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2006

Parentesi

Andare al cinema è stata una cosa molto piacevole.
Una parentesi nella consuetudine.
Non sono un appassionato, ma vedere un film è sicuramente un’attività che apprezzo. Fosse per me ci andrei molto più spesso di quanto in realtà faccio, ma questo non è possibile perchè nel week-end nessuno vuole mai andarci e 7.70 Euri per una serata infrasettimanale non sono certo pochi.
Sta di fatto che l’idea che ho buttato lì questa sera è stata raccolta e così siamo andati al Warner Village alla ricerca di qualcosa che si potesse guardare.
Le alternative rimaste ad un primo screaning degli spettacoli sono state “V per Vendetta”, “Crush” e “Doom”.
Personalmente il mio tifo andava tutto per il primo, mentre Missa spalleggiava caldamente il film di The Rock. Gli altri tre erano piuttosto incerti, non fosse per la leggera simpatia di Simo nei confronti di Crush. Sta di fatto che si è optato per la pellicola dei Wachowski, credo più che altro per scongiurare la possibilità di trovarsi di fronte a Doom.
Il film, a mio parere, non è affatto male.
Chi ne ha curato la fotografia ha fatto un gran lavoro.
A voler essere sinceri, mi è proprio piaciuto.
C’è qualcosa di brutto però in questa cosa, poichè le tematiche affrontate sono tutt’altro che di facile approccio. Più volte durante la visione mi sono trovato a pensare quanto fosse sbagliato apprezzare le cose che stavo apprezzando nel guardarlo. E’ stata una sensazione strana.
Adesso come adesso mi sento proprio di consigliarlo.
Credo faccia molto più riflettere di quel che potrebbe sembrare.
Una citazione:
“I popoli non dovrebbero temere il propro governo. I governi dovrebbero temere i popoli.”
A me, questa cosa, spaventa alquanto.

