I dischi dell’anno
Da Gennaio ho raccolto in una bozza wordpress le mie impressioni sui dischi usciti nel 2024 che mi è andato di ascoltare. Non c’era nessuna velleità di stare sul pezzo, non mi sono sforzato di sentire più musica mirando ad un qual si voglia completismo, l’ho fatto perchè di solito arrivati al momento di classificare i miei dischi dell’anno faccio sempre una fatica boia a trovarne almeno cinque da citare. Ho sempre imputato la cosa al non aver ascoltato abbastanza roba, quindi quest’anno ho pensato di contarla e segnarmi tutto.
- Irma (Del nostro scontento): un disco HC che suona come dovrebbe suonare un disco HC secondo me è già una grande notizia, nel 2024.
- Club Dogo (S/T): questo disco è Messi che a 40 anni si mette a fare una decina di palleggi di fila col sinistro per il lancio di un nuovo brand di, boh, biscotti e la stampa che, vedendolo, urla: “MINCHIA MESSI E’ ANCORA IL NUMERO UNO, PALLONE D’ORO SUBITO. GOAT!”.
- Casey (How to disappear): è un bel disco di emo post-rock che si piazza un po’ a cavallo tra i Gates e i Mae (soprattutto per la voce). Ha il problema di farsi dimenticare immediatamente dopo l’ascolto, ma mentre è in cuffia per me godibilissimo.
- Alkaline trio (Blood, hair, and eyeballs): di loro si dice che non sbaglino mai un disco e credo che sia molto vero se a dirlo è qualcuno che ha ancora voglia di un nuovo disco degli Alkaline Trio. Io posso dire che il disco scorso lo avevo comprato, per poi non sentirlo praticamente mai dal mese successivo all’uscita, mentre questo mi sa che neanche lo compro.
- Dargen D’Amico (Ciao America): credo che io e Dargen si abbia smesso di essere amici, purtroppo. ‘Sto disco al netto di qualche tentativo divertente di buttarla in caciara è piuttosto palloso, oltre che brutto.
- J Mascis (What do we do now): boh, non so come facciate.
- Be safe (Unwell): una bella prova di emo duro e puro, suonato e registrato come si deve e con una voce abbastanza peculiare per il genere. Tutto giusto, tutto bello, ma non mi ha messo particolare voglia di riascoltarlo.
- TIGER! SHIT! TIGER! TIGER! (Bloom): non riesco a trovare un razionale al fatto che mi sia piaciuto questo disco.
- Cabrera (Restare intatti): una valanga di cuori, disco clamoroso. Bentornati, raga.
- Darkest Hour (Perpetual terminal): li avevo persi per strada, li ritrovo esattamente dove stavano quando li ho mollati. Non mi è tornata voglia di loro, ecco.
- that’s what she said (slowly, but surely): lo strumentale su questo genere mi risulta sempre abbastanza indigesto, ma è un bell’EP.
- LA SAD (ODIO LA SAD): è ovvio per me sia musicalmente oltre l’orrendo, ma mi sono convinto che la opener sia una sorta di Occhi Puntati 2024 e secondo me non è male qualcuno dia a questa generazione i suoi Punkreas. Se avessero portato questa a Sanremo probabilmente avrei ancora il dubbio possano non essere solo dei poser della minchia.
- Frail body (Artificial Bouquet): me lo ha consigliato Disappunto in uno dei suoi Q&A su Instagram alla richiesta: “dammi un disco 2024 bello per i miei gusti”. Evidentemente vengo percepito come amante del Coachellacore (termine che spero di aver inventato) o forse mi stava solo trollando, ma non è neanche tremendo come disco.
- Whores (War.): la noia vera.
- Nofx (Half album): l’ho sentito sulla base del fatto che a Maggio faranno il loro ultimo live prima di sciogliersi definitivamente, altrimenti avrei saltato. Devo dire che chiarisce abbastanza bene perchè sciogliersi sia una buona idea.
- Riviera (Sempre): se tutti i dischi italiani di un certo genere escono con questi suoni qui e l’unico a lamentarsene sono io è evidente che il problema sta nella mia testa. E va bene. Purtroppo i pezzi non sono abbastanza buoni da farmici soprassedere.
- Articolo 31 (PROTOMARANZA): non è solo brutto, è proprio irricevibile. L’esempio più cristallino del famoso meme. Ad una certa c’è un pezzo di discorso di Elly Schlein ad aprire una traccia e credo davvero sia il punto più basso mai toccato dalla sinistra del nostro Paese.
- Finley (POGO MIXTAPE VOL.1): a me i Finley sono sempre stati sinceramente simpatici, ma un conto è scimmiottare i Blink a 18 anni, un altro è provare a risalire sul carro a 35 facendosi tirare la corsa da gente tipo Naska (brrr…) che di anni ne ha la metà. Poi va beh, sono 14 pezzi con 14 riff rubati paro paro altrove, ma è davvero la cosa meno problematica dell’operazione.
- The Used (MEDZ): mi piace pensare questo disco mi avrebbe fatto cagare anche nel 2005, ma la realtà è che probabilmente nel 2005 ho ascoltato e comprato dischi anche più brutti di questo qui. Che, ribadisco, fa cagare.
