Una ragazza a Messina è stata ammazzata dal convivente in casa.
Il rettore dell’università per cui lavoravano entrambi ha sostenuto si tratti di un “Dramma della convivenza forzata”. Riporto le virgolette perché le ha messe Repubblica.
Non so perché ogni volta si debba andare a cercare spiegazioni che spostino il piano dell’analisi dal fatto che il tipo è un assassino. Intendiamoci, questo non vuol dire che non sia vero che la convivenza forzata possa aver portato a questa tragedia, vuol dire che anche fosse la responsabilità resta al 100% sulle spalle di chi ha concepito l’omicidio come possibile soluzione al problema, razionalmente o meno poco importa.
In questa storia la convivenza è l’equivalente della minigonna nei casi di stupro.
Tutta Italia è alle prese con la convivenza forzata, non in tutte le case ci saranno omicidi e non perché altrove i contrasti non esistano e i rapporti siano sempre idilliaci, ma perché non tutti sono assassini.
Fine.
La storia di cui sopra mi porta ancora una volta a riflettere sulle mie fortune. Con Paola dopo 24 giorni non solo tutto funziona, ma siamo letteralmente uno l’ancora dell’altra ed è solo grazie a questo che nessuno dei due è ancora imbottito di psicofarmaci.
Perché qui la situazione diventa ogni giorno più asfissiante e finisce che i respiratori serviranno anche a chi il COVID19 non l’ha preso.
Quando ho pensato alla mancanza d’aria mi è venuto subito in mente questo pezzo, ma forse non è proprio in linea con gli altri concetti espressi.