Domenica sera

Scrivere sul blog sta diventando difficile.
Non ho mai tempo.
In realtà non ho neanche troppa voglia perchè si tratterebbe di parlare sempre delle stesse cose, quelle di cui è composta la mia vita. Non essendo io ultimamente particolarmente eccitato dal viverle, cerco di evitare di soffermarmi a rifletterci sopra ulteriormente per descriverle su queste pagine. Il risultato è che sto perdendo costanza nell’aggiornare questo mio blog e questo non credo sia un bene. Una delle cose migliori del tenere un diario è che permette di analizzare in maniera più lucida le situazioni vissute e quindi forse dovrei farlo più spesso, anche controvoglia.
Ad essere sincero credo che un po’ mi imbarazzi continuare a scrivere deprimenti analisi, perchè qualcuno purtoppo/per fortuna queste righe le legge e questo mi fa sentire vulnerabile.
Anyway, scrivere mi ha sempre fatto bene e quindi è giusto continuare a farlo.
Al contrario di quanto si possa pensare la settimana è stata discretamente densa di avvenimenti che vale la pena raccontare.
Al primo posto nei miei travagliati pensieri c’è come al solito la questione universitaria. In questi giorni, anche alla luce dei risultati che ho ottenuto in lab, alcune premesse su cui si fondava parte significativa del mio progetto di tesi sono cadute. Questo ha chiuso delle porte e ne ha aperte altre. Se c’è una cosa buona in questo stramaledetto lavoro è che anche nel ricominciare da capo si possono trovare moltissimi stimoli dovuti alle intriganti ipotesi che si fanno seduti ad un tavolo e che rendono, sulla carta, ogni nuovo studio potenzialmente rivoluzionario e sicuramente mille volte più interessante di quello che si è stati costretti ad abbandonare. Non credo che chi non ha a che fare con questo ambiente possa capire cosa intendo, ma potrebbe essere solo presunzione.
Sta di fatto che mi sto spaccando la testa in laboratorio come mai prima nel tentativo di cavare il dannato ragno dal suo fetido buco e la cosa mi prosciuga di tutte le energie. Arrivo la sera in uno stato molto simile al coma cerebrale e questo, vien da se, poco si concilia con lo studio.
Questa cosa mi stressa non poco.
Credo di non essere mai stato così nervoso.
Il lavoro mi prende, mi piace, ma mi toglie la capacità di concentrarmi sui pochi esami rimasti e la cosa mi spaventa.
Nella speranza che questo totale assorbimento dal lavoro sia una cosa momentanea, la soluzione che ho cercato di adottare è non pensarci, ma non è facile. Non tanto perchè mi risulti difficile, quanto perchè chi mi sta intorno non fa che parlare di queste cose.
Sempre.
Tutti a dirmi che nel mio lavoro non si guadagna, che si è sfruttati, che farò il borsista a vita e via dicendo. Non è piacevole stare a sentire questi discorsi continuamente, da chiunque, cercando di sembrare superiore e distaccato quando in realtà l’unico desiderio sarebbe alzarsi, bestemmiare e levarsi di torno. Non che queste persone lo facciano per mettermi a disagio, tuttavia forse non si rendono conto che non ho bisogno di essere continuamente sbattuto dentro una realtà da cui cerco, quando posso, di uscire. Questo mi capita anche sentendo i miei amici mentre organizzano il loro viaggio estivo negli States.
Se tutto va come previsto io quest’estate me la passerò qui.
E’ chiaro come sia totalmente egoista e sbagliato anche solo sperare che ne parlino tra loro e non in mia presenza, io per primo non avrei mai la sensibilità di farlo, tuttavia non posso nascondere di vivere piuttosto male questa cosa, nonostante continuino a cercare di coinvolgermi nel progetto. Il loro è un gesto carino e mi fa piacere sapere che mi vorrebbero con loro, tuttavia so che non potrà essere così e, ancor peggio, non posso fare nulla per cambiare le cose.
E’ come se tutto si stesse allontanando da me.
E’ come se mi sentissi tagliato fuori da una relatà che mi aveva sempre avuto come protagonista.
E’ una sensazione orribile.
Comunque sia, anche questo week-end è giunto al termine senza lasciare tracce di se. Come troppo spesso accade non si è fatto nulla che valga la pena ricordare, chiusi nei più insipidi standard che esigono “la birretta” al pub e tutti i restanti clichè. Inizio a capire chi, come Bazzu, cominciava a sentirsi schiacciato dalla cosa. E’ oggettivamente angosciante essere schiavi della routine a 24 anni ed è ancora peggio vedere che molti dei miei amici non se ne accorgano. Arrivare a non avere voglia di uscire è abbastanza emblematico della situazione, soprattutto se a non avere questo desiderio sono io che, in questo momento, necessito di distrazione più che di ossigeno.

Attonito

Da Repubblica.it

Controversa iniziativa del parroco a Castelnuovo di Porto (Roma)
“Denuncia per i politici che hanno dissacrato la Settimana santa”

Domenica delle Palme senza ulivo
“Piccole croci per la par condicio”

ROMA – Niente ulivo benedetto. Don Paolo Perla, parroco della chiesa di Ss. Maria Assunta a Castelnuovo Di Porto, vicino Roma, preferisce celebrare la Domenica delle Palme senza dare adito a malintesi: la festività religiosa che precede di una settimana la Pasqua cade il 9 aprile, giorno di elezioni. L’ulivo, per quanto benedetto, richiama troppo l’Unione.E così il sacerdote ha deciso di bandirlo sostituendolo con piccole croci in nome “della par condicio”. Un’iniziativa che è piaciuta poco a fedeli e abitanti del paesone alle porte di Roma che conta più di settemila abitanti.

In una lettera ai parrocchiani distribuita ieri dopo la messa delle 11:30, don Paolo ha spiegato che si rifiuterà di benedire i rametti di ulivo “in nome della par condicio”, così come i rami di palme “per non dare l’idea che ci stiamo convertendo agli arabi” e che farà deviare la tradizionale processione per le vie del paese “per non farla passare di fronte ai seggi elettorali”.

