alla serata direi che non è stata male, poichè vedere gente che suona mi fa sempre molto piacere. Certo il rapporto qualità:prezzo è ai limiti del vergognoso, ma come detto avrei dovuto aspettarmelo e comunque non aver speso i soldi sta sera l’ha reso meno lampante.
Sono contento però che nel 2005 le ragazzine sbavino per gente che quantomeno suona e scrive della musica piuttosto che per fotomodelli capaci solo di balletti imbarazzanti una volta messi su un palcoscenico. Insomma, le boyband di oggi sono nettamente meglio di quelle della mia generazione.
E’ anche vero che quando io avevo 15 anni il CD cult alternativo per definizione era “Smash” e gli Offspring, con tutto il rispetto per i Simple Plan, erano tutta un’altra musica…
Who's Josh?
*Josh & Manq. He’s crazy!

And the winner is…

Il contest ha decretato il suo primo vincitore: Ze.
Grazie al suo aiuto sono riuscito a correggere il più grave errore di compatibilità con Firefox, su cui ora il blog risulta visualizzabile, seppur con qualche imprecisione grafica nell’allineamento delle colonne. La versione del template è quindi passata a 1.1.
Ze ha già detto di accettare il premio che ho in serbo per chiunque si renda utile in maniera cospiqua, quindi entro breve comunicherò di cosa si tratta su queste pagine.
Come detto tuttavia i problemi non sono finiti e quindi il contest resta ancora aperto a tutti.
Per il resto c’è veramente poco da dire.
Domani è il giorno del giudizio per quanto riguarda la mia vita in laboratorio, perchè scoprirò se finalmente le cellule si sono assestate così da poter iniziare a trasfettare. Al momento giacciono nei pozzetti 150000000 Hela e 15000000 NIH 3T3, la speranza è che domani ci siano ancora e stiano bene.
Sul fronte macchina fotografica, ho appena contattato il ragazzo che l’ha investita. Dopo una breve discussione sembra intenzionato a procedere tramite assicurazione. In attesa che mi comunichi gli estremi, domani dovrò far visita ai Carabinieri per sporgere denuncia.
Chiudo con un pensiero a chiunque abbia dedicato la sua vita/parte della sua vita/qualche momento/anche solo un istante alla Chimica Analitica. Capisco il vostro dolore.

Increa [snow] park

Serata alternativa?
Ok. Invece di andare a vedere il Milan e seguire in diretta l’ennesima prova indegna dei ragazzi, aderisco all’idea di Gabo e Lele: tavola e parco Increa*.
L’idea è di uscire poi con gli altri in seconda serata.
A tre anni dall’ultima volta in cui ho indossato la tavola eccomi nuovamente con scarponi e attacchi ai piedi. L’impatto iniziale è duro, ma poi, tutto sommato, ci si diverte.
La serata procede bene e si protrae fino alla una, anche perchè i miei amici sono andati via senza dirmi nulla, riducendo drasticamente le mie alternative. Probabilmente c’erano macchine a sufficienza alla panca, questa sera.
Non importa.
Soddisfatti e divertiti dalle scorribande sulla neve ci si appresta a tornare a casa.
Tempo di cambiare gli scarponi e un tizio, che non si sa cosa facesse li a quell’ora, in retro sbanda un attimo e centra pieno il mio zaino contenente il cellulare di Gabo, il lettore mp3 di Gabo, le maschere mia e di Gabo e la mia macchina fotografica. La verifica danni vaga subito ogni dubbio: le uniche cose rotte sono la spallina del mio zaino e la mia macchina foto.
Quest’ultima è totalmente andata.
Il tipo mi lascia nome e numero, io per scrupolo prendo anche la targa.
La fotocamera digitale non aveva nemmeno un anno.
Questo importa.
Arrivo a casa e cerco di sentire Ambra per un po’ di conforto. Mi dice che non rivedrò mai una lira da quel tizio.
Nulla da aggiungere.
Proprio un bel perido.
Se questo è il 2006, la fine non la voglio vedere.
La truppa al completo
* Lele nella migliore delle foto postume al decesso della mia Nikon

A Brugherio c’era la neve

La neve è caduta come mai la mia memoria è in grado di ricordare.
Una coltre profonda mezzo metro si è depositata su tutto ciò che mi circonda*, ovattando tutto.
I suoni, i colori, i pensieri.
Un paesaggio nuovo è calato lieve dal cielo, rendendo questo posto un posto nuovo.
Diverso.
Guardandomi attorno spaesato e sbigottito, intento a scattare insulse fotografie, mi è parso di essere stato trasportato altrove.
Lontano.
La cosa, per un attimo, mi ha fatto stare bene.
Bianca, bella e crudele.
* via XXV Aprile. 20047 Brugherio (MI)

A year has passed

“Bella!”
Questa è la prima parola che ho scritto su queste pagine ed è così che voglio incominciare oggi.
Un anno è passato da quando, in un pomeriggio di scarso lavoro, decisi di mettere in piedi un blog.
Chi avrebbe mai pensato che questo progetto sarebbe arrivato a compiere un anno?
Io no di certo.
In realtà il progetto era proprio quello di provare a raccontare dodici mesi della mia vita, ma al momento della partenza non avevo assolutamente la pretesa di arrivare a compiere quanto auspicato. Pensavo che sarebbe stata una delle mie passioni temporanee e che come tale sarebbe andata morendo col tempo, senza lasciarmi nulla di significativo.
Come è facile intuire, le cose sono andate in maniera estremamente diversa.
Scrivere qui mi ha appassionato. Mi ha dato l’enorme possibilità di sfogare le mie emozioni liberamente, conscio di farlo solo ed esclusivamente per me, ma anche del fatto che prima o poi qualcun’altro le avrebbe lette e che quindi non sarebbero state gettate al vento. Rileggere quanto mi è successo in quest’anno mi fa sempre piacere e mi da modo di ripensare ad cose che mi hanno reso felice o che mi hanno fatto stare male, cose che magari avrei dimenticato o rimosso e che invece ho reso incancellabili.
Scrivere mi fa stare bene e rileggere quanto ho scritto mi riempie il cuore.
In sintesi, il succo è questo.
Per questo, arrivato al traguardo prepostomi esattamente un anno fa, ho deciso di continuare.
Per quanto?
Chissà…
Sicuramente fino a che sarà valida la sciocca frase che ho usato per riepilogare il mio pensiero riguardo l’avere un diario on-line.
E’ quindi in quest’ottica che deve essere visto lo stravolgimento grafico che ho dato al tutto. In realtà questo era un altro dei miei propositi, ho solo voluto aspettare un’occazione importante per porlo in essere. Citandomi, da uno scritto del 31-01-2005:

E’ deciso: mi costruirò il mio Template Personale.

Ultimamente mi sento frivolo, quindi credo che la grafica ospiterà molte stelline e qualche cuoricino. Il colore di base sarà nero, ma non mancherà del rosa.

Ci ho lavorato sodo, veramente. Perloppiù di notte in modo da poterlo testare lontano da occhi indiscreti e creare l’effeto sorpresa che spero si sia verificato.
Come ovvio è lungi dall’essere perfetto, ma anche per questo ho pensato di istituire il contest descritto nella colonna di destra.
Fuori nevica veramente forte.
Sarà di oltre venti centimetri la coltre bianca e ovattata che avvolge il mondo esterno, uno spettacolo grandioso.
Nulla di più adatto al candore di un nuovo inizio.