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In sintesi

Quello postato qui in alto è il link ad un articolo pubblicato qualche giorno fa da Science, una delle più prestigiose ed autorevoli riviste scientifiche esistenti. L’argomento che viene esposto dal professor Venter e dalla sua ampia schiera di collaboratori è, a mio avviso, di ampio rilievo per quel che concerne i dilemmi etici e morali della scienza ed il motivo per cui dico tutto questo è presto spiegato: nei laboratori di San Diego questo gruppo di ricercatori ha generato una cellula artificiale.
Ora cercherò di spiegare il concetto in modo che risulti il più chiaro possibile.
Partiamo da delle definizioni di base. Cos’è una cellula dovrebbero saperlo tutti, oramai, ma è comunque bene ribadirlo. Trattasi della più piccola ed essenziale forma di vita nonchè del “mattone” di cui si compongono tutti gli organismi viventi. Esistono diversi tipi di cellule, come esistono diversi tipi di organismi, ed alcune di queste bastano a se stesse e non necessitano di costituire strutture superiori insieme a loro simili. Questi sono gli organismi unicellulari e l’articolo in questione fa riferimento proprio a loro in quanto tratta di batteri.
Sì, un batterio è una cellula, ma non sta qui lo scoop.
Altro concetto da definire è quello di DNA, anche in questo caso nella speranza di apparire ridondante rispetto alla conoscenza media dell’argomento. Il DNA è la sede delle informazioni necessarie alla cellula per sintetizzare le proteine necessarie alla cellula stessa per poter vivere. Le proteine infatti non solo adempiono a funzione strutturale, ma sono anche essenziali per la vita poichè servono a produrre tutto quello di cui c’è bisogno, ivi compreso altro DNA da donare alle cellule figlie.
Sembra complicato, ma in realtà non lo è.
Cos’hanno fatto quindi questi baldi giovani californiani? Vediamo se riesco a spiegarlo. In sostanza hanno sintetizzato l’intero genoma (sorry, errore mio, Genoma = intero patrimonio genetico di un organismo) del batterio Mycoplasma Mycoide e l’hanno impiantato in una cellula sostituendolo al proprio genoma “biologico”.
Quello che succede, a questo punto, è che da quel momento in poi tutte le proteine sintetizzate dalla cellula “trapiantata” avranno come stampo il DNA sintetico e saranno, per tanto, da considerarsi sintetiche a loro volta. Stesso discorso vale per le cellule figlie che da quella cellula trapiantata si origineranno, poichè tutto quello di cui saranno composte, avendo origine da DNA sintetico, è da considerarsi sintetico a sua volta. La conclusione è quindi che il professor Venter ha generato cellule sintetiche ed è qui che sta lo scoop.
Il meccanismo è il medesimo che si utilizza per la clonazione: si sostituisce un DNA con un altro e quello che si originerà dopo la sostituzione sarà dipendente dal DNA inserito. La cosa nuova è che il DNA utilizzato per il trapianto in questo caso non è preso da un’altra cellula, ma costruito dall’uomo.
Non è quindi corretto dire che sia stata creata la vita, ma sicuramente è stato generato un organismo vivente “non naturale”.
Provo a spiegare tutto questo prima di parlare del problema etico riguardo questa scoperta perchè troppo spesso ci si limita alla superficialità delle cose e ci si schiera sulla base di ideologie o convinzioni senza realmente capire la portata di ciò di cui si discute. E non lo dico solo riferendomi a presumibilissime invettive clericali sull’uomo che gioca a fare Dio, ma anche pensando a coloro che spesso vanno avanti senza porsi alcuna domanda o “limite”, usando la parola con opportune virgolette.
Ora dirò il mio pensiero in merito. In giro leggo molte discussioni in cui ci si focalizza su quanto questa cellula sia realmente sintetica in virtù di disquisire come al solito sulla creazione, sull’uomo e su Dio. Di queste cose a me, sinceramente, importa pochino.
Ciò che importa è che ancora una volta l’uomo ha fatto un passo verso la totale comprensione del mistero della vita. Da scienziato la cosa ovviamente mi fa piacere, ma non posso negare come al tempo stesso mi intimorisca. Non so se il mio “bisogno di ignoto” sia dovuto ad un retaggio culturale o insito nella natura dell’uomo, ma sta di fatto che mi è difficile pensare di abbandonare l’unica certezza che abbiamo, ovvero quella di non avere certezze. Ovviamente non siamo per nulla vicini a svelare tutti i segreti della vita, ma ogni volta che leggo i passi avanti mi pongo questo tipo di dilemma.
Riguardo le implicazioni che scoperte del genere possono avere è indubbio come si parli tanto di risvolti positivi quanto di negativi. Continuo tuttavia a pensare che non è bloccando l’avanzata della conoscenza che si prevengono i risvolti negativi, ma solo vigilando su come questa viene utilizzata.
Insomma, in certi casi prevenire non è affatto meglio che curare.
Se mettessimo in galera alla nascita tutti gli esseri umani non avremmo criminali per strada, ma sarebbe la soluzione più giusta?
Io credo di no.

3 commenti su “In sintesi”

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