Lo so, non ho aggiornato il Disco del Mese.
A voler essere precisi anche le liste di concerti e link sono immutate, addirittura da Novembre.
Questo perchè tutto ciò che questo blog è ed è stato per tre anni presto finirà.
Non è però il momento di dilungarmi a riguardo, indi passerò al resoconto del viaggio a Berlino.
Berlino è una città assurda.
Ci ho messo un po’ per adeguarmici, necessitavo di metabolizzarla. Il motivo principale è che non è una città come io intendo il termine. Il suo essere così ricca di storia ed al contempo quasi completamente priva di segni tangibili di quella stessa storia la rende unica tra le città che ho avuto modo di visitare.
Unica.
Non migliore, nè peggiore.
Il mio carico di aspettative era molto alto, va detto, e questo forse ha contribuito all’insorgere iniziale di una cocente delusione. In un primo momento tutto mi è sembrato finto, irreale, costruito nell’ottica di enfatizzare cose che non hanno certo bisogno di essere enfatizzate, con l’opposto risultato che porta così a sminuirle e farle apparire come “souvenir per turisti”. Checkpoint Charlie con il suo fintissimo accampamento americano, i ragazzotti in divisa militare sovietica e statunitense dell’epoca ed il baracchino che per qualche euro rilascia al turista un finto visto per l’attraversamento mi è parsa più una ricostruzione adatta a Gardaland che non a quello che è stato il fulcro della guerra fredda. Stessa cosa vale per il muro, quasi totalmente eliminato e cancellato dalla città se non per qualche frammento riposizionato da tutt’altra parte rispetto a dove fu smantellato e quindi più simile ad una qualche scultura di arte moderna che non ad una scheggia del confine che fu tra comunismo e capitalismo.
In alcune zone della città però in ricordo della barriera è stato segnato il terreno con una striscia di mattoni. Una di queste zone è Postdamer Platz e vedere il segno di quel limite che fu invalicabile al centro di quella che è la zona più trafficata e popolata di Berlino mi ha colpito non poco.
Anche dalla visita al Jüdisches Museum non ho tratto particolare appagamento. Direi esattamente cosa ho pensato nel vederlo, ma non voglio prestare il fianco a stupide ed insulse accuse di antisemitismo.
Mi limito a dire che chi come me ha potuto visitare Auschwitz non ha bisogno di essere chiuso in una stanza buia o di calpestare delle facce di metallo per percepire l’angoscia di ciò che è stato l’olocausto.
E aggiungo che chi invece ad Auschwitz non c’è stato, beh, è bene che ci vada invece di andare a perder tempo in un posto finto, pacchiano ed autocelebrativo (nell’accezione più squisitamente vittimista del termine) qual’è il Jüdisches Museum.
Ok, alla fine ho detto ciò che non volevo dire.
Pazienza.
Potrei anche spendere due righe riguardo l’architettura ultramoderna che riempie la capitale tedesca, edifici a volte molto belli (grazie alla Bri e alla sua guida architettonica credo di averli visti tutti. Tutti.), ma a mio avviso incapaci di coesistere e conferire un’identità alla città, favorendo ulteriormente le sensazioni di freddo e di distacco già rafforzate dal clima e dal fatto che quasi ovunque le strade siano deserte, dando l’impressione di essere in qualche remota parte della periferia anche se ci si trova a cento metri dalla Porta di Brandeburgo.
Insomma, ci sono un sacco di motivi per cui Berlino all’inizio mi è andata di traverso.
Le mie impressioni sono radicalmente cambiate dopo aver passato una notte intera a vagare per la città cercando senza risultato un locale dove andare a ballare la techno. Sono cambiate dopo aver fatto quaranta minuti di coda per entrare in un club gay da cui ci hanno escluso perchè etero. Sono cambiate dopo aver conosciuto in quella circostanza dei ragazzi simpaticissimi (uno dei quali è il genio che quando ho detto di essere di Milano mi ha risposto: “Ah, Plastìc!”), gente che ha provato a resistere alla discriminazione che stavamo subendo pur non essendone toccata in prima persona.
