Oggi è arrivato in laboratorio un ragazzo giapponese che condurrà degli studi presso il Besta per le prossime due settimane. Non dico il nome perchè, sinceramente, sono in dubbio sul fatto che me l’abbia detto. Ho paura che il suo sia uno di quei nomi che estrapolare dalla frase in cui viene pronunciato è impossibile. Il suo arrivo ha portato nella mia vita lavorativa due principali innovazioni:
1- Non ho più il mio badge. Ho dovuto prestarglielo perchè lui arriva al mattino prestissimo e va via la sera tardissimo, quindi ne ha bisogno per entrare ed uscire. Bella fregatura visto che senza badge si resta chiusi fuori dal laboratorio ogni volta che se ne esce.
2- Dovrò parlare in inglese.
La seconda delle novità è, se vogliamo, la più rilevante. Il problema infatti non è solo dovuto al mio inglese pessimo, ma anche e soprattutto al suo. Devo ancora capire realmente se sia balbuziente, dislessico o semplicemente negato per le lingue straniere, tuttavia parlarci è una reale impresa. E’ vero che anche per lui deve essere la stessa cosa, visto che non ho certo una padronanza linguistica da Oxford, tuttavia nella sua maccheronicità il mio inglese possiede una certa limpidezza. Ogni parola, seppur pronunciata all’italiana, è separata dalle altre e distinguibile nel contesto. Le frasi del nipponico invece sono costantemente pronunciate tutte d’un fiato, interrotte solo da farfugliamenti di origine ignota (a meno che non metta il suo nome in ogni frase, perchè allora l’origine si chiarirebbe) e condite dalla proverbiale “L” a sostituire le “R”.
Non fosse per questi particolari, apprezzo molto lo scambio culturale che può innescarsi in un ambiente lavorativo come il mio. Al giapponese infatti si dovrebbe aggiungere Anieska, una ragazza polacca. Ha fatto il concorso per il dottorato e sembra l’abbia passato. Ora tutto sta a capire se vorrà accettare il posto. Dalle poche parole che ho potuto scambiarci quando ci ha fatto visita, pare piuttosto sicura di se. Si dice che addirittura abbia corretto Paola, la neolaureata che lavora con noi, sulla costruzione di un periodo in inglese durante una loro conversazione. Non so come avrei reagito se fosse capitato a me.
Intanto la mia lotta contro l’università procede nettamente appannaggio loro. Dopo la debacle di ieri ho provato a rialzare la testa. Devo assolutamente riuscire a dare un esame prima dell’anno nuovo e per fare questo ho sentito via mail due professoresse, rispettivamente di “Chimica Farmaceutica” e “Chimica Bioinorganica”, chiedendo se fosse possibile fissare un appello in Dicembre. Da noi infatti gli appelli si fissano contattando i professori, cosa che sarebbe anche comoda se realmente fissassero gli esami quando glielo si chiede. Sta di fatto che dopo più di 24 ore nessuna delle due mi ha ancora risposto. Domani telefonerò nei loro studi e proverò a vedere se almeno in questo modo mi degneranno di attenzione. Dubito, ma val la pena di fare un tentativo.
Ecco come sarebbe stato quanto scritto, se avessi dovuto raccontarlo al giapponese. Io infatti ragiono come un traduttore automatico: penso in italiano, traduco mentalmente e poi pronuncio il risultato ad alta voce. Come metodo è demenziale, ma se va bene quando lo fa Google non capisco perchè qualcuno si dovrebbe lamentare se lo faccio io.
il problema del tuo inglese è solo la tua pessimissima pronuncia italiana…
Which elements does the salad contains in herself?
Bella il giapponese. Se non sai il vero nome, ti suggerisco di chiamarlo Tetsuya, oppure Sakamoto, o anche Gundam. Sono TIPICI nomi jappo.
Per fartelo amico ti consiglio di andare al lavoro vestito da pokemon e parlargli nella lingua tipica degli animaletti (chuchu pica… squirtle suirtle…). Procurati un tamagochi e poi invitalo a casa tua per uno spassosissimo karaoke.
Per quanto riguarda la comunicazione, magari questo ti e’ utile:
http://forum.japantoday.com/Why_are_the_Japanese_so_crap_at_English%3F/m_52884/tm.htm
Si scrive Agnieska. Con la ‘g’ in mezzo. E la ‘s’ si pronuncia quasi come se fosse ‘sc’. Nel caso te ne freghi qualcosa del suo nome.
Cmq capisco perfettamente il tuo problema, anch’io ho grosse difficoltà con un altro erasmus qui. Solo che lui è palermitano. Non lo capisco nè quando parla inglese nè quando parla italiano…
Okkio a ciaponese!
Ma la L al posto della R non è tipico dei cinesi?
Comunque mi piacelebbe molto potel paltecipale a vostlo dialogo in labolatolio osselvando attentamente vostle faccie ed intelvenendo ogni tanto con flasi blevi in milanese quando la comunicazione lisulta diventale molto difficile
Ciao
Aui