Una lettera che, nelle intenzioni del parroco romano, “vuole essere una denuncia e una provocazione per gli uomini politici italiani di oggi che senza colpo ferire ci hanno dissacrato la Settimana Santa e anche per tutti noi cristiani, vescovi compresi, che sonnolenti non ci accorgiamo più di niente. I musulmani per un fatto del genere avrebbero incendiato il Quirinale”.

Il vescovo di Porto Santa Rufina, monsignor Gino Reali, ha “apprezzato le finalità dell’iniziativa che è quella di aiutare la gente a riflettere in modo sereno su quest’impegnativo momento”. E ha aggiunto che le piccole croci benedette da don Perla saranno “fatte con rametti d’ulivo”. “Il parroco – spiega monsignor Reali – con quella che appare una provocazione voleva solo far riflettere sui momenti più significativi per la fede della maggioranza degli italiani. Far coincidere la data delle elezioni, il 9 aprile, con la domenica delle Palme a molti è parsa una mancanza di rispetto”.

Ma dal mondo politico locale è arrivato un secco “no” all’iniziativa del parroco. Il sindaco di Castelnuovo Massimo Lucchese dice di capire “il significato del gesto ma di non condividerne la forma”. “Non c’è nessuna correlazione – ha precisato Lucchese – tra il simbolo religioso e quello politico. I fedeli lo sanno bene”.
Assolutamente contrario alla presa di posizione di Don Perla è invece il vicesindaco di Castelnuovo Alberico Guadagnoli che ha definito l’iniziativa del parroco “del tutto personale”.

Anche l’altra parrocchia di Castelnuovo di Porto, la chiesa di Santa Lucia, non si è lasciata coinvolgere dalla decisione di Don Perla, rimanendo fedele alla tradizione religiosa. “Qui le palme le benediremo perché lo prevede la liturgia – assicura il viceparroco – Non riteniamo che ci sia alcun collegamento tra religione e politica”.

E così la pensano anche molti abitanti di Castelnuovo. “Ma stiamo scherzando? E’ una follia, è una pazzia. La politica è la politica. La religione è un’altra cosa” reagisce Daniela. “E’ una trovata controproducente” per la religione” dice Angelo, convinto che la decisione di Don Perla “invece di mettere in primo piano la sacralità dell’evento, mette in luce soltanto le elezioni politiche”. Tra i tanti ‘no’ al gesto provocatorio del parroco anti-palme, arriva, da parte di un’insegnante della scuola materna comunale di Castelnuovo, anche un sostegno: “Non sta affatto prendendo una posizione politica come si potrebbe pensare – afferma – ma sta solo mettendo al centro dell’attenzione di tutti noi la religione e il suo simbolo: la croce”.

(13 marzo 2006)

In sintesi

Grazie.
Who is Aui?
*Here I stand, take my hand and I’ll try to understand you right
the best way I can, cause after all I am your friend.