Le cose sono cambiate sulle metropolitane notturne, nelle stazioni in cui alle cinque di mattina ancora c’era chi di andare a dormire non aveva voglia.
Le cose sono cambiate quando ho provato a smettere di visitare Berlino ed ho tentato di viverla.
In quelle circostanze la città ha saputo conquistarmi.
Ho fatto delle foto durante questo viaggio. Non ne sono particolarmente soddisfatto perchè ho tentato di giocare un po’ con la mia macchina e a mio avviso lei ha avuto la meglio sulle mie velleità di fotografo.
Chi le ha viste dice che non sono poi così male.
Eccetto me, intendo.
Ah, dimenticavo, il memoriale dell’olocausto è la cosa più bella che ho visto in 5 giorni.
ora sono curioso di sapere cosa vuol dire che quello che questo blog è stato presto finirà…
non ci sono mai stato, ma tutte le persone che l’hanno visitata mi ha descritto di una città che ha voglia di crescere ricostruendosi una identita persa dopo la 2 guerra mondiale.
Non hai visitato il mitico stadio!!!!!!
Credi davvero che non sia andato al mitico stadio?
Guarda l’ultima foto che ho postato…
secondo te carlo nn mi ha obbligato a scoprire dove fosse lo stadio???uno stadio di cui io nn sapevo l’esistenza…per fortuna le corbusier mi ha risollevato l’umore…
campioni del mondo abbracciamoci forte e vogliamoci tanto bene!!!!!!!
le corbusier!!!!
e non solo molti architetti italiani stanno facendo rinascere Berlino, che in italia non riescono a lavorare mentre all’estero si!!!!
abbasso la burocrazia e abbasso la moratti…perchè???perchè si!!!!
“Il suo essere così ricca di storia ed al contempo quasi completamente priva di segni tangibili di quella stessa storia la rende unica tra le città che ho avuto modo di visitare.”
Wow Giuse!! Buon anno innanzitutto…mi hai lasciata senza parole.. Ti consiglio un film, “Le vite degli altri” di Florian Henckel von Donnersmarck, diciamo un pò” out”, decisamente molto storico e molto poco tendenzioso..Spero ti faccia riflettere! A presto!
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Dai un’occhiata se ti va^^
Ciao!
Mi sa che vi siete persi il vialone che costeggia il fiume con 5 o 6 chilometri di muro originale ancora in piedi…(non mi ricordo come si chiama la via. Fra l’altro d’estate ci sono dei locali veramente fighi fra il muro e il fiume…
Quando siamo andati quest’estate io e anna ci siamo fatti da checkpoint charlie, fino a quella via famosa, seguendo il tracciato del muro, una camminata tanto figa quanto infinita.
E mi sono dimenticato di mettervi in guardia dal museo ebraico…un pacco clamoroso.
Per il resto…io ci torno per la terza volta prima dell’estate.
Sì, sappiamo di esserci persi quel tratto di muro. Abbiamo in realtà anche provato a cercarlo, ma con pochi risultati.
Il museo ebraico non credo avrei potuto schivarlo anche se avvertito, conoscendo la mia morosa.
Anche io vorrei tornarci tra qualche tempo (magari 2009), con un approccio meno turistico..
Trovandomi quotidianamente di fronte a testi che denigrano lo “sguardo del turista” credo di capire cosa non ti abbia convinto di una città che mi ha sempre stuzzicato ma non troppo (e comunque, da maggio in avanti.sono un animale senza pelliccia)(in ogni caso,il natale con le sue luminarie mi lascia sempre un po’ perplesso).
Alle volte però il confine tra “turista” e abitante è più sottile di quello che si pensi, e più nella testa di chi viaggia che in quella di chi riceve visite.
E le guide turistiche sono uno dei più utilmente-perversi meccanismi di condizionamento dell’esperienza di vacanza:non lasciare che vincano loro!
Se riuscissi a perderti in un quartiere che non conosci avresti fatto tombola!
Con buona pace degli architetti.
(a me le foto sono piaciute, per quel che conta)