Come al solito, quando è un po’ che non scrivo, per riprendere non trovo argomento migliore della musica.
In questi giorni sto ascoltando un po’ di CD “nuovi”, alcuni appena usciti e altri nuovi solo alle mie orecchie.
Iniziamo subito con quello che ho ascoltato per ultimo, così, per stravolgere gli schemi.
Enter Shikari, “Common Dreads”.
Non lo nego, mi aspettavo di più. Anzi, me lo aspettavo diverso. Il primo disco secondo me aveva due difetti: troppo poco spazio alla trance “dura e pura” e aggregazione un po’ confusa delle idee che portava a pezzi poco omogenei nel tentativo di far stare in 17 canzoni tutti i riff e le situazioni che la band aveva a disposizione. La mia speranza era che mettessero a posto le cose con il secondo album, ma così non è stato. Si è presa proprio un’altra strada, a mio avviso, nel tentativo di dare al mix di HC e elettronica un aspetto più compatto, cercando forse di creare un suono etichettabile non solo come commistione di generi diversi. La trance c’è ed è tamarra come nel precedente lavoro, ma è meno a sè stante e più integrata nei pezzi che tuttavia sono meno danzerecci e più “rock”, con le dovute virgolette. Detta così sembrerebbe non avere alcun senso, ed invece secondo me è proprio così che suona questo disco. Con le dovute eccezioni, sia chiaro. “Solidarity” è un pezzo che potrebbe benissimo essere inserito nel disco scorso (forse e soprattutto per le autocitazioni in esso presenti [un gruppo che al secondo disco già si autocita va solo amato]), “The Jester” ha un riff che potrebbe essere benissimo stato scritto dagli Stunned Guys e “Gap in the Fence” è forse una delle canzoni più vergognosamente tamarre della storia, ma anche in questo caso si parte da una sorta di ballata acustica per poi sfociare in cori da Duplè dei bei(?) tempi, cori che si rivedono anche in “Halcyon”. Dovrò ascoltarlo ancora un po per poterlo valutare al meglio, però senza dubbio rispetto al precedente disco non ci sono tracce accattivanti da subito e questo, che potrebbe sembrare un difetto, magari donerà a “Common Dreads” maggiore longevità nella mia autoradio. Una cosa è sicura, gli Enter Shikari sono una band da ascoltare soprattutto dal vivo, contesto in cui trovano difficilmente eguali.
Cambio.
Fightstar, “Being Human”.
Secondo me “Grand Unification” è un disco della madonna. Quello uscito dopo non l’ho mai sentito per intero, a causa credo del periodo di stanca che avevo allora per quel tipo di suono. O forse perchè mi era parso indegno senza bisogno di ascoltarlo tutto. In ogni caso mi sono avvicinato a questo nuovo CD con una certa curiosità e devo dire che lo sto ascoltando ormai da qualche giorno. Al primo impatto ho pensato fosse un disco arrogante. Credo sia stato per via dell’orchestra inserita in gran parte dei brani. O forse dei cori gregoriani. Sta di fatto che l’impatto epic/symphonic metal che mi ha dato il primo ascolto non è stato proprio un bel biglietto da visita. Non sono uno che gradisce i Nightwish, per far chiarezza. Andando avanti con gli ascolti però devo riconoscere che questo “Being human” non è poi così male. Sempre tentando di mettermi nella testa dell’autore, credo l’intenzione fosse cercare di sviluppare un po’ un certo genere di suono che ha detto più o meno tutto quel che aveva da dire. Se l’intento era effettivamente questo, credo che l’obbiettivo sia stato raggiunto visto che non ho cestinato il disco al grido di: “la solita roba”, ma ho continuato ad ascoltarlo. Continuo a ritenere il tutto un po’ troppo pomposo (l’inizio di “Chemical Blood” è agghiacciante), ma inizio a farci l’orecchio. Il grosso problema del disco, invece, è che in molti pezzi il tentativo di rinnovare il sound sfocia in scelte troppo discordanti, rendendo alcune tracce, come ad esempio “Colours Bleed to Red”, un’accozzaglia di parti sconnesse forzatamente legate assieme. Non tutti, fortunatamente, e così si trovano pezzi come “Give me the Sky” capaci realmente di emozionare il sottoscritto, anche grazie ad un suono che spesso, anche nella voce, sembra “rubato” ai Mae dei bei tempi. Il risultato finale nel complesso è accettabile e fa dei Fightstar una delle poche band capaci di continuare a battere la strada del nu-emocore senza ridursi ridicole.
Un’esempio di chi non ce la fa?
Silverstein, “A Shipwreck in the Sand”.
I Silverstein sono l’unica band che seguo ad aver fatto 4 dischi identici in tutto e per tutto. L’artwork, ad esempio, secondo me è sempre splendido e questo quarto full-lenght non mi smentisce. Stiamo però parlando di musica e, nella fattispecie, credo dell’unica band capace di fare un brutto disco anche facendosi produrre dal genio di Mark Trombino. Insomma, a modo loro, sicuramente unici. Il disco in questione non parte nemmeno troppo male, poichè la open track pur essendo l’emblema del clichè ha un buon tiro e riesce anche a farsi apprezzare. Andando avanti però la situazione non decolla, anzi, all’incipit di “American Dream” uno avrebbe già ampiamente voglia di smetterla. Io non l’ho fatto, ho insistito, e alla fine ho portato a casa un paio di ascolti completi del CD, ma giusto per dovere. Questo disco è noioso, non c’è molto da farci o da dire. La nota divertente è che proprio in settimana Uazza mi ha regalato “18 candeles: the early years”, una raccolta dei primi demo proprio dei Silverstein. La cosa bizzarra è che sentendo i primi cinque pezzi di questa raccolta pare di sentire un’altra band. All’inizio i nostri eroi suonavano come una copia dei Mineral, senza la volontà di distaccarsi troppo dall’originale, ma senza nemmeno apparire troppo scontati. Forse, se avessero continuato su quella strada ora oltre a delle belle copertine i loro dischi avrebbero anche delle belle canzoni.
Ok, volevo parlare di un altro disco che ultimamente sto ascoltando molto, ma non ho più tempo.
Il disco è “Blood Coloured Skies” dei Daylight Seven Times.
Dico solo che secondo me è un gran bel disco e che “Revelation” è un capolavoro.
Ora vado.
Mi piacerebbe chiudere dicendo che ultimamente non sto aggiornando perchè impegnato nella costruzione di una nuova parte di questo sito, ma non è così. O meglio, è in costruzione una nuova parte del sito, ma non sto facendo nemmeno quello.
Viva l’onestà.