Eppur si muove

Finalmente, dopo innumerevoli tentativi, il lavoro in laboratorio ha dato i primi risultati.
Ero piuttosto euforico mentre li leggevo.
Tra le altre cose Victor, il luminometro, comunica i risultati facendo trepidare l’attesa come neanche Amadeus saprebbe fare. La schermata del software infatti è una griglia grigia da 24 campi. Quando si da lo start alla misurazione dal corpo dello strumento iniziano a provenire sinistri rumori per una ventina di secondi.
Poi silenzio.
Assoluto silenzio per un tempo che non saprei stimare, in cui fisso il monitor in attesa che il campo correlato al campione misurato si illumini del colore corrispondente al risultato, in base ad una scala progressiva che va dal blu al rosso. Più si è vicini al rosso, più il valore letto è alto.
Più il valore è alto, più la trasfezione delle cellule è andata bene.
Quando d’improvviso compare il colore è quindi un piccolo shock cui segue delusione od euforia in base alla natura del risultato.
Oggi ampio spazio all’euforia.
Marzo è iniziato sotto una luce diversa, sia dal punto di vista dell’umore personale che del contesto in cui vivo.
Segnale importante è per esempio il momento “revival” che sto vivendo nell’ambito degli ascolti musicali. Ascoltando il consiglio prezioso di Bazzu ho ripreso in mano tutti quei dischi targati anni novanta, capaci di recuperare il buon umore anche fosse sepolto nelle viscere del mio subconscio. La scelta degli ultimi “Disco del Momento” ne è una chiara dimostrazione.
Ci sono molte altre cose di cui vorrei parlare, che in questi giorni stanno al centro dei miei pensieri: l’avvicinarsi delle politiche, l’organizzazione della trasferta per i Fenix TX, le cose che ho appreso rispetto al mondo della ricerca e che mi lasciano profondamente perplesso o le ultime dal mondo del calcio.
Tutti questi discorsi però presupporrebbero voglia e tempo di scrivere ancora molto ed io sono piuttosto a corto di entrambi.
Chiudo quindi con due annotazioni.
La prima è che ho molto apprezzato il film “L’uomo perfetto”, eccezion fatta forse per il finale un po’ frettoloso.
La seconda è che la festa della donna è l’esemplificazione massima di come la specie femminile sia imbattibile in fatto di misoginia e [auto]discriminazione. Personalmente faccio fatica a comprendere chi ha bisogno di un giorno dedicato in cui fare bambinate patetiche in nome di assurde dichiarazioni di indipendenza. Faccio fatica a comprendere il perchè la donna possa accontentarsi di un giorno l’anno.
Faccio molta fatica a comprendere perchè basti una ricorrenza squallida a lavare le coscienze per gesti che altrimenti, nella restante parte dell’anno, la donna avrebbe vergogna di raccontare (non parlo dei California Dream Men, sia chiaro).
Forse sono maschilista.
Sicuramente sono antifemminista convinto e radicato.
Probabilmente mi da solamente fastidio l’ennesima dimostrazione di ignoranza della società in cui vivo.

Di nuovo qui

Mi è servito un po’ prima di riuscire a riavvicinarmi a questo blog e trovare le migliori intenzioni per scrivere qualcosa.
Una settimana.
Sette giorni.
Centosessantotto ore in cui non è successo niente di eclatante, se non il fatto che il mio umore si sia ristabilito.
Ho lavorato molto, creando le basi per degli esperimenti che forse mi daranno qualche risultato, o forse non porteranno a nulla. Di sicuro porteranno altro lavoro e questo non è male perchè lavorare mi piace.
Ho appena speso quattro degli otto buoni FNAC che mi sono stati regalati a natale per comprare “What it is to burn” dei Finch (R.I.P.), il quarto CD originale che ho acquistato in questo 2006. Mi è sempre piaciuto acquistare i dischi, anche se ultimamente grazie a/a causa di internet questa operazione era caduta in totale disuso. Con l’arrivo di questi buoni ho però deciso di comprare tutti quei dischi che, per quello che hanno significato o significano tutt’ora per me, devo assolutamente avere in formato non pirata. I prossimi della lista sono indiscutibilmente “Blue Skies, Broken Hearts… Next 12 Exits” degli Ataris e “Smash” degli Offspring, entrambi intramontabili.
Ora vado a vedere l’ennesima brutta partita del Milan e poi al Teatro, con Simo, Peich, Missa e Odri, per mangiare la casöla accompagnata da del vino che spero essere in quantità non eccessiva.
Conoscendo Odri ed il “vecchio” del Teatro, ne dubito.

