Let’s talk about me
Facendoci caso, è un po’ di tempo che non scrivo se non di concerti.
Sarà che ne sto vedendo molti, ma pare quasi che non ci sia null’altro di cui parlare.
Voglio parlare un po’ di me.
Voglio parlare della mia quotidianità senza però lasciar galoppare il pessimo umore generale che mi porto dietro dall’inizio di questo non proprio entusiasmante anno nuovo.
Vediamo se ci riesco.
In questi giorni sto studiando molto a causa di uno scritto di Chimica Farmaceutica molto anticipato rispetto a quelli che erano i miei programmi. La materia non è affatto male e i problemi attualmente da risolvere non sono di comprensione. Sono assolutamente mnemonici. Si tratta di riuscire a mandare a memoria una serie considerevole di formule di struttura e nomi di principi attivi. Vedremo.
Il lavoro in laboratorio intanto procede, se per “procede” si intende il fatto che continuo a passare le mie giornate al sesto piano di via Temolo n°4 tra cellule, batteri, eltettroforesi, PCR ed enzimi di restrizione. In realtà infatti di progressi non se ne stanno facendo. I saggi sul promotore continuano a non dare mezzo dato utile e questo non è proprio buono visto che il mio progetto verte su quello. Forse nei prossimi giorni riuscirò ad occuparmi di un altro aspetto della faccenda tramite un esperimento piuttosto semplice e relativamente immediato che potrebbe ridarmi un po’ di entusiasmo, oltre a qualche buon dato. Il problema è che per farlo servirebbe un vettore plasmidico che il mio capo pensava di avere e che invece non ha. Vedremo.
Esaminati i principali componenti della mia esistenza attuale non resta molto altro di cui disquisire.
Sto ascoltando un sacco di metal.
Me ne vergogno anche un po’, ma devo ammetterlo.
Ovviamente mi sto occupando prettamente del lato più poser del metal attuale, tutto quel filone metalcore fatto troppo spesso di occhi pittati e smalto alle unghie. Atreyu, Caliban e Bullet for my Valentine sono alcuni esempi di quel che passa il mio iTunes in queste ore. Nulla a che vedere col metal anni ’80 o con quei filoni risibili provenienti dal buio nord Europa, ma pur sempre metal.
Io lo odio il metal.
Non posso negare il fatto che vedere gente makeuppata che canta di sangue, vampiri et similia mi disturbi abbastanza, tuttavia se mi limito a valutare l’aspetto prettamente musicale della cosa ne sono abbastanza affascinato. “The Curse” secondo me è proprio un bel CD.
A mia parziale discolpa posso dire di stare ascoltando anche “Caution” degli Hot Water Music consigliatomi dal bell’uomo. Non mi prende tantissimo, la voce e alcune linee mi ricordano troppo i Grade che però sono un’altra cosa, almeno dal mio punto di vista. Non sto dicendo che sia male, semplicemente non mi entusiasma.
Ieri era S. Valentino.
Io, da bravo alternativo, non ho festeggiato evitando di dare forza a questa opera vuota e commerciale.
D’altronde quando sto con la Bri è sempre festa.
Yeah.