- Shellac (To All Trains): gli Shellac non sono mai stati la mia cosa e continuano a non esserlo, ma questo è il loro disco che mi è piaciuto di più. Forse l’ultima cosa incredibile di Steve Albini è stata tirarmi dentro la sua musica, perché si può tranquillamente non capire un cazzo come me, ma ascoltando queste dieci tracce poco dopo la sua morte è impossibile uscirne indifferenti.
- Eminem (The death of Slim Shady): non sono mai stato sul treno di Eminem, ma da profanissimo mi sembra abbia fatto il disco che i Dogo non sono riusciti a fare.
- Charli xcx (brat): nella mia bolla questo è uno dei dischi imperdibili per il 2024 e quindi eccoci qui. Non posso dire sia brutto, ma neanche mi sento di ringraziare chi me lo ha messo davanti. Onestamente a me questo tentativo di rendere arty ed elegante la cassa dritta fa un po’ l’effetto pizza gourmet. Ecco, una pizza gourmet gusto Ke$ha.
- Fontaines D.C. (Romance): non me li ero mai cagati fino al disco prima di questo, che mi era piaciuto al punto da considerare per un paio di giorni di andare a vederli suonare. Questo qui mi sembra più noioso, ma posso dire che 1) nel contesto in cui Tony Effe esiste e fa musica non me la sento di avere un problema coi Fontaines D.C. e 2) me lo sono messo in cuffia in una notte di insonnia e sono crollato come un bambino dopo 3 tracce, quindi è cmq un disco a cui si può trovare uni scopo.
- blink-182 (ONE MORE TIME… PART-2): sono abbastanza sconvolto dal fatto che su Spotify il nome della band sia scritto blink-182. Credo di non averlo mai scritto così in, boh, 28 anni. Andando al sodo: una manciata di pezzi addizionali ad un disco che ne aveva già fin troppi in partenza. Tutto ovviamente trascurabilissimo, ma “If you never left” poteva stare tranquillamente nella prima parte, al posto di tanta altra roba e forse ne sarebbe uscito qualcosa di meglio. Pure “No fun” è carina, ma l’intro plagiatissimo agli All-American Rejects è oggettivamente troppo, persino per questo contesto.
- Foxing (s/t): anche in questo caso, tante persone che ne capiscono certamente più di me ne hanno detto benissimo. A me un disco così fa solo ricordare quanto mi manchino i Brand New.
- My Own Private Alaska (All The Lights On): nel lontano 2009 mi ero preso una bella sbandata per questo progetto pianoforte/batteria/urla, ma ovviamente si è rivelato essere una passione solo mia. Dopo quindici anni i MOPA sono tornati alla carica con un nuovo lavoro, più corto e accessibile e per me persino più bello di quello precedente. Continueranno a piacere solo a me, ma che ci posso fare?
- Touché Amoré (Spiral In A Straight Line): da una quindicina d’anni mi mandano certi dischi in pre-release, premio per quella manciata di recensioni scritte a beneficio di nessuno. Ne avrò sentiti forse tre, in tutto. Uno è questo, ma solo perché son finito a parlarne con amici e volevo flexare il privilegio. Che dire. Loro sono forse la roba più rilevante uscita dall’HC dell’ondata corrente, con buona pace dei Turnstile, ma al disco prima pensavo che avessero finito le robe da dirmi. Non era vero.
- Balance & Composure (with you in spirit): presente quando da ragazzino c’era una tipina carina e ogni volta che la incontravi la salutavi speranzoso e lei ti guardava con la faccia di: “Scusa, ma tu di preciso chi cazzo sei?” anche se magari la stessa identica cosa era successa 24 ore prima alla stessa fermata dello stesso bus, verso la stessa scuola? Ecco, i Balance & Composure sono il protagonista maschile di questa storia.
- Offspring (SUPERCHARGED): so che nessuno sarà disposto a prendere questa info sul serio, ma per me è un buon disco nella misura in cui può essere buono, nel 2024, un disco che esce senza nessuna idea e senza un pubblico reale. Cosa cambia da tutto il pattume che hanno fatto uscire dal 2000 in poi? Semplicemente, invece di continuare a clonare loro stessi per 10 pezzi, hanno deciso di plagiare altri. Quindi dentro ‘sto disco ci sono i Pennywise, i Bad Religion, i Blink 182 e persino i Metallica (giuro), oltre a comunque una buona dose di autocitazioni. Basta questo a farlo scorrere via piacevolmente e, trattandosi degli Offspring, non credo qualcuno potesse scommettere di riuscire ad ascoltarlo tutto da inizio a fine.
- Envy (Eunoia): se non è il loro migliore, sta nei primi due.
- Karate (Make it fit): altra band per cui ogni volta provo a far scoppiare l’amore senza riuscirci. Non è un brutto disco, non sono loro sono io, etc. etc.
- Fast Animals Slow Kids (Hotel Esistenza): mai stato sul carro, ma questo è proprio orrendo. Poi che titolo è Hotel Esistenza? Tutto sbagliato.