Alcune cose che mi fanno stare meglio

Esistono cose capaci di farmi stare meglio.
Non sono tante, ma ci sono e di questo devo essere contento.
Alcuni esempi?
Eccoli:
1- La mia ragazza, capace di stare ore semplicemente in silenzio ad abbracciarmi ed infondermi affetto.
2- I miei amici, le uniche persone in grado di regalarmi serate come quella di stasera e le uniche persone capaci di dimostrarmi preoccupazione per quanto ho detto mi stava accadendo. Non tutti certo, ma anche se a farlo sono stati pochi mi è bastato a sentirmi meno solo ed abbandonato.
3- I miei genitori che nella giornata di oggi hanno sicuramente ridotto il numero delle mie preoccupazioni, semplicemente tornando ad essere quelli di sempre.
4- Il tasso alcolico che al momento stanziona nel mio sangue, regalandomi momenti di ovattata leggerezza.
Con questo voglio semplicemente dire che oggi sto un po’ meglio e che se questo è successo è grazie alle persone che mi stanno realmente vicino, anche se questo non vuol assolutamente intendere nulla di spaziale. I miei problemi non sono certo spariti, sono sempre lì al loro posto e momento dopo momento paiono arruolare un gran numero di nuove leve, anche molto pesanti. Non mi è possibile ignorare questa cosa, tuttavia grazie a quanto ho precedentemente elencato il tutto sembra essere più lontano.
Per quel che mi riguarda, questo è già un traguardo da non sottovalutare.

PS: Non rileggo quanto scritto perchè sono molto stanco e discretamente poco lucido. Spero si capisca, ma se così non fosse penso che potrei vivere ugualmente.

Countdown

A volte le cose vanno male.
Vorrei che chiudendo gli occhi e riaprendoli dopo qualche istante tutto fosse diverso e che i problemi svanissero come d’incanto.
Capita invece che riaprendoli la situazione sia addirittura peggiore.
Oggi è andata così.
Mi piacerebbe poter reagire e superare la cosa.
Mi piacerebbe dire che è stata solo una giornata storta, ma non ce la faccio.
Non ci credo.
Non ho ben chiaro cosa stia succedendo, sta di fatto che sono entrato in un tunnel di cui non riesco a vedere la fine, tanto da iniziare a pensare che la fine non ci sia.
Inizia ad essere troppo tempo che non ne va dritta una ed io inizio ad essere stufo.
Stufo marcio.
Vorrei riuscire a sfogarmi con qualcuno, ma il meglio che riesco a fare è scrivere qui e continuare a far finta di nulla con chi mi circonda.
Non riesco ad aprirmi.
E’ come se avessi il timore di scoprire che nessuno starebbe a sentirmi e quindi faccio finta di nulla.
Sono l’emblema vivente del buon viso a cattivo gioco.
Sono sempre stato così.
Ora però ho seriamente paura di non farcela ad andare avanti.
Ho come l’impressione che si sia innescato un conto alla rovescia che mi porterà ad esplodere e, ad essere del tutto sincero, spero che il momento del tracollo arrivi quanto prima perchè il peso è ormai insostenibile.
Sto male.
Ho paura.

Contrasti

All’interno della mia vita si presentano spesso situazioni in netto contrasto tra loro.
Un esempio sono le due serate consecutive di ieri ed oggi.
Arrivo dal concerto degli Alkaline Trio, gruppo dall’attitudine darkeggiante e da una spiccata “Simpathy for the Devil” che è difficile intendere quanto sia reale e quanto parodistica, seppur voci di corridoio vogliano Matt e Derek membri della chiesa di Satana.
Non che la cosa mi interessi.
Per commentare il concerto devo partire da Derek Grant*, il batterista, perchè è lui che vale assolutamente ogni centesimo speso per la serata. Alla vista, si presenta come una sorta di nazi-punk dell’orrore con una cresta nera e cadente sulla faccia che ricorda il taglio di capelli dell’ultimo Hitler, tuttavia vederlo suonare lascia senza fiato. Spaventoso come tecnica, come stile, come precisione e come presenza scenica. Togliergli gli occhi di dosso diventa impossibile per gran parte della serata, estasiati da tanta maestria. Oltretutto i suoni sono regolati alla perfezione e sulla batteria non mancano gli effetti, uno su tutti l’echo, capaci di creare un’atmosfera fantastica. Nota non da poco la batteria in se, nera laccata, di ua bellezza stratosferica e con tanto di pentacolo sulla cassa che racchiude il logo col teschio. Credo di non sbagliare se dico che è il miglior batterista che io abbia mai visto suonare e posso garantire che di batteristi bravi io ne ho visti un bel po’.
In quest’ottica le restanti componenti del concerto risultano del tutto marginali, sia quelle positive (su tutte la scaletta aperta da “Back to Hell” e chiusa da “Radio” e conseguente pelle d’oca) che quelle negative (gran parte dei pezzi cantati da far schifo).
Alla fine non ho potuto astenermi dall’acquisto della maglietta, segnale inequivocabile del concerto che piace. L’ha presa anche Ale, uguale, piaceva molto ad entrambi.
E se un giorno la indossassimo contemporaneamente e ci incontrassimo?
Non voglio pensare a quanto potrebbe essere imbarazzante.
Pensare che certa gente questi discorsi li fa sul serio.
Impressionante
* While you’re taking your time with apologies,
I’m making my plans for revenge.

