Essere padre mi fa un effetto strano.
Ormai sono dentro questa cosa da più di quattro mesi ed inizio a percepirne i risvolti in maniera più netta. Non so se avete presente quando vi dicono: “La paternità ti cambia la vita!”. Ecco, é vero, ma non nel modo in cui pensavo. La rivoluzione attesa era soprattutto incentrata sul minor tempo libero e la ristrutturazione della vita di coppia. Nei momenti più onesti ed introspettivi temevo molto anche lo stand by forzato alla mia propensione ai viaggi, unico vero obbiettivo capace di rendermi accettabile la mia natura di lavoratore dipendente (nel senso di essere dipendente da una vita spesa a lavorare).
Invece no.
O meglio, queste sono tutte conseguenze della paternità realmente insorte, ma a cui alla fine non penso mai.
Essere padre ti cambia le prospettive. Passi diversi momenti ad essere incontrovertibilmente felice e questo, ad uno come me, crea più di qualche disagio. Non penso di potermi definire una persona pessimista, però sono certamente un paranoico ed in quanto tale vivo di ansie legate al fatto che questa felicità possa improvvisamente ed irreversibilmente venir compromessa. Di notte mi capita di dormire poco pur avendo un tesoro di bambino che, al contrario del padre, se la riposa volentieri. Se questa cosa vi facesse pensare al pane e ai denti e vi portasse ad odiarmi lo capirei. Il mio essere cosí non sta molto simpatico nemmeno a me.
Dicevo che questa cosa ti cambia le prospettive perché non sono diventato paranoico con la paternità, ho solo stravolto il fulcro delle mie psicosi.
Dicono che le madri in post-gravidanza subiscano sbalzi di umore legati alle fasi ormonali. Dei padri nessuno parla. Ci sta perché, non essendoci stravolgimenti fisici conseguenti l’avere un figlio, per noi i repentini cambi di umore devono per forza di cose avere radici psicologiche (parlo come se sapessi qualcosa di psicologia o anche solo ritenessi un plus conoscerne le basi.). Fatto sta che sono in questo momento emotivamente complicato da gestire, fatto essenzialmente di paure/preoccupazioni e sorrisoni ebeti in rapida e schizofrenica successione.
E questo è, a conti fatti, il più grosso stravolgimento dell’essere padre.
In un momento non meglio precisato di questo 2015 è uscito Atheist’s Cornea, che è un disco degli Envy. Non so dire di preciso quando perché non sono davvero più sul pezzo con nulla, ma per fortuna i social in questo aiutano e così da un paio di giorni non ascolto altro. Per me è un bel disco. Non ci si trova tutto il post-rock che ci si aspetterebbe dagli Envy, infatti il disco ha una durata ragionevole, ma ci si trovano di certo tutte le atmosfere a cui ci hanno abituati. Solo, questa volta, frullate insieme senza un senso anche minimo di continuità. Da qualche parte, non ricordo dove né in che contesto, ho letto la definizione “emotional rollercoaster” trovandola stupida. La uso adesso senza vergogna perché, pur restando stupida, mette a fuoco l’immagine meglio di come saprei fare io.
Non c’è niente di rivoluzionario in questo disco. A volersi spingere si può sottolineare l’inserimento di alcuni momenti di cantato pulito ad arricchire il pannello di soluzioni previa costituito solo da parti recitate/parlate e urla ferali, ma nel 2015 al più può essere definita una scelta retrò. In fin dei conti questo è un disco revival, pieno di pezzi che nessuno ormai scrive più, ma costruiti con la sapienza di chi ha le basi, le idee e una certa attitudine a fare sempre e comunque le cose a modo. In una scena che generalmente tende al post gli Envy, che credo siano stati tra i primi a percorrere quella strada, tirano il freno a mano e invertono il senso di marcia. La cosa del freno a mano si sente proprio, succede a 00:21 della prima traccia del disco. Io, in totale sincerità, apprezzo e ringrazio perchè ultimamente, se c’è un disco con cui mi sento in completa sintonia, è questo qui.
Il pezzo nasce dopo aver letto la recensione di Pitchfork e l’averla trovata completamente sbagliata. Ne è uscito tuttavia un post che con ogni probabilità sembra più uno scarto del portale alfemminile, ma sto giro oltre che di parlare del disco avevo voglia di parlare un po’ di me e, davvero, mi è sembrato normale fondere i due contenuti.
Il disco completo lo si può ascoltare in streaming su youtube.
La coppia “Ticking time and string” / “Footsteps in the distance” spero chiarisca la misura di questo pezzo.
Se non fosse così è perché non avete un figlio.
O, più probabilmente, perchè siete persone equilibrate.