- VV/AA (American Football (Covers)): il 2024 è l’anno in cui mi sono messo d’impegno per risolvere il mio personale e non condiviso problema con gli American Football. Sono pure andato a sentirli suonare, perché per dire di averle provate tutte bisogna provarle davvero tutte. Dopo il concerto, rassegnato, ma anche un po’ sollevato, ho sancito definitivamente che gli American Football mi rompono il cazzo. Fine. Andiamo oltre, una buona volta. E invece 4 mesi dopo mi dicono che devo assolutamente ascoltare il disco tributo, che è meraviglioso. Indovinate un po’?
- VV/AA (The shape of punk to come obliterated): tre domande. Perché mi sono messo ad ascoltare i tribute album? Quanto deve essere difficile prendere un disco bello, farlo suonare ad una manciata di gruppi validi e venir comunque fuori con una roba del tutto inutile? Soprattutto, a chi cazzo può essere mai passato per la testa che mettere New Noise in mano agli Idles potesse essere una buona idea?
- Bad Astronaut (Untethered): meraviglioso nella sua capacità di prendermi le budella e tirarle in strada.
- The Cure (Songs Of A Lost World): un disco davvero molto bello che con ogni probabilità non riascolterò mai più.
- Linkin Park (From Zero): io questi li ho mollati praticamente subito, ma a differenza di tanti quando capita riascolto Hybrid Theory ancora con discreto gusto. Ho seguito marginalmente tutta la querelle legata alla nuova cantante, ma non posso negare che sia l’unico motivo per cui mi sono interessato al disco. Quindi, stando nel merito: non saprei proprio dire quanto questo nuovo corso sia in linea col vecchio, il mio ascolto ignorante mi porterebbe a dire che il disco sarebbe potuto uscire identico con Chester e nessuno avrebbe avuto niente da dire. Una mezz’oretta di Virgin Rock che non dà fastidio, ma va detto che io piuttosto che ascoltare Virgin Radio metterei in cuffia anche il sound dei lavori in corso sull’A4.
- Common Sage (Closer to;): io lo so che sto sempre a lamentarmi delle stesse cose e che sono un vecchio trombone, ma questo disco qui come faccio a farmelo andare bene? Non c’è un’idea loro (e va beh) ma non si son manco disturbati a dissimulare. Anzi, pare un atto rivendicato con orgoglio tipo il remake hollywoodiano di Old Boy. A me l’arroganza con cui hanno
scrittomesso insieme questi pezzi fa incazzare tantissimo. - English Teacher (This could be Texas): questo finisce in lista all’ultimo momento, grazie alle classifiche di fine anno del previa citato Disappunto. Non credo sia mai successo che un disco consigliato da lui finisse per piacere anche a me, quindi anche solo statisticamente prima o dopo era scritto accadesse. Il famoso orologio fermo che ci azzecca due volte al giorno (il candidato scelga serenamente chi dei due è l’orologio della metafora).
- Alcest (Les Chants de l’Aurore): recuperato sulla base delle classifiche di fine anno altrui. Niente da dire eh, bel dischetto. Probabilmente l’avrei ascoltato di più se non avessi ascoltato così tanto quello degli Envy che fa la stessa cosa, ma meglio e in giapponese.
- Marracash (E’ FINITA LA PACE): questo è uscito che avevo già chiuso il post, mannaggia a lui. Fortunatamente c’è poco da commentare: per me sotto gli ultimi due suoi, ma come scrittura onestamente anni avanti a tutti gli altri come sempre.
“In realtà non sento niente tranne perdita. Non dirmi smettila, con quella faccetta scettica di una che interpreta, cazzo prendimi alla lettera!”. E va beh, tutti a scuola.
Questi sono i dischi usciti nel 2024 che mi sono ascoltato, anche solo una volta. Sono 41, direi che non è un numero basso come avrei immaginato.
Non sono in grado di fare una classifica reale, neanche ha senso farla, ma sicuramente quelli che ho ascoltato di più sono Envy, My Own Private Alaska, Cabrera e Bad Astronaut. Quello inesorabilmente più brutto è quello degli Articolo 31 per sommo distacco.
Poi, come ogni anno, ci sono altre cose che ho ascoltato per la prima volta nell’anno solare e che non possono finire in questa lista. Ne cito due che secondo me ha senso condividere:
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- Between Bodies (Electric Sleep): è essenzialemente un disco degli Alkaline Trio, ma di quelli che gli Alkaline Trio ultimamente fanno fatica a fare. Niente di rivoluzionario, ovviamente, ma l’ho ascoltato un numero insensato di volte e secondo me ha dentro dei pezzi veramente belli. Non sta in lista perchè è uscito nel 2022, ma io l’ho scoperto quest’anno.
- Thursday (White bikes): i Thursday sono tornati con due pezzi, che non sono un disco e quindi non possono essere in lista, ma che rispondono alla domanda: “Questa roba non ha più niente da dire oppure è solo che nessuno la suona più come si deve?” con un sonoro “Vaffanculo”.
E direi che con questo ci siamo detti tutto.
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