“Mi raccomando…”

Erano almeno 10 anni che mia madre non mi diceva una frase del genere prima di vedermi uscire di casa.
L’ha fatto di nuovo questa sera.
L’ha fatto dopo che le ho detto che mi stavo recando in un oratorio di Monza ad ascoltare una conferenza su Cattolicesimo e politica. Chissà cosa mai avrà pensato volessi/potessi fare.
Detto questo, la serata è stata piuttosto piacevole. Stare in un salone ad ascoltare un tizio che parla di chiesa è un’esperienza cui mancavo da ormai molti anni e la cosa ha suscitato in me diversi ricordi, perloppiù contrastanti tra loro.
Vaghiamo subito ogni dubbio: il professor Bressan ha sostenuto una manciata di teorie a dir poco discutibili tra cui spiccano:
1- la negazione di un secondo “Non Expedit” in occasione del referendum del giugno 2005
2- l’omaggio alle grandi opere della DC, soprattutto rispetto ai fallimenti dei governi seguenti
3- il patrocinio cattolico del sentimento anti totalitarista nell’italia del dopo guerra.
La sua analisi storico/politica degli anni da fine 1800 ad oggi ha ovviamente saltato a piè pari gli ultimi sessant’anni, centrando tutto su questioni relative al periodo dell’unità d’Italia secondo lui assolutamente centrali, ma a mio parere utili solamente a farlo parlare senza che il pubblico poco preparato in merito potesse accorgersi che il suo quadro fosse perlomeno opinabile.
Partire dal presupposto secondo cui si vuole raccontare la storia in un modo che “solitamente viene celato” mi fa credere che la si stia raccontando semplicemente in modo non attinente alla realtà, ma questo è un mio parere personale.
Interessante è stato vedere come gli amici di Robi fossero ancora più critici di me a riguardo, sostenendo loro per primi che il caro professore avesse parlato un’ora e mezza senza dire nulla di concreto e sorvolando/negando sulle magagne che la gente era lì per analizzare. Parlare con loro a fine dibattito è stato piuttosto bello perchè, sebbene le loro opinioni fossero ovviamente non sovrapponibili alle mie per certi versi, non erano neppure marcatamente e ottusamente radicali come invece capita spesso che siano. Forse un dialogo verbale si presta effettivamente meglio a queste questioni, rispetto allo scritto.
In conclusione la conferenza è stata abbastanza stucchevole a dispetto della prossima che invece si presenta come molto interessante, ma che purtoppo si sovrappone ai Coheed and Cambira lasciando poco spazio all’immaginazione per quanto concerne la scelta che farò tra le due manifestazioni. Colgo invece l’occasione per ringraziare Robi ed i suoi amici per avermi dato la possibilità di confrontarmi su argomenti non propriamente di analisi quotidiana rispetto a posizioni assolutamente non affini al mio quotidiano. Esperienza che ripeterei volentieri, magari saltando a piè pari il sermone iniziale e dedicandomi unicamente al dialogo.